18. Su una guerreria e la neve tra i suoi capelli

Zenzero.
Appena misero piede nella Sala Grande, quel sabato mattina prima delle vacanze, vennero travolti dal dolce, talvolta opprimente, profumo di zenzero.

«Il vischio lì, a destra! Santo cielo, Douglas, raddrizzi quel ramo! Signor Hagrid! Ah, eccola qui: ci sono tutti gli alberi? Tutti e quattordici al completo?»

La professoressa McGranitt, che si muoveva con una velocità degna di nota da una parte all'altra dell'immensa Sala, aveva un aspetto alquanto intimidatorio: continuava a dare indicazioni precise sulle decorazioni, così precise che chiunque avvertì una morsa d'ansia al sol pensiero di commettere il più insignificante degli sbagli.

Dopo le innumerevoli richieste di Tyler – che avevano avuto tutta l'aria di essere suppliche – il Lonely Hearts Club aveva accettato di aiutare quel gruppo di studenti – più la McGranitt, Flitwick e Hagrid – che si impegnava ogni anno nella decorazione della Sala Grande in occasione dell'arrivo sempre più imminente del Natale.

Dopotutto, come aveva sottolineato Michelle, almeno così avrebbero visto la scuola addobbata, prima di dover partire alla volta di casa Dalton.

Ad ogni modo, il gruppo di studenti che, come loro, aveva mostrato di possedere lo spirito del Natale, come lo definiva Tyler, presentandosi quel giorno, era tutt'altro che consistente: c'era un gruppo di sei Serpeverde, tre Tassorosso, quattro Corvonero e sette Grifondoro.

Ognuno di loro era, comunque, più piccolo dei quattro: anzi, si potrebbe dire che nessuno di loro frequentasse un anno superiore al terzo.

«Noi tre siamo i più grandi, qui» commentò Ethan, rivolgendosi a Michelle e Shyla.

«Tre?» gli fece eco Michelle, inarcando un sopracciglio.

Il corvino alzò le spalle e indicò loro Tyler, il quale, a suo agio tra quei bambini come se li conoscesse da anni, con un maglione oversize rosso dai motivi argentei che ricordavano fiocchi di neve e un cappello da Babbo Natale sui capelli verde acqua, cantava e ballava a squarciagola, facendo invidia a qualsiasi showman... o quasi.

«Dashing through the snow,
in a one-horse open sleigh,
o'er the fields we go,
laughing all the way,
bells on bobtails ring... –»

«Ah, eccovi qui, ragazzi!» esclamò la McGranitt, voltandosi immediamente, «Per l'amor del cielo, signor Hogan, scenda dal tavolo! Sta dando un pessimo esempio a questi giovani studenti!»

Il Tassorosso, la cui bocca era ancora semi-aperta, pronta a intonare la strofa seguente, si bloccò e tacque.

Sorrise e, con un balzo, scese dal tavolo e l'affiancò, «Mi scusi.»

La donna lo ammutolì con un gesto impaziente della mano, «Siete in ritardo. Abbiamo già iniziato con i biscotti allo zenzero e il vischio.»

«Colpa mia» proruppe Michelle che, cosa rarissima, si fece piccola piccola sotto lo sguardo tagliente dell'insegnante.

«Non avevo dubbi» replicò lei, per poi sospirare: «Poco male. Siete particolarmente bravi in qualcosa?»

«So preparare i biscotti» rispose Michelle, con un'alzata di spalle.

«Perfetto. Lì, con quel gruppetto. Hogan, Carr: ci serve qualcuno alto che...»

« ...che superi il metro e cinquantacinque» terminò Ethan, osservando un gruppetto di primini che tentavano di sistemare il vischio in un punto troppo alto per loro.

«Che» riprese la donna, fulminandolo, «Che possa aggiungere le palle, i bastoncini di zucchero e i fiocchi ai rami più alti degli abeti che Hagrid sta portando qui.»

Tyler annuì, entusiasta; Ethan si limitò a scrollare le spalle e mettersi le mani nelle tasche del giubbotto di pelle nera.

«Oh, the weather outside is frightful,
but the fire is so delightful,
and since we've no place to go,
let it snow, let it snow, let it sn–...»

«HOGAN!» esclamò Ethan, mentre i due si incamminavano verso un abete.

Il corvino camminava con quel suo solito fare strascicato, annoiato, mentre Tyler gli saltellava intorno.

«Okay» fece quest'ultimo, per poi, sorridendo, ricominciare:
«You better watch out,
you better not cry,
better not pout,
I'm telling you why,
Santa Claus is comin' to town!»

Ethan lo fulminò, «Sto per schiantarti.»

«So cosa ci vuole per te!» sorrise l'amico.

«Grazie, ma no» replicò il Serpeverde, sbuffando.

Tyler, tuttavia, lo ignorò: «You're a mean one, Mr. Grinch... – okay, okay! Ho capito! Metti via quella bacchetta!»

Intanto, Shyla, rimasta sola con la McGranitt, ignorando le urla di Tyler e Ethan in sottofondo, disse: «Ma non mi è chiara una cosa.»

«Faccia in fretta, signorina Dalton» sospirò la donna, con una sorta di rassegnazione, mentre scrutava la lista delle decorazioni.

«Perché non ci è consentito usare la magia?» domandò lei.

«Oh, non è una questione di concessioni o proibizioni, signorina Dalton» s'intromise il professor Flitwick, «Si tratta di spirito di collaborazione o, più affettuosamente, di passare del tempo insieme! Guardi questi studenti...»

E così dicendo le indicò la gente che, impiegata con qualcosa di diverso, rideva e scherzava tra loro, decorava, preparava dolci, cantava le canzoni natalizie o, più semplicemente, sorrideva, perché il Natale, come un raggio lunare di speranza in una notte oscura, era arrivato anche quell'anno.

«... siamo pochi, è vero. Ma ci divertiamo! E poi, è anche un modo per sentirci vicini ai Babbani! Dopotutto, il Natale ci ricorda anche questo: lo festeggiamo tutti, nella popolazione Magica e non, il che ci fa presente che siamo tutti uguali» concluse l'uomo, sorridendole con un che di affettuoso che non soprese Shyla: era, dopotutto, una delle migliori studentesse nella sua materia.

«E ora, si cerchi qualcosa da fare, signorina Dalton» proruppe la McGranitt, «Su!»

A qualche metro di distanza, Michelle, lavorando la pasta dei biscotti, si perse ad osservare gli undicenni che l'aiutavano – o che, per meglio dire, giocavano tra loro con gli ingredienti che, pazientemente, gli Elfi fornivano dalle Cucine – e nei loro sorrisi, le loro risate e i loro dialoghi leggeri, spontanei, non poté fare a meno di rivedere i suoi fratelli.

Josh e Corey, quelle due pesti dai capelli scompigliatissimi come la sorella maggiore, quei due gemellini di sette anni... i suoi gemellini.

Sperò, in quel momento più che mai, che non se la prendessero molto per la sua assenza. Dopotutto, aveva fatto in modo che, quell'anno, ricevessero il regalo migliore che avesse mai fatto loro.

Osservò meglio quei bambini davanti a lei: certo, i suoi fratellini erano ancora piccoli, ma Michelle era sicura che, un giorno, anche loro avrebbero indossato la divisa di Hogwarts.

Sapeva quanto ci tenessero e, a dirla tutta, lei ci teneva più di loro: sapeva che Hogwarts li avrebbe, in qualche modo, salvati, proprio come aveva salvato lei.

Ad ogni modo, tre infornate di biscotti più tardi, la Grifondoro fu costretta a comunicare alla McGranitt di dover lasciare la Sala.

«Cosa?! Di già?» si lagnò Tyler, pericolosamente in piedi sulla scala, una decorazione a forma di calderone a mezz'aria.

«Mi spiace, Ty» la ragazza sorrise imbarazzata, aggiustandosi gli occhiali sul naso, «Ho molti... compiti.»

«Ma non è vero» s'intromise Shyla, che intanto se ne stava comodamente seduta ad un tavolo, lavorando alla precisione sui gancetti per le decorazioni, «Li hai fatti tutti, ricordi?»

Lei alzò le spalle, «Ne ho altri. Ci vediamo dopo, okay? Non mangiate tutti i biscotti!» così dicendo, girò i tacchi e scomparve. 

«Qui c'è puzza di bruciato...» commentò Shyla.

«Lo so!» fece Tyler, balzando giù dalla scala e lasciando il posto a Ethan, «Ci sta nascondendo qualcosa!»

«No, intendo che una teglia di biscotti sta andando a fuoco» replicò lei, «Ehi, soggetto giovanile» chiamò una piccola Tassorosso, «Prendi la teglia, prima che sia troppo tardi.»

«"Soggetto giovanile"?» Ethan la guardò mentre sistemava l'ennesimo fiocco su un ramo, «Non è giusto. Quando ho chiesto a Tyler se potessimo usare i primini come schiavi, mi ha detto no.»

«Ragazzi» disse Tyler, «Dico sul serio: e se sta soffrendo e non ce lo dice?!»

«Chi? Il soggetto giovanile?» chiese Shyla.

«Michelle!» esclamò il Tassorosso, «Dai, cercate d'esser seri.»

«Guarda, detto da te...» commentò Ethan.

«Credo sia solo un po' stanca dopo la sessione di compiti, come succede alla maggior parte di voi» osservò Shyla, «Lasciamo che la situazione si evolva, poi, se necessario, prenderemo provvedimenti.»

*

Ma Michelle non si presentò il giorno dopo nella Sala Comune dei Corvonero, né alla seconda giornata delle decorazioni.

Riuscirono a vederla solo a cena e a pranzo, e dire che fosse stanca sarebbe stato un eufemismo.

Aveva delle occhiaie mostruose, ingurgitava molto più caffè del solito e aveva sempre fretta di andare da qualche parte.

Nonostante facesse finta di nulla, gli altri tre avevano capito che c'era qualcosa che non andava... ed erano pronti a prendere provvedimenti, come aveva preannunciato Shyla.

«Metti via quegli occhiali da sole, idiota» disse Ethan, scuotendo il capo verso Tyler.

Quest'ultimo, strisciando nei corridoi con fare furtivo, aveva messo degli occhiali da sole dalle lenti nere che, a detta sua, gli davano un'aria da "agente super-segreto Babbano".

«Sono le tre del pomeriggio e stiamo andando nella Sala Comune dei Grifondoro per parlare con Michelle. Non c'è nulla di eroico in questo» spiegò Shyla che, al fianco di Ethan, camminava normalmente mentre Tyler sembrava aver dimenticato di trovarsi a scuola e non in un campo minato e sorvegliato dal governo.

«Apertis Verbis» dichiarò Shyla davanti al ritratto che, con un sorrisetto, li lasciò entrare.

Secondo gli accordi, Michelle avrebbe dovuto farsi trovare in Sala Comune, per discutere del viaggio verso Casa Dalton, che era sempre più alle porte.

Ma di lei non c'era traccia.

«Se n'è dimenticata» osservò Shyla.

«Ma no, che dici? È lì, che si mimetizza con la tappezzeria!» replicò Ethan.

«Ma che le prende?» sospirò Tyler, sempre più in pena per lei.

Restarono lì, sulla soglia, come per cercarla ancora tra i volti, quando Tyler individuò una faccia conosciuta: «Emily!» la salutò.

La ragazza chiamata in causa si voltò e gli sorrise apertamente: probabilmente perché, quel giorno, il ragazzo indossava le corna da renna... blu con i glitter.

Il Tassorosso le fece segno di avvicinarsi, e lei, anche se un po' riluttante, lo fece.

«Come stai?» le chiese, cordiale.

«Mh, bene» rispose lei, abbastanza incerta.

«Che ne è di Michelle?» chiese Shyla, decidendo di voler andare dritta al punto.

«Michelle?» le fece eco lei, aggrottando le sopracciglia.

«Sì, Michelle: capelli ricci castani, occhiali a goccia, un naso, una bocca. Strano che non l'hai mai notata... secondo le nostre fonti sei la sua compagna di dormitorio da sei anni» commentò Ethan.

«Ho capito» fece lei, a quel punto irritata, «Ma non è qui.»

Ethan le strinse la mano, «Grazie, grazie mille! Stavamo per parlare con il camino pensando fosse lei! Grazie di quest'illuminazione! Te ne saremo sempre grati.»

Emily sbuffò, contrariata.

«Puoi dirci dov'è?» le domandò Tyler, dolcemente.

«Credo in giardino» rispose lei.

«In giardino? E perché?»

«Aveva un'altra vendita, mi sembra.»

«Una vendita?»

«Sì: da un po' di settimane sta vendendo la sua roba, dice che le servono dei soldi... non ho capito bene per cosa.»

«Ma sta nevicando!»

Lei alzò le spalle, «A quanto pare il suo compratore è disponibile solo ora. Ma perché volete saperlo?»

Ma, inutile a dirsi, Emily non ricevette mai una risposta.

I tre girarono sui tacchi immediatamente e si misero in marcia verso il giardino.

Per quanto potesse sembrare assurdo, Michelle era lì, vicino a un albero, con una sciarpa di lana che le copriva dal naso in giù, mentre fiocchi sempre più insistenti di neve scendevano dal cielo.

Parlava con una ragazza di Corvonero che si prese un paio dei suoi guanti e le diede qualche moneta.

I tre aspettarono che l'altra ragazza scomparisse per approcciarsi all'amica.

«Michelle» fece Tyler, cauto, dietro di lei.

La diretta interessata sobbalzò, colta alla sprovvista. Poi si voltò: «Che ci fate qui?»

«Che ci fai tu qui!?» esclamò di rimando Shyla, coprendosi meglio col cappello di lana.

Lei esitò, poi sospirò: «Immagino che negare ora sia inutile, giusto?»

I tre annuirono.

«Sto vendendo la mia roba, quella che riesco a vendere... quella ragazza, Hallie, si vergognava a farsi vedere dai suoi amici mentre comprava dei guanti da qualcun altro della scuola, così ha aspettato un momento adatto per comprarli in privato, senza badare alla neve e il resto. Anche a me non ha importato granché, in realtà.»

Ma, ovviamente, quella era troppo misera come spiegazione.

Così continuò: «Ho bisogno di soldi. Ho speso quasi tutte le poche monete che avevo per dei regali ai miei fratellini. Devo fare dei regali anche a voi, no?»

«Michelle...» cominciò Tyler, ma lei non gli permise di andare oltre.

«Non dire niente. So che mi vuoi dire che non è importante. Per me lo è» fece un profondo sospiro, poi continuò: «Da quanto ho nove anni, faccio lavori illegali,  come la cameriera o la lavapiatti, vendo le mie cose, faccio tutto quello che posso per guadagnare quei soldi che la mia famiglia non ha mai avuto. Ho sempre vissuto con mia madre e il fantasma di mio padre, di cui mia madre mi disse solo che non era in grado di prendersi cura di noi. Lei era già vecchia allora, ed era sempre così stanca... poi, anni dopo, conobbe un uomo che disse di amarla, e disse che ci avrebbe tolto dalla miseria. Insieme ebbero i miei fratellini, ma lui ci abbandonò dopo pochi anni. Di nuovo. Io ero felicissima di diventare una sorella, ma capì anche una cosa: dovevo prendermi le mie responsabilità. Così, ho sempre lavorato affinché non vedessi più quello sguardo afflitto sul volto di mia madre e affinché i sorrisi entusiasti dei miei fratelli non si spegnessero mai. Quando, poi, ho scoperto di essere una strega, ho lavorato il doppio, per guadagnare il possibile per la scuola. All'inizio dell'anno, ho rischiato di arrivare in ritardo perché avevo lavorato fino a tardi. L'ho sempre fatto, capite? Per me non è un problema.»

I tre la fissavano, senza parole.

Faceva freddo, e Michelle tremava, ma i suoi brividi erano dovuti al gelo dei ricordi.

Eppure, lì, di fronte a loro, con la neve tra i capelli, qualcosa nel suo sguardo era ancora più vivo del solito: la scintilla dei guerrieri.

«Una volta mia madre mi disse che per tutta la vita era stata usata e umiliata, in quanto donna povera e non amata. Così iniziai ad amarla sul serio, e con lei il mio essere donna: mi dissi che non avrei mai lasciato che qualcuno mi usasse come era successo a lei.  
E lo so che non tutti gli uomini sono uguali» e lanciò un'occhiata significativa a Ethan e Tyler, «Ma nella mia vita nessun uomo mi hai mai salvata. Forse, solo il Fato, che ha permesso che nel mio sangue scorresse sangue magico... ma se sia uomo non lo so. So solo che non smetterò mai di lottare. Che importa se do via dei guanti o altro? Farvi un regalo è più importante.»

Non seppero dire quanto tempo si guardarono, in silenzio.

In certe occasioni, si può solo stare zitti.

Forse perché lo sguardo di Michelle diceva già tutto, o forse perché lei non voleva che le si dicesse qualcosa.

Voleva solo che restassero lì, come avevano fatto fino ad allora.

La portarono nel castello quando la tempesta di neve sembrò rafforzarsi.

Qualche ora più tardi, i tre si decisero a dirle qualcosa: le avrebbero detto che nessun regalo materiale era davvero importate, che doveva riprendersi tutto quello che aveva dato via.

Quando rientrarono in Sala Comune, però, la trovarono sul divanetto, che, con qualche fiocco di neve ancora tra i capelli ispidi, dormiva serenamente.

Tyler le posò una coperta sulle spalle, e poi lasciarono che dormisse, e sognasse i suoi fratelli, e sua madre.
























































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Angolo Moony:
Ehi! È tardissimo, lo so! Scusate!
Ormai era tutto pronto, così ho pubblicato lo stesso.

Quindi, ora anche Michelle è svelata! Aspettavo questo momento da un po'.

Era un chiarimento fondamentale.

Poi, qualche appunto: le canzoni cantante da Tyler – Jingle Bells, Let It Snow, Santa Claus Is Coming to Town e You're a Mean One, Mr Grinch – sono tutte state scritte prima degli '80, quindi come anni ci siamo.

Poi, per quanto riguarda la decorazione: ho voluto che si facesse alla Babbana perché ci tenevo. Insomma, per quanto io ami la magia, certe cose vanno fatte con le mani, con il tempo che impiegano e non con la freddezza (concedetemelo, in questo caso!) di una bacchetta.

Spero vi sia piaciuto lo stesso.

Spero anche di poter aggiornare prima di Natale, ma non vi prometto nulla!

Vi farò gli auguri, in ogni caso.

Vi arriverà tanta cioccolata!

Detto questo, la smetto di rompere.

Un abbraccio caloroso,

Fatto il misfatto

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