Capitolo 12 - Ritorno a casa (Parte 1 di 2)

La giovane maga si svegliò nel dormitorio riservato agli ospiti di passaggio. Doveva essere un periodo morto visto che, delle dodici stanze disponibili, solo tre erano occupate e neanche piene. Alira si ritrovò sola in una stanza con quattro posti letto; l'unica compagnia erano i suoi pensieri, ma avrebbe tanto preferito essere sola nel senso più vero e profondo del termine.

Niente Amarax... niente scuola... niente magia... tutto in fumo...

Alira soffocò un singhiozzo affondando la testa nel cuscino, ma le lacrime andarono per conto loro.

Mancava poco all'appuntamento che Barnabas le aveva procurato per tornare a Mifa. Una parte di lei voleva restare, fino a supplicare di essere ammessa alla scuola; un'altra parte si domandava se valesse davvero la pena rimanere ad Amarax e se valesse la pena credere ancora nell'unico sogno che aveva.

Si mise seduta, gettò lo sguardo sul baule rimpicciolito, prese un respiro profondo e si preparò. Messe le scarpe, asciugate le lacrime e preso il baule, poteva andare. Un'ultima occhiata alla pergamena e si mise in marcia. Pochi minuti più tardi era in cima alle scale che l'avrebbero portata al livello inferiore, quello delle botteghe.

Non ebbe il cuore di guardare per l'ultima volta la scuola e scese le scale. Il baule era molto più leggero e questo la facilitò nel procedere spedita.

Il punto di ritrovo era al porticato degli artefatti: lo aveva visto mentre aspettava il proprio turno per l'esame.

Le botteghe stavano aprendo, mentre i mercanti stavano disponendo la merce sulle bancarelle. Non aveva mai visto prima le persone con cui avrebbe dovuto parlare e viaggiare, aveva solo un indirizzo. Non era sicura di esserci e decise di chiedere indicazioni.

«Scusi...» si avvicinò a un mercante che sistemava la merce. «Devo andare qui...» disse porgendo la pergamena, «... e sto cercando un gruppo di mercanti in partenza.»

«Mercanti in partenza? Allora cerchi la locanda! Sì, questo è di certo l'indirizzo del Calderone di Rospi» sentenziò, dopo aver stropicciato gli occhi.

«E dov'è questa locanda?»

«È facilissimo! Percorri tutta la contrada fino in fondo, è all'angolo sulla destra.»

«Grazie, signore.»

Alira si avviò. Era facile muoversi a quell'ora anche nel livello dei mercanti e delle botteghe perché la clientela ancora dormiva o era dentro casa. Arrivò alla porta della locanda Calderone di Rospi e vide l'insegna basculante di legno dipinto, appesa a un'asta di ferro: un calderone da cui saltavano fuori davvero dei rospi. Stava per aprire la porta quando questa si spalancò. Si spostò di lato per evitare di essere travolta e un uomo uscì con due casse di legno tra le mani.

«Forza, sbrigatevi! Andate a prendere la carovana, sfaticati!» urlò, volgendo la testa all'interno del locale.

Un omaccione piuttosto tondo poggiò le casse a lato della strada e si appoggiò al muro, un cappello stravagante sulla testa, il capello lungo fino alle spalle e un paio di baffetti. Si accorse a malapena che Alira fosse lì. La ragazza si schiarì la gola per attirare l'attenzione, ma niente: l'omaccione pensava ai fatti suoi.

«Scusi...»

L'omaccione voltò la testa, colto di sorpresa.

«Siete voi i mercanti diretti a Osling?»

«Sì, perché?»

«Mi è stato dato questo da un mago della scuola» disse mostrandogli la pergamena.

«Ah, tu sei la piccola maga! Mi hanno detto che un mago dell'Adunanza ha chiesto che ti portassimo con noi.»

«Sì, esatto!» confermò Alira, la voce sottile.

«Abbiamo acconsentito! Non essere triste. Arriverai a casa sana e salva.»

Ma il groppo che Alira aveva in gola era per il suo sogno infranto. La preoccupazione per il viaggio finì in secondo piano, mentre i suoi occhi rossi non potevano mentire.

«Io sono Cyrus, comunque!»

«Alira, piacere.»

Una carovana svoltò l'angolo e si fermò.

«Finalmente!» esultò Cyrus, sollevando le casse.

Le sistemò sul mezzo. In tutto erano in tre, due uomini e una donna.

«E questa chi è?» chiese l'altro uomo.

«È la maga!» arrivò la voce di Cyrus.

«Devi andare a Osling, piccola?» chiese la donna. «Io sono Paula e lui è Drev; vedo che hai già conosciuto Cyrus.»

«Io sono Alira.»

«Quello è il tuo bagaglio?» chiese Cyrus. «Dai a me!» esclamò, afferrandolo e sistemandolo sulla carovana.

«I soldati ci aspettano alle caravelle-mongolfiere» disse Drev.

«Speriamo siano puntuali!» commentò Paula.

«Senti chi parla!» ribatté Cyrus.

Alira montò sulla carovana con il carico assieme a Paula, mentre gli altri due sederono davanti a guidare i cavalli. La maga si accomodò su una cassa e Paula su un'altra. Erano una di fronte all'altra e la donna la scrutava. Vedeva gli occhi della giovane puntati sui piedi e i capelli cadenti a coprire il volto. Restarono zitte entrambe, ascoltando il calpestio degli zoccoli dei cavalli sulla strada disturbato dai rumori di sottofondo provenienti dalla città. Poi ad Alira venne un dubbio.

Per scendere alle caravelle bisogna prendere le scale. Come sono saliti con la carovana? E come faremo a scendere?

Glielo domandò.

«Le scale?»

«Sì, per arrivare alle caravelle bisogna passare per le scale.»

«No, non è così!» la rassicurò Paula. «Oltre alle scale ci sono delle piattaforme di legno fissate tramite delle catene alle carrucole che collegano i punti di approdo delle caravelle-mongolfiere ai livelli degli allevatori e delle botteghe. Il loro uso è riservato alle merci e ai loro proprietari.»

Alira tornò a contemplare i suoi piedi. Capì che erano arrivati alle carrucole perché i cavalli si erano fermati; poi udì Cyrus e Drev questionare con uno spettro. Per un attimo ebbe il desiderio di controllare se si trattasse di Baltigo e di raccontargli tutto, ma le passò subito quando si rese conto che la voce non era la sua.

Lo spettro diede un'occhiata nella carovana e si sentì di nuovo la voce di Drev.

«Ti avevo detto che c'erano due persone e le merci specificate nel foglio di carico!»

«Va bene. Montate sulla piattaforma e attenti a non sporgervi durante la discesa» raccomandò lo spettro.

I cavalli montarono con tutto il carico sulla piattaforma mantenuta stabile da due perni di legno. Una volta saliti, lo spettro alzò la protezione per evitare che ci fossero lati scoperti e tirò una leva, liberando la piattaforma dai perni; poi ne tirò un'altra e li calò dolcemente fino al punto di approdo e partenza riservato alle merci.

Ad accoglierli c'era un altro spettro, pronto a incardinare la piattaforma sui perni e a far cadere la balaustra.

Cyrus diede un colpo di redini e i cavalli scesero tirandosi dietro il carico, dirigendosi lungo il molo lastricato. In fondo era attraccata un'arca-mongolfiera. Una rampa a poppa si abbassò e i mercanti entrarono.

La traversata fino all'altra parte del mezzo anello di vuoto durò poco: non valeva neanche la pena di scendere dalla carovana. Arrivati all'altro snodo, smontarono dall'arca-mongolfiera e si immersero nella natura selvaggia della zona senza controllo.

Appena fuori Amarax, incontrarono la loro scorta: era formata da una decina di uomini a cavallo e armati fino ai denti con spade, asce e archi.

Il loro viaggio era all'inizio e sarebbe durato qualche giorno.

Alira era ancora immersa nei propri pensieri e, anche qualora fosse caduto un meteorite d'oro accanto alla carovana, la sua mente sarebbe rimasta focalizzata su di essi.

Torno a casa. Sto tornando a casa. Cosa dirò a mio zio Vigo? Ho insistito tanto per andare a studiare ad Amarax e... tutto perduto!

Sentiva il vociare degli uomini di scorta in sottofondo e cercava di ignorarlo.

Cosa devo fare? Rinuncio? O devo seguire il consiglio che mi ha dato Barnabas e cercare un maestro per conto mio?

«Sei pensierosa. Qualcosa ti turba?» chiese Paula.

«Eh? Ah, no... niente!»

«Strano, ti si legge in faccia! Hai gli occhi rossi e gonfi: devi aver passato la notte a piangere.»

«No, va... va tutto bene!»

«Mmm... eppure sembra di no. Comunque non insisto. Se vuoi parlarne sono qui; tanto il viaggio sarà lungo e noioso, nel migliore dei casi.»

«E nel peggiore?»

«Hai mai viaggiato in queste terre?»

«Sono stata accompagnata ad Amarax da uno spettro.»

«Interessante! Ma viaggiare così è diverso. Se ti spingi troppo a sud, rischi di imbatterti nei golgothiani, mentre se ti sposti verso nord, rischi di ritrovarti le fauci dei licantropi a un palmo dal naso.» Alira impallidì e la donna continuò. «Ma queste non sono le uniche sciagure da cui tutelarsi, anzi! Gruppi di predoni scorrazzano qua e là e prendono di mira i carichi mercantili come il nostro; ecco il perché della scorta armata!»

«Cioè potremmo essere attaccati? Il mio viaggio d'andata è stato tranquillo.»

«Lo spettro! Sono abili nel muoversi in queste terre; inoltre immagino che tu abbia passato la maggior parte del tempo in volo su un pegaso.»

«Sì.»

«Perché uno spettro ti ha accompagnato? C'entra la scuola di magia?»

«Lascia perdere!»

«Ah, è una delusione! Ecco perché sei tanto triste!»

Alira la guardò storta e Paula si ammutolì.

E perché tu sei tanto felice, brutta stronza?, avrebbe tanto voluto chiederle, ma si trattenne.

Sperò che il viaggio sarebbe andato liscio e soprattutto che sarebbe durato il meno possibile.

Facevano soste brevi per mangiare e riposarsi un po' e si rimettevano subito in marcia. La carovana era molto lenta e rappresentava un facile bersaglio per i banditi.

La comitiva si stava dirigendo verso l'impero, ma nessuno aveva detto esplicitamente dove. Questo pensiero sbocciò nella mente di Alira quando si accamparono per la notte. Sembrava molto più scura rispetto a quella che aveva trascorso con lo spettro; forse perché ora si sentiva meno protetta. Il fuoco le scoppiettava davanti agli occhi e vedeva gli uomini di scorta fare i turni per mangiare e pattugliare la zona.

«Andate a Mifa?» chiese Alira.

«Mifa?» domandò incredulo Cyrus. «No, andiamo a Govotan!»

«Ma è a nord dell'impero, giusto?»

«Sì, esatto! Perché?» chiese Drev.

«Io devo andare a Mifa.»

«Beh, è da tutt'altra parte!» commentò Paula.

«Noi non cambieremo i nostri piani» chiarì subito Drev.

«Vogliamo rimanere su queste terre il meno possibile, quindi percorreremo la strada più breve per arrivare in una terra governata. E questa strada ci porta nel regno di Onar; dopodiché andremo a Govonat. Potrai decidere quando andare per la tua strada. Forse troverai qualcuno disposto a darti un cavallo o un mulo a un buon prezzo per arrivare a Mifa.»

«Credo che ci penserò quando arriveremo nel regno di Onar» concluse Alira.

Trascorsero la notte nella carovana, mentre gli uomini di scorta fecero a turno per tenere vivo il fuoco e sorvegliare il carico. Si aspettavano almeno qualche rumore sospetto, se non qualche guaio. Nessun uomo, nessun golgothiano, nessun animale o strana creatura.

La mattina seguente mangiarono una colazione frugale e ripresero il viaggio. Le poche ore di riposo avevano provato gli uomini della scorta, ma restare troppo fermi li avrebbe messi in pericolo.

Verso mezzogiorno il cielo si rannuvolò e il tempo cominciò a peggiorare. Qualche saetta rombò e qualche lampo squarciò il cielo in un puzzle di luci e grigiume e un carico di pioggia li inondò da capo a piedi. Veniva giù fitta e gelata e, mossa dal vento, si infilava dappertutto. Era un inferno: i cavalli scivolavano sul fango e si muovevano a rilento; la carovana arrancava e nemmeno le frustate servivano; in più, vedere la strada e procedere nella direzione giusta era impossibile; infatti si persero.

Se ne resero conto quando udirono l'acqua del Mirith frangersi contro le rocce. Il fiume scorreva impetuoso e in quel punto si faceva violento appena dopo aver preso una curva, la sola del proprio corso. Quella distorsione e quelle rapide erano così uniche che era impossibile confondersi.

Nella furia della pioggia torrenziale che si abbatteva sulle loro teste, trovarono riparo nel fitto di alcuni alberi troppo anziani perché i loro tronchi potessero essere piegati da quella foga.

Si fermarono, slegarono i cavalli dalla carovana e li fissarono agli alberi. Si ripararono all'interno del convoglio, mentre gli uomini di scorta si rintanarono sotto gli alberi, aspettando che passasse l'acquazzone.

Spazio Autore

Grazie per essere approdati sulla mia storia.

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