12° parte

Erika

Stare mano nella mano con Luis... mi fa strano.

È una stranezza piacevole, calda, accogliente.

Mi sento quasi speciale, protetta.

Luis a volte sembra sul punto di non avere nessun interesse nei miei confronti, e momenti in cui mi stupisce, come questa notte.

Quando ho sentito il rumore del cellulare, ho lasciato perdere, pensando che fosse uno scherzo di cattivo gusto, non ho nemmeno guardato il display. Poi ha suonato anche il campanello... ma mai mi sarei aspettata che fosse lui.

È proprio un folle.

Guardo la mano di Luis che stringe forte la mia, e penso, non so... penso che sia venuto anche per un altro motivo, e non solo per chiedermi scusa a modo suo.

E il mio sguardo si sposta su di lui, che porta la mano nella tasca della sua giacca ed estrae una chiave.

Una chiave che non è nel portachiavi che le racchiude tutte, è da sola, unica.

Ci avviciniamo sempre di più a una casa, e lui apre la porta dell'appartamento che abbiamo davanti.

Che sia la sua nuova casa?

Entriamo dentro senza mai staccarci.

Mi guardo intorno, adesso ho la certezza che non si tratta del nuovo alloggio.

Quest'appartamento è pulitissimo e super in ordine.

La pareti sono verniciate alla perfezione, e non vedo traccia di nessun scatolone, almeno all'apparenza.

«Dove siamo?»

Lui non mi degna di uno sguardo, e si allontana, e io gli vado dietro.

Si ferma davanti una parete piena di quadri.

C'è un bambino che attira la mia attenzione.

Non è sicuramente Steve, essendo che ha capelli e occhi scuri.

Mi volto leggermente e noto un altro quadro, c'è sempre il bambino di prima, ma stavolta è accompagnato.

L'altro bambino sorride, sembra felice.

«È Ryan.» Luis stavolta guarda me.

«Chi è Ryan?»

«Il padre di Cameron.»

Mi ero assolutamente dimenticata di quel nome.

Anche se per Natale ho avuto modo di conoscerlo meglio.

È un uomo super simpatico e dolce.

Da quanto ne so io, Luis lo stima molto, e da queste foto riesco a percepire che è la verità.

Però continuo a non capire.

«Luis, dove siamo?» Chiedo ancora.

Lui stacca la foto dal chiodo e la tiene in una mano. Noto della malinconia nei suoi occhi mentre guarda quella fotografia, anche se cerca in tutti i modi di nascondere quel sentimento.

«Ci conosciamo da una vita. Mio padre era amico del suo.»

Non parla mai del suo papà, non so se sia ancora vivo, se non abbiano nessun rapporto, non so niente.

Ma in realtà so molto poco anche di Luis.

Credo che lui abbia una storia immensa dentro.

E mi piacerebbe tanto scavare in quell'immensità.

«Quindi questo sei tu?» Metto il dito sul quadro che raffigura un bambino soltanto.

«Sì, sono io...»

Adesso che lo so, riesco a percepire qualcosa di Luis in quel bambino.

Come gli occhi.

«E quello è mio figlio!» Punta un altro quadro

«Completamente diversi, eh?» Continua.

«Steve è più sorridente.»

In effetti sono diversi.

«Sì, Steve era molto sorridente da bambino.»

«E tu no?»

«Ho vissuto un'infanzia diversa da quella di Steve. Lui poteva contare su di me e Kat, io non potevo contare su nessuno.»

Rimango spiazzata dalle sue parole.

Però fingo che non mi senta scombussolata, per evitare che si fermi, per evitare che lui pensi che stia parlando troppo.

Però non gli faccio domande sull'argomento. Ho sempre fatto così, non forzo nessuno, lascio che sia lui a parlarmene.

Credo che solo così diventi una confidenza veramente sentita.

«E quella è Rebeca?» Cambio argomento.

«Sì, lei sì che mi somiglia. Steve è sempre stato tanto simile a Katrine.»

«Anche caratterialmente.» Aggiungo, anche se non l'ho conosciuta.

«Credo che Steve sia simile a sua madre, ma ha anche qualcosa dei Williams.»

«Qualcosa di te?»

«Steve è parte di me!»

Sentirgli dire queste parole mi riempie il cuore di gioia.

L'ho conosciuto che non aveva alcuna intenzione di voler vedere suo figlio.

E adesso... adesso sostiene che gli appartiene.

E questo mi porta a mio padre.

Mi chiedo cosa stia facendo adesso.

Se abbia parlato con la mamma, se l'abbia riconosciuto oggi...

Tutti i giorni mi chiedo se mia madre ritornerà a ricordarsi del tutto di me.

È il mio sogno.

«Non hai ancora risposto alla mia domanda, Williams...»

«Vuoi sapere dove siamo?»

«Sì!»

«Questo è il primo appartamento in cui sono stato. E ne sono così tanto affezionato che alla fine non sono più riuscito a lasciarlo andare. Cosa un po' buffa, dato che ho cambiato un sacco di case.» Non lo vedo così amareggiato dall'incidente di Steve e Cameron, e questo mi preoccupa molto.

«Questo cos'ha di speciale?»

«Ci ho vissuto tanto, Erika.»

Erika...

«Spiegami...»

«È qui che ho scoperto di star per diventare papà. È qui che passavo del tempo con mio... padre. È qui che ho conosciuto Ryan. Ed è sempre qui che ho perso tutto.»

«L'appartamento non è tuo, vero?»

Luis posiziona nuovamente il quadro sul muro e si allontana di nuovo.

Si appoggia sulla spalliera del divano, e si accende una sigaretta.

«No, non è mio, piccolina...»

Immagino di capire di chi sia, però non lo dico a voce alta.

«È il mio posto felice.»

E anche se ha appena affermato di aver perso tutto in questa casa, capisco anche perché ne sia così tanto affezionato.

Immagino di capire che Luis non ha più rapporti con suo padre, però... però lo ammira molto.

Ed è orgogliosissimo di portare il suo cognome.

«Perché non lo chiami?»

«Chi?»

«Ryan... non lo vedi da Natale.»

Credo che per il momento abbia bisogno di vederlo.

Penso che Luis sia ancorato a quello che lo ha fatto stare bene.

Lui dice di essere forte mentalmente, ma in realtà sono pronta a scommettere che lui viva nel passato.

«Ryan ha la sua vita, io ho la mia, non siamo più ragazzini.»

«E quindi? È tuo amico, se lo chiami non succede nulla.»

Mi sorride, come se avessi appena detto una cavolata.

«Sei un controsenso, Luis...»

«Che intendi?»

«Hai detto che crescerai un giorno, quindi sei ancora un ragazzino. Ma appena ti dico di chiamare Ryan, rispondi che non lo sei più. Vivi due vite, Williams? Come se vivessi in un mondo fantastico e allo stesso momento in quello reale.»

So di aver ragione, perché lui mi guarda ma non replica.

«Come fai a convincermi sempre su tutto?»

Si avvicina, e stavolta sono io a far combaciare i nostri corpi.

Porto le mie mani su i suoi capelli, e lo stringo assaporandone tutto il profumo e la tonicità del suo corpo.

Ammirando la sua bellezza, e gli occhi del bambino perso che raffigura la fotografia.

Sono uguali, come ho fatto a non riconoscerlo subito?

«Luis...»

«Erika...»

«Io voglio che tu ceda.» Mi esce dalla bocca in modo naturale.

Perché è quello che voglio, lo voglio veramente.

Voglio sentirlo, e non dimenticare più che esiste un uomo che porta il suo nome e che ha cercato in tutti i modi di farmi impazzire.

«Non adesso, adesso è presto, troppo presto...»

Rimango delusa, ma non gli dico più niente.

Perché so che non avrebbe alcun senso.

Spazio autrice:

E niente, la storia continua a evolversi.

Sono davvero felice di come sta uscendo.

Come con l'Angelo e il Diavolo, sta venendo come ce l'avevo in testa.

🌹

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