32. Conseguenze

Mi svegliai in infermeria. Albus e Camille seduti su delle sedie alla destra del mio letto; dormivano, Camille con la testa appoggiata sulla spalla di Albus e quest'ultimo con la testa sopra la sua. Sorrisi. Avevo il braccio fasciato, una camicia da notte bianca e i vestiti del Torneo accuratamente piegati in fondo al letto. Muovere il braccio mi provocò un dolore quasi insopportabile e strinsi i denti. Decisi di rimanere a fissare il soffitto, pensando all'ultima Prova del Torneo Tremaghi: il Labirinto. Ero arrivata prima alla Seconda Prova, quindi ero sicuramente la prima in classifica in quel momento; sarei entrata per prima nel Labirinto. Un brivido di terrore mi attraversò tutto il corpo al solo pensiero. L'unica gioia a cui potevo aggrapparmi era l'idea che, vincitrice o meno, alla fine di quel Torneo la mia vita sarebbe tornata come prima. 

La testa di Camille scivolò dalla spalla di Albus, svegliandoli entrambi. Mi guardarono e sorrisi, mentre la mora si alzava per sedersi di fianco a me e il corvino realizzava dove si trovasse. «Sei sveglia finalmente! Come stai, come ti senti, ti fa tanto male il braccio? Madame Pomfrey mi ha assicurato di essere stata il più delicata possibile e-» Risi, mentre le rispondevo. «Sto bene. Il braccio mi fa ancora male ma sto meglio. Quanto tempo ho dormito?» Albus mi prese la mano, baciandone il dorso. «Un bel po' a dire il vero; ieri pomeriggio, stanotte, stamattina e tutto questo pomeriggio. Ora è quasi ora di cena. È un effetto collaterale dell'anestesia che ti hanno fatto. Il tuo braccio dovrebbe guarire in pochi giorni, tre al massimo, ma potrebbe far male durante il processo di guarigione.»

«Anestesia? Ma di che parli, non avevo nulla di grave. Solo una bruciatura.» Camille abbassò lo sguardo. «Bonnie tu credevi di non aver nulla di grave. Ma ti hanno visitata e hanno scoperto che il Billywig non ti aveva solo sfiorato, ma punto. Avevi del veleno che ti circolava nel sangue. Hanno dovuto estrarlo con un incantesimo, piuttosto doloroso. Eri priva di sensi e senza quell'anestesia ti saresti svegliata in un istante, sperimentando un dolore atroce. Io sono rimasto con te tutto il tempo, tenendoti la mano, e nonostante l'anestesia mi hai stritolato la mano così forte che ora ho dei lividi.» Puntai immediatamente il mio sguardo sulla mano di Albus, dove un livido violaceo spuntava sul suo dorso. «Io- Mi dispiace Albus, mi dispiace veramente tanto.» Sorrise debolmente, accarezzandomi il viso. «Non esserlo, ho deciso io di starti accanto. Non volevo che ti facessi del male da sola. Stai già provando abbastanza dolore: voglio dividere questo peso con te. Siamo quasi una coppia ufficiale, porto il tuo nome inciso in un anello e nel mio cuore. Non ti lascerò sola.» I miei occhi diventarono lucidi e scossi la testa. «Dai, parlatemi di qualcosa di più felice.»

«Hai ricevuto il massimo dei punti! Sei arrivata per prima, hai saputo sfruttare il potere dei ciondoli e non hai ferito nessuna delle creature della Foresta Proibita. Insomma sei stata perfetta!» Esclamò Camille, riprendendo il sorriso. «Sei la prima in classifica con 78 punti. Al secondo posto c'è Katia, con 65 punti. Ha lasciato pietrificato un Demiguise, spezzato il pungiglione di qualche Billywig ed è arrivata per terza. All'ultimo posto c'è Cecile, con 58 punti. È arrivata qualche minuto dopo di te, ma non ha saputo usare il potere dei medaglioni quindi ha ferito la maggior parte delle creature per liberarsi.» Finì il discorso, mentre mi versava un bicchiere d'acqua e me lo porgeva. «Significa che entrerò per prima nel Labirinto, giusto?» Chiesi retoricamente, annuendo con la testa, rassegnata, e bevendo un sorso d'acqua.

«Esatto. Ma supererai brillantemente anche quella Prova. Poi quest'estate saremo tutti felici e andremo in vacanza in Costa Azzurra tutti insieme. Te lo prometto.» Sorrisi alla mia migliore amica. Ci credevo in quella promessa. Tutto sarebbe tornato come prima. Entrò Madame Pomfrey, che fece uscire Camille e Albus per visitarmi velocemente e vedere come stavo dopo l'anestesia. Tutto era normale, niente più veleno o bruciatura. Come aveva detto anche Al, l'infermiera mi disse che il braccio mi avrebbe fatto male per qualche giorno e che durante questo periodo avrei dovuto muovere il braccio più che potevo: tenerlo fermo per troppo tempo avrebbe rallentato il tempo di guarigione e provocato solo più dolore. Mi disse anche che dovevo mangiare, non dovevo per nessuna ragione saltare i pasti. Lasciò sul letto dei vestiti puliti, portati probabilmente da Dominique, e tirò le tende per farmi cambiare tranquillamente prima di dimettermi. 

Non avrei mai pensato che azioni così semplici come mettere un paio di jeans e una maglietta potesse diventare così difficile e doloroso. Ci impiegai il doppio del mio tempo abituale per vestirmi. Quando fui finalmente pronta, presi i vestiti del Torneo, li misi nella mia borsa di fianco al letto e andai in Sala Grande per la cena dopo aver salutato e ringraziato Madame Pomfrey. Entrata in Sala, sentì gli occhi di tutti puntati addosso. Feci un respiro profondo, avvicinandomi al tavolo dei Grifondoro dove tutti i miei amici erano seduti e mi aspettavano. «Bonnie, ti devo delle scuse sincere. Mi dispiace per quello che ti ho detto l'altro giorno e per queste settimane.» Misi una mano sulla guancia di Louis, sorridendogli. «Tutti abbiamo sbagliato. In un modo o nell'altro, ognuno di noi deve dare e merita di ricevere delle scuse. Ma infondo siamo degli adolescenti nel pieno dei nostri anni, se non ci scontriamo noi chi dovrebbe farlo? Dispiace anche a me per tutto quello che ci siamo detti in questi giorni.» Mi abbracciò. «Sono contento che ne sia uscita viva da quella Foresta.» Risi, sedendomi a mangiare.

Arrivati al dolce, non stavo più ascoltando la conversazione che i Weasley stavano portando avanti. «Tutto ok?» Chiese Scorpius, parlando a voce bassa nel mio orecchio. «Sì, stavo solo pensando a una cosa.» Punzecchiai con la forchetta la crostata che dovevo ancora finire. Il biondo rise debolmente. «Hai anche intenzione di dirmi cosa passa per la tua testolina? Sai, non sono esattamente un secchione in Divinazione visto che non seguo quel corso.» Arrossì e alzai gli occhi al cielo. «Pensavo a perché Tom non mi ha curata come ha fatto alla fine della Prima Prova. Insomma sarebbe stato tutto più facile: nessuna anestesia, niente urla, dolore e Albus non avrebbe quei lividi sulla mano.» Spostai il mio sguardo sulle mani del corvino, appoggiate sul tavolo poco lontano da me. Scorpius mi fece riportare lo sguardo su di lui, prendendomi il mento, forzandomi a guardarlo e mettendomi in mano la forchetta per invogliarmi a finire di mangiare. «Non pensare neanche per un secondo a darti la colpa.»

«Certo, perché quei segni sono magicamente comparsi sulla sua mano vero?» Domandai retorica, finendo finalmente il dolce che avevo nel piatto da dieci minuti. Scosse la testa. «Non hai idea dello sforzo che ho fatto per convincerlo a non entrare lì dentro mentre ti operavano. Non ha voluto stare a sentire nessuno, nemmeno la McGranitt. Ha dimostrato agli addetti del San Mungo di sapere tutto sul campo della medicina magica e loro lo hanno lasciato entrare. Anche Madame Pomfrey sembrava sorpresa delle sue conoscenze; non gliele aveva insegnate lei, sicuramente si sarà informato grazie ai manuali in biblioteca.» Si passò una mano sul volto, bevendo un sorso di aranciata. «Le tue grida erano strazianti.» Lo guardai stupita. «Tu mi hai sentito urlare?»

«Sì. C'eravamo tutti. Eravamo lì fuori ad aspettare che Albus uscisse con delle belle notizie. C'erano anche Katia e Cecile; se ne sono andate appena c'è stato un attimo di tranquillità. E c'era anche Tom.» Il mio cuore perse un battito. «È stato lui che ha corso come un dannato dal limitare della Foresta fino all'infermeria nel Castello, portandoti in braccio. I Medimaghi gli hanno proposto di entrare, ma si è rifiutato.» Un senso di abbandono si fece strada dentro di me. «Era distrutto, ma ha rifiutato. Quando Albus è entrato, si è accasciato a terra e continuava a mormorare una serie di scuse confuse. Al tuo primo urlo, ha iniziato a piangere silenziosamente. Prima di andarsene mi ha chiesto se potevo avvertirlo quando ti saresti rimessa. Penso che dovresti chiamarlo.»

Guardai Scorpius confusa, emozioni confuse che lottavano tra loro per avere la meglio. «Vai in camera. Chiamalo, ti copro io. Dirò che sei andata a sistemare la libreria per tenere il braccio in movimento prima di andare a letto.» Mi diede un bacio sulla fronte e mi passò la borsa con un occhiolino e un cenno della testa rivolta verso le porte della Sala Grande. Sorrisi, mormorando un grazie e mandandogli un bacio volante che catturò e si portò drammaticamente al cuore. «Drama Queen.»

Corsi per i corridoi, corsi su per le scale, corsi nella Sala Comune scivolando sulla moquette blu e corsi in camera mia. Mi sembrava che fossero passati dei secoli dall'ultima volta che ci ero entrata, la mattina precedente. Seduta sul letto, cercai la bacchetta e il cellulare dentro la borsa. Sentì la porta dietro di me chiudersi e mi bloccai; solo allora, notai la finestra sopra la scrivania aperta. Il silenzio era interrotto solo dal vento che muoveva le tende. «Stupeficium!» Urlai l'incantesimo, voltandomi di scatto. Il destinatario fu veloce, proteggendosi in tempo. Era un uomo, con un lungo mantello nero e il cappuccio che gli copriva il viso. Avevo il respiro pesante, mentre valutavo quello che ero certa fosse un Mangiamorte. Desideravo che si togliesse il cappuccio e la maschera, se ce l'aveva. Volevo vedere chi stava per uccidermi. Conoscevo i nomi di tutti quelli che erano scappati quella notte cinque anni fa.

Come se mi avesse letto nel pensiero, l'uomo portò lentamente le mani alla testa e abbassò il cappuccio. Ma quando vidi chi era, tirai un sospiro di sollievo. «Tom...» Sussurrai, senza aria nei polmoni. Il coach provò a muoversi verso di me, ma un moto di rabbia si accese all'improvviso nel mio petto. «No. Stammi lontano.» Non mi ascoltava. «Stammi lontano ho detto!» Urlai, indietreggiando. «Bonnie, fammi spiegare.» Scossi la testa e mi tappai le orecchie. «Non voglio ascoltarti. Non le voglio le tue bugie. Non le voglio le tue scuse.» Tom si bloccò, le braccia ancora tese verso di me. «Tu mi hai lasciata sola. Sola! Quando avevo più bisogno di te, mi hai abbandonata.» Mi guardava distrutto. «Non è come pensi.» 

«Non è come penso. Tu dici? Sai cosa penso?» Chiesi con le lacrime agli occhi. «Penso che mi hai abbandonata. Penso che sei un fottuttissimo bugiardo. Tutte le promesse fatte in questi anni, di rimanermi sempre vicino e di proteggermi come un padre. Solo parole.» Gli sputavo addosso veleno, arrabbiata mentre avanzavo verso di lui che continuava a rimanere immobile. «E poi cosa fai, ti penti delle tue scelte? Hai scelto di non entrare in sala operatoria per stare al mio fianco ma appena mi senti urlare ti metti a piangere. Hai scelto di non curarmi ma quando comprendi il male che stai facendo a me e ad Albus ti metti a chiedere scusa. Sei un codardo!» Iniziai a picchiarlo sul petto, sperando che se ne andasse ma rimaneva lì fermo a incassare i colpi. La rabbia si trasformò in lacrime. «Sei un bastardo manipolatore! Perché mi hai presa quando sono svenuta? Perché mi hai portato al Castello se non ti interessava? Dimmelo! Perché lo hai fatto? Sarebbe stato meglio se mi avessi fatto cadere a terra.» Singhiozzavo, le mie parole iniziarono a non avere più un collegamento tra loro.

Allora mi abbracciò. Mi tenne stretta tra le sue braccia mentre borbottavo insulti, piangevo e mi calmavo. Non ricordo quanto tempo passò prima che ci sedessimo sul letto e acconsentì a farmi spiegare. Tom dovette prendere un respiro profondo ma cercò di guardarmi negli occhi per tutto il tempo. «Io volevo guarirti. Te lo giuro. Ma non ho potuto. Me lo hanno proibito. Avevano iniziato già a sospettare da molto tempo, ma il Ballo del Ceppo è stata la loro conferma.» Lo interruppi. «Chi sospettava, chi ha avuto la conferma?» Abbassò per un attimo lo sguardo e rimase in silenzio prima di rispondermi. «L'Istituto e chi lo dirige. Sospettavano della nostra relazione, che come sai è molto di più del semplice rapporto allenatore-allievo. Al Ballo hanno avuto la loro conferma e mi hanno punito. Hanno deciso che non avrei più potuto guarirti. Posso farlo solo se siamo all'Istituto e sotto la visione di altri allenatori o membri dello staff. Hanno voluto darmi un regalino per farmi ricordare di questo divieto.»

«Cosa ti hanno fatto?» Chiesi, ma in realtà non ero sicura di voler sapere la risposta. Si tolse il mantello e slacciò i bottoni della camicia nera. Tolse la metà di sinistra e guardandogli il fianco scoperto trattenni il respiro. Si notava subito una bruciatura grande quanto una medaglia, con lo stemma dell'Istituto ben visibile. «Questo li avverte quando uso il mio potere, ma ovviamente non era questo il loro regalo. Te lo dirò un'altra volta, ora devi andare a dormire.» Avvicinai le dita per toccargli la pelle, ma ci ripensai. Non volevo aspettare troppo per sapere ciò che quei mostri gli avevano fatto. «Resta a dormire con me. Puoi?» Vidi l'incertezza nei suoi occhi ed ero convinta che rifiutasse quando mi rispose che sarebbe rimasto. Mandò un messaggio alla sua ragazza per avvertirla mentre mi mettevo il pigiama. Gli offrì il pigiama dei gemelli che potevamo ingrandire ma decise di dormire solo con i pantaloni. Fu facile addormentarsi con lui di fianco, ma i problemi arrivarono al risveglio.

Mi svegliai un'ora prima del solito a causa dei mille aghi che mi trafiggevano il braccio. Il dolore era al limite della sopportazione. Si svegliò anche Tom. «Scusa, è per via del braccio. Mi fa malissimo.» Spiegai, la voce affaticata e senza fiato. Mi aiutò ad alzarmi, ma avevo così tanto dolore al braccio che non riuscivo a muoverlo, lo tenevo stretto al mio petto. «Devi fare esercizio. Prima lo fai, prima passerà il dolore. Ti mostro una cosa.» Mi fece vedere un semplice esercizio da fare, che consisteva nell'alzare e abbassare le braccia. Ci provai, respirando a malapena per il dolore e con le lacrime agli occhi. «Ti fa male vero? Lo so. Quel marchio che ho sul fianco non solo li avverte quando uso il mio potere. Ma mi brucia quando sono vicino a te. È questo che hanno fatto per ricordarmi che non si scherza con loro.» Mi spronò a continuare l'esercizio. «Anche io sento il tuo stesso dolore. È la conseguenza per quello che abbiamo fatto: rimanere l'una accanto all'altro.»

Pensai alla sera prima, quando gli avevo dato del bugiardo manipolatore. Invece aveva fatto tutto quello perché mi voleva bene. Stava soffrendo per me. E se lui era riuscito a sopravvivere, allora sarei sopravvissuta anch'io.

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