Capitolo 36

La ragazza si muove lentamente e cerca di alzarsi in piedi, ma non ci riesce.

Le catene e i pesi che la bloccano sono troppo forti per essere spezzati e non danno alcun segno di volersi staccarsi dal muro o di permettere a Diana di camminare.

Riprova con tutte le sue forze, ma non c'è verso di liberarsi.

Ecco, e ora? Non posso fare più niente, sono destinata a un fato troppo crudele, che, evidentemente, non vuole rimanere incompiuto.

Si sente così scoraggiata e delusa perchè ,quella poca fiducia che le è rimasta, ha deciso di spezzarsi in piccoli frammenti, volati via, spinti da una brezza fredda, la quale è in grado di prosciugare l'abbondante felicità da ogni persona, e si sono allontanati via, per poi dissolversi nel nulla, lasciando la ragazza in uno stato cupissimo.

Infatti, non sembra riuscire a provare alcuna emozione, tranne la tristezza e la scarsa voglia di badare a se stessa, tanto che, se morisse in quel momento, non le importerebbe, questa volta, minimamente.

Se la vedesse qualcuno in quell'attimo, si preoccuperebbe sicuramente e anche tanto.

Diana ha un aspetto cadaverico, il suo viso, prima roseo e pieno di un forte calore, ora è diventato di un bianco latte e la sue pelle pare più invecchiata che mai, a differenza della normale epidermide che dovrebbe avere una ragazza della sua età.

Anche il resto del corpo è diventato molto raggrinzizito e senza colore, come se Diana si trovasse in una foto scattata apposta in bianco e nero.

Il suo cuore, però, batte ancora con ritmi giusti, ma non si sa per quanto tempo ancora rimarrà così, mentre ogni suo respiro e calmo... quasi liberatorio.

Si sente come se fosse una farfalla di colore arcobaleno, che vola nei giardini più rigogliosi, posandosi sopra dei fiori che, secondo lei, sono i più belli del mondo e divertendosi insieme alle sue compagne, felice e contenta.

Ma, un giorno, un collezionista d'insetti le adocchia, prende il suo retino e comincia a dargli la caccia. Purtroppo, riesce a catturare solamente una di quelle piccole e stupende creature: appunto, la nostra protagonista e, prima che lei provasse a scappare, la rinchiude dentro un barattolo di vetro.

Dopodichè, il collezionista si avvia verso la sua casa, saltellando dalla gioia per aver preso almeno una delle sue prede.

Apre la porta e mette il contenitore sulla sua scrivania, per poi sparire in un'altra stanza.

Intanto, la farfalla si guarda intorno, allibita e spaventata, dato che ciò che vede avrebbe preferito non averlo mai osservato. Infatti, a decorare la parte sopra il tavolo, ci sono dei quadri, in ognuno dei quali è stata attaccata una sua compagna.

La piccola creatura svolazza da un lato all'altro del barattolo, cercando disperatamente una via d'uscita, ma non ne vede.

A quel punto, il suo umore cambia subito, come se fosse stata colpita da una specie di raggio cangiante dall'effetto immediato e diventa triste e apatica.

Non le resta altro che attendere il collezionista e accettare la sua tremenda fine.

NO! NO! NON VOGLIO, AIUTO! -Diana riapre i suoi occhi, che ha inconsciamente chiuso, abbandonandosi in un sonno profondo, mentre grida queste parole.

La mia vita... io morirò come quella farfalla, presente in questo mio sogno premonitore -pensa la ragazza nella sua mente, con il respiro velocissimo e il viso imperlato di sudore.

Io... io... -mormora Diana a bassa voce.

China il suo capo verso il suolo, guardandosi i piedi, bloccati dai pesi.

IO NON SARO' MAI TUA, DEMONE! -urla poco dopo.

Quello che succede dopo avviene in fretta.

Il suo corpo riprende il classico colorito roseo e, con un forza disumana, la ragazza riesce finalmente a staccare le sue braccia e le catene dal muro che le teneva bloccate e si alza lentamente, combattendo contro i carichi che cercano di farla ricadere sul terreno.

Riesce a raggiungere la posizione eretta, nonostante i suoi "bracciali" e le "cavigliere", adornate da funi d'acciaio e da aggravi.

Piano piano, arriva di fronte alla parte opposta a quella in cui è rimasta bloccata per molto tempo.

Sbatte violentemente entrambe le manette ai suoi polsi sulla roccia nuda e, miracolosamente, esse si spezzano, lasciandola libera.

Dopodichè, fa lo stesso con piedi, anche se con un po' di difficoltà in più, ma, alla fine, riesce a togliersi anche le "cavigliere".

Ora si gira intorno, cercando di trovare la via d'uscita, non più disperata, ma di nuovo determinata al massimo.

Riprova con la sua primissima idea: cercare di arrampicarsi su per il muro di pietra.

Perciò, si mette in posizione e fa un gran salto, afferrando una piccola roccia sporgente con una mano, e comincia a tirarsi su.

Stranamente, ci sta riuscendo. Wow! Eppure, non è mai stata una brava scalatrice.

Rimane decisamente stupita quando arriva fino alla fine.

A quel punto, una visione le subentra nella mente: lei che, cercando di toccare l'ultima pietra che la separa dal mondo esterno, cade, sfracellandosi al suolo.

Un senso di paura e ansia la avvolge, togliendole un po' di quella determinazione che ha appena ritrovata.

Diana scuote la testa, allontanando quell'orrenda visione e si affretta ad afferrare la roccia sporgente conclusiva.

Dopodichè, si rialza con tutte le sue forze e si siede sul bordo del pozzo.

Fa un bel respiro e l'ansia e la paura scompaiono definitivamente.

Ce l'ho fatta! Sono salva. -afferma con un filo di voce.

Porta le gambe sull'orlo di pietra e mette le mani intorno ad esse, poggiando la testa sopra le ginocchia.

E' notte e il tempo non è dei migliori. Infatti, sembra che stia per piovere da un momento all'altro, mentre un vento gelido colpisce in pieno la ragazza, facendola tremare.

Come troverò la via d'uscita da questa " foresta" e, in caso ne uscissi viva, come farò a capire dove si trova la mia nuova casa, dato che non ci sono mai stata? -pensa Diana nella sua mente.

Alza leggermente la testa e rivolge lo sguardo verso il cielo.

Cominciano a cadere alcune goccioline sul suo viso e sui suoi vestiti, sporchi di polvere e terra. In poco tempo, inizia un vero e proprio acquazzone, che la bagna completamente, ma alla ragazza non sembra importare.

Perchè sono così sfigata? -domanda lei ad alta voce, come se qualcuno potesse sentirla e risponderle.

Dopodichè, rimette la testa sulle ginocchia e comincia a singhiozzare forte, mentre le lacrime iniziano a scendere sul suo viso, confondendosi con le gocce, generate dalla pioggia, presenti lì.

La pioggia continua a cadere indisturbata, con il monotono e assordante rumore di scrosci.

Come mi piacerebbe trovarmi in camera mia, a bere una cioccolata calda e, magari, leggere un libro, con questo tempo! -esclama la ragazza silenziosamente, non appena consuma le sue lacrime e con lo sguardo rivolto verso la parte di foresta presente davanti a sè.

Ed invece sono qui, a morire di freddo, sotto la forte pioggia. -continua poi.

Dopodichè, mantiene il silenzio più totale, rotto solo dagli scrosci e prosegue ad osservare la natura.

Distrattamente ed inconsciamente, fa un sorriso sincero.

Beh, se non altro sono di nuovo libera. -si dice tra sè e sè, senza distrarsi da quella visione.



Spazio scrittrice

Ecco, finalmente, il capitolo 36.  Di ECC non ho avuto tempo di scriverlo, scusate, ma purtroppo la scuola mi impedisce di dedicarmi completamente alla scrittura.

E niente, siamo arrivati a 1, 15 k di letture. Grazie mille! <3

Se il capitolo vi  è piaciuto, lasciate un commento o un voto.

Bella ragazzi!!!!! :3




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