15° parte

Luis

Quando esco dalla doccia e torno in salotto ancora in boxer, trovo Erika davanti l'entrata.

Non appena mi notano, sento gli occhi addosso di Steve, Cameron e anche di Erika.

Un po' come se avessero visto qualcosa di sconvolgente.

Abbasso gli occhi sul mio corpo, per verificare che io abbia davvero le mutande addosso, o che mi sia sognato di averle messe.

Ma alla fine non ho sognato niente, le porto, ed è tutto al suo posto lì sotto.

«Cosa c'è?» Aggrotto la fronte, e tiro fuori un respiro pesante.

«T-ti ho portato il cellulare.» Balbetta la piccola.

In quel momento Steve si volta verso di lei e le sventola le mani davanti agli occhi.

Sembra come paralizzata.

Dopo circa qualche secondo torna alla realtà, e mi porge il telefono.

Lo afferro, e le sorrido compiaciuto.

«Grazie, piccolina.» Le sussurro quando è più vicina.

Debolmente ricambia il sorriso.

È di nuovo in imbarazzo.

«Devo andare al lavoro, ci vediamo.» Lo dice in generale, però Erika guarda me.

"È ovvio che ci rivediamo, piccolina." Avrei voluto dire, poi ho deciso di non spingermi troppo oltre davanti a mio figlio.

Lei saluta Steve e Cameron con un bacio, e poi esce al di fuori dell'appartamento.

«Gli piaci davvero tanto!» Esordisce Cameron.

E io non mi aspettavo per niente che lo dicesse sul serio.

Si becca uno spintone da Steve.

«Ma taci!» Beccati pure questa, Garcia.

Guardando Steve, Cameron cerca di trattenere una risata, poi quando mio figlio si allontana scoppia a ridere.

«Mi sa che non ha apprezzato il tuo commento.» Ribatto convinto.

Garcia non risponde, ma continua a rimanere lì a guardarmi.

«Che c'è, apprezzi pure tu?!» Chiedo quasi infastidito.

«Dovresti scendere un po' dal piedistallo, metterti qualcosa addosso, e chiamare mio padre!» Ribatte seccato.

Gli faccio il verso, e prima di sparire dalla mia vista anche lui, mi guarda in malo modo.

Dopo essermi rivestito, salto in macchina e nel frattempo chiamo Ryan.

Squilla tre volte, poi finalmente risponde.

"Ehi, amico!" Mi saluta.

"Solito bar?" Rispondo secco, non ha senso girarci intorno, tanto stiamo per vederci.

"Solito bar!"

Riattacco senza nemmeno salutarlo.

Metto in moto e parto alla velocità della luce.

Il bar in questione è lo stesso che frequentavamo quando andavo all'università.

Lo stesso in cui abbiamo conosciuto Kat e Megan.

Quando arrivo, entro direttamente dentro. Non mi aspettavo di trovarlo già seduto a un tavolo.

Lo raggiungo, e lui mi osserva con un sorriso stampato in faccia, e non appena mi avvicino sempre di più, lo vedo alzarsi.

Quando siamo faccia contro faccia, me lo ritrovo fra le mie braccia.

Ryan è sempre stato molto affettuoso nei miei confronti, sono sempre io quello più tirato, non perché non gli voglia bene, ma perché sono fatto così.

«Ti vedo bene!» Gli dico afferrandolo dalle spalle per guardarlo meglio.

Un po' come faccio con mio figlio, un po' come farei con mio fratello se solo l'avessi.

Ma che dico, io ce l'ho un fratello, ed è colui che è davanti a me.

L'ho tirato fuori dalla merda, anche se io stesso non avevo niente, e lui ha ricambiato aiutandomi a farmi sentire più... umano.

Ryan è sempre stato indispensabile per me, anche se, molto probabilmente non lo so dimostrare.

«Vorrei poter dire la stessa cosa di te, Luis...» Tolgo le mani dalle sue spalle, e mi siedo su una sedia, un po' come se non mi avesse appena detto nulla.

Lui copia il mio gesto e continua a guardarmi.

«Allora, amico... cosa succede?» Chiede ancora.

Non riesco a capire da cosa deduca che io non stia bene.

«Hai una faccia, Luis, la conosco molto bene.»

«Sto bene, non riesco solamente a dormire la notte...» Gli rispondo, e spero che basti, perché nemmeno io so spiegare come mi sento.

«E già non va bene.»

«Cosa vuoi che ti dica, Ryan?»

«Il motivo di queste notti insonne.»

Qualcuno deve aver parlato con lui.

Come faceva Ryan a sapere che non stessi bene?

«Quindi sei venuto per me?» Cambio discorso.

«Megan non è in città, è via per un paziente, io sono in ferie, e mi sono detto: chissà che sta combinando il mio caro e vecchio amico.»

«Chi ti ha chiamato, parla chiaro!» Gli dico secco.

«Nessuno, Luis.»

«Parla chiaro!» Insisto. So che mi sta mentendo.

«Mi ha contattato una ragazza.»

Sa anche lui che non c'è bisogno che mi dica il suo nome.

«Vuoi sapere cosa succede, Ryan?» Cambio argomento, non voglio dilungarmi per quanto riguarda Erika, ci penserò dopo a lei.

«Sono qui per aiutarti, Luis, siamo fratelli, no?»

«Già.» Lo dico del tutto impassibile.

Lui mi guarda come se fosse spaventato da questa mia impassibilità.

«Con Steve va tutto bene?»

«Non c'entra un cazzo Steve, lui è un bravo ragazzo.» Ancora nessuna emozione, non sento niente.

«Lo so.»

«Steve fortunatamente non è come me.»

Lui annuisce, e in quel momento arriva una cameriera.

«Salve, cosa posso portarvi?»

«Due birre!» Rispondo alla ragazza, ma continuando a guardare Ryan.

«Come i vecchi tempi.» Continuo.

A Ryan gli sorridono gli occhi, e io anche se non si vede gioisco nel vederlo così.

«Arrivano!» Esordisce la cameriera.

«Luis, non incazzarti con la ragazza che mi ha scritto, lei tiene molto a te.»

«Lo so.»

Ma mettiamola da parte adesso, Erika è solo un mio problema.

«Allora dimmi, amico, in cosa posso aiutarti.»

«Lo sai cosa?»

«Dimmi, Luis.»

«Hai presente da ragazzo? Quando stavo cercando di realizzarmi, pur non avendo niente, e mi sentivo perso in me stesso?»

Ryan tergiversa un po', poi mi risponde.

«Ti sentivi inutile.»

«Esatto.»

«Ed è così che ti senti?»

Peggio.

«No.»

«E come?»

Solo...

Non ho la forza di dirlo.

Sarà che ho perso di nuovo tutto troppo in fretta.

Sarà che quello che ho perso in passato non l'ho ancora digerito.

O saranno entrambe le cose.

«Hai presente quando mio padre è morto?»

Ryan è palesemente scosso da questa domanda.

Anche lui era molto affezionato a mio padre.

«Come dimenticare...»

«Hai presente quando l'ho trovato nella vasca da bagno coperto di sangue?»

A soli otto anni.

«Piantala!» Mi rimprovera.

«Perché?»

«Dove vuoi arrivare, Luis, va dritto al punto...»

«Non ho mai capito perché mio padre forte com'era, si sia tolto la vita comportandosi da vigliacco ed egoista!» Il mio tono aumenta leggermente.

La cameriera appoggia i due bucali di birra sul tavolo, e sparisce, avendo capito anche lei che la conversazione che si sta tenendo nel nostro tavolo non è affatto affar suo.

«Tuo padre ha fatto una scelta, Luis, terribile, ma l'ha deciso lui, tu non hai colpe.»

«Mi sento come quella volta, come se perdessi mio padre ogni giorno, ogni notte, in ogni sogno. Mi sento come se continuassi a puzzare, e mi faccio tremila docce al giorno. Mi sento come quando tornavo a casa e nessuno era lì ad aspettarmi. E trovo pace soltanto quando...» Mi blocco.

«Quando stai con lei.»

Afferro il bicchiere e sorseggio nervosamente.

«E ti senti in colpa, vero, Luis?»

Non rispondo.

«Ti senti in colpa perché ti sentivi in pace solo con Katrine!»

Ecco uno dei tanti problemi.

Erika mi fa sentire in pace, e non mi sentivo così da parecchio ormai, da quando Kat mi ha lasciato.

«Bella merda, eh!?» Dico.

Ryan beve un sorso di birra e annuisce.

«Bella merda, amico!»

Spazio autrice:

Come si spiega a qualcuno la solitudine che si prova?

Come si fa a spiegarla a parole? Soprattutto quando sei come Luis?

Due sono le cose: o non lo spieghi, o lo fai capire con i gesti. E penso che Luis abbia scelto la seconda.

Cosa ne pensate di questo capitolo?

🌹

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top