14° parte
Luis
Quella mattina l'avevo riaccompagnata che erano le sei del mattino, e poi sono ritornato a casa di mio padre.
Quell'appartamento mi ricorda un sacco di cose.
Come quando guardavamo gli incontri di boxe insieme. Oppure quando mi raccontava di quanto fosse figo al liceo. O di quando mi insegnava a cavarmela da solo perché lui non ci sarebbe stato per sempre.
Sempre...
I per sempre non esistono, e io non ci ho mai creduto, neppure quando ero troppo piccolo per capirlo.
Però... io ero convinto che mio padre non mi avrebbe lasciato mai, invece mi sbagliavo.
Pure chi ti ama immensamente in un modo o nell'altro ti lascerà.
E lui mi ha lasciato nei peggiori dei modi.
Penso sempre a lui, costantemente, anche se non lo dico mai.
Ho sempre un ricordo, un pensiero, e mi ritornano in mente le immagini terribili di quella brutta notte.
Immagini che non vorresti mai far vedere a un bambino di otto anni.
La mia vita è cambiata da lì.
Certo, i miei genitori erano divorziati e quindi lo vedevo sempre troppo poco.
Ma quel poco per me era indispensabile.
Si chiamava Joshua Williams, ed è morto quando ancora avevo troppo bisogno di lui.
Volevo aspettare Erika che tornasse con il mio cellulare, ma alla fine sono tornato a casa di mio figlio per fare una doccia gelata, tanto per togliere il sudore del dopo allenamento.
Proprio come me, mio padre aveva la passione della boxe, e del tenersi sempre tonico e in forma, quindi aveva una stanzetta con tutti gli attrezzi per allenarsi, fra cui il sacco, che ho picchiato talmente forte che pensavo lo avrei rotto da un momento all'altro.
Mentre mi sfogavo con i pugni, ho ripensato a tutto, a mio padre, a mia madre, a quello stronzo che teneva per scopare, alla mia infanzia povera.
Ho pensato a tutti quei momenti in cui mi sono sentito piccolo, solo e impotente.
E alla fine avevo finito per urlare così tanto forte che mi bruciava la gola.
E adesso mi trovo dentro la mia macchina, nei pressi del quartiere in cui abita Steve.
Entro in casa e lo trovo sul divano.
Cazzo.
E sembra molto arrabbiato nel vedermi.
Assumo una faccia tosta e mi siedo vicino a lui.
«Sei incazzato nero, eh?!»
Steve sbuffa, si alza e va via.
Sparisce dentro la cucina, a passo veloce e rosso in viso.
Mi dispiace averlo fatto preoccupare.
Ma l'ultima cosa che ho pensato è stata di avvisarlo che non sarei tornato.
Mi dispiace perché mio figlio non mi conosce, mi dispiace non poter raccontare a lui i miei drammi.
Mi dispiace che si incazzi per me.
Mi dispiace per tutto, ma io avevo bisogno di rimanere solo, solo con la mia testa e con i miei pugni.
Mi alzo dal divano e lo seguo in cucina.
«Steve...»
«Vaffanculo!» Sbraita.
Una parte di me vorrebbe urlargli di non permettersi di parlarmi così, l'altra, invece... lo compatisce. Quindi decido di ascoltare quest'ultima.
«Non avevo il cellulare dietro, non volevo farti preoccupare...»
«Scusami tanto se mi preoccupo per te!» Sbraita ancora.
Ha gli occhi lucidi, e spero non si metta anche a piangere.
«Mi dispiace...» Non trovo altre parole.
«Sei venuto da me stanotte alle quattro, sei sicuramente andato da Erika, e improvvisamente sparisci, e guarda caso non mi risponde nemmeno lei...»
Non riesco a capire se sia più arrabbiato perché sono andato da Erika, o perché l'ho fatto preoccupare.
«Erika non c'entra, è colpa mia.»
«Hai dormito da lei?» Chiede inaspettatamente.
«No.»
«A chi la vuoi raccontare?!»
«Non ho dormito da lei, e poi pure se fosse qual è il problema? Pensavo l'avessi superata!» Sbraito di conseguenza.
In quel momento entra in cucina Cameron.
Ci mancava l'altro rompi coglioni.
«Che succede qui?» Chiede stranito.
«Niente!» Rispondiamo insieme.
«E tanto per la cronaca... non ho scopato con Erika, anche se avrei voluto, e sai perché? Perché non voglio incasinarla. Uno perché è la tua migliore amica, e due perché ho anche io una coscienza!»
Steve mi guarda, e dal suo viso che si rilassa leggermente percepisco che mi crede.
«E poi, sì, sono andato da lei, ci siamo baciati, ma non siamo andati oltre. Non ti ho risposto al cellulare perché ho dimenticato il telefono da lei. Ho passato il resto del tempo da un amico, e mi sono dimenticato di avvisarti.» Continuo, mentendo sull'ultima frase.
Steve non sa l'esistenza della casa di mio padre.
«E sempre continuando, Erika non mi ha ancora restituito il telefono, potresti prestarmi il tuo per scrivere a suo padre?» Mi riferisco a Ryan.
«Non vorrei intromettermi più di tanto, ma mio padre è in città.» Interviene Cameron.
In quel momento mi volto verso quest'ultimo.
«Bene! Ora posso andare a farmi una doccia? O vuoi qualche altro chiarimento?»
Non sono arrabbiato, esausto, che è diverso.
Ho bisogno di lavarmi, e di lasciarmi cadere addosso la terribile nottata che ho avuto.
«Vai pure a lavarti.» Risponde.
Sembra essersi rasserenato.
A passo lento esco fuori da quella cucina, stavo per salire le scale, ma vengo fermato da Cameron.
«Anche mio padre ha chiesto di te, è successa qualcosa?»
Apprezzo la sua preoccupazione, ma non ho la più pallida idea del perché Ryan mi stia cercando.
«No, Garcia, per quanto ne so io non è successo niente. Ho solo voglia di fare quattro chiacchiere con il mio amico!»
Non so perché anche io lo stia cercando.
Forse perché quella piccoletta mi influenza sempre con le sue parole.
Forse perché riflettendoci ho capito che ha ragione, ho bisogno di avere vicino il mio braccio dentro, che è sicuramente il padre di Cameron.
«Gli dico lo stesso che lo cerchi?»
«No, andrò a cercarlo io stesso dopo la doccia!»
Cameron annuisce, e io finalmente posso andare a godermi una bella doccia fredda.
Ryan Garcia è il mio migliore amico dai tempi in cui eravamo bambini.
Siamo cresciuti insieme, e poi... ho davvero voglia di vederlo, di parlargli, e di capire perché anche lui mi stia cercando.
Spazio autrice:
Si avvicina il ritorno del nostro Ryan.
E Luis? Cosa ne pensate? Avete qualche domanda? Se volete fatela, ma non vi prometto che risponderò ahahaha.
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