Capitolo 10

"Perché mi stai tenendo in vita?"

Logan era sfinito, legato da troppo tempo ormai. Per un motivo a lui sconosciuto, l'assassino lo aveva isolato dal resto del gruppo senza però ucciderlo.

"Dimmi almeno se mia moglie sta bene"

Tossì respirando affannosamente.

Non rispose, ma percepiva ci fosse qualcuno li sotto con lui.

"Acqua... Per favore"

Continuò a tossire senza sosta, non ne poteva più.

Il rubinetto cigolò e, finalmente, gli diede da bere.

Sembrava una ciotola di terracotta, ruvida a contatto con le labbra.

Improvvisamente, la porta che dava al piano superiore si spalancò lasciando che uno strato di luce illuminasse la scala. La ciotola cadde per terra frantumandosi.

Logan si voltò sbattendo più volte gli occhi. Vide un'ombra, aveva le mani sui fianchi, almeno così gli sembrò.

"Aspetta, non lasciarmi qui"

Si allontanò verso la luce sparendo su per le scale.

"Aspetta!"

A nulla servirono le sue urla se non a sgolarsi e graffiarsi la gola. Una cosa però gli fu chiara: l'assassino non aveva agito da solo.

Doveva avvisare gli altri sperando fossero ancora vivi.

Riprese a tirare con tutta la forza che gli era rimasta in corpo. Non sentiva più neanche il dolore alle braccia e si dimenò facendo cigolare le catene che avrebbero ceduto prima o poi, almeno era ciò che sperava accadesse.

Qualcosa ci sfugge.

"Carter rifletteva a voce alta"

A cosa si riferiva?

Sollevò la testa dallo schienale e con la mano teneva la benda calda sugli occhi. Spiegò la sua teoria.

"Non è possibile che l'assassino si muova indisturbato senza essere scoperto"

Effettivamente, aveva ragione. Si trovavano in un ambiente limitato e non era possibile che nessuno lo avesse incrociato. In più, gli atti orribili commessi si erano svolti a pochi metri da loro.

"Stiamo forse dimenticando che ho ferito il colpevole?"

Madame Bouchard intervenne ricordando la sua aggressione.

"Manuel ha un foro sul braccio e non scordiamo il veleno che teneva in tasca"

"Ma cosa accidenti sta farneticando?"

Il ragazzo schizzò dal pavimento infastidito dalle accuse della donna.

"Ci sono tutte le prove che lei, signor Righetti, sia l'assassino. La ferita circolare che le ho inferto è una prova chiara"

Camille era sicura di ciò che diceva.

"Ferita circolare? Qualcuno può spiegarmi?"

Elettra non riusciva a tenere il filo del discorso così Odette le raccontò di come la madre avesse colpito il suo aggressore.

"Non significa nulla"

Si incupì mentre madame Bouchard sbraitava irritata.

"Invece è l'elemento fondamentale"

Elettra la zittì alzandosi in piedi e tirando su la felpa che aveva indosso.

"Una ferita come questa?"

La osservarono stupiti, aveva le stesse dimensioni e forma del foro di Manuel.

Odette si avvicinò per analizzarla meglio.

"Sembra proprio essere stata inferta con il tuo bastoncino per capelli"

Fece una piccola pausa.

"Come te la sei fatta? Riesci a ricordarlo?"

Elettra scosse la testa.

"Ero in bagno e dopo, blackout totale. Rammento di essermi svegliata fuori al gelo, non ricordo altro. Mi accorsi solo poche ore fa di essere ferita"

Carter volle constatare con mano toccando i bordi. Elettra borbottò per il fastidio e lui tirò indietro la mano scusandosi.

"Non preoccuparti"

Come era possibile che lo stesso aggeggio appuntito avesse colpito sia Manuel che Elettra?

La situazione si faceva ancora più assurda e difficile "Dove sono finiti i coniugi Foulgar?"

Ascanio, giustamente, si soffermò sulla loro assenza. "Saranno morti ormai"

Solange si scusò per ciò che aveva detto.

"O sono loro gli assassini e adesso ci stanno osservando"

Madame Bouchard non dispensava mai parole garbate quando si trattava di altri esseri umani.

"Non traiamo conclusioni azzardate"

Sospirò Carter.

"Dobbiamo trovarli, devono essere per forza da qualche parte".

Madeline era l'unica a conoscere ogni angolo dello chalet così, insieme ad Ascanio, Odette e Manuel iniziarono le ricerche.

Il piano di sopra era vuoto, non c'era nessuno nascosto nelle stanze. Madeline mostrò loro l'accesso a una mansarda e Ascanio salì su per la scala a dare un'occhiata.

"Fa attenzione fratello"

Manuel gli fece l'occhiolino mentre si arrampicava. Sollevando la botola, rivelò l'enorme stanza con il tetto spiovente.

"Non c'è nulla qui dentro"

L'aveva perlustrata illuminandola con la torcia che aveva portato con sé.

"D'accordo, torna giù"

Mentre Manuel stava finendo di dire la frase, Madeline fu colta da un malore.

"Madeline!"

Esclamò Odette.

"Si sente bene?"

La donna accusava delle fitte alla spalla dove era stata ferita.

"Portala di sotto, aspetto io con tuo fratello"

Manuel obbedì cingendo Madeline con il braccio per sorreggerla. Quando Ascanio scese, la donna lo informò spiegando il perché Manuel non si trovasse con lei.

Continuarono a perlustrare il piano di sotto prima di fare ritorno nel salone principale.

Elettra stava ancora disinfettando la ferita di Madeline "Come sta?"

"Credo che la ferita si sia infettata"

Rispose abbassandole il maglione.

"Madeline, ci sono antibiotici nello chalet?"

La donna pensò un attimo prima di rispondere.

"Non ne sono certa, dovrei controllare"

Elettra la fermò, ci avrebbe pensato lei ma Madeline insistette, non voleva creare fastidio ed era abituata a sbrigarsela da sola.

"Non se ne parla!"

Elettra si fece spiegare dove trovarli e, con passo spedito, si diresse a vedere sperando di scovare qualcosa.

In cucina c'era ancora un buon odore di biscotti da poco sfornati. Il ripostiglio era nascosto dietro una tenda.

"è chiuso a chiave"

Sia Elettra che Odette trovarono strana la cosa ma non ci badarono più di tanto.

"è questa secondo voi?"

Ascanio mostrò la chiave trovata in uno dei cassetti della credenza dopo una breve ricerca. La infilò nella serratura facendola scattare sbloccando la porta.

"Credo sia bloccata da dentro"

Elettra tentò di spingerla ma non riuscì.

"Fammi provare"

Ascanio dovette impiegare molta forza per spostare il pacco di farina che non permetteva la totale apertura.

"Non vedo nulla"

Infilò la testa dato che non fu in grado di spalancarla del tutto e l'entrata era troppo stretta per lui.

"Ci penso io!"

Odette era una donna snella, tanto da riuscire a passare da quello spazio striminzito.

"Datemi una torcia, è buio pesto qui dentro"

Si guardarono velocemente intorno trovando un accendino sul ripiano della cucina.

"Prendi questo"

Lo sgabuzzino era più grande di quanto sembrasse dall'esterno, aveva una specie di forma a imbuto. La seconda stanza era più bassa di pochi metri, Odette contò cinque scalini alti e illuminandola vide che era quasi il doppio di quella d'ingresso.

I sacchi di farina e legumi bloccavano la porta, erano pesanti da smuovere. Il ripostiglio era fresco, sicuramente per mantenere i prodotti alimentari al meglio e più a lungo.

"Hai trovato qualcosa?"

Chiese Elettra senza però avere risposta. Allora, ritentò. Ancora nulla.

"Vado dentro"

Ascanio le raccomandò di fare attenzione.

Con moltissima fatica, anche Elettra si introdusse attraverso lo spazio stretto della porta poco aperta perdendo l'equilibrio fino a scontrarsi con una mensola e facendo cadere per terra le bocce di vetro.

"Mi hai spaventata"

Odette tornò di corsa nella prima stanza.

"Ero convinta di essere da sola"

La fiamma nelle sue mani tremava ancora.

"Perdonami, non avevi risposto e ho preferito venire a vedere se stavi bene"

Un rumore molesto le zittì. "Cos'è stato?"

Elettra le fece cenno con il dito di non parlare e si avvicinò alla parete. Ci fu un altro rumore più forte e dopo ancora uno. Si guardarono in faccia, non comprendevano l'origine dei colpi.

"Sembra provenire da sotto"

Scesero con attenzione i cinque scalini e Odette, percependo fosse dietro il muro, appiccicò l'orecchio alla parete. Il rumore si intensificò.

Nello scantinato, Logan aveva capito che qualcuno fosse vicino. Le bocce di vetro, cadendo, avevano generato un eco nello scantinato e ne approfittò per fare più baccano possibile. Farsi sentire, rimaneva la sua unica possibilità di salvezza.

"Sono qui sotto!"

Tossì.

"Aiutatemi vi prego"

Urlava a squarciagola tirando con tutta la sua forza le catene che lo tenevano imprigionato.

"Hai sentito anche tu?"

Elettra la anticipò dicendo di aver udito delle voci.

"Ci deve essere un punto di accesso"

Odette e Elettra uscirono dalla stanza, erano pallide in viso.

"C'è un uomo chiuso da qualche parte" Ascanio le vide, erano turbate.

Si misero alla ricerca della fantomatica porta.

"Deve trattarsi di una porta a scomparsa"

Ipotizzò lui.

"Odette, va a chiedere a Madeline dove si trova, lei deve sicuramente esserne a conoscenza"

La donna obbedì uscendo di corsa dalla cucina ed entrando nel salone con gli occhi sbarrati e il fiato corto.

"Madeline?"

"Odette, tesoro cos'hai?"

La madre tentò di calmarla ma lei si diresse da Madeline che nel frattempo, si era appisolata sul divano.

"Sveglia, abbiamo bisogni di lei"

La donna non rispose, dormiva profondamente.

"Non apre gli occhi, perché?"

Non c'era tempo di spiegare. Corse nuovamente verso la cucina seguita dalla madre.

Ascanio e Elettra erano riusciti a trovare la porta nascosta nella parete, era davvero ben fatta.

Oltre quella, vi era un corridoio e una porta, più grande, in acciaio.

"Le urla devono provenire per forza da qui"

"Dov'è la chiave?"

Ascanio non sarebbe mai riuscito a buttare giù una porta di simile spessore.

"Tieni duro, stiamo arrivando a salvarti"

Gridò per tranquillizzarlo augurandosi che, chiunque ci fosse, potesse sentire.

Trovare la chiave fu una corsa contro il tempo, non sapevano se l'uomo stesse, o meno, rischiando la vita.

"La chiave deve essere qui intorno"

Suppose Odette e fu proprio in seguito alla sua frase che a Camille venne in mente una cosa che risaliva a tanti anni prima.

"Seguitemi!"

Non obiettarono.

Si diresse fino all'ingresso, spingendo l'appendiabiti. "Dovrebbe essere qui dietro..."

La osservavano straniti senza capire cosa stesse facendo. "Eccolo!"

Il contatore elettrico era ben nascosto da uno sportello a parete chiuso con una calamita. Lo aprì colpendolo leggermente e mostrando le chiavi appese.

"Tom ci teneva quelle del capanno e altre"

Camille Bouchard sorrise in modo nostalgico.

"Credo sia una delle due"

Elettra le prese entrambe dirigendosi con Ascanio verso la cucina mentre Camille rimase ferma sul posto.

"Ben fatto mamy"

Odette le sorrise dolcemente.

"Andiamo ad aiutare gli altri".

Logan non era tipo da perdere le speranze o lasciare che qualcosa lo demoralizzasse ma non si era mai trovato in una situazione del genere che stava mettendo a dura prova la sua mente e il suo corpo.

Quando la porta in acciaio si aprì e la luce illuminò le scale, non sapeva cosa aspettarsi. Sbatté gli occhi più volte scorgendo la fiamma farsi sempre più vicina e i passi più agitati e diversi del solito.

"Oh cielo, Logan!"

Elettra, come gli altri, rimase atterrita trovandolo appeso in quella posizione.

"Tiriamolo giù subito"

Ascanio lo sollevò per concedergli un po' di riposo e ordinando alle ragazze di cercare un arnese che riuscisse a spezzare le catene.

"Logan parlami, sono Ascanio"

L'uomo emise solo qualche gemito di dolore. "Proviamo con queste"

Elettra aveva trovato delle tronchesi arrugginite che con un po' di olio di gomito, avrebbero svolto il loro lavoro.

"Attenta alle mani"

Raccomandò a Odette che afferrò l'altro manico.

"Non riesco ad arrivarci"

Le catene erano troppo alte.

"Ti lascio per un attimo, resisti"

Ascanio aprì delicatamente le braccia anche se Logan lo scongiurò di non farlo. Strillò per il dolore alle spalle mentre le lacrime scesero involontarie rigandogli il viso provato.

"Saltami sulle spalle"

Disse Ascanio a Elettra mentre Odette provò ad alleviare un pò le sofferenze di Logan afferrandolo per le gambe, proprio come aveva fatto Ascanio poco prima.

Elettra si trovava alla giusta altezza, sulle spalle di Ascanio che illuminava con l'accendino della cucina quanto più riuscisse le catene.

Ci volle un po' prima che le catene in ferro si spezzassero, liberandolo. Cadde giù insieme a Odette che non sostenne il peso.

"Portiamolo di sopra"

Ascanio lo caricò sulle spalle facendo attenzione a non scivolare lungo le scale dissestate e una volta arrivati in cucina, lo appoggiò su una delle sedie.

"Logan, siamo noi"

Pareva che l'uomo non li riconoscesse, era sotto shock. "Acqua... Acqua, vi prego"

Disse con un filo di voce, tremava. Ascanio tolse la felpa appoggiandogliela sulle spalle e Camille gli portò l'acqua. Logan non riusciva ad alzare le braccia, troppo dolore.

"Tieni Logan, bevi"

Odette lo aiutò fino a quando la sua sete non venne placata.

"Mia moglie?"

Elettra disse che non sapevano dove fosse.

"Ti prometto che la troveremo"

Ascanio provò a rassicurarlo.

Gli pulirono il viso con un panno e inumidito e lo portarono nel salone dove c'erano gli altri.

Nessuno gli fece domande, era troppo scosso. Doveva recuperare le forze e riprendersi.

Davanti al fuoco, avvolto nel plaid Logan si scrutò intorno.

"Il dottore?"

Gli sguardi bassi e tristi furono più eloquenti delle parole e così, in silenzio, fissò le fiamme fin quando gli occhi non diventarono pesanti.

Lo spiraglio di sole dell'alba era stato scacciato da una forte nevicata.

"Questo scenario ha un fascino magnifico"

Manuel osservava la neve fioccare dalla finestra.

"Se non ci fosse stato un assassino qui con noi e qualche cadavere, lo sarebbe senz'altro"

Solange continuò a fissare fuori.

"Una moneta per i tuoi pensieri"

Il ragazzo la guardò e lei non colse al volo.

"Ognuno di noi, a quanto pare, nasconde un segreto"

Si voltò verso l'esterno. "Qual è il tuo?"

"Ho ucciso mio padre"

Solange fissava l'esterno. Rispose senza farsi pregare prendendo Manuel alla sprovvista.

"Lady Bouchard noto che improvvisamente la sua storia è diventata più avvincente della mia"

Si mise comodo e rimase ad ascoltare...

Era una calda mattina di giugno, Solange stava rientrando da scuola e quel giorno era particolarmente entusiasta ma lo era spesso anche senza un motivo apparente. Alternava momenti di depressione ad attimi di esaltante felicità, il suo psichiatra teneva a bada questi sbalzi di umore con delle pillole specifiche dato che la ragazza soffriva di un disturbo ossessivo-depressivo da stress, diceva.

Però quel giorno aveva davvero qualcosa di cui essere felice: la sorella maggiore, Odette, era a casa dall'università. Era riuscita a ritagliare qualche giorno per tornare dalla famiglia e godersi il meraviglioso mare della Costa Azzurra. Giugno era uno dei mesi che preferiva, c'era poca gente in giro e le spiagge non erano troppo popolate così poteva concentrarsi solo su sé stessa e, magari, leggere un buon libro e poi Parigi, in quel periodo, era troppo afosa.

La madre, alle prese con uno dei suoi party, nel pomeriggio avrebbe dovuto fare l'ultima prova d'abito dalla sarta di fiducia, puntava all'unicità. Guai se madame Bouchard sfigurasse ad una festa organizzata da lei.

"Tua sorella e io andiamo a fare shopping nel pomeriggio, ti unisci a noi?"

Solange odiava la frivolezza della madre e la sorella, per molti aspetti, le somigliava.

"Vorrei fare lezione di guida oggi pomeriggio"

Rispose lei sperando che Camille la accompagnasse rinunciando ai suoi impegni.

"Sai bene che ho la prova dell'abito alle 16 in punto"

Sbuffò la donna provocando nella figlia minore una reazione di rabbia esagerata.

"Ti odio!"

Le urlò contro per poi andare a rinchiudersi nella sua camera.

"Tua sorella è insopportabile!"

Odette se ne stava a guardare evitando di prendere posizioni nelle loro discussioni assurde.

"Potresti assecondarla ogni tanto"

Disse con un filo di voce facendo infuriare ancora di più la madre.

"Siete solamente delle ingrate"

Corse via scontrandosi col marito che era appena entrato in cucina.

"Il solito?"

Domandò a Odette e lei sollevò le spalle sospirando rassegnata.

"Facciamo quattro passi sulla spiaggia"

La loro villa vantava una posizione ottimale, con vista sulla spiaggia di Villefranche sur Mer; l'acqua del mare era limpida con una serie di sfumature di azzurro.

Passeggiavano a piedi nudi sulla battigia chiacchierando, Odette era una ragazza matura per la sua età.

"Vorrei che facessi uno stage in azienda"

Disse Antoine Bouchard.

"Père, mi pare ne avessimo già parlato"

Sorrise lei.

"Va bene, ci ho provato"

Rise di gusto e la sua risata era sempre molto contagiosa.

Antoine Bouchard era un uomo d'affari, un imprenditore con la "I" maiuscola come non se ne vedevano più, con uno spiccato fiuto per il business. Aveva iniziato a lavorare da ragazzino quando andò via di casa, quel luogo non faceva per lui né per le sue idee esagerate. Era cresciuto in una famiglia numerosa di umili contadini ma lui voleva di più di un pezzo di terra in eredità da dividere con uno dei fratelli. Così, si rimboccò le maniche imbarcandosi su una nave mercantile come mozzo, quel lavoro gli permise di scoprire il mondo e innamorarsi della Costa Azzurra.

"Un giorno, vivrò proprio qui"

Il giovane Antoine fece una promessa sulla spiaggia incontaminata di Villefrenche.

Parecchi anni ed una serie di lavori e investimenti azzeccati dopo, Antoine Bouchard fondava il suo impero navale diventando un famoso armatore e tornando sulla stessa spiaggia dove, da ragazzo, aveva fatto quella promessa. Firmò il contratto per l'acquisto di un terreno dai limiti molto estesi su cui costruì una villa vista mare, esattamente come sognava da piccolo.

Conobbe la moglie durante un party a cui era stato invitato, la donna era talmente bella che risultava quasi impossibile non rimanere ammaliati dal suo fascino. Le fece una corte spietata e lei lo lasciò fare, era abituato ad ottenere ciò che voleva. Le chiese di sposarla sul suo yacht di 32 metri così da permettere alla donna di coronare il suo sogno di diventare moglie di un potente uomo d'affari.

Quando nacque la loro prima figlia, Odette, l'uomo provò una gioia immane che nessun affare gli aveva mai portato. Con l'arrivo di Solange, sette anni dopo, la sua vita si trasformò in un inferno. Camille cadde in depressione post partum, odiava il suo aspetto, quei chili di troppo non le appartenevano. Si sottopose a una serie di interventi chirurgici per ottenere un aspetto migliore, diceva che dal risultato dipendeva la sua felicità e Antoine, per il bene comune, la accontentò.

Tutte le volte che usciva dalla sala operatoria, era sempre più perfetta e meno umana, ossessionata dal suo aspetto esteriore tanto da fare cadere il resto, compresa la sua famiglia, in secondo piano.

La donna cominciò ad occuparsi di serate benefiche, lo faceva solo per ritagliarsi un ruolo in una ristrettissima società fatta di lusso sfrenato e diamanti scintillanti.

Più gli anni passavano più i grattacapi aumentavano. La piccola Solange presentava seri problemi comportamentali. A scuola attaccava briga con i compagni, alternava innumerevoli crisi di pianto a momenti di euforia. Antoine stabilì che era giunto il momento di prendere provvedimenti seri scegliendo il meglio per la sua bambina. Nel frattempo, aveva iscritto Odette in un college svizzero privato, preferiva che la figlia maggiore vivesse lontana da casa, in un ambiente più sereno e più sano. Avrebbe lasciato a lei le redini del suo impero.

"Mi ci voleva proprio una passeggiata in spiaggia"

Esclamò Antoine.

"Rincasiamo, abbiamo delle cose da sistemare"

Fece l'occhiolino a sua figlia, era sempre la stessa solfa a casa.

"Finalmente sei tornata!"

Camille era furiosa. Vestita e truccata di tutto punto in attesa che Odette rientrasse. La ragazza aveva preferito passeggiare a piedi nudi sulla spiaggia con il padre piuttosto che provare vestiti nei camerini delle boutique più blasonate. Odette si scusò per aver tardato, non voleva fare stare male la madre; la pregò di concederle mezz'ora per prepararsi.

"Truccati e metti i tacchi"

Le urlò dietro mentre Antoine sorseggiava un caffè. "Dalle tregua, Camille"

"Se non fosse per me, sareste degli straccioni"

Sbraitò ma lui non aveva voglia di stare a sentire il suo continuo farneticare. Si chiuse nello studio, aveva del lavoro da fare.

Circa un'ora dopo, Antoine tornò in cucina per preparare un sandwich e trovò Solange, per terra, in preda ad una crisi di pianto.

"Tesoro cosa c'è che non va?"

La ragazzina, disperata, raccontò al padre che le sarebbe piaciuto tanto andare a fare lezione di guida ma la madre aveva trascinato la sorella con sé dando priorità ai suoi futili impegni.

"Vestiti, ti ci porto io a fare lezione di guida"

Solange fu talmente entusiasta di sentire le parole del padre che i sorrisi presero il posto delle lacrime. Lo abbracciò forte e corse a prepararsi senza tenere conto delle medicine prese un paio d'ore prima mischiate a tre o forse quattro bicchieri di whisky.

La strada era poco trafficata a quell'ora pomeridiana, Antoine si accorse che la figlia avesse qualcosa di strano. Le chiese di accostare. Solange finse di non sentire continuando imperterrita a guidare con le mani ben salde al volante.

"Mamma non ti merita"

Il suo sguardo sembrava perso nel vuoto e gli occhi le si chiudevano.

La macchina acquistò velocità sbandando.

"Solange ferma quest'auto immediatamente"

"Ti salverò dalla mamma... Saremo felici io e te"

La ragazza, in preda ad una fase depressiva acuta, sterzò il volante e la Mercedes grigia precipitò in un burrone.

L'impatto fu mortale per Antoine che, fortunatamente, era riuscito a mettere la cintura alla ragazza salvandole la vita.

Quando riprese conoscenza, ore dopo, Solange si ritrovò in mezzo alle macerie con il padre morto accanto.

"Papà?"

Singhiozzava tentando di farlo svegliare smuovendolo. L'uomo aveva battuto la testa con il parabrezza spezzandosi l'osso del collo. Era morto sul colpo.

Non sapeva che fare. L'unica cosa che le venne in mente fu quella di chiamare la madre che, insieme a Odette, iniziarono le ricerche.

La scena che si presentò loro fu raccapricciante. La macchina era distrutta con la parte anteriore totalmente ammaccata. Poco più avanti, Solange se ne stava accovacciata tremante.

La madre la raggiunse mentre Odette si diresse dal padre inerme... Rimase di pietra capendo che per lui non c'era più nulla da fare.

"Coraggio tesoro, sono qui"

Camille la coprì con il suo cardigan e si diresse dalla maggiore.

"è morto..."

Odette non aggiunse altro. Camille volle constatare di persona.

"Antoine, Antoine forza... Non puoi lasciarci da sole"

Lo scuoteva senza badare alla testa che penzolava all'indietro senza vita.

"Mamma basta!"

Odette dovette tirarla con forza per fare in modo che si allontanasse dall'auto. Scoppiò in lacrime gettandosi tra le braccia della figlia che la strinse forte.

Non si resero conto del tempo che trascorsero sedute per terra accanto al corpo di Antoine fin quando non calò il buio pesto e l'aria rinfrescò.

"Dobbiamo chiamare la polizia e portare Solange in ospedale"

"Non possiamo farlo"

Odette, in un primo momento non capì perché la madre pronunciò quella frase.

"Tua sorella è maggiorenne, guidava sotto effetti di sonniferi o chissà cos'altro"

Si alzò in piedi.

"La arresteranno per omicidio colposo e non posso permettere che mia figlia vada a finire in prigione"

"Mamma, non possiamo non denunciare l'incidente. Sono certa che i nostri avvocati riusciranno a tirarla fuori"

Camille non volle sentire ragioni.

"Si fa come dico io!"

Le ordinò di alzarsi, avevano un corpo da spostare. "Vuoi sistemare il corpo di papà dal lato guida?" "Esattamente"

Camille spiegò che era l'unica cosa sensata da fare per evitare la prigione a Solange.

Davanti al padre Odette pianse.

"Non posso farlo..."

Ma la madre non aveva intenzione di stare ad ascoltare.

"Ti prego mamma, non farmelo fare"

"Basta scuse! Tuo padre e morto e tua sorella ha bisogno del nostro aiuto"

Così la giovane Odette, singhiozzando, si fece forza e assecondò il piano.

Fecero alzare Solange che non capiva cosa fosse successo.

"Andiamo a cena fuori, mamma?"

La donna annuì alla figlia mentre Odette la osservava in silenzio.

"Certo tesoro ma prima andiamo a casa a farci belle"

Camille si sforzò di sorriderle per portarla in macchina con più facilità. Odette diede un bacio al padre e raggiunse l'auto salendo.

Era sera, le stelle splendevano in cielo. Odette si guardò le mani sporche del sangue di suo padre. Chiuse gli occhi e le lacrime scesero incontrollabili.

"Sorellina, perché piangi?"

Odette stava per risponderle ma lo sguardo della madre la trattenne dal farlo.

"Sono felice di essere a casa"

Soffocò un singhiozzo a fatica respirando a lungo.

A casa, Odette corse a lavarsi rimanendo più di un'ora sotto la doccia bollente a piangere. Non voleva credere a ciò che era capitato. Odiava sua sorella, odiava anche sua madre.

Quando uscì dalla doccia, sentì delle voci provenire dalla camera di Solange... Si avvicinò, un uomo di spalle stava visitando la ragazza.

"Maman?"

"Oh, Odette cara"

Le andò incontro.

"Il dottor DeBlanc è stato così cortese a venire a visitare tua sorella a quest'ora tarda"

Odette la fissava turbata.

"Tua sorella era in giro in motorino ed è caduta"

Più parlava più Odette rabbrividiva. Strinse i pugni con forza conficcandosi le unghie nei palmi delle mani.

"è stata fortunata cadendo vicino casa"

Camille vide la figlia maggiore furiosa, con gli occhi pieni di lacrime e le labbra che tremavano.

"Va ad asciugare i capelli e cambiarti, non vorrai che il dottor DeBlanc pensi non sia stata in grado di insegnarvi le buone maniere"

Si voltò verso il dottore sorridendo e borbottando qualcosa contro la gioventù.

Quando il medico andò via, Camille spiegò il suo piano: avrebbe avvisato la polizia la mattina dopo denunciando la scomparsa del marito.

Odette non proferì parola. Si chiuse in camera sua gettandosi nel letto. Pianse fino a quando non crollò in un sonno pesante.

I giorni a seguire furono molto duri per le donne di casa Bouchard. Il funerale, drammatico. Solange non accettava la morte del padre mentre Odette cercava di isolarsi il più possibile. Ripartì per l'università la settimana seguente rimanendo a Parigi, da sola, per tutta l'estate.

Fu solo durante la lettura del testamento, il mese dopo, che Odette fece ritorno a casa.

Le cose avevano ripreso il loro andazzo quotidiano ma le discussioni erano diminuite nonostante Solange diventasse ogni giorno più ingestibile.

"Deve superare la morte di suo padre" Camille la giustificava continuamente.

Lo studio legale era elegante, la sede principale si trovava a Nizza e fu esattamente lì che le tre donne si diressero. Camille entrò con il fare da prima donna con a seguito le ragazze intimidite dall'ambiente.

"Avvocato buongiorno"

Camille conosceva quasi tutti gli avvocati del marito. In molti, nello studio, fecero loro le condoglianze.

"Sono sicura continuerete a seguirmi con la gestione delle società navali"

Esclamò sicura Camille dopo pochi convenevoli.

"Sarebbe bene leggere le volontà del defunto prima"

"Sciocchezze avvocato, mio marito nutriva un'immensa stima in me"

Si voltò verso le figlie che non aggiunsero nulla.

Ma in quei pochi fogli, le volontà di Antoine Bouchard erano ben altre.

"Il signor Bouchard spartisce il patrimonio in tre parti uguali, così come le proprietà"

Camille si fece portare un caffè e accese una sigaretta senza neanche chiedere il permesso.

"Per quanto riguarda le società navali"

L'avvocato alzò per un istante gli occhi dal foglio.

"Lasciò l'amministrazione a mia figlia maggiore Odette Bouchard"

"Cosa?"

Odette spalancò gli occhi. Anche Camille. Con la differenza che lei andò su tutte le furie.

"Cosa volete che ne capisca una ragazzina viziata di affari"

"Madame, la prego di calmarsi"

Solange tentò di placare la madre mentre Odette si era isolata dalle sue grida. Era totalmente incredula.

Dopo che Camille si ricompose, l'avvocato ultimò la lettura del testamento scandendo la clausola che la figlia minore sarebbe subentrata nella società solo quando avrebbe finito gli studi universitari senza però prendere parte alle decisioni aziendali. Il padre sapeva che Solange non aveva la stoffa né la voglia di svolgere quel lavoro. A Camille Bouchard toccò il sostentamento a vita. Odette si sarebbe impegnata a mantenere alla madre il tenore di vita vissuto sino a quel giorno tenendo in considerazione il volume di affari e la situazione economica mondiale.

"Queste erano le sue volontà"

"Impugnerò il testamento. Ci penseranno i miei legali"

L'avvocato chiuse la carpetta sconsigliando alla donna di procedere: non c'era nessun escamotage a cui aggrapparsi, Odette aveva facoltà di intendere e di volere.

"A meno che mademoiselle rinunci"

Si rivolse direttamente alla ragazza.

"Mademoiselle Bouchard, se la sente di ricoprire questo ruolo e assecondare le volontà del suo defunto padre?"

Odette non rispose subito, aveva necessità di fermarsi per un momento. Non avrebbe mai immaginato che il padre credesse così tanto in lei da metterla alla guida del suo impero.

Deglutì prima di accettare.

"Non potrei mai deludere i suoi desideri"

Respirò a fondo per calmare il battito e guardò fuori dalla finestra.

Prima di andare via dallo studio, l'avvocato le assicurò che il suo studio l'avrebbe aiutata e tutelata sotto ogni punto di vista, era riferito anche alla madre.

"Suo padre, oltre ad essere uno dei nostri migliori clienti, era un mio buon amico. Sarà un onore seguire sua figlia".

Odette chinò il capo ringraziandolo. Si sentiva in aria, tutte le parole della madre le scivolavano addosso. Non le interessavano i suoi insulti, le importava solo della sua società e di non vanificare il duro lavoro di Antoine.

Negli anni successivi, Odette tornò molto poco nella villa di Villefranche sur Mer. Gli affari la tenevano lontana o almeno così diceva.

Fu durante una cena della Vigilia di Natale, di circa tre anni dopo, che Solange scoprì cosa successe realmente al padre. La piccola di casa aveva preso le difese della madre in una discussione di lavoro.

"Mi servono più soldi"

Urlava Camille ma Odette non era disposta a cedere. Le mandava già troppo per i suoi gusti.

"Non sono soldi tuoi"

Sbottò Solange.

"Se papà fosse stato qui non ti saresti trovata a capo di tutto"

Sentendo quelle parole fuoriuscire dalla bocca della sorella, non ci vide più dagli occhi.

"Se non fosse stato per la tua incoscienza, papà sarebbe ancora con noi"

Aveva gli occhi carichi di odio e, questa volta, la madre non riuscì a bloccarla.

"Adesso basta fingere! è colpa tua se papà è morto! Avresti dovuto esserci tu al suo posto"

Odette si alzò correndo via e lasciando Solange attonita.

"Tua sorella non sa di cosa stia parlando"

La madre tentò di giustificare le parole pronunciate dalla figlia maggiore però non ci riuscì. Solange, improvvisamente, ricordò ogni cosa.

"E questo è quanto"

Solange si passò una mano tra i capelli asciugandosi il naso con la manica del maglione.

"Porca miseria!"

Sbottò Manuel avendo ascoltato la sua storia.

Intanto la neve cadeva velocemente, la furia della tempesta si faceva sempre più feroce.

"Madeline non si sveglia, Aiuto!"

Ascanio li richiamò. La donna era stesa di schiena sul divano con un braccio penzolante.

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