16° parte

Luis

Sono mezzanotte passate.

E io ho aspettato tutto il pomeriggio per poter parlare con lei.

Mi trovo fuori dal lido nell'attesa che esca.

Guardo l'ora nervosamente.

Ho finito il mio pacchetto di sigarette, e ho i nervi a fior di pelle.

Credo che parlare con Ryan non mi abbia fatto poi così tanto bene.

Non avevo mai pensato che ruolo facesse Erika nella mia vita, e adesso che so che è proprio lei uno dei miei problemi più grossi... non so più come prendere il comando della situazione.

Non so nemmeno se sono incazzato del fatto che abbia scritto a Ryan senza il mio consenso.

So solo che ho tanta voglia di... vederla, sfogare la mia frustrazione, e farle capire che non deve impicciarsi nella mia vita, perché se c'è una cosa che non riesco a tollerare è che la gente mi veda vulnerabile.

Quando esce dal locale, non si accorge subito di me.

Lascio che chiuda il lido in tutta tranquillità, per poi attaccare subito dopo.

Mi avvicino di più per farmi notare, e non appena si volta sussulta.

«Cazzo, Luis...» Sbotta.

«Che c'è, ti faccio paura?» Mi avvicino sempre di più.

«No, certo che no, non mi aspettavo di trovarti qui...»

La guardo con serietà, niente ghigni derisori, niente sorrisetti dolci. Sono del tutto serio, e lei è visibilmente intimorita.

«Sono un uomo adulto, Erika!» Ringhio.

«Che intendi?»

«Non tollero ragazzine impiccione!» Mi avvicino ancora dato che lei ha indietreggiato.

«Io non sono una ragazzina impicciona!» Lo dice mostrandosi del tutto sicura di sé.

«È stato un errore scrivere a
Ryan. Qualcuno ti ha detto di farlo? Hai sentito dalla mia cazzo di bocca un consenso per poterlo fare?»

Distoglie lo sguardo, e io le afferro il viso, puntandolo dritto su di me.

«L'ho fatto perché ero preoccupata per te, e...»

Lo ammette senza girarci intorno, perché sa benissimo che non ha senso negare.

«Zitta!» Mi avvicino fino a sentire il suo respiro e il suo cuore accelerato.

Posiziono il mio ginocchio fra le sue gambe, e lei sussulta un'altra volta.

Continua a guardarmi, e adesso sembra... non so, come se fosse sicura di se stessa.

«Non sto zitta, Luis. Non permetterti di parlarmi così!»

Le afferro una ciocca di capelli e la attorciglio sull'indice.

«Che bimba cattiva.» Avvicino le mie labbra sulla sua guancia.

«Smettila, Luis!»

In quel momento faccio aderire di più il mio ginocchio nella sua intimità.

Serra le labbra, molto probabilmente per non lasciarsi sfuggire nessun suono dalla sua bocca.

Le afferro il labbro inferiore con i denti, e lo mordo leggermente.

La trovo talmente sexy che mi verrebbe voglia di farle male, però mi contengo. Lascio che il mio lato animale non esca.

«Non vuoi che smetta!» Le sussurro proprio sulla bocca.

Vuole che ceda.

«Non ti devi intromettere su cose che non ti riguardano.» Le sussurro ancora.

E stavolta porto la mia mano in mezzo alle sue cosce, e lei non ha il tempo di serrare la bocca, perché le sfugge un gemito.

Musica per le mie orecchie.

«Non riesco a non intromettermi quando si tratta di te, Luis.» Lo dice sottovoce.

Muovo la mano attraverso il leggins, e molto probabilmente trovo il suo punto sensibile, perché Erika inizia ad agitarsi.

E spero che non mi si rompa il bottone del jeans.

«Luis...»

«Cosa?»

«Se questa è la tua punizione... sappi che hai sbagliato mossa.»

Più che la sua, è la mia punizione, perché so che devo fermarmi e non spingermi ancora più oltre.

«Ah sì?»

La sua risposta non è composta da parole, ma da un gesto che mi lascia senza altre cose da dire.

Erika posiziona la sua mano nella patta dei miei pantaloni.

Seguo con gli occhi il suo gesto, e per quanto vorrei che rimanesse lì, devo fare qualcosa che la fermi.

«Erika non puoi fare così...»

«E invece tu puoi?»

Stiamo entrambi giocando con il fuoco. E se finiremo per incendiare tutto?

Erika adagia sempre di più la mano sul mio sesso, e in quel momento mi sale tutta quanta l'adrenalina che ho in corpo.

Succede tutto molto velocemente, afferro entrambe le braccia di Erika e le sollevo su, sbattendola con forza nella porta del lido.

Mi accorgo subito dopo della troppa forza che ho usato in quella mossa, e rallento la presa.

Erika avrà sicuramente subito una botta in testa o sulla schiena, ma non parla.

Più che altro osserva quale sarà il mio prossimo movimento.

Mi struscio sempre di più, la schiaccio nella porta di ferro, e annuso tutto quanto il suo profumo.

I nostri respiri sono pesanti. Ho voglia di strapparle i vestiti di dosso. Di scoparla, di sentire i suoi ansimi, di bearmi del suo orgasmo finale, e di leccarne il sapore.

Ho voglia, ho voglia di lei in un modo impressionante, e adesso sento un forte urlo dentro represso dalla ragione.

E lei non fa nulla per fermarmi, per evitare che io mi comporti da egoista e che mi prenda ciò che voglio.

«Cazzo se sei tremenda!» Sorride, e mi chiedo cosa ci sia di tanto divertente quando senti il desiderio di qualcuno ma non lo puoi soddisfare.

«Mi ucciderai...» Le dico con il fiato corto.

Non parla, non dice niente.

Mentre io la tengo ancora ferma sulla porta, perché so che se non la tengo finirà per provocarmi ancora, e non so se potrò sopportarlo.

«Non sapevo che le ragazzine impiccione ti facessero quest'effetto.»
Essendo che non può provocarmi con i gesti lo fa con le parole.

«Scusami il francesismo, Luis, ma lì sotto hai un gran problema...»

Mi sembra di vivere un flashback ascoltando le sue ultime parole.

«Io potrei darti una mano, Williams.»

Credo che in questo momento io abbia sbarrato gli occhi, perché Erika scoppia a ridere talmente forte che subito dopo le parte una tosse.

«Io non riderei fossi in te, piccolina!»
Le sussurro proprio a un centimetro dalla sua bocca.

«E perché mai?»

«Perché mi sto trattenendo.»

«Allora non farlo, Luis, io non sono una ragazzina, non sarai certo il primo uomo con cui vado a letto.»

«Non è questo il motivo...»

Cerca di scansarsi via dalla mia presa, ma non ce la fa.

«E qual è il motivo?»

Scanso via la presa, e mi allontano dandole le spalle.

«Non te lo dirò mai, piccolina!»

«Vaffanculo, Williams!» Urla.

Mi volto leggermente per guardarla.

C'è buio, ma non mi serve vedere per capire che si sia arrabbiata.

«Vai a casa, Erika.»

Si avvicina di nuovo, ma io le do nuovamente le spalle.

«Sei tu il ragazzino, non sai affrontare me, non sai affrontare la tua vita, e di conseguenza non sai affrontare te stesso. E ti ritieni un uomo forte? Solo perché hai un paio di muscoli... la forza di un uomo sta qui!» Fa segno nel mio petto.

La forza di un uomo sta nel cuore.

Mi volto verso di lei, anche se non avrei voluto, ci guardiamo, lei è delusa, io confuso... e insieme siamo l'opposto, un po' come lo yin e lo yang.

Spazio autrice:

Siete d'accordo con quello che dice Erika?

E questi due... riusciranno mai a capirsi?

🌹

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