17° parte
Erika
Che nervi... mi sento come se quell'uomo mi facesse perdere la ragione.
Come se non riuscissi più a capire che cosa sto facendo, come se mi perdessi e non ci fosse una seconda strada da percorrere. Come se esistesse solo il tragitto che mi porta a lui.
Io sono stata sincera, sia con lui che con Ryan. Gli ho scritto perché ho pensato che Luis avesse bisogno del suo migliore amico... ho pensato che fosse la cosa migliore.
Eppure credo di essere stata chiara, avevo detto a Ryan di non dirgli della nostra chiacchierata.
E penso che adesso si senta in colpa, perché me lo ritrovo a due giorni dalla discussione con Luis, seduto su uno sgabello posizionato proprio nel bancone del lido.
Quell'uomo tanto simile a Cameron mi guarda insistentemente, come se non sapesse cosa dirmi... come se provasse vergogna e non trovasse nessuna parola da dire.
Improvvisamente però, trova sicurezza e mi porge un saluto.
«Ciao, Erika, mi fa piacere rivederti.»
Ci penso un po' su, e alla fine decido di ricambiare il saluto. Sarò pure arrabbiata, ma non maleducata.
«Ciao, Ryan...» Il mio tono è freddo, in realtà non ho molta voglia di parlare.
«Va bene... facciamo così. Passiamo dritti al punto e non giriamoci intorno... Luis mi ha messo alle strette, ho dovuto dirgli per forza che ho ricevuto un tuo messaggio.»
Ryan ha capito che fra me e Luis c'è... qualcosa che non so cosa sia, dal momento in cui ci ha visti nella stessa stanza.
Cioè a Natale da Cameron.
Avevamo già avuto modo di poter parlare della situazione, proprio quel giorno lì.
Mi aveva detto che Luis non fosse per niente un uomo facile, e di stare attenta ad approcciarmi a lui.
Come se non lo sapessi già...
E aveva aggiunto anche: conoscendolo si presenterà dopo pranzo e cena.
E infatti Luis si era presentato proprio in quel momento.
Non so bene come si sia accorto della situazione, ha detto soltanto che certe cose si capiscono.
E io non capisco ancora oggi cosa intendesse con "certe cose."
«Lo so, ti avevo promesso che non gli avrei detto niente, ma cazzo, quel figlio di puttana mette inquietudine.»
Mi scappa una risata, molto probabilmente perché so cosa intende.
«Riesce a ottenere sempre quello che vuole, e di conseguenza a strapparti parole che non vorresti dire... e poi, non per giustificarmi, eh, sia chiaro... sono un pessimo bugiardo. Non so proprio mentire, capisci? Faccio proprio schifo a inventare scuse, finisco sempre per balbettare, o...»
Lo fermo porgendogli un bicchiere d'acqua fresca.
Stava già iniziando ad agitarsi e a blaterare troppo.
Ora capisco da chi abbia preso Cameron.
«Grazie!» Mi dice dopo aver bevuto l'acqua tutta in un sorso.
«Ormai il danno è stato fatto, Ryan. In ogni caso Luis lo avrebbe capito a prescindere, come hai detto tu è un grandissimo figlio di puttana. Ma comunque come è andata con lui?»
Sembra agitarsi nuovamente.
«Ti prego non farmi domande, non vorrei combinare altri casini...»
«Okay, allora cosa sei venuto a fare?»
«A chiederti scusa. Diciamo che non ho fatto il tuo nome, ma era inevitabile che lo capisse.»
Conoscendo Luis avrà fatto di tutto pur di capire come mai Ryan lo cercasse.
Sarebbe capace pure di minacciare qualcuno pur di sapere come stanno veramente le cose, soprattutto quando la questione gli riguarda personalmente.
«Ma almeno puoi dirmi se è andata bene, voglio sapere solo questo.»
«Abbiamo parlato un po', ho capito più o meno cosa sta vivendo, però non penso che mi dirà altro per adesso, mi ha già detto troppo per i suoi gusti.»
Decido di non dilungarmi ancora sullo stesso argomento, e gli preparo un caffè.
«Grazie, sei molto gentile.»
Gli sorrido, e dopo aver bevuto il caffè Ryan va via facendomi un cenno che mi faccia capire che ci rivedremo.
Mi squilla il cellulare più e più volte.
È un numero sconosciuto... non avevo alcuna intenzione di rispondere, fino a quando non mi ha lasciato più scampo.
Praticamente non ha più smesso di suonare.
"Pronto?!" Sono la prima a parlare.
Dall'altro lato c'è silenzio, poi comincio a sentire dei respiri affannosi, e finalmente la voce...
"Che stronza che sei, il tuo fratellino è in città e non mi cerchi, e quando lo faccio io mi cacci anche."
Non posso crederci, ha rintracciato il mio numero per l'ennesima volta...
"Chi diavolo ti ha dato il mio numero telefonico?!"
"Che c'è sorellina... non sei forse felice di sentirmi?" Sento ancora quei respiri affannosi, ma stavolta non provengono da lui, ma da un'altra persona.
"Non solo non apprezzo la tua telefonata. Mi chiami anche dopo esserti fatto una scopata?! Mi fai schifo!"
"Dai, sorellina, non fare la gelosona."
Sto per riattaccare, ma lui urla il mio nome.
"Che vuoi?!"
"Stasera ti vengo a trovare al lavoro, sorellina."
Finalmente riattacco.
Mi guardo intorno, per capire se qualcuno si sia reso conto della situazione.
E sembra essere filato tutto liscio, fino a quando trovo gli occhi di Travis, un po' più lontano da me.
Mi levo velocemente il grembiule e il berretto, e a passo veloce mi trovo fuori, all'aria aperta.
Respiro a pieni polmoni il profumo del mare.
Appoggio le braccia alle ginocchia e mi piego leggermente.
«Erika, cosa succede?»
Chiudo gli occhi, cercando delle parole da dire al ragazzo che mi ha seguita qui fuori.
Dannazione, Travis...
«Credo mi serva una pausa.» Rispondo semplicemente.
«Stai male?»
Mi sollevo, e mi volto verso di lui.
«Credo che mi farò sostituire un'altra volta da Justin.»
«Vuoi che glielo dica io?»
Mi sento nel pallone, mi sento nervosa. Mi tocco i capelli in continuazione, e mi verrebbe voglia di tirarli per sentire dolore e distrarmi da questo senso di stanchezza emotiva.
Faccio cenno di no, e sorpasso Travis senza dire una parola.
Una volta tornata dentro... mi dirigo in bagno.
Mi guardo allo specchio, tocco il mio riflesso con le dita, e leggermente inizio a scombinarmi il rossetto.
Lo trascino ovunque, sulle guance, sul naso.
«Fanculo!»
Mi sciacquo il viso, ma peggioro la situazione, mi cola tutto il mascara.
Inizio a innervosirmi ancora di più, e improvvisamente si trasforma tutto in un pianto disperato, rotto, distruttivo, spregevole e malinconico.
Questa chiamata ha fatto in modo che mi liberassi di tutto il dolore represso che cercavo di trattenere.
Provo una tale solitudine, qualcosa che non va spiegato a parole. Qualcosa che capisci solo se ci passi.
Mia madre, quello schifo di fratello che mi ritrovo, Luis... mi sembra come se fossero diventati improvvisamente dei problemi troppo grandi.
No che non lo fossero già, ma semplicemente adesso mi sembra di non poter più sopportarne il peso.
"Simon è in città." Aveva detto mio padre.
Ma come faccio a spiegargli che detesto quel ragazzo con tutto l'odio del mondo?
Come facevo a dirgli che l'avevo già incontrato al lido, e che Luis mi aveva salvata quella sera.
Come faccio a dirgli che speravo di non vederlo più, di non sentirlo più.
Come faccio a spiegare a mio padre che ho un solo unico fratello ed è come se non ce l'avessi?
Spazio autrice:
Simon, il fratello maggiore di Erika è appena entrato ufficialmente in scena.
Che ne pensate?
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