24° parte

Luis

Lo ignoro, lo ignoriamo totalmente. Io e Steve continuiamo a sfidarci con lo sguardo.

E in questo momento mi sembra di essere tornato alla notte in cui è venuto da me a dirmi della sua omosessualità.

Ha lo stesso sguardo minaccioso e provocatorio. E temo che mi faccia perdere la testa, anche perché non mi sono ancora ripreso del tutto.

Quell'incubo mi ha devastato... e adesso ci si mette pure Steve a fare domande del cazzo.

A intromettersi dove non dovrebbe, a farmi arrabbiare quando vorrei che non accadesse.

In quel momento Cameron mi si avvicina. E per un momento ho pensato che volesse tirarmi una testata in faccia.

«Cosa succede, Luis?!»

Lo guardo da capo a fondo, e poi mi sposto di nuovo su Steve.

«Niente, ragazzo... una stupida discussione padre e figlio. Non c'è bisogno di spaccarmi la faccia. Quando dovrai farlo ti prometto che sarò io stesso a dirtelo, va bene?»

Steve abbassa lo sguardo, mentre io continuo a dividermi fra mio figlio e fra il suo ragazzo che non smetterà mai di odiarmi

«Steve... diglielo anche tu.» Lo incito a dire qualcosa, comincio a innervosirmi sul serio.

«Cam, è tutto a posto, puoi tornare in camera!»

E menomale che avevano litigato questi due...

Questa cosa che Cameron è sempre in mezzo mi dà i nervi. Non posso fare o dire niente, non che io voglia comportarmi da stronzo con mio figlio, però preferirei un po' di privacy, soprattutto in momenti come questi.

Ma che posso farci? Io e Cameron abbiamo fatto un patto. E il patto consiste che devo starmene al mio posto.

Ryan in miniatura si allontana lentamente, e io prima che vada via gli do una pacca sulla spalla e mi avvicino al suo orecchio.

«Ricordati il patto, ragazzo, io me ne sto al mio posto, ma anche tu devi farlo, sennò qui salta tutto!» Gli sussurro.

Studio bene il suo volto. Inizialmente appare nervoso, poi si rilassa e infine sorride.

Un sorriso derisorio, quel sorriso che gli spengo con una sola occhiata.

Poche parole, siamo uomini di poche parole.

Mi fa un cenno, come se avesse afferrato benissimo il concetto, e poi esce dalla stanza guardando Steve.

«Allora, papà?»

Mi strofino nervosamente il volto, e poi respiro profondamente.

Perché deve fare ancora domande? Non gli basta quello che gli ho già detto?

«Allora cosa, Steve?»

«Piantala!» Ringhia.

«Non so cosa dirti, penso di aver già detto tutto quello che dovevo.»

Lentamente mi si avvicina, tanto da sentire l'odore del bagnodoccia che ha utilizzato per lavarsi. Mi guarda. Occhi contro occhi, e i suoi parlano, parlano sempre... perché Steve è un libro aperto per me, anche se non parla.

«Smettila di trattarmi ancora come se fossi uno stupido ragazzino!» Ringhia ancora.

Ha della rabbia repressa dentro, ma non riesco a capire perché, non è solo per quelle stupide fotografie strappate che ha visto dentro uno scatolone.

C'è dell'altro.

«Sei grande, Steve?»

Lui annuisce. E io rido, un po' come a prenderlo in giro.

E lui in quel momento mi dà una spinta inaspettata.

«Cosa ti prende?!»

«Cosa prende a te, porca puttana!»

Assumo uno sguardo serio, molto serio, tanto da vederlo irrigidirsi leggermente.

«Vuoi parlare, Steve, vuoi risposte, cosa cazzo vuoi da me? Cosa vuoi che faccia? Sto cercando di comportarmi bene, di conoscerti, di ascoltarti, di farti da padre... ma tu, tu continui a essere incazzato con me, continui ad avere paura, continui a...»

«Sì, sono incazzato con te!» Mi interrompe.

«Dimmi perché?»

«Perché continui a escludermi, e fino a quando lo farai non andremo mai d'accordo!»

«Io ti proteggo, non ti escludo...»

Ti proteggo, e proteggo me.

«Ti ho già detto che non sono più un ragazzino e non ho bisogno della tua protezione!»

Distolgo lo sguardo, mi allontano in cerca del mio pacchetto di camel, e quando lo trovo me ne accendo una nervosamente.

Ci penso su, cerco di trovare delle parole da dire, ci penso su e alla fine...

«Era mia madre...»

Lo dico di getto, con tutto quel pensarci troppo ho perso la pazienza e quindi gli ho dato quello che voleva: la verità.

«In quelle foto c'era mia madre, sei contento adesso!?»

Mi volto tanto da dargli le spalle, non voglio guardarlo in faccia per il momento. È come se avessi il presentimento di sentirmi giudicato da lui se solo lo guardassi.

Aspiro, e aspiro ancora, fino ad arrivare al filtro, mi brucio leggermente le dita e poi sento un sussurro, un sussurro che poi diventa voce vera e propria.

«Perché hai delle foto strappate di tua madre?»

Bella domanda...

Non mi volto ancora verso di lui, quindi è Steve ad avvicinarsi al mio viso.

«Ti trattava male?»

Trattava più male se stessa. Alzo gli occhi, e trovo quelli di mio figlio, che non sono giudicanti, non sono arrabbiati come quelli di poco fa, sono occhi che trattengono un pianto, sono occhi compassionevoli, e pieni di malessere.

Sono gli occhi azzurri più scuri che io abbia mai visto, ed era questa la cosa che non volevo più fare al mondo, iniettargli il mio dolore, però, poi mi rendo conto che molto probabilmente in passato l'ho già fatto, in qualsiasi modo, senza accorgermene realmente.

La nostra è una sfida, una sfida contro il mondo, contro noi stessi che non vinceremo mai, condividiamo lo stesso dolore, anche se non ce lo siamo mai detti.

«No, non mi trattava male.»

«E perché la odi così tanto... al punto di strappare delle sue foto?»

Ho bisogno d'aria, esco dalla stanza e faccio cenno a mio figlio di seguirmi.

Ci sediamo davanti la porta dell'ingresso.

«Diciamo che non era una brava madre, non che mi picchiasse o mi lasciasse morire di fame, semplicemente non era portata per fare la mamma, perché...» Mi blocco.

«Perché?» E la voglia di sapere da parte di Steve è sempre più evidente e invasiva, sta scavando dentro di me, e io non so se sono pronto a farlo.

«Perché le piaceva strafarsi di qualsiasi cosa.»

Steve spalanca gli occhi, e poi li distoglie da me. Ho appena lanciato una bomba enorme, e sicuramente lui non era pronto a sentire questa brutta storia.

«E adesso dov'è?» Pensavo ne avesse abbastanza di fare domande, e invece Steve prosegue
più a fondo...

«Non ne ho la più pallida idea, non la sento e vedo da un sacco di tempo, per quanto mi riguarda può anche essere morta davanti al ciglio di una strada.»

«Papà!»

«Che c'è?»

«Davvero vorresti questo?»

Sì? No? Non lo so, forse sarebbe meglio così, forse troverebbe la sua pace, forse non soffrirebbe più...

«Steve sono un uomo, ho cinquant'anni, ci ho provato a farla disintossicare, le pagavo le cure in una clinica privata, ma nel momento in cui pensavo che potesse migliore, lo sai cosa ha fatto?»

«Cosa ha fatto?»

«È scappata via e non si è più vista!»

«Come ha fatto a scappare?»

«E che ne so, magari qualcuno dei suoi uomini di merda l'ha aiutata.»

Sto per accendermi un'altra sigaretta, ma Steve con prepotenza mi toglie il pacchetto dalle mani.

«Basta!» Lo guardo, e non insisto.

«Che intendi con uno dei suoi uomini?» Lo dice mimando le virgolette con le dita.

«Aveva tanti uomini, uno peggio dell'altro. La verità è che lei non voleva, e se è ancora viva, non vuole vivere davvero.»

«Magari non l'hai mai capita realmente.»

«No, Steve, non è così.»

«E tua sorella?»

«Cosa?»

«Sapevo che lei non stava molto con te quando era piccola, sa di questa storia.»

Mia sorella se la passava di lusso, dopo la morte di mio padre se l'era presa in affido una zia ricca di mia madre. Una zia che si è sempre allontanata da lei, ma che teneva molto a mia sorella.

«Sapeva, sa, ma non ha mai voluto muovere un dito, ma come biasimarla...»

«Perché?»

«Te l'ho detto, non aveva lo spirito della maternità.»

Spazio autrice:

Che passo avanti Luis, eh? Si è diciamo aperto con suo figlio, leggermente, ma l'ha fatto.

E voi? Voi cosa ne pensate?

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