Capitolo 6

Siamo ancora qui. Sono ancora abbracciata con mia madre ed è la sensazione più bella che io possa mai provare.

«Alla tua età non avrei mai pensato di diventare madre.»

«Strano. Ho sempre pensato che il tuo sogno di una famiglia perfetta fosse più forte di qualsiasi cosa su questo pianeta.»

Mia madre si scosta dalla mia spalla e scioglie l'abbraccio.
Peccato...stavo bene tra le sue braccia, nonostante tutto quello che mi ha sempre fatto e detto.

Mi stavo già preparando a un duro confronto a causa delle mie parole ma lei...sorride. Le sue labbra si aprono in un ampio e luminoso sorriso che non ho mai visto, non su di lei...e le dona così tanto.

«Ilary...non tutto nella vita va sempre come vorresti. Anzi, in realtà quasi nulla va come pianifichi.»

«Tu non hai mai pianificato tutto questo? Seriamente Diana? Mi consideri davvero così stupida?»

«No Ilary. Io desideravo ardentemente tutto questo. Quello che volevo dirti è che a volte, quando desideri così tanto qualcosa, faresti di tutto e non sempre finisce bene.
Sognavo così tanto questa vita che, pur d'averla, ho lasciato indietro pezzi importanti di me.
Perché a volte le cose vanno così, sarei stata disposta a perdere tutto pur d'arrivare al mio scopo.
Perché quando vuoi davvero qualcosa devi essere pronta a tutto, anche a lasciare indietro le persone più importanti della tua vita.»

«Io non la penso così...ma piuttosto, cosa c'entra questo con il fatto di non volere figli?»

Mia madre torna tremendamente seria, così tanto che ho quasi paura d'averla persa, come se mi fossi lasciata scivolare dalle mani l'unica possibilità che io abbia mai avuto con lei.

Ma poi, improvvisamente, inizia a salire le scale e mi dice di aspettarla sul divano.

Stranita ma troppo curiosa per lasciar perdere, lo faccio.

Lei torna poco dopo con in mano una scatola. Si siede affianco a me e lascia il misterioso contenitore per terra.

Poi mi mostra una foto.

Ci sono raffigurati una ragazza con il pancione, probabilmente incinta, e un ragazzo che le cinge la vita.
Sorridono felici alla telecamera, sembrano spensierati.

«Quel ragazzo si chiamava Harry e la ragazza...beh, quella sono io.»

Giro di scatto la testa e la guardo sbalordita.
Mille domande mi girano per la testa.
Ma poi il mio corpo agisce da solo.
Giro di nuovo lo sguardo e guardo la foto.
La ragazza rappresentata è felice, spensierata, sorride come non le ho mai visto fare, neanche poco fa. È come se in quel momento avesse avuto il cuore pieno di gioia e di felicità...uno sguardo che con noi non ha mai avuto.

D'istinto e senza che possa fermarle, delle lacrime mi appannano la vista. Perché con noi non è così? Cosa abbiamo di sbagliato? È colpa mia? Prima di me era ancora così? Come posso farla tornare? Perché con quel ragazzo sembra così felice? Chi è lui?

Il mio sguardo saetta su di lei.

«Perché ci odi?»

«Che stupidaggine è mai questa Ilary. Io non vi odio, quella è solo una vecchia fotografia, anzi, lascia perdere, è stata una pessima idea.»

Prende la foto da sotto i miei occhi e si alza dal divano.

«Con noi non sei mai stata così. Cosa ti abbiamo fatto?»

Non mi risponde, non mi guarda, si allontana sempre di più da me, mette distanza, tira su i muri di nuovo.
Come se io potessi semplicemente ignorare ciò che è successo nell'ultima ora.

«Non scappare via Diana, non di nuovo. Rimani, affronta la realtà. Fallo per me. Fallo per tua figlia.
Sono qui con le lacrime agli occhi. Per favore, mamma.»

Ma lei vuole andarsene, chiudersi nel suo castello di ghiaccio.

Ma questa volta io non posso stare a guardare, non dopo tutto questo, non dopo che l'ho vista aprirsi così.

Così, mi alzo e faccio qualche passo avanti.

«Mamma per favore. Sono qui. Parlami, sono tua figlia, voglio conoscerti, voglio capirti.
Mi hai sempre distrutto ma voglio perdonarti, ancora e ancora come ho sempre fatto e non mi sono mai pentita, perché, dannazione, sei mia madre e per quanto male tu mi faccia ogni volta che mi parli, io non posso semplicemente ignorare tutto il resto.»

Prendo una piccola pausa, ormai le lacrime scorrono sul mio viso.
Ho infranto ancora una volta tutte le promesse che mi ero fatta, ma non me ne può importare di meno.

«Per favore...fallo per me. Sono tua figlia e da quando sono nata mi prendo solo cattiveria da te. Fallo per me, apriti a me.
Fallo per tua figlia che da tutta la vita si sente solo dire quanto faccia schifo come persona...eppure non si arrende, lotta ancora e ancora contro il nulla. Fallo per tua figlia che come una stupida ci spera ancora. Ci spera così tanto da perdonarti sempre, si illude che sia l'ultima volta, cerca mille motivi per scusarti...e lei ti perdona ancora e ancora senza mai pentirsi, stringe i denti e lo fa, nonostante sappia che non è mai l'ultima volta e che ricapiterà di nuovo. Perché nonostante tutto ti vuole bene e non potrà mai smettere.»

Ormai urlo, piango, sono in ginocchio, la testa gira e non capisco.

Io non capisco cosa stia succedendo, perché lei non si muove.

Vorrei solo mia madre...vorrei che mi abbracciasse come ha fatto prima e vorrei non arrivare ancora in questo stato.

«Davvero mi perdoni?»
La sua voce arriva fievole e incerta, così, mi calmo un po', smetto di singhiozzare e poi dico:

«Sei mia madre. Io ti perdonerei sempre, nonostante sappia che mi farai ancora male.»

«Ma io...non me lo merito.»

«Potrai anche non meritarlo, ma rimarrai sempre mia madre. Come posso odiarti?»

«Pulisci il viso. Non mi piace vederti con le lacrime che sciupano i tuoi occhi.»

Il mio cuore esplode di gioia, batte impazzito. Sono le prime parole carine che le sento dire da secoli, non mi ricordo quand'è stata l'ultima volta. Forse, non è mai esistita.

Mi pulisco velocemente gli occhi e scaccio via le lacrime.

Finalmente vedo chiaro e ora posso notare che mentre parlavo, lei si avvicinata.

Non se n'è andata.
Lei non se n'è andata.

Mi supera e per un secondo sento il cuore spronfondare nella paura, poi noto che è semplicemente tornata sul divano e che mi sta indicando il posto di fianco a lei.

Mi nasce spontaneo un piccolo sorriso che lei ricambia.
In un secondo, è come se tutto il dolore che stavo provando fino a poco fa, se ne andasse.
Non è importante quante volte noi possiamo litigare, mi basta che lei ricambi i miei piccoli e timidi sorrisi per essere felice.
Così, semplicemente, la raggiungo.

«Loro sono le persone che ho dovuto lasciare durante il mio percorso per essere qui.
Harry era semplicemente fantastico, era dolce, era spensierato, era solare, era curioso, era creativo, era la vita.
Lui amava la vita, gli scorreva nelle vene, ovunque andasse, riusciva a fare sorridere tutti. Il suo era un talento nato, diffondeva felicità. Era come se lui fosse la vita stessa.

Io ero solo una piccola ragazzina spezzata e segnata da cose più grandi di lei quando lui mi ha trovato.
Da quel giorno si è preso cura di me, ricucendo insieme i pezzi del mio cuore e l'ha fatto senza che nessuno gli chiedesse nulla. È arrivato, ha visto che avevo bisogno di aiuto e lui me l'ha dato, senza che io gli dicessi nulla.
Harry mi è entrato sotto pelle. Ho iniziato a sentire anche io la vita che mi scorreva tra le vene ed ero così felice.
In quella foto avevo solo diciotto anni.»

«Ma tu e papà vi siete conosciuti solo due anni dopo...come...»

«Beh Ilary, le cose non vanno sempre come tu le programmi.
Ero riuscita a toccare il cielo con le dita, avevo un ragazzo amorevole, ero incinta di un bellissimo bambino, avevo tutto ciò che potevo mai sognare, ma le fiabe non esistono, né tanto meno il lieto fine e così, con la stessa forza con cui Harry era entrato nella mia vita, mi è stato tolto per sempre.

Un giorno c'era, era lì che programmava e mi raccontava i suoi sogni, mi raccontava di come lui volesse prendersi sempre cura di suo figlio e di come volesse essere un padre fantastico per lui.
Il giorno dopo Harry non c'era più. Il motivo della mia felicità, colui che mi aveva salvato dalle tenebre, amandomi in silenzio fin dal primo istante. Lui non c'era più.
Harry che da sempre aveva rappresentato la vita, Harry che illuminava ovunque andasse, Harry che aveva la vita che scorreva tra le vene al posto del sangue...lui era morto.
Se n'era andato, era volato in cielo per proteggere suo figlio.
Ma il bambino non riusciva a vivere senza suo padre, il suo eroe...lo persi.
Persi anche l'ultimo ricordo materiale di Harry, l'ultima traccia della sua esistenza, l'ultima cosa che potesse ricordarlo, l'ultima traccia del suo sangue.

Harry morì e io con lui.

Non potevo rimanere in quel posto, dove qualsiasi cosa mi ricordava lui.
Così, me ne andai e mi promisi di realizzare il suo sogno più grande.
Avere una famiglia perfetta, dare alla luce dei bambini che non dovessero preoccuparsi di nulla se non di divertirsi.
Pensavo di farcela, volevo farcela, avevo uno scopo.
Cambiai città, venni qui, mi stabilì e iniziai a farmi conoscere. Volevo avere il meglio, dopo anni passati ad avere solo il peggio, me lo meritavo.
Poi conobbi tuo padre e capii subito una cosa. Se volevo davvero realizzare quel sogno, dovevo essere disposta a non guardare in faccia nessuno e io lo volevo così tanto.
Dovevo lasciare andare Harry se volevo sopravvivere in questo mondo di squali.

Così, dimenticai Harry.
Ho lasciato indietro il mio primo amore, colui che mi ha fatto conoscere la felicità in tutte le sue mille sfaccettature.
Smisi di pensarlo, non raccontai mai a nessuno di lui se non a tuo padre.

Tuo padre...lui ha fatto di tutto per me. Mi ha aiutato a stare meglio e ad andare avanti e io me ne sono innamorata, ma non come ho amato Harry.
Ho capito, con il passare del tempo, che Harry era la mia anima gemella e lo sarebbe sempre stato, non importa quanto io possa amare qualcun altro. Harry avrà sempre una parte del mio cuore, lui vivrà nei miei ricordi.

Quando ci siamo conosciuti, eravamo giovani e innamorati, credevamo di poter distruggere il mondo insieme.
Ma il mondo ha distrutto noi.»

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