Capitolo 35

Una risatina leggera e fastidiosa, provocata dall'uomo, arriva fino alle orecchie di Diana, facendola arrabbiare ancora di più.

Non puoi impedirmelo, cara, ti ricordo. -afferma lui, finendo di ridacchiare.

Perciò, vado. Ah! Ed evita di gridare, perchè non ti sentirebbe nessuno. -conclude poi.

Dopodichè, si nasconde dalla vista della ragazza e si incammina verso una zona ignota, indifferente e tranquillo, come se non fosse successo niente durante questi minuti, lasciando Diana abbandonata al suo triste e terribile destino.

Lei si accovaccia, mettendo la testa sulle sue ginocchia, piene di graffi e lividi, provocati dalla brusca caduta, e rivolgendola verso i pezzi di pietra che, uniti, costruiscono la parte di pozzo davanti a sè.

Osserva attentamente le loro scanalature e le muffe che si sono create tra uno e l'altro blocco, cercando di capire da quanti anni esistesse questo pozzo, ormai inutilizzato e domandandosi se esso sarebbe stato definitivamente la sua tomba, l'ultima cosa che avrebbe visto del mondo, prima di andarsene e, questa volta, per sempre.

Dopodichè, abbassa lentamente il capo verso le sue ginocchia, con gli occhi che minacciano di far uscire l'ennesimo fiume di lacrime.

Una comincia a fuoriuscire dal suo occhio destro, percorrendo la sua guancia un tantino arrossata, fino ad arrivare al punto dove tocca i suoi pantaloni, bagnandoli.

Poi, rialza di scatto la testa e continua a guardare la parete davanti a sè, sperando con tutto il cuore che potesse scomparire da un momento all'altro, per fermare il suo pianto liberatorio, ma, purtroppo, cose del genere possono accadere solamente nei sogni più belli, magari anche con un principe ad aspettarti dall'altro lato dell'ostacolo.

I suoi occhi iniziano a divenire particolarmente stanchi e arrossati, mentre le sue iridi cominciano a diventare sempre più nere e profonde, simili a delle immense voragini, a mano a mano che le lacrime scendono sul suo viso.

Nonostante tutto, lei spera ancora in un briciolo di salvezza.

Dopodichè, si fa forza e, con il palmo della mano destra, si asciuga il suo volto bagnato e di un rossastro quasi uguale a quello di un pomodoro maturo.

Poi, si solleva in piedi barcollando, dato che non ha più tante energie, e mantiene la testa bassa.

I suoi capelli, ormai disordinati, che la fanno sembrare selvaggia, le ricoprono completamente la faccia, ma lei non sembra notarlo, anzi pare proprio che li preferisca in questa posizione.

Comincia a camminare in avanti lentamente, mentre alza a rilento un braccio, il quale trema un po', a causa del gelido freddo che c'è là sotto.

Lo tiene steso in avanti, finchè non tocca il muro e sente la strana sensazione del muschio sotto il tatto.

Dopodichè, rialza delicatamente il capo, porgendo il suo sguardo sulla parete, di nuovo.

Inizia a stringere lentamente la mano appoggiata, cercando di formare un pugno, ma poi si ferma, facendo toccare il muro a tutte le dita, mimando il modo per arrampicarsi.

E' come se volesse farlo da un momento all'altro.

Si immagina la scena: Diana mette anche la seconda mano sulla parte, nella stessa posizione della prima e si dà una spinta forte, saltando, così da riuscire ad aggrapparsi anche con i piedi.

Poi, comincia a salire con calma verso l'uscita del pozzo, facendo la massima attenzione a dove mettere le mani e i piedi.

Ed eccola là, vicinissima al suo traguardo. Infatti, riesce a vedere di nuovo la luce del sole brillare sul suo viso, donandogli quel calore di cui è stata privata all'interno di quel luogo desolato e malinconico.

Sta per mettere una mano sull'ultima pietra, quella che si affaccia finalmente all'esterno, quando, sbagliando a posizionare un piede, scivola e ricade ancora dentro il pozzo, ritrovandosi sul terreno umido che ha appena cercato di abbandonare, a pancia in su e con lo sguardo rivolto verso il cielo ceruleo, che si intravede oltre la sagoma circolare in cui è bloccata.

La scena, ad un tratto, si fa sempre più sfocata, quasi ci fosse qualcuno a piangerci sopra...

Diana scuote velocemente la testa, liberandosi delle sue ridicole immaginazioni.

Si trova ancora ad osservare quel muro, con la mano tesa contro di esso, come se volesse staccarlo dal resto e spostarlo in quella direzione, lontano da lei, che non vuole più vederlo.

Dopodichè, stringe completamente la mano a pugno e lo getta contro la parete, più arrabbiata che mai.

Si gira lentamente dal lato opposto e attacca le sue spalle all'ostacolo, per poi scivolare lentamente contro di esso, sedendosi di nuovo a terra.

Anche se provassi, non ce la farei mai! Perchè deve succedere tutto a me? Perchè? -si chiede la ragazza, gridando con una voce spezzata dai numerosi singhiozzi che ora escono dalla sua bocca.

Sta per piangere, di nuovo. Ormai, lei ha capito che non c'è più niente da fare.

E' costretta ad arrendersi, quindi?

Sperava in una vita migliore a Milano, ma, invece, è passata da un inferno terribile ad un altro che lo è ancora di più, perchè non l'ha potuto nemmeno vivere.

L'unica cosa che ha fatto è stata passare una nottata da incubo con il demone, che l'ha tormentata ogni ora, minuto e secondo nell'oscurità di quella stanza d'ospedale, non facendosi notare da nessuno, dato che, evidentemente, tutta la struttura era desolata.

Ora che ci pensa, c'è qualcosa che le sfugge. Infatti, non sa esattamente come sia finita quella graziosa serata. Ricorda solo di essersi svegliata la mattina, medicata, e di aver parlato con la madre e Roberto, per poi arrivare qui, alla sua tragica fine.

Credo che il mostro c'entri qualcosa sulla mia breve perdita di memoria... ma, perchè non vuole che io rammenti? Non lo riesco proprio a capire! -esclama Diana con un filo di voce, rivolgendo il suo capo verso il basso.

Ad un certo punto, senza accorgersene, alza entrambe le braccia, appoggiandole delicatamente contro il muro dietro di sè.

Si rende conto quasi subito dell'incosciente posizione strana in cui si è messa e si domanda il motivo per cui l'abbia fatto.

Dopodichè, la vera risposta alla domanda subentra nella sua mente.

Questa sistemazione vuole simboleggiare qualcosa, e la ragazza ha una mezza idea di cosa stesse cercando di rappresentare.

E' come se si trovasse in una di quelle prigioni antiche, ammanettata ai polsi, ma, dalle sue manette, si dipartono due catene d'acciaio, che sono attaccate al muro attraverso altri pannelli dello stesso materiale.

I piedi, invece, sono legati insieme, nella stessa maniera delle mani, e costringono Diana a rimanere accovacciata a terra e, per una maggiore sicurezza, la manetta è stata collegata ad un peso, che le impedisce anche il minimo movimento.

Ecco cosa simboleggia: il fatto che è intrappolata e non può spostarsi di lì.

Le resta solo che attendere la sua morte e chissà, magari, un giorno, qualcuno troverà il suo scheletro sepolto sotto il terreno umido e, dopo averlo pulito, lo porterà in un museo, dove verrà esposto al pubblico.

In questa maniera, la ragazza avrà finalmente qualcosa di positivo, anche se nella sua "non -vita".

Diana scaccia velocemente questi pensieri dalla testa.

Basta essere pessimisti. C'è una minima probabilità che riesca ad uscire da qui, in qualche modo! -si dice tra sè e sè, come a darsi di nuovo quel briciolo di speranza che aveva perso.

Spazio scrittrice

Oggi aggiorno anche LH, così siete contenti. :3

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GRAZIE INFINITE! <3

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Bella! <3

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