19° parte
Luis
È una vita che provo a fare la cosa giusta, ed è una vita che non riesco a farla.
Eppure pensavo di non aver nessun senso di colpa addosso, pensavo di non essere capace nemmeno di provarlo.
Invece stavo solo fingendo, mi stavo autoconvincendo di essere a posto con me stesso, e adesso... be' adesso ho aperto gli occhi, e vivo la realtà.
La realtà è che ho fatto una miriade di errori, un po' come se tutta la mia fottuta esistenza fosse un errore irremovibile.
Mi sembra di sbagliare sempre, come se non riuscissi ad azzeccarne una.
Anche adesso che sono qui, nel salotto di Erika a guardare le foto appese sulla parete.
Sì, ora che sono qui ad aspettarla per portarla a cena fuori... mi sembra di star sbagliando.
Come se dovessi starle lontano, come se fosse tutto una grandissima stronzata. Come se non stessi portando rispetto alla donna che mi ha fatto diventare padre per la seconda volta.
Katrine è stata una sorpresa per me, la luce infondo al tunnel, e adesso quella luce che non vedevo più... la sta ritrovando Erika, e mi sento in colpa.
Come se non meritassi di star bene, come se non meritassi di far sorgere quel sole spento dentro di me, come se non meritassi... lei.
E forse è davvero così, non la merito, perché Erika non ha bisogno di un errore nella sua vita.
Ma non riesco ad ascoltare la ragione, non riesco a starle lontano.
E potrei giurare di voler fare le cose fatte bene, ma io non sono capace di farlo.
Afferro il quadro sulla mensola vicino alle scale per andare di sopra. Ritrae una donna.
Sorride, ed ha gli stessi capelli di Erika, ricci e scuri.
Sorride, ma non sembra felice, ha gli occhi tristi, e il sorriso forzato e spento.
Fra tutte le foto che ha appese, questa mi ha colpito particolarmente, forse perché ci vedo dell'agonia, una sofferenza, un malessere che conosco bene.
Sembro io nelle foto del matrimonio di mia figlia.
Sorridente, ma spento, finto e allo stesso tempo dolorante.
Avevo male al cuore, ma non lo dicevo, sapevo che non avrei resistito ancora per molto, eppure volevo stare lì, perché volevo essere presente nel giorno più importante di Rebeca.
Ed è questo che mi trasmette esattamente questa foto: voglia di essere lì in quel preciso istante, ma allo stesso tempo ansia di non arrivare a vedere quel momento.
Smarrimento, questa è la parola esatta. Mi trasmette smarrimento, come se da un momento all'altro quel sorriso si spegnesse anche all'apparenza.
«Cosa fai?» Sussulto. Erika è proprio davanti a me. Bella come sempre.
Indossa un vestito aderente rosso, ed è truccata molto, proprio come la prima volta che l'ho vista.
E le sue labbra sono colorate di rosso. È uno spettacolo per qualunque uomo la incroci.
Non sembra felice che tenga quella foto tra le mani, e infatti la sistemo immediatamente al suo posto.
«Sei... bella, molto!» Mi aspettavo che mi facesse un sorriso adesso, ma niente.
«Scusami, forse non avrei dovuto toccare la tua roba... mi stavo solo annoiando.»
«Fa niente. Andiamo?» Non sembra convinta. Ma decido comunque di lasciar perdere.
«Sì, piccolina.»
Erika mi sorpassa, apre la porta, e io la seguo.
Quando siamo vicino la mia macchina le apro la portiera per farla salire.
Vorrei dirle che è stato Steve a dirmi di farlo, ma alla fine decido di non rovinare tutto.
Salgo in macchina anche io, e metto in moto.
«Allora... dove la porto, signorina?»
«Portami al mare, Luis... voglio vedere il mare. E lo so che può sembrarti una richiesta stupida, dato che lo vedo quasi tutti i giorni, ma...»
«Ti porto al mare!» La interrompo.
Mezzora dopo, ci troviamo nel parcheggio di un ristorante che mi è sempre piaciuto molto.
Ci portavo sempre Rebeca e Steve quando erano piccolini.
È un locale molto elegante, ma allo stesso momento portabile a tutti.
E come desiderato da Erika... spunta sul mare. C'è una vista mozzafiato, che sembra stupire la ragazza che ho davanti.
«Non sei mai venuta qui?»
«No.» Si volta verso di me, e mi guarda come se volesse ringraziarmi con lo sguardo.
Erika è tanto bambina, e allo stesso momento tanto donna.
Certe volte mi sembra di non conoscerla affatto, e molto probabilmente è così.
Ma una cosa la so, l'ammiro molto. E spero che questo lei lo sappia.
«Vogliamo sederci, piccolina?»
Mi sorride semplicemente. E ci sediamo a un tavolo per due, vicino la grande vetrata che ci regala ancora di più la bellezza del mare.
«Quante donne ci hai portato qui?»
Sono sempre stato un uomo che piace molto alle donne, e di conseguenza anche loro piacciono a me.
Stando con Katrine, però, ho scoperto che riesco a tenerlo nei pantaloni quando sono... innamorato.
Non che io sia innamorato di Erika, però da quando Kat non c'è più, ho dedicato le mie attenzioni solo a lei.
Non ho nemmeno più fatto sesso con nessuna dopo Kat. Non sentivo più il bisogno di farlo, è stata Erika a far risvegliare quell'istinto.
«Qui nessuna.»
«Come no...» Lei non sembra arrabbiata, però noto del fastidio nella sua voce.
«Ci portavo i miei figli, glieli portavo da bambini, gli piaceva molto. E l'ultima volta che sono stato in questo ristorante è stato quando sono andato a cena fuori con Steve, Rebeca e suo marito, qualche giorno prima della loro partenza.»
«Quando hai litigato con Steve per me?»
«In realtà è stato lui a litigare con me.»
«Poi ti sei incazzato e hai reagito in un brutto modo.»
«Sì...» Gli avevo dato uno schiaffo. Quando ci penso mi vergogno sempre.
Erika mi guarda come se volesse rimproverarmi.
Non abbiamo mai approfondito il motivo di quello schiaffo, e della cattiveria che Steve aveva usato in quelle parole.
Non gliele ho mai ripetute perché ho sempre voluto proteggere Steve da qualcosa che molto probabilmente odia di aver detto.
«Non lo farò mai più.» Prometto.
«No, tu sei cambiato.» Mi fa sentire realizzato sentire queste parole dalla sua bocca.
«Quindi, piccolina... sei l'unica donna che ho portato qui.»
Sorride, e di conseguenza scappa un sorriso pure a me.
«Non so perché, ma ti credo.»
«E fai bene, perché è la verità!»
Le afferro una mano, e la stringo nella mia.
Erika passa dal guardare quel contatto, dal guardare me dritto negli occhi.
E il suo sguardo mi colpisce forte, come un pugno violento in pieno volto.
Lo sento, è potente. Brilla, è frizzante come il suo profumo.
«Allora sono lieta di essere la prima donna che hai portato in un posto così intimo, e lo è dato che ci portavi la parte migliore di te.» Allude ai miei figli.
«La mia parte migliore.» Faccio eco.
E lei fa su e giù con la testa.
«Loro non sono un errore.» Lo dico d'impulso, senza pensarci due volte.
Forse perché anche quest'altra volta ha ragione, per quanto io abbia potuto sbagliare nella mia vita una cosa buona l'ho fatta: i miei figli.
Erika annuisce.
E io adesso sento il bisogno di doverle dire qualcosa.
«Erika...»
«Luis...»
«Grazie, piccolina!»
Spazio autrice:
Eccolaaaa, scusate la troppo assenza, ma fra lavoro, e tante altre cose, ho pochissimo tempo da dedicare alla realizzazione di questo libro.
Ma non temete, non abbandonerò mai il mio sogno nel cassetto, che è quello di farmi sentire, e di realizzarmi in scrittrice.
Non smetterò mai di farlo, perché mi fa stare bene.
Ma non perdiamoci in chiacchiere, cosa ne pensate della storia, e delle tematiche che tratta?
Io dico sempre se volete qualcosa di meno drammatico non leggete i miei libri. Ahahaah
LA VOSTRA AUTRICE DEL PASSATO!🌹
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