Capitolo 9

Sono al solito parco, sotto al solito albero e anche oggi non verrò lasciata in pace.

«Mi è giunta voce che hai cambiato idea. Perché? Mi sembravi così convinta e determinata.»

«Cosa ti interessa? Per te non è meglio così? Volevi sposarmi e lo farai.»

«Sí, ma non così.»

«Senti Charles, è ovvio che io non ho cambiato idea, non vorrei sposarmi, né con te, né con chiunque altro, ma a volte, le cose non vanno come vorresti e devi saperti adattare.»

Sembra quasi preoccupato per me...

«Ma da quello che mi hai detto...hai sempre dovuto adattarti tu agli altri, mai il contrario.»

«Charles per favore, fatti gli affari tuoi. Hai avuto quello che volevi, mi sposerai, fattelo bastare.»

Si avvicina e si siede di fianco a me, sotto l'albero.

«Ma io non voglio sposare qualcuno che non vuole stare con me.»

«Andrà così. Magari con il tempo riuscirò a sopportarti e diventeremo amici. Per ora, facciamo questa pagliacciata del conoscersi e convivere. Come se già non sapessi che in ogni modo andrà, io ti sposerò. È quello che la vita mi ha riservato.»

«Farò il possibile per farti cambiare idea, te lo giuro.»

«Non giurare cose che non puoi mantenere.»

«Ilary, guardami.»

Non ribatto, lo faccio. Giro la testa e mi scontro con il suo sguardo. Mi guarda negli occhi e mi dice: «Te lo prometto, Ilary. Riuscirai a realizzare il tuo sogno, fosse l'ultima cosa che faccio.»

«Ma saremo sposati...come credi che sia possibile?»

«Non ci sarà bisogno di rendere conto agli altri, noi vivremo la nostra vita sentimentale come vorremo e io sarò un buon marito. Te lo prometto...Non dovrai più adattarti agli altri, riuscirai a realizzare il tuo sogno.»

Ero talmente concentrata sulle sue parole che non mi sono resa conto che mi ha allungato un braccio sulle spalle, ma anche quando me accorgo, non ribatto.
Mi lascio accompagnare tra le sue braccia, lascio che la mia testa finisca sul suo petto. Lascio che lui mi passi una mano tra i capelli e che il suo battito del cuore mi culli.
Per la prima volta, tra le braccia di qualcuno...sto bene.
Sento uno strano sentimento nascere nel mio cuore, qualcosa che non avevo quasi mai sentito davvero, è così nuovo e così...bello.

È...speranza.

Io spero in lui, spero che abbia ragione, spero che mi lasci realizzare il mio sogno.

«Grazie Charles, comunque, continuo ad odiarti.»

«Ci conto.»

****
«Ti va un gelato?». Mi chiede Charles.

«Ci stai provando con me?»

«Non ci proverei mai.» Mi rassicura.

«Allora accetto. Dove mi vuole portare mio cavaliere?»

«C'è un piccolo chiosco dall'altra parte del parco? Ti va?»

Mi stupisco del fatto che lui mi abbia chiesto di andare in un piccolo chiosco. A me non dispiace, ma non è proprio il posto più "adatto" a persone della nostra classe sociale.
In realtà, nulla di quello che stiamo facendo è tradizionale.
Lui, come primo appuntamento, avrebbe dovuto portarmi in un ristorante pluristellato, elegante e lussuoso.
Invece, non solo non abbiamo mai avuto un vero appuntamento, lui mi ha addirittura chiesto di andare ad una specie di camioncino dei gelati.

«Il chiosco mi sembra perfetto.»

Ci alziamo e iniziamo ad incamminarci verso questo posto.

Ora che ci penso, non ho mai avuto occasione di girare tutto il parco ed è molto carino, lo consiglierei a qualcuno se mi chiedesse un posto tranquillo.

Questo parco è per me il perfetto connubio tra la quotidianità di tutti i giorni, fatta di bambini che giocano tra di loro, mamme che li controllano, e la tranquillità di cui una persona può necessitare.
Questo posto mi ha sempre affascinata, mi fa sentire in pace con me stessa tra questi alberi altissimi, il clima che aleggia in queste vie è quasi speciale.
Forse, sono solo io a pensarla così, non avendo mai vissuto la quotidianità che questo posto rappresenta.
Eppure, ogni volta che vengo qui, mi perdo a osservare i bambini correre e giocare tra loro...anni fa avrei dato tutto per poter essere tra loro.

Non so bene cosa sia a rendere speciale il clima che si può percepire in questo posto, è come se fosse fatto per assistere alle sorprese, alle facce felici, alle proposte di matrimonio inaspettate e a molto altro.
Non so perché per me sia così speciale, ma so che tutte le volte in cui vengo, posso sentire il sottile, ma pesante, strato di tristezza alzarsi dal mio cuore e lasciarlo finalmente respirare, come se qui la tristezza non fosse ammessa.

«Sai, se le cose nella mia vita fossero andate differentemente, avrei voluto che mi venisse fatta in questo posto la proposta di matrimonio.»

«Io invece penso di essere felice della mia vita. Probabilmente, anche se la mia vita fosse andata differentemente, avrei comunque voluto sposarmi e fare una famiglia, penso che io sia destinato a questo futuro.»

«Sí, ma...ci pensi mai come sarebbe sposarsi con qualcuno che ami davvero?»

«Io forse non ti amo, ma nulla mi proibisce di imparare a farlo.»

Lo guardo stranita...si può davvero imparare ad amare?

«Perché? Pensi che si possa imparare?»

«Penso che l'amore si possa esprimere e conoscere in tante sfumature, a volte alcune sono addirittura più importanti di quella relazionale, per esempio, il tipo d'amore tra genitori e figli.»

Il mio sorriso inevitabilmente si spegne.

«Già...è sicuramente molto importante.»

Lui mi guarda stranito. Ha notato il che il mio sguardo si è spento, ha notato che la mia felicità è volata via.
Ma non parla più e io torno a pensare.

Così, il silenzio cade tra di noi.
Un silenzio fatto di segreti, di parole sbagliate e di altre non dette, di sentimenti mancati e di consapevolezze incancellabili.

Lo stesso silenzio torrido e soffocante che accompagna la mia anima e si nutre di essa.

*****

Non abbiamo più parlato fino ad arrivare al chiosco.
Ci siamo chiusi nei nostri pensieri...
chissà cosa starà pensando lui.

«Buongiorno signorina, mi dica quali gusti vuole.»

«Una coppetta, solo pistacchio.»

Il signore, che mi ricorda molto Babbo Natale, mi sorride e compone con estrema cura la mia coppetta di gelato per poi passarmela delicatamente.

«Invece al signorino cosa posso fare?»

«Una coppetta, solo nocciola.»

Il signore compone con la stessa maestria la sua coppetta e poi gliela passa.

Poi, prima di comunicarci il conto, ci dice qualcosa che ci lascia stupiti.

«Voi vi completate, proprio come il pistacchio e la nocciola.»

Sorride e poi ci dice il conto.

Rompendo nuovamente ogni regola del galateo che vige nella nostra società, pago io.
Charles prova a ribattere, ma io gli lancio un'occhiataccia e lui capisce che è meglio non insistere, così mi lascia fare.

Finalmente, iniziamo a mangiare i nostri gelati, ma quello che doveva essere un semplice e rilassante spuntino, finisce presto in tragedia quando Charles riprende le parole del bizzaro gelataio.

«Tu pensi che abbia ragione?»

«Chi? Babbo Natale?»

Annuisce mentre porta il cucchiaino in bocca.

«Io penso che abbia detto solo una grande cazzata.»

«Perché tutto ciò che ti riporta anche solo lontanamente all'amore, tu lo respingi?»

«Charles...»

«Come al solito non vuoi rispondere. Sia mai che mi permetta di conoscerti un po' di più, vero Ilary?
Dannazione, perché scappi da me?
Cosa ti ho fatto? Okay, non vuoi sposarmi, ma io non posso farci nulla, e sai cosa?
Io ci ho provato a conoscerti, a capirti e a stare ai tuoi tempi. Ma tu non mi lasci entrare. Ti sei costruita il tuo castello di ghiaccio e non lasci entrare nessuno.
Ti rendi conto che quando parliamo insieme, io devo misurare e bilanciare ogni singola parola, perché sennò tu scappi e ti chiudi nei tuoi silenzi interminabili.»

Dette queste parole, si gira e va a sedersi su una panchina lontano da me.

Abbasso lo sguardo sul gelato ormai sciolto che sgocciola e mi sporca le dita.

«Io glielo avevo detto che non mi avrebbe capito, che gli avrei fatto solo male.»

Lo guardo, lui è ormai lontano, mentre mangia a malavoglia quel gelato che doveva essere un simbolo di tregua.

Faccio un passo verso di lui, ma poi mi convinco che è meglio così per tutti e me ne vado, buttando la coppetta in un cestino.

Menomale che eravamo complementari...a me sembriamo solo disastrosi.

****
Dopo più di un'ora di passeggiata, sono tornata senza volerlo proprio al parco.
Questa volta però, dal lato del chiosco.

Entro e mi dirigo proprio verso di esso.

Quando mi ci trovo davanti, rivedo lo stesso gelataio di prima che quando mi nota a sua volta, sorride.

Non fa commenti, non parla, mi chiede solo che gusti voglia e alla mia risposta scuote la testa.

Mi porge la coppetta e pago.

«Potrebbe darmi due cucchiaini?»

«Ecco a lei.»

Con la coppetta in mano e il cuore che batte a mille, mi dirigo verso la panchina.
Lui è ancora lì.
Mi ha aspettata, per tutto questo tempo lui è rimasto lì, sperando che io lo raggiungessi sulla panchina e che il pomeriggio tornasse a scorrere tranquillo.

Sembra sconsolato, effettivamente è un'ora che mi sta aspettando, il gelato che aveva preso è sciolto ed è per terra.

Lo osservo da lontano, curiosa di vedere cosa farà.

Lui si alza, guarda la coppetta e, inaspettatamente, le tira un calcio e fa per incamminarsi.

È solo a questo punto che apro bocca e gli svelo di essere proprio dietro di lui.

«Cos'ha fatto di male quella povera coppetta per lanciarla così?»

Lui si gira di scatto e mi guarda stupito, come se non potesse credere alla sua vista, quando poi nota la coppetta che tengo in mano, sorride e sembra illuminarsi.

Faccio un piccolo sorriso a questa vista e poi spezzo nuovamente il silenzio: «Ti va? Sono pistacchio e nocciola. Babbo Natale mi ha detto che insieme sono buonissimi, si completano

«Sei qui.»

«Sono qui. Ma continuo ad odiarti, non sperarci.»

«Ci conto.»

«Ora vuoi prenderlo questo gelato che sta iniziando a colarmi addosso?»

«Subito mademoiselle.»

Prende la coppetta dalle mie mani e mi invita a sedermi sulla panchina con lui.

Io mi accomodo sulla di essa, alzo lo sguardo verso Charles e lo trovo con il busto girato verso di me, già intento a osservarmi.

Così, senza rompere il silenzio, forse per paura di una mia reazione, mi fa girare il busto e mi porta tra le sue braccia, mi ritrovo con il suo petto appoggiato sulla mia schiena e il suo braccio intorno alle mie spalle.

Sento il suo cuore battere agitato, temendo una mia reazione che però non arriva.

Per una volta mi lascio andare e mi rilasso tra le sue braccia, mangiando il gelato.

Lo sento sorridere ma faccio finta di nulla, anche se non riesco a reprimere un piccolo sorriso che nasce sulle mie labbra.

Nessuno dei due rompe questo silenzio, che a differenza degli altri è rilassante, colmo di parole che non hanno ancora il coraggio di esistere davvero.

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