4. Tra i tomi polverosi e le pagine ingiallite
Ethan non ricordava esattamente quando avesse iniziato a fumare e perché effettivamente avesse deciso di farlo.
Era dell'idea che tutti avessero delle dipendenze, e che ognuno, prima o poi, avrebbe scoperto la sua.
Sembrava fossero passati secoli da quando aveva preso in mano la prima "arma distruttiva", come l'aveva definita suo nonno. Non gli era stata offerta: non c'era stato nessuno che gliela volesse offrire.
Ricordava che era un giorno d'estate.
Era sgattaiolato nell'ufficio del padre e aveva frugato nel cassetto dove l'uomo era solito nascondere le sue cose, trovando un pacco.
E così, all'ombra di un albero del suo giardino, aveva fumato di nascosto la sua prima sigaretta, facendo la conoscenza della dipendenza che si sarebbe portato dietro tutta la vita – come succedeva a tutti.
Il sedicenne si ritrovò a riflettere su tutto questo, quel pomeriggio inoltrato di martedì in cui se ne stava sdraiato sul letto del dormitorio, il sapore acre del fumo in bocca e una canzone punk in sottofondo.
Quel giorno aveva assunto un atteggiamento più schivo del solito e si era tenuto il più lontano possibile dalla Sala Comune dei Serpeverde dove, ne era sicuro, avrebbe incontrato Mark e Steven.
La canzone terminò quasi nello stesso momento in cui il ragazzo gettò la cicca per terra. Poi si alzò e, finalmente, si decise ad avviarsi in Biblioteca, dove avrebbe comunque dovuto scontare una punizione, nonostante la confessione forzata che era stata fatta dai suoi ex migliori amici.
«Sei in ritardo» gli fece notare Shyla, stizzita, una volta che il corvino raggiunse lei e Tyler.
«Avevo da fare» si limitò a dire Ethan.
«Non è vero. Stavi fumando in camera tua e non hai nemmeno fatto i compiti» osservò Shyla.
Il ragazzo la guardò. Quel giorno non era proprio dell'umore per sorbirsi le sue spiegazioni interminabili, così finse di non essere sorpreso dalla sua incredibile abilità.
«Se qualcuno stabilisce un orario, deve essere rispettato» decretò la ragazza, con fare autoritario.
«Eccomi!» urlò una voce in lontananza.
I tre guardarono Michelle che correva loro incontro, la chioma più scompigliata del solito e le scarpe slacciate.
«Michelle, devi mettere fine a questa storia del ritardo» la sgridò Shyla, guardandola mentre riprendeva fiato.
«Lo vorrei tanto, sai. Ma non ci riesco» si difese l'altra, ansimante.
«Se lo volessi, ti impegneresti. Non ci vuole molto. Iniziando da piccoli passi: per esempio, prepararsi come minimo un quarto d'ora prima per evitare che– »
«Dov'è la Pince?» la interruppe bruscamente Ethan.
«È lì» rispose Michelle, indicandola. «L'ho vista mentre correvo.»
La donna in questione leggeva dei documenti seduta ad un tavolo di legno, il volto rugoso contratto dalla concentrazione e le labbra sottili che si muovevano impercettibilmente.
Tyler le si avvicinò, «Ma salve, mia cara» disse sorridendo, «Bel cardigan, peccato che sia di un colore così spento. Le consiglierei un azzurro acceso, sono certo che le starebbe molto meglio che questo orribile marrone.»
La Pince alzò lo sguardo e lo scrutò con diffidenza, «Devi essere uno di quei quattro che sono qui in punizione.»
«Eh, modestamente... » Tyler si diede arie d'importanza.
«Il vostro compito qui sarà catalogare tutti i libri del reparto 17 in ordine alfabetico» gli disse la donna, per poi tornare alle sue carte.
Subito dopo, il ragazzo fece ritorno dai tre, che lo avevano osservato per tutto il tempo.
«Allora?» chiese Michelle.
«Dobbiamo mettere in ordine i libri del reparto 17» rispose lui, alzando le spalle.
«Sì, ma con che ordine?» Shyla sembrò allarmarsi dalla carenza di informazioni da lui fornite, «Cromatico? Numerico? Di grandezza? E se sì, di larghezza o di lunghezza?»
«Alfabetico, Shyla.»
«Oh, bene, allora» fece poi la bionda, tranquillizzandosi.
Camminò a passo spedito attraverso i reparti, schivando tavoli, girando gli angoli e scansando gli scaffali più bassi, come se non ci fosse un altro posto al mondo che conoscesse meglio.
«Eccoci» disse infine, «Reparto 17: Studi Medici Magici.»
Ethan osservò le innumerevoli pile di volumi polverosi che si ergevano dinanzi a loro e disse: «Insomma, abbiamo capito che, in questa scuola, il compito di ordinare spetta agli studenti. In fondo, si sa che il personale assunto è solo di abbellimento e che gli studenti non hanno compiti e verifiche a cui pensare, perciò possono benissimo dedicare il loro tempo libero in ciò che amano di più: ordinare libri per la gioia di una vecchia scorbutica.»
«Be', effettivamente sono un po' troppi... » convenne Tyler, passandosi una mano tra i capelli verde acqua.
«Un po'?» commentò Michelle, ironica.
Shyla alzò gli occhi al cielo, «Perché la società è così ostile nei confronti dei libri?»
«Se ci tieni tanto, allora, fallo tu e noi ce ne andiamo» sbottò Ethan, sprezzante.
«A me i libri piacciono, invece» commentò Michelle, «Li leggo ai miei fratellini prima che si addormentino.»
«A me non piacciono» si aggiunse Tyler, «Sono noiosi.»
«Grazie per aver espresso il giudizio comune dei nostri coetanei» disse Shyla, prendendo ad esaminare il libro davanti a lei.
«A me, invece, non piace che mi si dica cosa devo fare. Quindi non mi piace questa punizione. Di conseguenza, non mi piacciono questi libri» Ethan tornò ad utilizzare il tono piatto che alternava a quello sarcastico. «Ora che abbiamo finito di perdere tempo parlando di cose di cui non interessa niente a nessuno, possiamo gentilmente muoverci a mettere a posto questa roba?»
Michelle lo guardò, seccata, «Non devi essere sempre così arrogante, sai? Siamo nella tua stessa situazione.»
«E allora scontate questa punizione senza essere d'intralcio» si limitò a rispondere il ragazzo, prendendo in mano un tomo color sangue dalle scritte argentate.
Lo scaffale della lettera A si era riempito quasi per metà, quando Tyler disse: «Ci dispiace per quello che è successo con i tuoi amici, Ethan.»
«Ci? Io neanche li conosco! E, tra l'altro, da un'osservazione attenta, sono arrivata alla conclusione che– » cominciò Shyla, interdetta.
«Ci dispiace molto» la interruppe il ragazzo dai capelli verde acqua, ignorandola.
Ethan si voltò verso di loro, poi disse: «Non ha importanza: se ne vanno tutti, prima o poi» subito dopo, si rigirò di spalle.
«Già» risposero gli altri tre, all'unisono.
Ethan li guardò di nuovo, e, per i pochi secondi che seguirono, tutti e quattro si scambiarono occhiate a vicenda.
Shyla fu la prima a voltarsi di nuovo verso uno scaffale, ma dovette rigirarsi subito dopo, quando Tyler, sorridendo, chiese loro: «Credete nelle coincidenze?»
«Raramente l'universo è così pigro» rispose Shyla.
Ethan alzò le spalle, «Non molto. Credo nel Karma, piuttosto. Ed è anche per questo che non sono poi così dispiaciuto per Mark e Steven: il Karma gira.»
«Perché ce lo chiedi?» fece Michelle, mentre, con la manica della felpa, spolverava un volume sottile color porpora.
«Per noi» Tyler allargò il sorriso, «Pensateci: non ci siamo mai parlati prima d'ora, ma il destino ha voluto che ci incontrassimo.»
«Ma fammi il piacere!» esclamò Shyla, irritata. «Destino, coincidenze, sentimenti: sono tutte cose da cui mi tengo alla larga.»
«Shyla non ha tutti i torti, Tyler» osservò Michelle, «Parli come se fossimo in uno di quei romanzetti rosa che devi leggere obbligatoriamente se sei una ragazza, perché altrimenti non seguiresti un falso stereotipo: ergo, non saresti nessuno.»
Ethan non rispose, ma le sue sopracciglia inarcate dissero più di quanto mille parole avrebbero potuto fare.
«Dai, ragazzi!» insistette Tyler, «Noi siamo simili, per quanto possa sembrarvi strano.»
«Non credo proprio» rispose convinta Shyla, «In sedici anni su questa Terra, non ho ancora trovato qualcuno simile a me.»
«È un modo carino per dirci che in realtà sei un alieno?» fece Ethan, «Lo sospettavamo, sai.»
«Ragazzi» disse Tyler, «Descrivetemi il vostro rapporto con tutti gli altri in questa scuola.»
«Ma i fatti tuoi?» lo rimbeccò Ethan.
Michelle alzò gli occhi al cielo, esasperata dal corvino, e poi disse, di getto: «Be', io parlo con tutti perché odio i silenzi imbarazzanti e quindi mi viene spontaneo... ecco, sì, riempirli. Ma si può dire che non abbia amici, anche perché la maggior parte delle persone che ho conosciuto sembra così inghiottita dal pensiero della massa che non riesco a trovare una vera e propria personalità in loro.»
«Potresti spiegarti meglio?» chiese Shyla, tutta attenta.
«Be', il primo esempio che mi viene in mente riguarda i comportamenti sessisti che sia maschi che femmine adottano, e che odio» rispose l'altra. Poi, imitando delle voci non specificate, iniziò: «"Questo sport è da maschi, mica da femmine", "Sei una femminista, oh, quindi odi gli uomini", "Le ragazze si fanno belle solo per i ragazzi, quindi se ti sei vestita così bene lo hai fatto solo per attirare l'attenzione su di te".»
Shyla sorrise, colpita.
«Sono tutti così fissati con la popolarità, dico bene?» proruppe Ethan, in un raro slancio di spontaneità, «La gente è pronta a giudicare qualsiasi cosa tu faccia, a ridere di te, e poi ci si scandalizza tanto quando gli adolescenti soffrono di insicurezze o depressione. Gli altri sono tutti delle merde. Ti demoliscono.»
«Nessuno vuole parlare con me» si aggiunse Shyla, «Vengo spesso additata e noto le occhiate che le persone mi lanciano. La cosa, comunque, non mi turba. Sono i miei che sono preoccupati, così tanto che alla fine mi sforzo anche a socializzare. Ma sono tutti talmente stupidi che non ci vuole molto a capire che per avere degli amici devo cambiare quello che sono, cosa che non ho nessun interesse a fare.»
«Esatto!» Tyler sembrava euforico, «Non capite!? Noi ci possiamo capire a vicenda! Proviamo, chi per un motivo e chi per un altro, le stesse cose. A me mi piace troppo questa cosa!»
«A me mi non si dice» lo corresse Shyla.
Tyler la liquidò con un gesto impaziente della mano.
Ethan lo guardò con fare sarcastico, «Certo, come no. Tu vai in giro vestito così anche se sai che verrai preso in giro, e non ti importa. Per non parlare del fatto che sorridi sempre: non puoi capire.»
«Il fatto che sorrida sempre non significa che sia effettivamente felice» gli fece notare Tyler. Poi prese un respiro profondo e disse: «La verità è che, quando avevo otto anni e mio nonno era sul punto di morire, mi disse che se avessi sorriso, le cose sarebbero andate meglio. Così, da allora, non ho smesso di farlo, nonostante tutto. E, per inciso, non mi fanno piacere gli insulti. Insomma, a chi fanno piacere?! Ma, come voi, ho scelto di mantenere i principi che mi sono creato e non cambiare per nessuno. Per questo, non ho mai avuto dei veri amici.»
I tre lo fissarono, sorpresi.
«Lonely Hearts Club» sussurrò Michelle, dopo un po'.
«Club dei Cuori Solitari?» fece Shyla, inclinando il capo.
«Mi piace!» esclamò Tyler, sorridendo. «Perché è questo quello che siamo, siamo il Club dei Cuori Solitari.»
Michelle annuì sorridendo, poi si voltò verso Shyla.
«Suona bene come esperimento sociale» disse semplicemente lei, ma gli altri capirono che c'era molto di più dietro le sue parole.
Infine, si voltarono verso Ethan.
«Che ne pensi?» chiese Michelle.
Il corvino osservò la fiamma tremolante della candela sul tavolino su cui erano posati un po' dei tomi polverosi e delle pagine ingiallite, e disse solo: «Lonely Hearts Club.»
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☽ Angolo Moony:
In questo capitolo ho svelato un bel po' dei personaggi, ma c'è ancora molto altro.
Vi volevo anche dire che ho iniziato delle collezioni di immagini inerenti i singoli personaggi e il gruppo su We Heart It, se aveste mai voglia di vederli.
Su We Heart It sono @blvrrymooljght
E le collezioni sono:
• aes; ❝Lonely Hearts Club❞;
• shyla dalton // aesthetic;
• ethan carr // aesthetic;
• michelle anderson // aesthetic ;
• tyler hogan // aesthetic;
Spero davvero tanto che il capitolo vi sia piaciuto e grazie di averlo letto!
Fatto il misfatto
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