Prologo
La mia piccola bambina stava davanti a me. La vedevo piangere a di rotto per essere stata svegliata. Non potevo prenderla in braccio, perché sapevo che se lo avessi fatto non sarei riuscita a lasciarla andare. Per colpa di questa stupida guerra dovevo mandar via dal nostro mondo la mia adorata e unica erede. Un giorno sarebbe tornata e avrebbe preso il mio posto come Regina, spero solo che questo conflitto non duri anni e anni. Non la vedrò crescere, non avrò il piacere di vedere come cambia, la sua prima cotta anche. La rivedrò ne sono sicura, ma solo dopo tanti anni passati lontane l'una dall'altra e lei non si ricorderà neanche di me. Spero che la sua nuova famiglia la tratti con il rispetto che merita.
<<Addio, Angélique.>>
Dandogli un ultimo saluto le misi al collo un ciondolo, in cui c'era l'effige della nostra casata: un drago. Dietro c'erano le parole "Quisque faber fortunae suae" (Ognuno è artefice del proprio destino). Quella frase la feci incidere io stessa, pensando che sarebbe stato un buon modo per tramandare i miei ideali anche a mia figlia.
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