Capitolo 10

Avevamo appena finito di pranzare. Mangiai solo un'insalata. Non me la sentivo proprio di mangiare il solito hamburger sudicio che piace tanto a Fred; soprattutto visto che nel giro di poche ore avremmo visto un altro morto, e volevo cercare in tutti i modi di evitare di vomitare su delle prove importanti.
Dovevamo recarci a casa dei Wilson per vedere e cercare di capire cosa fosse successo.
Quando arrivammo, la porta era aperta. Nel vialetto di casa, oltre alla nostra,  c'erano parcheggiate tre volanti della polizia, mentre dentro casa una troupe di investigatori raccoglieva prove e attaccava post-it gialli ovunque. Per camminare dovevamo fare attenzione a non pestare nulla. Sembravamo delle scimmie che saltellavano a destra e a sinistra.
Il corpo di Elizabeth era ancora appeso al soffitto. Il suo viso era completamente pallido e la sua pelle fredda come il ghiaccio. Guardai attentamente il suo corpo; com'era vestita. Camicia bianca, un jeans stretto e i piedi scalzi. Dalla tasca del jeans vidi spuntare un foglietto bianco. Senza farmi vedere, lo presi subito in mano e lo misi dentro la tasca della mia giacca. Possibile che nessuno si fosse accorto di questo foglietto?
Il medico legale si avvicinò a me.
"Salve Freya, è bello rivedersi, ma non sicuramente in queste circostanze". Gli feci un gentile sorriso. Non volevo stringergli la mano; aveva dei guanti.  L'ultima volta che lo vidi era stato qualche mese prima. Si trattava di un suicidio all'intenso di un ospedale nel reparto di psichiatria. Non so molto cosa possano fare i detective in momenti come quelli, ma per prassi giuridica mi avevano chiamata. "Buongiorno dottore".
"Si tratta proprio di un bel suicidio continuò. C'è solo una cosa un po' strana".
I miei occhi si spalancarono. Continuavo ad essere convinta che fosse stato un omicidio.
"Quando una persona si vuole impiccare, di solito, sotto di sé mette un piccolo sgabello da spingere con i piedi per farlo cadere per terra...". Mi guardai intorno. Quello sgabello non c'era.
"Il soffitto è troppo alto per appenderci una corda. Non so come abbia fatto sinceramente", continuò a spiegare il medico.
Avevo già capito tutto. O almeno, quasi tutto.
"Può essere stato un omicidio dottore?", chiesi.
"Potrebbe. Ma quasi tutte le prove portano a pensare che sia stato un suicidio. Elizabeth, lasciò anche una piccola lettera scritta a mano in cui spiega che non riusciva più a sopportare la situazione, che le cose con suo marito non andavano bene, che era depressa e che voleva raggiungere sua figlia e i suoi genitori. Dovremmo ispezionare bene il cadavere, fare un'autopsia per capire cosa realmente è successo. A momenti dovrebbe arrivare il marito per firmare alcune carte. La chiamerò quando ne saprò qualcosa di più su questa faccenda".
Ringraziai il medico ed uscì immediatamente da quella casa che letteralmente puzzava di morte.
Robert e Fred erano ancora lì sul posto; così, senza farmi vedere da nessuno, tirai fuori dalla tasca bianca il foglietto. C'era scritto un nome: Richard Oliver James.

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