20. La pioggerellina che offusca i colori della città
Il veicolo si fermò. Improvvisamente, talvolta prevedibilmente.
Il fischio della locomotiva e lo sbuffo del vapore sembrarono arrestare, oltre al treno stesso, anche il chiacchiericcio persistente e consistente che, per tutto il viaggio, aveva riempito i vagoni.
Si spense per qualche minuto; poi, con l'aggiunta del rumore dei passi, delle carte di caramella stropicciate, delle borse, dei gufi, dei gatti e dei rospi, aumentò a dismisura.
Tyler si sentì colpire da una scatoletta di cartone – al principio sul naso, poi sulla fronte e infine sul petto – prima di aprire gli occhi.
«Muovetevi» disse Ethan, riprendendo la scatola delle Cioccorane, «Siamo arrivati.»
Il Tassorosso si stropicciò gli occhi, sbadigliò leggermente, e poi rivolse il suo sguardo a Michelle, che si stava svegliando tranquillamente, il capo ancora sulla spalla del ragazzo.
«Dove siamo?» chiese poi, soffocando uno sbadiglio e mettendosi a sedere compostamente.
«A King's Cross» rispose Shyla con fare pratico, sistemandosi per bene il cappello di Corvonero sulla testa.
Michelle e Tyler si alzarono; la prima si mise in cerca della sciarpa, l'altro si scrollò di dosso le carte delle Gomme Bolle Drooble.
Infine, recuperati i bauli, Ethan aprì lo sportello dello scompartimento e si apprestò a uscire con gli altri, prima che Shyla esclamasse: «Aspettate che si liberino i corridoi. Non ho alcuna intenzione di venir sommersa da un branco di gente urlante e scalpitante.»
Perciò, recuperati i bauli e atteso che la folla scendesse dal treno, i quattro aumentarono il passo verso l'uscita più vicina, con il rischio che il treno ripartisse nuovamente.
La stazione di Londra era senza dubbio meno affollata di quella di Hogsmeade, all'andata; nonostante ciò, i quattro riuscirono a malapena a distinguere il muro di pietra tra i binari 9 e 10, dietro gran numero di di teste.
«Mh, Shyla?» fece Michelle, guardandola: non si sarebbero potuti muovere da lì, se prima la bionda non avesse individuato i suoi genitori.
L'amica se ne stava immobile mentre i suoi occhi verdi, veloci e penetranti, perlustravano i tanti volti in quella stazione dai caratteri pittoreschi.
Poi, afferrando il manico del suo baule, si diresse verso un uomo che, poco distante rispetto a un'allegra (e rumorosa) famiglia – che, proprio in quel momento, era intenta ad abbracciarsi – sorrideva amabilmente. Gli altri tre a seguire l'amica.
«Buon giorno!» esclamò l'uomo, tutto contento.
Il signor Dalton era un omino decisamente basso, dal volto rotondo somigliante a una perfetta circonferenza. Era grassoccio, quasi calvo, e indossava degli occhiali tartarugati che incorniciavano gli occhi nocciola.
Le sue sopracciglia, brizzolate come il resto dei suoi capelli, erano parecchio rialzate, così che si aveva l'impressione che un'espressione gioiosa gli fosse sempre dipinta sul volto.
Guardandolo, i tre non avrebbero mai pensato che fosse il padre di Shyla.
Probabilmente avrebbero pensato che si trattasse del nonno, e comunque non del nonno di Shyla.
Trasmetteva quel calore, quell'affetto, che sua figlia non avrebbe mai avuto.
Difatti, il signor Dalton catturò la ragazza in un abbraccio ancor prima che quest'ultima potesse iniziare con le presentazioni – cosa che, tra l'altro, lei sembrava non veder l'ora di fare.
«Papà!» strillò lei, cercando di divincolarsi.
«Scusami tanto, tesoro» disse lui, liberandola dalla stretta.
La ragazza si aggiustò la gonna, stizzita. Poi, quando sembrò ricomporsi, iniziò: «Papà, lei è Michelle Anderson» e indicò la ragazza, che era la più vicina a lei, «Determinata, testarda, caffeinomane, miope, Grifondoro, in perenne ritardo, crede nell'uguaglianza di tutti i sessi.»
La Grifondoro la guardò, alzando un sopracciglio. Non era certo abituata ad essere presentata in quel modo.
Tuttavia, si lasciò sfuggire una risata: «Piacere di conoscerla, signor Dalton.»
«Il piacere è tutto mio, Michelle» sorrise lui, «E chiamatemi Paul, vi prego. Questo tono formale non è assolutamente necessario.»
Shyla riprese: «Tyler Hogan. Ottimista, festaiolo, esuberante, dislessico, Tassorosso, con un amore ai limiti dell'ammissibile per i vestiti anti-convenzionali.»
Il ragazzo dai capelli verde acqua sorrise apertamente e, dopo aver stretto la mano a Paul, aggiunse: «Credo nella libertà d'espressione.»
«E infine Ethan Carr» aggiunse la Corvonero, «Taciturno, cinico, sarcastico, annoiato, gay, bilingue tra inglese e giapponese, Serpeverde, dipendente dal fumo.»
Ethan strinse la mano dell'uomo e poi disse: «Mi dispiace che tua figlia non abbia fornito la nostra data di nascita e il luogo d'origine. Insomma, questa mancanza di informazioni è sconcertante.»
Shyla si imbronciò, ma l'uomo rise di gusto, «Voi tre mi piacete davvero molto! Su su, venite! Ho noleggiato un'auto dal Ministero della Magia, sapete: per far spazio ai bauli e al resto.»
«Lavori al Ministero, Paul?» domandò Tyler, che aveva già iniziato a prendere confidenza con l'uomo, mentre si avviavano al parcheggio.
«Oh no, mia moglie ci lavora. Si scusa di non poter esser venuta, a proposito. Aveva delle scartoffie da sistemare all'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale. Pare che un uomo di mezz'età si sia addormentato a casa propria e si sia risvegliato il giorno dopo nel bel mezzo del deserto del Sahara.»
Dopo aver lasciato i bauli nel bagagliaio, Paul si sistemò al posto del guidatore, mentre Shyla, seduta alla sua sinistra, si perdeva a contemplare le goccioline di pioggia sui vetri dell'auto.
«Eh, sì» esclamò il padre, voltandosi verso Michelle, Ethan e Tyler, che avevano preso posto dietro, «Piove! Piove! C'è stata un po' di neve, ma la pioggia l'ha sciolta tutta. Un vero peccato. L'atmosfera natalizia si sarebbe sentita di più, dico bene? Ma aspettate di vedere l'albero di Natale che è stato messo a Trafalgar Square: noi abitiamo distanti da lì, ma ci tengo che lo vediate anche voi. Domani magari andiamo a Buckingham Palace, che dici, Shyla?»
«Papà, attenzione alla marcia destra, quando guidi» fece lei.
«Giusto!» esclamò lui, girando finalmente la chiave e facendo partire l'auto.
Seguirono alcuni di minuti di silenzio, durante i quali i Lonely Hearts Club semplicemente osservavano le goccioline di pioggia e come esse potessero offuscare ogni colore della metropoli: i semafori, la gente con gli ombrelli, le piazze, i taxi, le cabine telefoniche rosse.
La pioggia non rendeva possibile il piacere d'osservare per bene la città; eppure, il fascino di Londra era reale anche così.
«Grazie per aver acconsentito a ospitarci, Paul» proruppe poi Michelle.
«Ma grazie a voi!» ribatté lui, calorosamente, «Shyla non mi ha detto se siete già stati a Londra.»
«Io sì, ma ero molto piccolo» rispose Tyler, sorridendo.
«No, ma ho sempre voluto» intervenne Michelle.
«Spesso, ma è sempre bello tornarci» concluse Ethan.
Seguì una conversazione riguardo i luoghi d'origine dei tre, e saltò fuori che Paul aveva sempre voluto visitare la Cornovaglia, amava la Guinness degli irlandesi e aveva avuto una pro-zia in Scozia.
Successivamente, prima che se ne rendessero conto, si trovarono davanti a un albero gigantesco, dalle luci dorate e rosse, nell'immensa Trafalgar Square.
«Bello, eh?» commentò il signor Dalton.
«L'hanno ingrandito, quest'anno» constatò Shyla.
Non ebbero l'occasione di fermarsi, perché la pioggia iniziò ad aumentare, ma i ragazzi ne restarono comunque affascinati.
Alla fine, arrivarono nei pressi di Leicester Square, e l'auto si fermò.
«Eccoci!» esclamò il signor Dalton, indicando una casa maestosa, elegante, con un giardino curato e delle rifiniture antiche.
Michelle non poté nascondere il suo stupore nel contemplarla ma, quando entrarono, alla sua meraviglia si aggiunse anche quella di Tyler e Ethan.
All'entrata, vi era un enorme scalinata in legno antico, rivestita da un tappeto pregiato, probabilmente indo-europeo, e dal soffitto calava un enorme lampadario di cristallo.
«Benvenuti» fece un Elfo Domestico, inchinandosi. «La signora Dalton ha informato che sarà qui tra un paio d'ore.»
«Benissimo, Bibilus. Porta i bauli dei ragazzi di sopra, per favore» fece il signor Dalton, poi, rivolgendosi ai ragazzi, esclamò: «Prego, in salotto. Volete darmi i capotti?»
I tre si liberarono dai soprabiti, le sciarpe e i cappelli, e sembravano molto più a disagio rispetto a quanto fossero stati nell'auto.
«Non fate quelle facce» disse Shyla, «Mio padre è un po' disordinato, ma sta migliorando.»
«Scherzi, vero?» Michelle strabuzzò gli occhi.
«Ma è vero» s'intromise Paul, «I fogli del mio nuovo libro sono sparsi ovunque, mi dispiace.»
«Sei uno scrittore?» chiese Tyler.
«Scrive libri per bambini e ha l'assurda convinzione di poterli vendere sia ai Babbani che ai Maghi» Shyla anticipò suo padre con disinvoltura.
L'uomo sorrise, «È un po' difficile, ma non impossibile.»
I tre sembrarono sentirsi un po' più a loro agio, una volta che si sedettero in mezzo a quei fogli, nel salotto.
«Vado a sistemare le mie cose» comunicò poi Shyla, «Prima faccio ordine, meglio è.»
Pochi secondi dopo era sulle scale.
I tre, sul divano, guardarono imbarazzati l'uomo di fronte a loro, seduto su una poltrona color verde bottiglia.
Sembrò che uno dei ragazzi volesse dire qualcosa, ma Paul, come volendo approfittare della mancanza della figlia, proruppe dicendo: «Ragazzi, non so davvero come ringraziarvi per aver dato una possibilità a mia figlia. Lei non ve lo dirà mai, ma vi è grata. E lo siamo anche io e Lea, mia moglie.»
Tyler sorrise, «Oh, non deve affatto ringraziarci! È nostra amica!»
«Ed è proprio per questo che vi ringrazio!» esclamò lui, prendendo a pulirsi gli occhiali sul cardigan, «Non ha mai avuto amici.»
«Le vogliamo bene» aggiunse Michelle.
«Sapete» riprese l'uomo, rimettendosi gli occhiali, «Avevo paura che rimanesse sola per sempre. A lei non sarebbe importato, lo so. Ma l'immagine di lei, a tre anni, seduta sulla panchina, sola, mentre gli altri bambini giocavano sulle giostrine al parco, è sempre viva nella mia mente. Mi sentivo morire ogni volta.»
Nessuno dei tre sapeva cosa dire, a quel punto.
Ma lui continuò: «Credevo che nessuno l'avrebbe mai accettata, sapete... a causa del suo autismo.»
I ragazzi sussultarono. Autismo?
Lo fissarono attoniti.
Lui notò i loro sguardi e disse: «Come, non lo sapevate? Shyla è affetta dalla sindrome di Asperger.»
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☽ Angolo Moony:
Ehilà! Ce l'ho fatta a pubblicare, per un pelo.
Ieri avevo tutto pronto, e poi Wattpad, che non avvisa mai, ha deciso di non funzionare più.
Spero davvero che la pubblicazione di questo capitolo vada bene.
Passando al capitolo: molti di voi lo avevano già capito, altri no.
Mi sono divertita molto a leggere i commenti nei quali formulavate ipotesi riguardo Shyla, ma non ho mai risposto perché sapevo che il suo personaggio doveva essere quello svelato per ultimo.
Nel prossimo capitolo, ad ogni modo, la questione verrà approfondita come merita.
E niente, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi aspetto al prossimo. (se lo vorrete)
Che la Befana vi abbia mandato tanta la cioccolata,
Fatto il misfatto
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