#2 - ♾ VETTE SOLEGGIATE ♾

// Categoria: Classici //

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// Personaggi principali: Keira Knightley alias Janeka Griffiths & Matthew MacFadyen alias Jerome Chapman //

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// Conteggio parole: 2933 parole //

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1.

Era l'1 gennaio dell'anno 1805. Nel cielo si potevano ancora scorgere migliaia di colori sfumare ora nel rosa, ora in un rosso vivo, ora in un giallo abbagliante. All'orizzonte il sole stava sorgendo, combattendo una lotta infinita con la luna, che d'inverno rischiarava la notte per buona parte della giornata. Il mondo iniziava a risvegliarsi dalla quiete notturna, ma, sebbene la mattinata si prospettasse migliore del solito, non molto tempo dopo una bufera si abbatté sul mondo. Una tormenta di fiocchi di neve attanagliò il mondo, costringendo la maggior parte delle famiglie ad annullare i loro progetti per la giornata. Nonostante ciò, esistevano anche uomini dal sangue freddo che, animati da ambizione e voglia di fare, quel giorno decisero di viaggiare. La strada ai lati era ricolma di talmente tanta neve, che quasi ci si poteva slittare, mentre al centro era ciottolosa e in certi punti scivolosa. Nel complesso, queste minuzie costituivano un vero e proprio pericolo per viaggiatori assidui e temerari, come Mr. Murphy.

Facoltoso gentiluomo di città, Mr. Murphy con il suo rudimentale veicolo alimentato da un motore a combustione interna si mise in viaggio verso il Derbyshire, in Inghilterra. Più precisamente diretto ad Amber Valley, un distretto con sede a Ripley, egli non si lasciò mai ostacolare dalle avverse condizioni atmosferiche. Spesso fu costretto ad accostare al ciglio della strada per ripulire le ruote dalla neve, purtroppo candida e gelata. Dopo aver sostato circa cinque volte durante il tragitto, all'ora del tramonto arrivò esausto presso la casa dei Chapman. Situata nel distretto di High Peak, ma, nello specifico, in quello urbano di Whaley Bridge, bagnato fradicio scese dall'automobile.

Con il viso rigato dalle gocce di pioggia e il respiro affannato, bussò, infreddolito, alla porta. Mr. Murphy indossava un paio di pantaloni, un frac, una redingote, degli stivali e un cappello. Passarono dei minuti prima che qualcuno aprisse finalmente la porta e quei pochi istanti sembrarono un'eternità. All'esterno la bufera peggiorava sempre più, mentre al lungo e grande giaccone nero di Mr. Murphy si appiccicavano tanti piccoli fiocchi di neve. Dopo una giornata di maltempo così intensa, il freddo aveva già iniziato a raggelare le vene dell'uomo, tanto che ormai il giaccone non bastava più a riscaldarlo. Ma, finalmente, quando si accinse a tornare sui suoi passi, credendo che la casa fosse vuota, un tepore si scontrò con la sua nuca. Una signora bassa e abbastanza in carne gli fece cenno di sbrigarsi ad entrare, altrimenti tutto il calore sarebbe uscito all'esterno.

A primo acchito Mr. Murphy venne colto da un attimo infinito di stupore per ciò che videro i suoi occhi. Un enorme stanza occupava buona parte del pianterreno. Da una parte vi era un tavolo con delle sedie, mentre dall'altra due divani ad angolo e un camino a legna. Ai piedi del divano si estendeva un tappeto a trama geometrica, sul quale su un lato erano poggiate le pantofole di una donna.

Di nome Elouise, quest'ultima aveva addosso un broccato smanicato, scuro con ricami dorati sul torace, che si rigonfiava dalla vita in giù con l'aiuto di una crinolina. I suoi capelli rossi, acconciati in una crocchia, le mettevano in risalto gli occhi e le labbra carnose. La donna era talmente immersa nella lettura, che, all'arrivo di Mr. Murphy in casa, lo squadrò velocemente con disinteresse. Differentemente dal solito, ad occuparsi delle faccende di casa vi era una donna di media età di nome Goldie. Seppur fosse ormai un membro datato della famiglia e godesse della stima e della gratitudine della famiglia dell'affittuario, lei possedeva un ruolo marginale all'interno della casa.

D'improvviso, Mr. Murphy venne risvegliato dal suo stato di trans dallo schiocco di dita di Jerome, gentiluomo ricco ma rozzo, davanti al suo viso. Subito le sue narici vennero invase da un profumino allettante proveniente dalla cucina. Infatti, Goldie stava tornando con un vassoio sul quale erano poggiate una tinozza calda contenente cioccolata, una tazza e dei biscotti con gocce di cacao. Appoggiato il vassoio sul tavolo e invitato l'uomo a sedersi, quest'ultimo iniziò a proferire parola.

«Grazie...» disse Mr. Murphy, squadrando quella signora di cui non conosceva il nome con aria curiosa, come se sperasse che lei si presentasse.

«Goldie, signore» stringe ai lati la veste da domestica con le punte del pollice e dell'indice, inchinandosi.

«Va bene, va bene, Goldie, puoi andare.» controbatté Jerome con fare sbrigativo, volendo conoscere a fondo le motivazioni che hanno spinto Mr. Murphy a viaggiare in un giorno così burrascoso. Ma, purtroppo, i suoi progetti vennero sciupati da una richiesta inaspettata.

«Scusatemi, Mr. Chapman, sarebbe possibile godere della vostra ospitalità per una notte?» era così ansioso e timoroso di fare quella richiesta, che mentre parlava torturava con le punte delle dita il capello «Insomma, all'esterno spira un vento talmente gelido e mortale, che chiunque decida di mettersi in viaggio oggi desidererebbe alloggiare in un riparo sicuro e caldo, se possibile» il suo sguardo si abbassò sul capello, dopo essersi scontrato pochi istanti prima con lo sguardo impassibile di quell'uomo.

«Sì.» rispose Jerome a malincuore e con voce distaccata «Ma a patto che sia solo per una notte, giusto per non dover farvi sopportare quel maltempo e sentire le vostre possibili lamentele.» socchiuse leggermente le palpebre, come per assicurarsi che l'uomo avesse compreso alla perfezione le sue parole.

Ritornato sui suoi passi con movenze nobiliari, Mr. Murphy finì di sorseggiare quella buonissima cioccolata calda, dopo avervi inzuppato un paio di biscotti. Successivamente, si alzò dalla sedia, ringraziò Goldie e lasciò che costei la conducesse in camera. Una volta dentro, pose sul letto la piccola valigia che si era portato da casa per l'occorrenza. Si tolse il capello e il giaccone, mettendoli sullo schienale della poltrona, poi iniziò a guardarsi attorno. La stanza era disadorna: non vi era alcuna foto, i muri non erano pitturati con colori eccessivamente sgargianti e vi era lo stretto necessario. Ciò che lo colpì più di tutto fu la parete su cui poggiava la spalliera del letto: era in parte ricoperta da tanti segni e incisioni misteriosi. Al di fuori della stanza tutto sembrò essere nella norma, ma il peggio arrivò non molto tempo dopo.

Mr. Murphy si tolse i vestiti, pronto per abbandonarsi a un quieto sonno. Ma, spenta la luce e addentratosi poco dopo nel mondo dei sogni, ecco che nell'aria si iniziò a respirare un po' di tensione. L'uomo venne sopraffatto da un incubo inconsueto: una bambina con l'apparecchio e piena di ira iniziava a graffiare la finestra con le unghie, producendo un rumore fastidioso. Spaventato a morte da quella visione mostruosa, si svegliò di soprassalto, accendendo tremante la luce. Nel frattempo emise un grido colmo di agitazione e paura, che, purtroppo, fece sobbalzare anche gli inquilini, specialmente Jerome. Quest'ultimo, infatti, sopraggiunse frettolosamente nella stanza di Mr. Murphy, tappandogli la bocca per calmarlo e portandolo fuori da quel luogo. Affidato l'uomo alle dolci cure di Goldie, che lo condusse in salotto facendogli compagnia, Jerome aprì la porta e fece entrare quel fantasma.

«La prossima volta cerca di non spaventare gli ospiti, cara» disse Jerome, prima di chiudere la porta della stanza alle sue spalle con tirando un sospiro di sollievo.

Di contro, quella ragazza cupa e sfingea prese poco sul serio le parole del signore e riprese a segnare il muro. Ogni sera con un gessetto bianco segnava trenta volte sul muro il nome di una ragazza, Janeka, a caratteri microscopici. Poi, infilava la testa dentro dei cassetti osservando disegni del suo volto da varie prospettive e fotografie datate, visibili solo se illuminate da una candela.

Mr. Murphy viene fatto accomodare sul divano-letto della cucina, luogo in cui, per assicurarsi che l'uomo dormisse indisturbato, spesso si diresse Goldie. La notte passò in assoluta tranquillità, sebbene all'esterno il vento, infuriato, si scontrasse con le finestre, creando dei rumori un po' bruschi.

Finalmente, alla tempesta successe la quiete e la notte si tramutò in attimi fugaci in giorno, rischiarando il cielo con i suoi raggi. Mattiniero come sempre, Mr. Murphy si vestì velocemente e pochi minuti dopo in salotto lo raggiunse anche Jerome. Come se il suo cuore fosse stato riempito di vitalità tutto d'un botto, quest'ultimo si rivolse con un sorriso all'uomo, invitandolo a fare colazione con lui.

«Dunque, Mr. Murphy, come mai ieri avete deciso di mettere a rischio la vostra vita per visitare dei conoscenti, che poi nemmeno tanto bene conoscete?» portò le dita al mento lisciandoselo con fare curioso, mentre sorseggiava il latte caldo.

«Beh, diciamo che da pochi giorni ho traslocato e mi sono trasferito ad Amber Valley, non molto lontano da qui, così ho deciso di venirvi a fare visita, anche per rispetto nei vostri confronti.» sorseggiò con piacere quel poco di latte, che contrastava con il freddo esterno all'abitazione.

«Che ne dite se vi riaccompagno a casa?» propose Jerome all'altro, mettendo le tazze vuote nel lavandino, in modo tale che in seguito Goldie le potesse lavare.

«Beh, permettetemi prima di salutare la vostra meravigliosa domestica, Goldie» disse accennando un sorriso, che diventò sempre più ampio quando costei apparve dall'ombra.

Accortasi dei due uomini sul punto di mettersi di nuovo in viaggio, ancora un po' assonnata, si avvicinò a loro a passo lento. La domestica fu avvinghiata da un improvviso, ma sentito abbraccio da parte di Mr. Murphy. Sorpresa e non sapendo che fare, ricambiò l'abbraccio per pochi istanti battendogli le mani sulle spalle.

«Buon viaggio, Mr. Murphy» il suo viso era leggermente arrossito per il gesto inaspettato del signore, ma il suo cuore saltellava di gioia per essere stata per una volta notevolmente considerata.

Salutatisi a vicenda, i due uomini si misero in viaggio e in un paio di ore furono di nuovo ambedue a casa loro. Ma le brutte notizie non tardarono ad arrivare. Infatti, circa una settimana dopo il ritorno di Mr. Murphy ad Amber Valley in casa Chapman arrivò una telefonata. In tale modo Jerome, Goldie ed Elouise, nuora del primo, ricevettero notizie di Mr. Murphy, che si era ammalato gravemente. Il cuore della domestica ebbe un tuffo così come tutti i lì presenti, che iniziarono ad essere in pensiero per quell'uomo.

2.

Tutto ebbe inizio nel 1775 con un certo Mr. Griffiths, originario proprietario della casa a Whaley Bridge. L'uomo, dopo aver adottato un bambino dalla pelle olivastra, lo portò con sé e lo chiamò Jerome. Inoltre, costui aveva anche due bellissimi figli di nome Archie e Janeka, il primo due anni più grande della seconda. Proprio quest'ultima si legò con il tempo sempre più a Jerome, mentre un vento di novità spirava nel suo petto e produceva un calore appagante. Janeka si era evidentemente innamorata di Jerome e quest'ultimo sembrava provare qualcosa di simile nei suoi confronti. Questa situazione, però, fu invisa ad Archie, che fu allontanato da casa dal padre, in modo tale da acquietare le continue discrasie tra i figli. Ma, alla morte di quest'ultimo, il primogenito prese il comando a casa Griffiths e, così, iniziò un lungo periodo di gelosia e vendetta tra Archie e Jerome che li avrebbe annientati.

Archie, tornato a casa con una moglie di nome Lauraine, obbligò Jerome a lavorare come bracciante agricolo, asservendolo. Ciononostante, il forte legame tra Janeka e Jerome non si spezzò, tanto che, anche in questo caso, si divertirono a trascorrere del tempo assieme nel prato. A volte giocavano con l'acqua, quando Jerome doveva annaffiare i fiori, altre si sporcavano a vicenda con la terra, ma sempre restando uniti, nel bene e nel male. Ma, crudele come sempre, la sorte provvedette nel momento più inopportuno e insperato a stroncare quel pizzico di felicità che addolciva le giornate dei due innamorati. Infatti, pochi mesi dopo Janeka fu costretta a sostare ad Amber Valley. Qui sarebbe stata tenuta sotto osservazione per tre mesi dallo stesso Mr. Murphy, ormai guarito dal suo malessere. Fu proprio in questo luogo, a circa un'ora di distanza dalla sua dimora, che sbocciò un amore inaspettato che la rese di continuo molto pensierosa. Avendo sempre creduto che avrebbe vissuto per sempre con un solo uomo, Jerome, essere coinvolta in una relazione con un membro della famiglia Powell non le sembrava ancora vero. Di circa dieci anni più grande di Janeka, Horace Powell, fu colui che si meritò dignitosamente il suo cuore e, ben presto, anche la sua mano, sposandola. Nel frattempo, però, la situazione a Whaley Bridge era collassata: il fratello di Janeka, Archie, si sottomise all'alcool, diventandone dipendente e sprofondando in un baratro di solitudine. Approssimativamente due settimane dopo, Janeka si rimise da sola in viaggio verso Whaley Bridge, per fare visita ai signori Chapman.

Arrivata lì in serata e salutati benevolmente tutti i presenti, non tardò ad arrivare l'ora di una bella e intima chiacchierata con Goldie. Entrambe parlarono di vari temi, tra cui anche l'amore, come se fossero madre e figlia. La giovane le confessò il suo amore per Horace e di quanto, allo stesso tempo, non riuscisse a sopprimere i propri sentimenti per Jerome. Ma, ormai, ella non poteva più sperare in un futuro per la sua bassa condizione sociale. Appena la notizia giunse alle orecchie di Jerome, fece le valigie e sparì dalla vista di tutti, non facendo avere ai suoi cari alcuna notizia. Questo, però, stava per costare la vita a Janeka che aveva avuto una grave crisi nervosa. Dopo che Jerome tornò a casa Chapman da benestante, fece sprofondare ancora di più nel tunnel del gioco e dell'alcool Archie e sfruttò la sorella di quest'ultimo, Tawny, per i suoi meri scopi. La sposò, sebbene non provasse nulla per lei, le regalò una notte da sogno durante la luna di miele e, per sostenere la farsa, lui scelse di fare l'amore con lei. Poi, trasferitisi entrambi definitivamente a Whaley Bridge, lui le confessò tutte le bugie che fino a quel momento gli avevano permesso di utilizzarla per fare soffrire Archie e, così, anche costei scappò di casa.

Dopo vari litigi tra Horace e Jerome per Janeka, quest'ultima uscì di senno, comportandosi come una pazza capricciosa. Poi, morì qualche settimana a seguire dopo aver dato alla luce una bambina che prese il suo stesso nome, ma abbreviato, Jane, per non fare confusione con quello della madre. Diversamente da come si potrebbe pensare, la sua morte fu serena, giacché la sorte finalmente le aveva concesso la possibilità di esternare i propri sentimenti a Jerome, che fece lo stesso. Al mezzogiorno dell'indomani vi furono i suoi funerali e, contemporaneamente, Tawny, ovunque si trovasse, diede alla luce un bambino, Albert. La fine della vita arrivò, subito dopo, anche per Archie e a trarne vantaggio fu proprio Jerome che divenne assoluto proprietario della casa a Whaley Bridge.

3.

La vendetta di Jerome non era ancora
giunta al termine. Egli prese con sé il figlio avuto da Tawny,
Albert. Non lo amava, in quanto malaticcio, debole e frutto di una relazione per lui campata in aria, ma si servì di lui per il suo infimo piano, ancora da ultimare. Infatti, Jerome fece in modo che Albert si innamorasse di Jane, affinché egli stesso diventasse proprietario della casa ad Amber Valley. Tre anni dopo la giovane Jane, bella e attraente come la madre, optò per recarsi a Whaley Bridge, luogo in cui si imbatté in Albert, per il quale a prima vista provò un'immensa simpatia. Fu proprio questa simpatia a sbocciare, anche dietro costrizione di Jerome, e a evolversi fino al matrimonio. Una decina di anni dopo la morte colse Horace e, purtroppo, in seguito anche Albert, la cui mancanza non sortì il minimo effetto su Jerome.

Mesi dopo iniziò ad apparire lo spettro di Janeka in una delle camere di casa Chapman, dove Jerome fu trovato morto sul suo letto. La tomba di quest'ultimo fu collocata accanto a quella di Janeka, a simboleggiare un amore capace di resistere alla fugacità del tempo. Persino, alcuni abitanti di Whaley Bridge ritennero di riuscire ancora a vedere le anime di Jerome e Janeka passeggiare mano nella mano e divertirsi come in passato, da innamorati.

«Ehi, Jerome, ti amerò per sempre, anche sotto forma di angelo» gli accarezzò una ciocca di capelli, ora allungati considerevolmente rispetto a quando era in vita.

«Perché, Janeka, avevi dei dubbi riguardo al nostro legame, del tutto indissolubile?» Jerome tremante le accarezzò il viso, quando d'improvviso la cinse in vita, facendola girare in tondo, mentre il vento sferzava contro i loro volti.

«No, Jerome, mai» quando lui la rimise giù, lei restò abbracciata al suo collo, scostandosi dei capelli che, mossi dal vento, le coprivano il volto.

«Ti Amo, mia vellutata e beata Janeka» disse avvicinandosi alle sue labbra, mentre il sole filtrava tra i loro visi, sprigionando un calore gradevole.

«Ti Amo, mio eterno custode di amore Jerome» si alzò leggermente sulle punte, mentre lui la strinse a sé dalla vita e le rubò un dolce ed eterno bacio.

Subito dopo, così come in vita non erano mai riusciti a fare a meno l'uno dell'altra, allo stesso modo camminarono verso l'orizzonte mano nella mano. Con le labbra arcuate in un sorriso contagioso, le loro anime vennero avvolte da una intensa luce e, poi, si tramutarono in polvere dorata. In seguito, nascosti dai luminosi raggi solari, si persero nel vuoto, accompagnati a braccetto dal vento.

Quel prato sarebbe stato il loro luogo di ritrovo, l'unico in cui avrebbero potuto essere loro stessi. Dopo essersi felicemente ritrovati, non si sarebbero più separati e il loro amore sarebbe vissuto in eterno.

Questo fu ciò che la sorte aveva sin dall'inizio destinato ai Chapman e ai Griffiths: un'esistenza all'insegna della vendetta e della gelosia. Tali sentimenti devastarono tutti coloro che si erano inizialmente lasciati avvolgere dalle calorose fiamme dell'amore.

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