29. San Valentino ad Hogsmeade

«Anche a San Valentino devi tenere quella spilla?» Abbassai lo sguardo sul mio petto, la spilla da Prefetto che spiccava sul vestito rosso. «Sono un Prefetto, anche gli altri e tutti i Caposcuola la indossano. Dobbiamo farci riconoscere nel caso qualcuno abbia bisogno di noi.» Spiegai con aria fiera. «Ma sei in giro con me, devo fare bella figura.» Guardai Albus con la bocca socchiusa, mentre lui rideva. «Sicuramente saranno tutti invidiosi del sottoscritto, sono uscito con la tanto ambita Campionessa.»

«Campionessa che è anche Prefetto, per cui abituati.» Dopo aver raggiunto le porte di Hogsmeade, potevamo finalmente decidere dove passare il pomeriggio. «Madama Piediburro? Ho sentito che prepara il miglior tè del villaggio.» Lo fissai implorante. «No grazie. Ci è entrata la Skeeter e vedere coppie che si sbaciucchiano giurandosi eterno amore non è esattamente la mia idea di San Valentino perfetto. Burrobirra e una chiacchierata con Madama Rosmerta?» La mia idea gli piacque di più, così passammo il pomeriggio a parlare con la dolce donna che ci regalò dei biscotti prima di tornare verso il castello.

Eravamo in uno dei corridoi principali quando vidi Camille in lontananza e corsi verso di lei, lasciandomi Albus alle spalle. «Ehy Camille, com'è andato l'appuntamento di San Valentin-» Provai ad abbracciarla, ma si scansò. «Male. Va tutto male, non vedo come qualcosa possa andare bene.» Aggrottai le sopracciglia. «Che succede?» Iniziò a gesticolare. «Sono stufa di tutto, non ce la faccio più.» Mi preoccupai. «Come mai così arrabbiata?» Si fermò, incrociando le braccia. «Che c'è? Solo tu puoi avere i tuoi momenti no, mentre io devo essere la perfetta amica che ti consola tutte le volte?» Iniziai ad alterarmi. «Oh Merlino, calmati era solo una domanda. Cos'è, sei un lupo mannaro anche tu e sei in pre-luna? Capisco che quella piena è tra due giorni, ma non mi sembra il caso di esagerare.»

«Esagerare? Non sai neanche cosa provo. Tu sei un Animagus, un corvo perfetto che può librarsi nel cielo. Una Speciale, la favorita in tutto per i suoi poteri super utili e potenti. Sei la Campionessa di Hogwarts, la ragazza con cui tutti vorrebbero stare, che vogliono avere intorno, esserci amica. Mentre io-» La interruppi. «Mentre tu cosa? Hai parlato solo di me come se fossi io il problema dei mali del mondo.» Incrociai anche io le braccia. «Perché tu sei il problema. È colpa tua. Hai deciso tu di essere ciò che sei.» La guardai stupita. «Ho deciso io di diventare un Animagus per sfuggire dai Mangiamorte? Ho deciso io di diventare una Speciale? Di diventare la Campionessa di Hogwarts?»

«Lo hai messo tu il nome nel Calice di Fuoco!»

«Lo avevo proposto anche a te!» Le sputai la verità in faccia. «Ti avevo proposto di mettere il tuo nome nel Calice ma hai detto di no. Tu e il tuo essere stupidamente Tassorosso, fare tutto per gli altri e mai nulla per te. E ora vieni qui a lamentarti con me, perché ho deciso di buttare quel bigliettino tra le fiamme.» I suoi occhi si velarono. «Ah sono stupida? Ma non lo ero quando ascoltavo tutti i tuoi problemi, cercando di aiutarti vero?» Non era tristezza. Camille odiava quando le persone le urlavano contro. «Ragazze, direi che è arrivato il momento di calmarsi.» Spostai il mio sguardo di pietra su Louis, talmente concentrata che quasi non sentì la mano di Albus posarsi sulla mia schiena. «Oh no, principe azzurro. Stanne fuori.»

«Ehy, non parlargli così!» La lealtà di Camille tirò fuori gli artigli. «Che c'è? Devi farti difendere dal tuo ragazzo adesso? Sei stata tu a tirare un cazzotto in faccia a Kevin la settimana scorsa o è stato lui?» Anche Albus mi sussurrava di calmarmi, ma non volevo ascoltarlo. «Ascolta il tuo ragazzo, che ti conviene. Ah no è vero, non è il tuo ragazzo. Sei talmente impegnata a fare la studentessa modello che non hai neanche tempo di avere un fidanzato.» Risi crudelmente, con una risata che non sembrava la mia, mentre un familiare prurito mi invadeva il corpo. «Fa ridere detto da te. Detto da una che è venuta a piangere sulla mia spalla dopo che la sua crush suprema le aveva fatto la fatidica proposta. Detto da una che non sa prendere decisioni, che ha sempre bisogno delle decisioni altrui anche quando la persona coinvolta è lei. Io invece, al contrario tuo, sapevo perfettamente quello che volevo. Albus potrà non essere il mio ragazzo ma lo sarà quando questo stupido Torneo sarà finito.» 

«E tu invece? Sei da sola, lo sei sempre stata. È grazie a me che hai un'amica. Devo sempre dirti tutto e fare come vuoi tu perché a te non va mai bene nulla. Se non ci fossi stata io in questi quattro anni, avresti passato tutti i tuoi pomeriggi a piangere nella tua camera perché quella psicopatica di tua sorella non vuole farti avere delle amiche.» Un cerchio di fuoco mi avvolse, spingendo Albus fuori da esso. «Stai combattendo con armi che non sai usare.» Inclinai la testa, sorpresa. Ma consapevole che potevo fare di meglio. Tesi le mani, facendo volare la ragazza quasi fino a farle sbattere la testa al soffitto. Il cerchio iniziò a tremolare. La gonna del mio vestito rosso svolazzava, a causa dell'aria calda proveniente dalle fiamme.

«Ho fatto fuoco e fiamme per te. Ho litigato più volte con mia sorella per mantenere la nostra amicizia. Ed io ho delle amiche. Io ho incontrato Luna al corso. Io mi sono scontrata con Albus e Scorpius l'anno scorso. Al ha chiesto a me di uscire ad Hogsmeade. Quando ha menzionato Louis ho fatto in modo che potessi venire anche tu. Tu che puntualmente, due minuti dopo, volevi rifiutare l'invito. È grazie a me che hai conosciuto Louis, sei andata alla Villa l'estate scorsa e ti sei fatta altre amiche. Se non fosse stato per me, non avresti mai avuto il coraggio di parlargli al tuo fidanzatino

Albus e Louis si scambiarono un'occhiata eloquente. Sul momento non capì. Pensai fosse per la litigata. In quella situazione, sia io sia Camille ci eravamo completamente dimenticate di quello che avevo letto nella mente di Alice Paciock. Del fatto che probabilmente loro ci osservavano da un po' e sapevano più di quello che volevano dirci. «Hai sempre fatto di testa tua. Non hai mai chiesto la mia opinione. Dovevo sempre seguire quello che volevi fare senza battere ciglio.» Stava calando il sole. Gli studenti di Hogwarts iniziavano a tornare dai loro appuntamenti, passando per quel corridoio e ritrovandosi nel mezzo della discussione. «Inoltre, tu non ti fidi mai dei tuoi amici!»

«Forse è perché starei meglio senza amici come te!» Vacillai, facendo un passo indietro, perdendo la concentrazione sui miei poteri e facendola cadere. Riuscì a fermarmi prima che toccasse terra, facendola infine scendere con più delicatezza. Le persone attorno a noi ci guardavano sorpresi. 

Mi guardai le mani tremanti, il cerchio di fuoco attorno a me che si dissolveva; la consapevolezza di essere un mostro. Louis raggiunse Camille, chiedendole se stesse bene. Albus a qualche passo dietro di me. Gli studenti che sussurravano tra loro. Un passo indietro dopo l'altro, scappai verso la mia camera. «Bonnie! Bonnie aspetta!» Andai a sbattere contro alcune persone, ma la maggior parte di esse si spostava appena mi vedeva. Come se si fossero scottati ed io ero il fuoco maledetto che li aveva bruciati. Per fortuna, dei primini che non avevano assistito alla scena in corridoio stavano uscendo dalla Sala Comune, tenendomi il batacchio aperto. Corsi dentro, inciampando più volte a causa della tappezzeria che copriva le scale. Non so come, udì Albus chiedere aiuto a quei ragazzi per risolvere l'indovinello ed entrare.

Chiusi la porta della camera. Volevo stare da sola, chiusa in quella stanza fino alla Seconda Prova dove mi sarei fatta brutalmente uccidere da qualche creatura. Così da porre fine a tutte le sofferenze che avevo causato. Non chiusi a chiave; ero nell'ala femminile, Potter non poteva raggiungermi. Mi aggrappai alla scrivania, i respiri irregolari, una morsa al cuore. La Finnigan mi aveva descritta come un mostro, ma alla fine mi ero rivelata tale. Dopo anni di addestramento, duro esercizio per non perdere la concentrazione mi ero lasciata distrarre da quelle parole. Rischiando di causare un trauma cranico alla mia migliore amica... Migliore amica. Lo ero ancora? La porta alle mie spalle si aprì di scatto, attirando la mia attenzione. Oltre alla mia ira e paura.

Portai istintivamente le mani avanti, sollevando e bloccando una persona al muro. Le lacrime che minacciavano di uscirmi alla base degli occhi mi offuscavano la vista. Intravidi dei jeans scuri, una maglia aderente bianca e una felpa grigia. Il ragazzo si portò entrambe le mani alla gola, dove la mia magia lo teneva prigioniero. Una di esse era chiusa a pugno. «Come hai fatto ad entrare?» Chiesi, quasi urlando. «Provando a salire sono stato... Schiantato... Schiantato un paio di volte. Poi ho trovato... Questa a terra.» Mostrò la mia spilla da Prefetto blu e bronzo nella sua mano, mentre annaspava per cercare dell'aria. «Ti è caduta dal vestito mentre correvi.» La lanciò sul letto. Strinsi la presa, senza accorgermene. Fu il modo in cui si contorceva, il modo in cui batteva il pugno sul muro, il terrore sul suo viso a farmi realizzare. Il suo viso. «Bonnie... Ti prego-»

Solo quando abbassai subito la mano, mettendomela sul cuore, mi resi conto che neanche io stavo respirando. Il terrore passò dal suo al mio viso, mentre annaspavo in cerca di aria. La rabbia aveva completamente lasciato posto alla paura. Ero un mostro, lo avevo dimostrato un'altra volta. Un pericolo. Mi ritrassi nell'angolo più remoto della stanza, lontana da Albus ma con gli occhi fissi su di lui. Lo avevo ferito. Stavo per ucciderlo. Il corvino, dopo aver preso tutta l'aria che poteva, si alzò lentamente. Quando mi trovò con lo sguardo, lessi nei suoi occhi l'intenzione di volermi raggiungere. «Fermo lì! Non- Albus non venire. Rimani lì.» Alzò le mani, guardandomi cautamente. «Ti conviene uscire. Prima che io-» Non riuscì a finire la frase, spezzata in due da un singhiozzo. Chiusi gli occhi e mentre reprimevo le lacrime, esse iniziarono a scendere copiose sulle mie guance.

Due braccia mi sostennero, prima che potessi cadere e spaccarmi il mille pezzi. Dei brividi sconosciuti mi fecero tremare, come un gatto sotto un acquazzone autunnale. La felpa del corvino arrivò subito a scaldarmi ed io mi lasciai andare contro il suo petto seduti a terra. Dopo un tempo indefinito le sue carezze e il suo inconfondibile profumo riuscirono a farmi calmare. Ebbi la forza di alzare la testa, per incontrare il suo sguardo. Non disse nulla, continuò ad accarezzarmi i capelli rassicurandomi con lo sguardo. Abbassai gli occhi sul suo collo rosso e poi sulla maglietta non più bianca. Sul tessuto sintetico, spiccavano diverse macchie nere. Come le lacrime che avevo versato. Mi impanicai di nuovo, respirando velocemente. «Ehy, va tutto bene.»

«Non va tutto bene. Hai il collo r-rosso e ti ho rovinato la maglietta con il m-mascara. P-per non parlare di quello che h-ho fatto a Camille.» Albus scosse la testa mentre mi asciugava le lacrime nere dalle guance. «Non le hai fatto nulla. È sana e salva nel suo dormitorio.» Lo colpì al petto con il palmo della mano con la poca forza che mi era rimasta in corpo. «Tu non capisci, l'ho ferita.» Lo guardai dritto negli occhi. «Allora fammi capire.»

«È come una sorella. È la mia fottuta migliore amica. È letteralmente... la mia bambina, la amo troppo ok? Non posso perderla!» Continuai a colpirlo fino a quando le sue mani non mi bloccarono i polsi a mezz'aria. Provai a liberami, ma aveva una presa ferrea senza farmi male. «Non la perderai, ok? Te lo prometto. Non avete mai litigato. Quello che è successo oggi non significa che la vostra amicizia sia rovinata per sempre. Risolverete e tornerete più forti di prima.» Abbassai lo sguardo e annui. Mi lasciò i polsi, tirandomi su il mento per lasciarmi un bacio a fior di labbra. «Dai, andiamo a dormire. È stata una lunga giornata.»

Mi prese in braccio, nonostante le mie proteste sostenendo che potevo alzarmi da sola, appoggiandomi delicatamente al letto. Non lo persi mai di vista, mentre raggiungeva l'armadio. Quando tornò da me, stavo sbadigliando, cosa che lo fece stranamente ridere. Aveva in mano il mio pigiama grigio e dei pantaloni della tuta di Lys che tenevo di scorta nell'armadio. Mi passò il suo cellulare. «Hai le forze di mandare un messaggio a Scorpius per avvertirlo che rimango da te? Sennò glielo mando dopo.» Presi il telefono, aprì i messaggi e cliccai sul microfono. «Ciao serpe. Come puoi notare non sono quel rompiscatole del tuo migliore amico. Volevo avvertirti che stasera rimane qui a dormire da me. Niente, ciao. Notte.» Inviai la nota vocale, mentre appoggiavo il telefono sul comodino che avevo di fianco a me. Il Serpeverde mi guardò ridendo. «Non avevo voglia di scrivere, ok? Passami la borsa nera di oggi, c'è dentro il mio.» Mi lanciò la borsa dall'altra parte della stanza ed io l'aprì mentre gli imprecavo contro.

Guardai le notifiche dalla tendina, senza il coraggio o le forze di visualizzare nessuno dei messaggi che mi avevano mandato i miei amici. Nessuno da parte di Louis o Camille. Aprendo la fotocamera frontale, capì che il mio aspetto era peggiore di come immaginavo: mascara colato, eye-liner sformato, occhi rossi. Il rossetto era stranamente apposto, forse un po' meno evidente all'interno delle labbra a causa della Burrobirra bevuta. Girai la fotocamera, per vedere cosa stava facendo Albus. Arrossì sotto il fondotinta quando lo vidi a petto nudo mentre si infilava i pantaloni, grigi come il mio pigiama. Decisi di fargli una foto. Poi un'altra. E un'altra ancora. Alla fine mi beccò. «Finito di paparazzarmi?» Ridendo, mi tolse il cellulare dalle mani appoggiandolo vicino al suo. Prese anche la spilla che aveva lanciato sul letto e il mio pigiama appoggiato lì accanto. Mi tirò su, mettendomi seduta, afferrando la zip del vestito. «Posso?»

Annuì, sia perché mi fidavo di lui sia perché i poteri mi avevano prosciugato quasi completamente tutte le energie. Slacciò la zip, abbassandomi la prima parte del vestito e mettendomi la maglietta. Poi fece lo stesso con la gonna, mettendomi i pantaloni mentre mi ristendevo sotto le coperte. «Aspettami, vado a prendere lo struccante in bagno. Non puoi andare a dormire così.» Prima che si allontanasse, gli presi la mano. «Perché mentre mi svestivi mi guardavi negli occhi? Perché non hai guardato il mio corpo?» Tutte le volte che mi spogliavo e Xavier era in camera con me non mi staccava lo sguardo di dosso. Anche se avevo l'intimo e il reggiseno, lui mi guardava come se fossi completamente nuda. Il vestito di quel giorno aveva le coppe preformate, quindi ero senza reggiseno. Ma lui mi aveva guardata come sempre e non come se fossi mezza nuda nel letto.

«So che arriverà quel momento e voglio che sia speciale, per te, per me, per noi.» Mi baciò la testa, prese il suo telefono e andò in bagno. Rilassai i muscoli, pensierosa mentre chiudevo gli occhi. Mi addormentai per qualche minuto, perché quando mi svegliai sentì Albus parlare con qualcuno. «Mi aspetta in camera... No, stiamo andando a dormire ma ha tutto il mascara sulle guance e il rossetto. Ho preso lo struccante, non può dormire così... Sì, sì Louis ha pianto. Era tra le mie braccia e se non ci credi domani ti faccio vedere la mia maglietta non più bianca.» Era al telefono con Louis? «Ovvio che è pentita di quello che è successo oggi. Pensa di aver deluso Camille... Ne sono sicuro, sennò non avrebbe pianto... Non ha mentito e non lo fa per impietosirmi, non dire cazzate del genere... Questo? Oh non è niente. Sono stato schiantato mentre cercavo di raggiungerla prima di trovare la sua spilla... Lo vedo anche io che ho il collo rosso, grazie per avermelo fatto notare.» No, stavano facendo una videochiamata. «Appena sono entrato in camera era talmente spaventata da non riconoscermi e mi ha attaccato. Poi la situazione si è risolta... Louis smettila, non voleva uccidermi, era spaventata ok? Senti, ti ho già detto che mi sta aspettando. Devo andare. Ciao.»

Uscì dal bagno, il telefono in una mano, struccante e dischetti in cotone nell'altra. «Louis mi odia, vero?» Bagnò un dischetto nell'acqua micellare e mi tolse gli occhiali. «No, non credo. È solo scosso, come tutti noi. Chiudi gli occhi.» Iniziò a passare il dischetto delicatamente sugli occhi, fronte e guance. Per le labbra ne usò un altro. Pulì le lenti degli occhiali e poi lasciò tutto sul comodino prima di infilarsi sotto le coperte insieme a me e abbracciarmi da dietro. Ci addormentammo, mentre nella mia testa risuonavano due frasi.

Sarà il più bel San Valentino di sempre, te lo prometto.

Sei un mostro.

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