6° parte
Erika
"Si risolve tutto." Dice il mio papà.
Lo ripete sempre, è il suo motto, "perché se non si è ottimisti la vita non ci sorriderà mai."
E io ho sempre vissuto e affrontato qualsiasi tipo di problema pensando a quelle parole.
Ma a volte essere ottimisti è così dannatamente difficile, soprattutto quando ti guardi intorno e non vedi niente per poterlo essere.
Per le ferie che mi hanno dato, sono andata a San Francisco a trovare i miei.
Ho passato un po' di tempo con loro.
Sono stata nella casa in cui sono cresciuta, e mi è capitato molte volte di fermarmi a pensare a quanto la vita fosse bella quando ero ancora una bambina.
Quando ancora mia madre mi riconosceva, e mio padre non aveva gli occhi tristi.
Lui cerca sempre di farsi vedere forte, ma io lo conosco troppo bene per non rendermi conto di quanto la sua vita non sia più a colori, ma in bianco e nero.
Marcus, il mio papà... è un uomo forte, bello sia fuori che dentro, e mi ha insegnato tantissime cose.
Mi ha insegnato a vivere, a tenere sempre la testa sulle spalle.
Mi ha insegnato il rispetto, mi ha insegnato che senza di lui non riuscirei a vivere.
Da quando sono ritornata da San Francisco mi sento diversa.
Mi succede sempre dopo aver visto i miei genitori.
Tutte le volte è come se ciò mi portasse alla realtà.
Alla cruda e bastarda realtà.
E quando torno al mio lavoro, ai miei amici, alla mia vita quotidiana, mi sento come se mi mancasse il terreno sotto i piedi.
Perché mi mancano, perché ho paura di perderli.
Perché mi sento una figlia indegna a non andare a trovarli più spesso.
Ma purtroppo il mio lavoro non me lo permette.
E mio padre per via di mia madre preferisce rimanere in zona.
E lo capisco benissimo.
Soffro, ma devo essere forte.
Soffro... perché mia madre non sa chi sono.
Soffro... perché sono impotente.
Soffro... perché mio padre è solo.
Soffro... soffro perché sì, soffrire è inevitabile.
«Erika, potrei fare in questo modo, vedi?»
Ci sono ragazzi nuovi al lido, molti ragazzi giovanissimi.
Diciamo che ci stiamo avvicinando alla bella stagione.
E il signor Torres assume sempre nuovi dipendenti.
Tra cui Justin.
Un ragazzino di appena sedici anni.
Lo trovo molto dolce.
Ha trovato in me un punto di riferimento, mi fa tanto piacere.
«Che dici?» Mi sta mostrando un fumetto a cui sta lavorando.
Vuole diventare un fumettista, ed è sempre bello vedere un ragazzo così giovane emozionarsi per il suo sogno nel cassetto.
«Secondo me è molto bello, Just!»
«Dici sul serio?»
«Dico sul serio, hai talento!» Lui mi sorride, e mette via lo schizzo che mi stava mostrando.
«Che tipo è il ragazzo che deve venire a lavorare qui?»
Justin si preoccupa sempre della gente nuova.
Perché si sente sempre inadeguato per la sua piccola età.
«Parli di Steve?»
«Il tuo amico...» Sì, si riferisce proprio a Steve.
Il titolare gli aveva detto di ritornare per l'estate, ma l'altro giorno l'ha chiamato e gli ha detto se fosse disponibile in tempi più brevi.
Penso che il prossimo mese riprenda a lavorare.
«Steve è innocuo, stai tranquillo. Anzi, sono sicura che ti troverai molto bene con lui.»
«Va bene, se lo dici tu mi fido.»
In quel momento due occhi cupi e intensi attirano la mia attenzione.
Luis oggi è proprio bello.
È vestito di nero.
Completamente di nero.
A partire dai jeans, alla canotta.
Porta una giacca in eco pelle nera, che non appena entra dentro al lido la sfila via, lasciando intravedere le sue braccia forti e muscolose.
Il suo corpo sembra disegnato.
Luis è una montagna d'uomo.
Alto e possente.
Ha una sigaretta dietro l'orecchio e i capelli scompigliati.
In questo momento mi sembra di star vedendo la perfezione.
Di non sentire le voci della clientela, e di poter vedere solo lui.
«Scusi, ha sentito cosa le ho chiesto?» Strizzo gli occhi, e mi accorgo della persona che mi sta davanti.
Dannazione, devo essermi completamente rimbecillita, non mi sono nemmeno resa conto del cliente al di là del bancone.
«Oh... mi scusi lei, mi dica?»
«Le ho ordinato un caffè.»
«Sì, certo, arriva subito!»
Mi affretto a preparare la bevanda al cliente, e con la coda dell'occhio guardo Luis.
È ancora davanti la porta del lido, penso stia parlando al telefono adesso.
Quando il suo sguardo incrocia il mio, faccio finta di non essermi accorta di lui.
Anche se non lo sto guardando, riesco comunque ad accorgermi che si sta avvicinando.
E quando è proprio davanti a me nemmeno lo guardo, estraggo la tazzina dalla macchinetta del caffè, e mi allontano verso il cliente.
Ricordo bene quello che ho fatto la notte precedente fuori dal mio pick up.
L'ho indotto a toccarmi, e non ci avevo pensato nemmeno due volte.
Avrei potuto anche andare oltre.
Avrei potuto toccarlo di conseguenza, e sono sicura che se lui non si fosse allontanato sarei caduta in tentazione.
Adesso però, me ne vergogno, mi sento tanto in imbarazzo ad averlo proprio vicino.
Non so perché, non riesco a spiegarmi cosa mi succeda.
Dopo aver messo la tazzina sul bancone davanti al cliente, cerco di ignorarlo, ma lui mi afferra dal polso.
E per non dare troppo nell'occhio vado verso quell'uomo cupo e affascinante.
«Sei proprio maleducata!» Mi sussurra.
«I clienti non sono tutti uguali? Non ignorarmi!» Mi ordina, ma lui è rilassato, non è per niente infastidito.
«Hai ripreso a venire al lido?» In effetti, Luis non era più venuto.
Per tre mesi non l'ho proprio più visto.
Anche se, in cuor mio, speravo di vederlo.
«Mi andava un caffè fatto da te.» Continua a guardarmi.
E io mi chiedo come faccia a non provare nessun tipo di imbarazzo.
In fin dei conti, lui è Luis Williams, la persona più sfacciata e menefreghista che io abbia mai conosciuto, quindi non dovrei meravigliarmi.
«Se mi lasci il braccio te lo faccio.» Non ha ancora lasciato la presa del mio polso, e continua a guardarmi interrottamente.
E nei suoi occhi leggo una lussuria allucinante.
E mi chiedo cosa veda lui attraverso i miei.
Io e lui ci siamo conosciuti così: chiedendomi un caffè.
Sapevo chi fosse, perché me l'aveva detto Cameron.
Sapevo cosa avesse fatto, anche se Steve non mi raccontava mai in modo diretto i suoi gesti.
E sapevo, sapevo che dovevo stargli alla larga, ma purtroppo non sono riuscita a farlo.
Perché dal momento in cui l'ho visto, ho capito che lui fosse molto di più di quello che sapevo.
Spazio autrice:
Raga io Luis me lo immagino troppo un bonazzo😂
Erika a momenti sbavava, AHAAHAHAHAHA.
TI CAPISCO, ERIKAAAAA, TI SONO VICINA!😂
🌹
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