10. Tra le melodie sommesse del pianoforte
«Certo che il caro vecchio Godric avrebbe potuto costruirla un po' più vicina, questa Sala Comune, eh?» commentò Tyler ansimando una volta che, finalmente, i quattro giunsero dinanzi al ritratto della Signora Grassa.
«Ma no, perché dici così?» ribatté Ethan, «Non mi ero neanche reso conto che abbiamo salito all'incirca duecento scalini, sai? No, pensavo che fossero solo una decina.»
«Non duecento» fece Shyla, «Siamo al settimo piano e, considerando che le scale hanno cambiato direzione per tre volte durante il tragitto, ne abbiamo salito duecentosette.»
«Vi lamentate tanto» disse Michelle, «Ma sono io quella che deve percorrerle ogni dannato giorno.»
Quel pomeriggio nuvoloso, il "Lonely Hearts Club" aveva deciso di trascorrerlo in una Sala Comune.
Decidere quale tra le quattro non fu poi così difficile.
Quella dei Corvonero e dei Serpeverde fu esclusa a priori: Shyla voleva visitarne una che non fosse la sua, così da poter constatare con i suoi occhi se quanto riportato nelle descrizioni di Storia di Hogwarts fosse attendibile tanto quanto lo era per la Sala Comune dei Corvi; Ethan, invece, era stato deciso a non voler passare il pomeriggio nei Sotterranei e, quando gli fu chiesto il perché, la sua risposta fu particolarmente vaga ed evasiva.
Dunque, la scelta fu limitata a Tassorosso e Grifondoro.
Per Michelle non faceva alcuna differenza, e Tyler, che aveva già visitato la Sala Comune dei Grifoni per via di un party anni prima, disse che sarebbe stato bello ritornarci.
E così, quel giorno, tra tutti i visi che quotidianamente la Signora Grassa incontrava, vide anche quelli dei quattro.
«Parola d'ordine?» chiese.
Michelle aprì la bocca per rispondere, ma Shyla fu più svelta di lei: «Felix culpa.»
«Okay, quale assurdo e geniale ragionamento hai usato, stavolta?» le chiese la Grifondoro, mentre il gruppetto varcò la soglia della Sala.
«Nulla in particolare» confessò la bionda, «L'ho letta sull'agendina – o, più precisamente, sulla pagina — che mi hai dato perché guardassi il disegno del fiore che avevi fatto, una settimana fa.»
«Ma su quella pagina c'erano scritte miriadi di cose!» esclamò l'amica.
«Lo so» annuì l'altra, «Degli appunti di Trasfigurazione e cinque promemoria: devi mandare un gufo a tua madre per raccontarle gli ultimi eventi e chiederle se tua nonna si sia ripresa da quel raffreddore, ripetere per il compito di Difesa Contro le Arti Oscure soffermandoti in particolare sugli Incantesimi d'Attacco, mettere in ordine il baule, perfezionare le spille del nostro club e ricordare la nuova parola d'ordine: Felix culpa.»
Shyla notò lo sguardo degli altri tre, e così aggiunse: «Ho una memoria eidetica.»
«Va bene, Shyla» fece Tyler, sorridendo, «Mi spiegherai che significa più tardi. Ora troviamo un posto per sederci, non vorrei che rimanessimo in piedi.»
Dopo un'occhiata veloce alla Sala, gli altri tre capirono che quello di Tyler era semplicemente stato un modo gentile per farla tacere, dal momento che in quella Sala non c'era da preoccuparsi di non riuscire a trovare un posto.
Infatti, di rado era così poco affollata: c'erano un paio di primini che giocavano a Gobbiglie, una coppia di ragazzi – un Serpeverde e un Grifondoro – che si stringeva su un divanetto e una Tassorosso che chiacchierava con una sua amica di Grifondoro in un angolo.
I quattro presero posto davanti al fuoco scoppiettante e familiare del camino.
Per un po', Ethan e Michelle giocarono a scacchi seduti sul tappeto, mentre Tyler ascoltò Shyla che gli leggeva ad alta voce, sul divano a pochi centimetri dagli altri due, ben attento a non interromperla, perché sapeva che, se lo avesse fatto, la reazione di lei non sarebbe stata positiva.
Ad un certo punto, a disturbare la quiete di quella Sala fu un gruppo di ragazzi del loro anno che, facendo irruzione rumorosamente nella stanza, discuteva animatamente.
«La festa sarà imperdibile, ve lo dico io» esclamò la voce di un Tassorosso, tale Rodrick.
«Sono d'accordo!» esclamò un Grifondoro, che si chiamava Timothy.
«Una festa?» s'intromise Tyler, la cui attenzione, dalla lettura di Shyla si era spostata a quei ragazzi in pochissimo tempo.
«Sì!» esclamarono due ragazze, in coro.
«Ci sarà una festa di Halloween, in Sala Grande. È il primo anno che viene proposta una cosa del genere! Ho sentito dire che, se quest'anno va bene, lo rifaranno anche l'anno prossimo. È tutto scritto nella bacheca principale» spiegò una ragazza di Serpeverde, entusiasta, che portava il nome di Jessica.
I quattro si guardarono. Era incredibile che il tempo fosse passato talmente in fretta dal loro primo incontro che non si erano nemmeno resi conto dell'arrivo imminente di Halloween.
«Ci andiamo? Vi preeego» li supplicò Tyler una volta che il gruppetto che era entrato poco prima non fu più a portata di orecchie. Qualcosa gli disse che gli altri tre avrebbero opposto resistenza a quella richiesta.
Infatti, Ethan alzò gli occhi al cielo proferendo: «Scordatelo.»
«In tutta quella confusione?» fece Shyla, «Neanche morta.»
«Le feste sono solo occasioni che la gente sfrutta per dimostrare agli altri di essere pieno di amici e di divertirsi. La maggior parte di loro, ovviamente, è semplicemente falsa» commentò infine Michelle.
«Ma che vi importa degli altri!?» esclamò il Tassorosso, «Ci divertiremo, dai!»
Tuttavia, dall'espressione dei tre, Tyler capì che avrebbe dovuto fare di meglio per convincerli.
«Shyla» proruppe, guardando la diretta interessata, «Tu sei interessata ai... ehm... comportamenti sociali. Quale occasione migliore per osservarli?»
«Io osservo da lontano, al mio posto» lo contraddisse lei, «Non ho alcuna intenzione di trovarmi in mezzo a tutta quella gente.»
«Lo so, ma... » il ragazzo dai capelli verde acqua ci rifletté un attimo, «In realtà, potresti farlo anche alla festa: basta trovare un posto distante dalla folla!»
«Ma che importa?» s'intromise Michelle, «Si sa già come vanno a finire quelle feste: ci sono quelli che fanno confusione e si sentono "superiori" per essere popolari e quelli che vengono esclusi da "quella cerchia esclusiva". Ah, e, ovviamente, ci saranno i soliti ragazzi che ci provano con tutte, sentendosi dei "veri uomini". Ma non sia mai che ci provi una ragazza, perché altrimenti, a detta di tutti, sarebbe una "puttana".»
«Viviamo in un mondo sessista, lo sai» sospirò Tyler, «Ma pensavo che volessi combattere per questo.»
«Certo che lo voglio!» ribatté la Grifondoro.
«Allora, quale occasione migliore di questa per dimostrare a tutti che si sbagliano? Non so te, ma io la vedo come un'ottima opportunità per difendere il Girl Power» il Tassorosso le sorrise e le fece l'occhiolino.
Michelle ci rifletté su. In effetti, non aveva tutti i torti.
«Ethan, sinceramente non so cosa dire per convincere te» disse infine Tyler, poi, speranzoso, aggiunse: «Potresti fare miriadi di commenti sarcastici, sai?»
Ma Ethan non lo ascoltava. La sua attenzione era stata catturata da un pianoforte situato vicino ad una finestra.
Si alzò, silenzioso come sempre, e vi si avvicinò.
I suoi movimenti vennero seguiti con attenzione dagli altri tre che, piano, si alzarono e lo raggiunsero.
«Lo sai suonare?» chiese Michelle.
«Ovvio che lo sa suonare» fece Shyla, «Nei suoi occhi si legge l'interesse di chi conosce lo strumento nel dettaglio.»
«Sono passati anni da quando non lo suono» ammise il corvino, accarezzando la superficie in legno antico da cui era rivestito lo strumento, «È stata l'altra cosa che, insieme al giapponese, mia madre ha voluto che imparassi da bambino.»
«Suoni qualcosa?» gli propose Tyler, sorridendo.
Ma Ethan scosse il capo, «Il pianoforte non è punk rock.»
«Ah, che mente limitata, la tua!» commentò Shyla.
Ethan la guardò male.
«Suonalo» disse Michelle, «Te lo ripeterò fin quando non lo farai. Suonalo. Suonalo. Suonalo. Suonalo. Suonal– »
«OKAY!» esclamò Ethan, seccato.
Poi, sedendosi, posò le dita sui tasti e, prima che se ne rendesse conto, queste già si muovevano esperte sullo strumento, con una precisione che stupì gli altri tre.
Ethan chiuse gli occhi. Stava eseguendo "Per Elisa".
In poco tempo, i ragazzi si persero in quelle melodie, così dolci e al tempo stesso malinconiche.
E fu proprio ascoltando le dolci note del pianoforte, che i quattro capirono che a quella festa ci sarebbero andati.
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☽ Angolo Moony:
Come ho già lasciato intendere nel quinto capitolo, mi piace che vari membri di diverse Case si frequentino con assiduità (che si siedano a tavoli diversi, che frequentino Sale Comuni diverse e così via).
Dire "i Corvonero erano nella Sala Comune dei Corvonero, i Serpevede erano nella Sala Comune dei Serpeverde" e così via mi sembra una limitazione.
Bene, detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e scusate per eventuali errori di battitura, ora non ho il tempo di rivederlo come si deve.
Grazie di aver letto,
Fatto il misfatto
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