Capitolo 1 - I - Moccioso - Terza parte
Sollevo le mani dal pianoforte e spengo il registratore. Direi che posso ritenermi soddisfatta per buona parte. L'interpretazione ancora non mi convince al cento per cento. Le pareti insonorizzate rendono il suono più asciutto, puro. Riascolterò in metro quello che ho registrato.
Inserisco il registratore nella borsa, prendo il giubbotto e mi avvio verso l'ingresso. A metà strada mi fermo e torno indietro per mettere il panno antipolvere sulla tastiera e chiudere il coperchio. La prima cosa che insegnano agli allievi dell'hom è rispettare lo strumento. A volte ripenso ai rimproveri di nonna Kate quando mi sedevo sulla panca subito dopo aver fatto merenda con il rischio di sporcare i tasti di qualsiasi cosa avessi mangiato.
Arresto il passo accanto alla scrivania e chino il capo, attirata da qualcosa al di sotto. Oh, no... Non di nuovo. Che diavolo succede oggi?
Mi piego e afferro il foglio abbandonato sul pavimento. È ovviamente suo. Non ha alcun rispetto per ciò che possiede, immagino che i suoi genitori lo vizino di continuo e non gli abbiano mai insegnato il valore di quello che lo circonda. Beh, dopo aver visto la chitarra e la custodia comincio ad avere qualche dubbio, ma magari è solo un bambinone con la sua personale coperta di Linus.
Il foglio è bianco, non pentagrammato. In cima si susseguono gli accordi in lettere, poi su un rigo ci sono dei segni che non capisco. Forse si riferiscono a quando batte la mano sulla cassa come fosse una chitarra acustica o magari c'entrano i giochi stupidi che fa con il cantante per far urlare le fan.
Verso la metà ci sono delle parole.
Accarezzami, sogno le tue mani.
Divorami, rendimi parte di te.
Nei giorni di eterna eclissi
tu sei il domani di libertà.
Nelle notti strette dal gelo
sei il vento caldo che chiamo casa.
Mi sfugge una smorfia. Come fa uno come quello a scrivere cose del genere? Nel suo gruppo è il cantante a comporre i testi, mentre i brani musicali sono pezzi suoi. Ora vuole occuparsi di tutto? Dio, le ragazze della scuola, e non soltanto, non parleranno d'altro.
Il bello e dannato che parla d'amore.
Alzo gli occhi al cielo. Oggi ho avuto fin troppo a che fare con lui.
Butto il foglio nel cestino e mi avvicino al piano per sistemare il panno e chiudere il coperchio. Tiro dritto verso l'ingresso, sblocco la porta e la spalanco.
Ma non muovo un passo oltre l'uscio.
Maledettissimo moccioso.
Recupero il foglio e marcio verso la reception.
«Quello lì ha dimenticato questo». Lo sbatto sul bancone. «Puoi darglielo quando torna?»
Callie mi fissa incerta. «Perché non lo metti fra le cose smarrite?» Indica la parete di armadietti per gli iscritti, l'ultimo è riservato agli oggetti dimenticati.
«Credo sia importante. Se lo lasciassi lì potrebbe prenderlo chiunque». Ma tu guarda se devo perdere tempo in questo modo per colpa sua!
La segretaria corruga la fronte, dispiaciuta. «Sai che non posso incaricarmi di queste cose. Tua madre l'ha vietato per responsabilizzare gli allievi».
«Sì, lo so, ma sono io che te lo sto chiedendo».
«Beh...»
«Cosa sta succedendo?» Mi rigiro, mamma si sta avvicinando. «Stai andando via?» Si ferma a un passo, il tubino porpora esalta i lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri più chiari dei miei.
«Sì, in questo momento. Stavo chiedendo a Callie di tenere questo e darlo al proprietario quando torna. Credo sia importante». Spingo un po' di più il foglio verso la segretaria.
Mia madre mi osserva perplessa. «Che cos'è? E di chi è?»
«È mezzo spartito e mezzo testo di un brano».
«Ed è di...?»
Serro le labbra, stringo i denti.
«Damon Carter, direttrice» interviene Callie.
Mamma mi rivolge un sorriso di sufficienza. «Carter, eh? Avete discusso ancora?»
«Io non discuto con quello lì, è lui che è sempre fra i piedi» sbotto irritata. Dà per scontato che sia io a cominciare perché conosce il mio temperamento quando m'innervosisco, mentre lui ha sempre quell'espressione stoica da guru della pace nel mondo. Quando non fa lo stronzo, ovviamente.
Cosa darei per vederlo incazzato a bestia...
«Mmh...» Mia madre incrocia le braccia al petto, rivolgendomi un mezzo sorriso allusivo. «Allora se non avete discusso, puoi riportarglielo tu più tardi».
Sobbalzo. «Neanche morta! Dopo le lezioni devo scappare a casa per provare, non perderò altro tempo per colpa sua!» Soprattutto dopo quello che è successo oggi. Se lo scorda, peggio per lui se l'ha dimenticato.
Un brivido mi fa formicolare la nuca. Non l'ha dimenticato, io gli ho restituito le sue cose e non l'ho visto.
Alzo gli occhi al cielo e mi concentro sul soffitto di legno per non sparare una raffica d'imprecazioni che si sentirebbero anche in tutte le aule insonorizzate.
Dio santissimo...
«Callie non può tenerlo qui. Mettilo nell'armadietto comune».
Prendo il foglio e lo butto in borsa. «Ci penso io. Papà?»
Il suo viso si rilassa, come sempre quando lo nomino. «Ha detto che dovrebbe tornare domani mattina. L'intervento in Spagna sui gemelli siamesi è andato benissimo, ma è durato diciannove ore. Si è messo a letto appena è arrivato in albergo. Sai com'è tuo padre, ha accettato una sola sostituzione per riposare un po' e soltanto perché a insistere è stato zio Christian». Mamma lo rimprovera sempre quando ignora i protocolli perché vuole avere tutto sotto controllo, ma al tempo stesso lo ammira.
Domani sera andrò a dormire da Jane e dirò a Dodo di andare da Ian, non ci tengo a restare a casa con loro due dopo una settimana di lontananza. Sono felice dell'affiatamento che hanno dopo diciannove anni di matrimonio, ma tutto ha un limite.
«Beh, ci vediamo a cena, allora. Giusto?»
Annuisce. «Sì, chiude Callie stasera. Dorian è rimasto a casa».
Stringo i pugni. «Di nuovo?»
Il viso di mamma si rabbuia. «Preferisce studiare a casa, lo sai. Alla fine, non ha bisogno di frequentare».
Scuoto il capo. Dev'essere sempre colpa di quei bastardi dei suoi compagni, lui è troppo buono per mandarli al diavolo.
Lo farò io. E lo farò in modo pesante.
«Ci vediamo stasera». Saluto mia madre e la segretaria e marcio a passo svelto verso la metropolitana, rallentando un po' lì dove il ghiaccio ricopre il marciapiede.
Ho così tante cose a cui pensare, compreso il periodo delicato che sta passando mio fratello. Se non avessi perso tutto quel tempo a vivere nel dolore, sarei entrata alla Juilliard anni fa e invece mi tocca finire il liceo musicale e accontentarmi dei corsi pomeridiani a cui mi hanno ammessa a febbraio dell'anno scorso.
Non permetterò a niente enessuno di fermarmi.
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