Capitolo 31

La poggia delicatamente vicino a suoi fianchi e si guarda intorno.

Si trova su un letto, uno di quelli che si trovano in ospedale e lei stessa è vestita con la monotona camicetta che devono indossare i pazienti.

Quindi, sono in una clinica? Però come ci sono arrivata qui? -si chiede tra sè e sè, mentre molti ricordi terribili le riaffiorano nella mente.

Lei che sta scendendo dall'aereo, per poi sentirsi male e perdere i sensi.

La voce di Christian che chiama la madre in aiuto e la ragazza giacente a terra, come se fosse morta.

Ignorata da tutti i passanti, quasi fosse una di quelle aiuole dove è stato impiantato un cartello, che dice di non calpestarle.

Ma, solitamente, la gente non lo bada tantissimo, perciò perchè non l'hanno schiacciata, come mai non sono venuti in suo soccorso?

Se non fosse per i suoi familiari, quindi, lei sarebbe rimasta lì, stesa per terra e bruciata dal forte sole.

Qui mi ci hanno portato Christian e mia madre, allora! -esclama la ragazza tra sè e sè.

Guardandosi ancora attorno, nota delle sedie, quelle in cui, di solito, si siedono i parenti che devono controllarla.

Non c'è nessuno. Che colui che mi deve badare sia andato in bagno? -si domanda Diana.

Passano almeno dieci minuti.

Non è venuto anima viva nella sua stanzetta.

No, non può essere. Anche loro mi hanno abbandonata! Sono sola, in una città in cui non sono mai stata prima d'ora, come farò? -si chiede la ragazza tra sè e sè.

L'ambiente in cui si trova è buio e tetro, anche troppo.

Non si sente nessun passo provenire oltre la porta chiusa, che la tiene prigioniera in quella camera così inquietante.

E' come se si trattasse di un ospedale desolato e molto vecchio, dove le persone non vengono da anni.

Ciò spiegherebbe il perchè si ritrova così sola.

Ma non avrebbe senso in ogni caso! Come mai l'hanno portata proprio qui, per farla morire?.

Diana si alza dal lettino, ancora debole e, barcollando, raggiunge la porta della stanzetta.

Mette una mano sulla maniglia e tenta di aprirla.

Non si dischiude. E' stata chiusa a chiave dall'esterno.

La ragazza fa alcuni passi indietro, facendo dei cenni di negazione con la sua testa.

Sono davvero intrappolata, allora! Vi prego, ditemi che è uno scherzo . -grida lei, sperando che ci sia seriamente qualcuno dall'altro lato.

Realizza presto di illudersi invano.

Diana cerca di non farsi prendere dal panico.

Proviamo con la finestra, magari mi trovo al piano terra! -esclama tra sè e sè.

Si dirige lentamente verso quella lastra di vetro, facendo attenzione a non inciampare contro qualcosa e, non appena vi arriva davanti, con tutta la sua forza, prova a spalancarla, però non ci riesce.

Fa un ultimo tentativo e, finalmente, la finestra si apre.

Diana sorride. Forse ancora una speranza c'è! -pensa tra sè e sè.

Il sorriso svanisce dal suo volto non appena si affaccia sul davanzale.

La terra è distante molti metri da dove si trova lei.

Perciò, rinuncia all'idea di saltare e ritorna sul suo letto.

La luce fioca della luna illumina appena la stanza e, soprattutto, il suo viso, che comincia a bagnarsi di lacrime.

Sa che non dovrebbe farlo, in modo da non richiamare il demone, ma, in questa situazione, così difficile, non ci riesce.

Ogni goccia d'acqua che percorre le sue gote rosee diventa cristallina, a contatto con il debole bagliore che proviene dall'esterno.

Nessuna macchina passa davanti a quella struttura, perchè non si sente alcun rumore che giunge dalla finestra aperta.

Solo un ululare di alcuni cani in lontananza spezza quel silenzio così assordante che l'avvolge.

La ragazza non può dire con certezza che ora sia, ma, molto probabilmente, è molto tardi.

A nessuno è mai capitato di essere rinchiuso in una stanza d'ospedale nel cuore della notte. Come mai tutto questo è accaduto a lei? .

E' come se fosse un uccello chiuso in una gabbia molto piccola, il cui unico passatempo è guardare le sbarre che lo tengono lontano dalle persone veramente felici e non gli permettono di far parte di questa gioia.

Nel caso di Diana, ciò che la separa da tutto sono semplicemente quattro mura, le quali hanno imprigionato il suo corpo e la costringono a abbandonarsi al suo dolore, appena rinato.

La ragazza sente che qualcosa in lei sta cambiando, non appena percepisce un lieve formicolio sul braccio destro.

Lo alza di scatto e lo porta davanti ai suoi occhi, che, sebbene ancora rigati dalle lacrime, riescono a distinguere ciò che è stato inciso sulla sua pelle chiara, precisamente sul polso.

"Hi, sweet disaster!"

Ciao, dolce disastro!

Queste parole sono state scritte sicuramente dal demone.

Il sangue vivido di Diana è stato usato come inchiostro.

Un secondo dopo, appare un'altra frase ad adornare il suo braccio.

"Look here! It's my masterpiece."

Guarda qui! E' il mio capolavoro.

Cosa intende dire? -si chiede la ragazza tra sè e sè.

In tutta risposta, numerosi tagli, molto gravati, riemergono sotto le due proposizioni.

Ogni gocciolina rossa che vi esce, percorre tutto il braccio, fino ad arrivare a cadere sul lenzuolo, di un bianco candido come quello delle nuvole e a macchiarlo.

In poco tempo, il sangue riesce a formare diverse linee di colore rosso.

E' come se fossero dei tatuaggi, fatti per moda e per adornare il proprio corpo o per avere un simbolo che descriva il suo proprietario per sempre.

Ma è meglio scartare questa seconda opzione. In fondo, perchè dei tagli dovrebbero rappresentare l'essere di Diana?

Lei tocca leggermente le sue "ferite", cercando di togliere un po' di sangue, così da non essere più costretta a guardare quello spettacolo orribile.

Adesso, una parte del liquido rosso adorna la sua mano.

Diana la guarda per un secondo, per poi abbassare di nuovo lo sguardo verso il capolavoro del mostro.

Un'espressione interrogativa riappare sul suo viso, non appena nota che è tornato tutto come prima.

Ma ho tolto un po' di sangue giusto un momento fa. Come è possibile che sia già tornato a ricoprire la mia pelle, che era diventata rosea? -si chiede nelle sua mente, stupefatta e leggermente spaventata allo stesso tempo.

Poi, si accorge che, sotto l'ultima "opera" del demone, si stanno incidendo altre parole.

"Do you like it?"

Ti piace?

Veramente no! -esclama la ragazza a bassa voce, un po' spaventata.

Una freccia, che indica verso sinistra, è l'ultimo segno del mostro che appare sul braccio.

La ragazza la guarda interrogativa.

Decide di non farci molto caso e posa il suo sguardo, ormai così vuoto, verso il basso.

Osserva attentamente il lenzuolo bianco e rosso che la copre, mentre la sua mente è altrove, in quanto rammenta tutta la vita che ha trascorso, come se si preparasse alla sua morte certa e volesse inciderla nella sua memoria, così da farla rimanere anche quando abbandonerà questo mondo, il quale le ha causato moltissime sofferenze.

I suoi pensieri vengono interrotti quando sente qualcosa di bagnato.

E' il suo braccio sinistro, che lei porta davanti ai suoi occhi.

Si spaventa non appena nota che la pelle è scomparsa nel nulla e, al suo posto, c'è solo sangue.

Al centro dell'enorme lago, è presente l'ennesima scritta, ma, questa volta, è molto più inquietante.

"Die!"

Muori!

Dice solo questo.

Diana cerca di capirne il significato, ma non ci riesce.

Ad un tratto, i suoi occhi fanno sparire le iridi verdi, suscitando in Diana un senso di monotonia, nonostante fosse tanto tempo che non succedeva.

Ora si trova imprigionata nella stanza dell'ospedale, circondata dall'oscurità, illuminata dal delicato chiarore della luna, da sola ed è sotto controllo del demone.

Insomma, potrebbe andare peggio di così? Chi lo sa!

Spazio scrittrice

Ora, devo mettermi a correggere anche questa storia.

Dato che, sicuramente, ci metterò molto, non so se riuscirò a scrivere i capitoli, perciò domani non aspettatevi gli aggiornamenti in modo certo.

Se questa parte di storia vi è piaciuta, lasciate un commento o un voto.

Bella ragazzi ! <3

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