...e uscimmo a riveder le stelle.
Edoardo
Sono appena uscito dal palazzo di Ginevra: senza farmi vedere da nessuno, ho lasciato una lettera di addio nella sua cassetta della posta, chiudendoci dentro il mio cuore e anche la mia dignità.
Sono passati due mesi, otto interminabili settimane da quella notte in ospedale e da lei non ho avuto nessun cenno, è calata una cortina silenziosa tra di noi e non posso farci nulla: francamente non me lo aspettavo, credevo di avere qualche possibilità, credevo che NOI avessimo qualche possibilità, ma mi sbagliavo.
I primi tempi, lo ammetto, l'ho sorvegliata di nascosto per accertarmi che non facesse altre sciocchezze, poi mi sono imposto di smettere prima di beccarmi qualche denuncia: più passava il tempo, più era evidente che la mia presenza fosse fuori luogo, in fondo se avesse voluto vedermi, le sarebbe bastato un messaggio. Ci ho sperato come un cretino e ne soffro tantissimo, ma mi dico che passerà, prima o poi.
In queste settimane, coi soldi del servizio fotografico, mi sono dedicato ad "Azzurra", sono andato avanti coi lavori e il mio impegno aumentava a mano a mano che il disinteresse di Ginevra si manifestava: adesso la mia barca è quasi perfetta, le mancano giusto un paio di ritocchi.
Per un attimo, ho perfino pensato di cambiarle nome in Ginevra e di mandare a lei una foto della fiancata con la nuova targa, poi mi sono detto di no, che non ne vale la pena e che così mi sarei portato dietro la testimonianza tangibile di un rifiuto, oltre che i ricordi che non posso cancellare e che sono un bagaglio abbastanza ingombrante.
Tutti i giorni maledico la mia avventatezza di quella notte, ma ero davvero troppo ubriaco di lei, di felicità e della bellezza della situazione che ho agito senza pensarci troppo, trovandomi in un attimo sul pianerottolo, senza aver avuto tempo e modo di spiegarmi.
Così ho chiamato a raccolta forza e determinazione e ho deciso di partire: voglio arrivare all'oceano e navigare sotto costa laddove possibile, seguendo il profilo dell'Europa verso sud, verso il caldo e il sole, come se fosse un percorso che, simbolicamente, mi permettesse di uscire dal buio che circonda il mio cuore. Ho deciso di farlo ora perché se fossi rimasto a casa avrei dato i numeri, ho bisogno di una cosa bella per tirarmi su e credo non ci sia nulla di meglio che ubriacare l'animo con la prospettiva di realizzare un altro sogno che, comunque, era chiuso in un cassetto in attesa di tempi migliori... solo che speravo di condividerlo con Ginevra.
No! Stop! Devo uscire da questo maledetto loop, ci ho già soggiornato a sufficienza!
Faccio un ultimo controllo alle strumentazioni di bordo, verifico la tenuta del cordame e mi accerto che la cambusa sia piena a sufficienza almeno per arrivare alla prima tappa del mio viaggio, acquisterò quello che terminerà durante il percorso. Non ho idea di quanto starò via, dipende da come si comporterà "Azzurra" per la quale sarà una sorta di secondo varo e dalle mie capacità, poiché è la prima volta che navigo da solo così a lungo: credo che qualche volta dovrò fermarmi per un po' e cercare di guadagnare qualcosa prima di poter proseguire.
L'idea di libertà connessa a tutto questo mi manda in fibrillazione, sento l'adrenalina salire e il sangue scorrere veloce, non vedo l'ora di salpare verso l'orizzonte, verso un'altra parte della mia vita, verso un nuovo me. In via precauzionale, ho mandato una mail con l'itinerario ai miei genitori: sono passato a salutarli e loro, pur non condividendo, mi hanno augurato buona fortuna e si sono raccomandati di vedermi tornare sano e salvo il prima possibile.
Ok, non ha senso che indugi ulteriormente: in cuor mio speravo che Ginevra si sarebbe presentata, ma in fondo perché avrebbe dovuto? Dò un ultimo sguardo alla città e lèvo l'ancora, lasciando Parigi e ben altro dietro di me, direzione il mare aperto.
Ginevra
Torno mogia a casa dopo il mio pellegrinaggio giornaliero al molo dov'era ormeggiata "Azzurra", neppure oggi Edo è tornato e inizio a perdere le speranze che questo succeda a breve.
Sono passate alcune settimane dalla sua partenza, appena ho ricevuto la sua lettera mi sono precipitata al fiume, inutilmente purtroppo e da quel momento non mi sono data pace.
Ho provato a chiamarlo diverse volte, ma non è mai raggiungibile al punto che sto iniziando a preoccuparmi, non so neppure se esiste qualche modo di controllare la retta della barca come si fa su alcuni siti per aerei, ho cercato in rete ma non ho trovato nulla. Ho inviato un messaggio a Edo tutti i giorni, ma sembra non li riceva mai, monitoro i siti per sapere di eventuali naufragi nell'Atlantico ma, per fortuna, non trovo niente in proposito: mi dico che le cattive notizie e mi rassegno ad aspettare, per quanto non so.
Magari, se fossi arrivata in tempo, l'avrei fatto desistere oppure gli avrei fatto promettere di tornare presto oppure ancora... sarei partita con lui: la mia vita come la conoscevo non esiste più, non avrei avuto alcun problema a mollare tutto e partire. Portando Evander con me, ovviamente.
Varco la soglia di casa, lancio la borsa sul divano e vado in bagno a sciacquarmi il viso che mi brucia dal pianto: sopra al lavandino ho attaccato un piccolo specchio che non consente di vedermi a figura intera, ma riesco a vedermi a pezzi quando sono china a lavarmi il viso e alzo la testa: è una prova cui mi sottopongo più volte al giorno e, passato il fortissimo disagio delle prime volte, inizia a essere meno problematico.
Stamattina sono riuscita perfino a guardarmi tutto il viso per qualche minuto e a fare qualche smorfia buffa per spezzare l'ansia che sentivo crescere: quanto vorrei poter condividere questi piccoli passi con Edo!
Sono convinta che abbia scattato quella foto senza strani fini, anzi mi dò dell'imbecille per non avergli creduto subito, avrei risparmiato tanto dolore a entrambi, anche se devo ammettere che senza quello choc forse starei ancora lentamente annegando nei miei problemi, perchè è quello che mi stava succedendo.
Ero convinta di star uscendo dal guado, mentre in realtà stavo lentamente affondando nelle infide sabbie mobili della mia psiche contorta. Altro che supermodella, sono una super deficiente.
Evander strofina il muso contro le mie gambe quando mi siedo sulla finestra ad ammirare il cielo di Parigi: il sole tramontando lo colora di nuances che vanno dall'arancione carico al tenue pesca e, laddove l'astro è già sparito, lentamente avanza l'indaco tirandosi dietro le stelle lungo il firmamento.
Mentre rileggo la lettera di Edo per l'ennesima volta, suona il campanello: sbuffo infastidita perchè non aspetto nessuno e quando apro la porta una figura mi travolge, sbattendomi al muro alle mie spalle.
D'istinto, metto in atto le nozioni di difesa personale e parte una ginocchiata all'inguine dell'aggressore che rovina a terra ululando dal dolore: sto per dargli un calcio quando lo riconosco, è Edo!
"Edo! Oddio scusami!"
Povero, si tiene i testicoli e non riesce a parlare dal dolore, ma quando apre gli occhi, il cuore mi si ferma per tutta l'emozione che riesco a leggerci dentro.
"Gin... non posso dire che sia esattamente un piacere vederti adesso, anche se devo ammettere che me la sono cercata con la mia irruenza. Spero che la tua reazione derivi solo dalla paura e non dal fatto che non volessi vedermi."
"Non dire sciocchezze! Vieni sul divano, ti aiuto."
Come qualche mese fa ci ritroviamo seduti vicini, spero solo di aver fatto meno danni dei teppisti!
"Come mai sei qui? Non dovresti essere in pieno oceano?" Gli chiedo.
"Nella Manica, non sono riuscito a governare la barca durante una breve burrasca, l'albero e le vele hanno riportato dei danni e ho preferito tornare indietro invece di rischiare e continuare verso il mare aperto."
"Oh mi dispiace!"
"Anche a me all'inizio, poi quando sono rientrato in Francia e ho riacceso il cellulare, ho ricevuto i tuoi messaggi e ho pensato che l'incidente fosse in realtà un segno, che niente è casuale: mi dispiace per Azzurra, ma se non fosse accaduto ora non sarei qui da te. Volevo fare un'entrata tranquilla, ma quando hai aperto la porta non sono riuscito a dominarmi, l'istinto ha preso il sopravvento e disideravo solo baciarti fino a sfinirti... solo che, giustamente, hai reagito. Spero di poter ancora avere figli un giorno!"
"Esagerato, per un calcetto! Quindi hai letto quello che ti ho scritto..."
"Sì."
"Edo mi dispiace, avrei dovuto farti spiegare o almeno provare a crederti invece di reagire in quel modo estremo."
"Come stai?"
"Certi momenti arranco un po', altri va meglio. Ho cambiato terapeuta, ho lasciato il lavoro e sto cercando di reinventarmi, ma non è facile, a volte lo sforzo mi sembra fuori dalla mia portata, anche perchè a parte Evander non c'è nessuno che mi appoggi: le mie colleghe sono evaporate e me lo aspettavo, ma pure quei pochi che credevo essere amici si sono tirati indietro. Non è facile."
"Sai cosa provo per te, avrei potuto esserci io, perchè non mi hai cercato?"
"Per orgoglio contorto, immagino. Dopo quello che è successo, però, non potevo neppure darti per scontato, avresti anche potuto essere spaventato da una situazione così complessa. In ogni caso, non passa giorno senza che io mi dia dell'idiota, davvero."
"Non posso certo darti torto, ma ora sono qui."
"Lo vedo. Che si fa?"
"Beh non ti sembra ovvio? Ci baciamo fino a che le labbra ci faranno male come le mie parti basse."
"Allora direi di iniziare, altrimenti non ci porteremo a livello... Fa molto male?"
"Moltissimo. A proposito, che ne diresti di un massaggino?"
"Non ti allargare o ti scaglio Evander contro."
"Ma se mi adora, non lo farebbe!"
"Vuoi provare?"
"Ehm, no."
"Allora zitto e baciami."
Fine....?
Un anno dopo, Evander
Non mi abituerò mai alla stranezza degli umani.
Intendiamoci, adoro la mia padrona con tutti i suoi difetti e pure coso, Edo, mi sta simpatico, ma come è saltato in mente a quei due di lasciare la casa comoda in cui stavamo per vivere in barca? Questo dondolio mi dà un fastidio!
Certo, l'importante è che siano felici: Ginevra ora è serena, sta venendo a patti coi suoi problemi e aver lasciato il lavoro l'ha aiutata molto... inoltre è più spesso a casa insieme a me. Edo è molto dolce con lei, stanno bene insieme, ma sono ancora geloso: la notte mi chiudono fuori dalla loro stanza e mi preoccupo perché dietro quella porta devono avvenire cose strane, si sentono certi versi!
Però al mattino quando si svegliano hanno una faccia molto rilassata, vorrei tanto sapere cosa fanno!
Ultimamente Ginevra ha messo peso ed è sempre stanca: quando le poggio il muso sulle gambe, mi dice che a breve ci sarà una novità in famiglia, ma non ho ben chiaro cosa intenda quando mi dice che nella sua pancia sta crescendo un cucciolo d'uomo: com'è possibile questa cosa?
Bah.
Però, è bello quando la sera stiamo tutti sul ponte a guardare le stelle, io mi metto tra loro due e li ascolto parlare entusiasti del futuro, le mani sulla pancia di Ginevra e lo sguardo rivolto al cielo.
Sono belli insieme devo ammetterlo e spero che resteranno insieme per sempre: non capisco molto di cose umane ma, se potessi parlare, direi che l'Amore sono questi due, così opposti eppure così vicini.
Fine
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