TWO STRANGERS (NICOLE)
"Nicole? Nicole... Nickie, sei pronta?".
Distolgo lo sguardo dallo specchio e mi volto a fissare Lincoln: ero così immersa nei miei pensieri che non l'ho neppure sentito entrare nella stanza; annuisco, distendo le labbra in un sorriso e mi concentro nuovamente sul mio riflesso, lisciando una piega immaginaria del tailleur nero che indosso.
Raccolgo i capelli in un nodo sulla nuca, che fermo con una molletta, e lascio che alcuni ciuffi mi ricadano ai lati del viso; muovo qualche passo all'indietro per osservare meglio l'opera finale, e solo allora rispondo alla domanda del mio interlocutore.
"Sì, credo di essere pronta. Come sto? Può andare bene questo completo, o è troppo rigido e formale?"
"Stai benissimo, credo che sia semplicemente perfetto per il ruolo che devi interpretare"
"Sospetteranno qualcosa?"
"No, ma se non te la senti puoi tirarti indietro in qualunque momento, non è troppo tardi. Sei sicura di farcela, o vuoi che me ne occupi io? Lo sai che per me non sarebbe un problema, anzi, me ne occuperei molto volentieri perché ho proprio bisogno di scambiare qualche parola con lui"
"Sì, lo so molto bene, ma non è il caso. Si tratta di una situazione molto delicata, che deve essere gestita nel migliore dei modi e senza tralasciare alcun particolare, ho paura che potrebbe finire con una scazzottata e non mi sembra il caso. Se dovessi andare al posto mio, Linc, non farebbe altro che provocarti per tutto il tempo, fino a farti raggiungere il punto di rottura. Con me sarà diverso"
"D'accordo. Andiamo".
Lancio un'ultima occhiata al mio riflesso, seguo Burrows fuori dall'appartamento ed occupo il sedile anteriore destro di un grosso suv nero; per tutta la durata del tragitto non pronuncio una sola parola, limitandomi a tormentare un lembo di stoffa del tailleur, senza mai staccare gli occhi dal finestrino e dal paesaggio che scorre velocemente.
Quando arriviamo a destinazione slaccio la cintura di sicurezza, ma anziché aprire la portiera e scendere, mi copro il viso con le mani, sentendomi improvvisamente sopraffatta da una marea di sensazioni contrastanti; sento un braccio attorno ai miei fianchi, ma prima che Lincoln possa stringermi, scuoto la testa e gli appoggio la mano destra sul petto, facendogli capire che non ho bisogno di essere consolata.
"Sto bene, Linc, dico davvero. È stato solo un momento, adesso passa" mormoro, asciugandomi le lacrime prima che possano rigarmi le guance, rovinandomi così il trucco "sono solo una stupida. Quello che è capitato a me è una sciocchezza in confronto a ciò che è accaduto a Michael e Sara"
"Se hai bisogno di parlare, se hai bisogno di sfogarti, per qualunque cosa io sono qui, Nicole. E se non te la senti di entrare..."
"Ho detto a Michael che avrei pensato io a questa parte del piano, e non ho alcuna intenzione di tirarmi indietro all'ultimo minuto, non sono una codarda. Ho molto da farmi perdonare, a causa delle scelte sbagliate che ho fatto, questo è davvero il minimo per sdebitarmi. E poi..." deglutisco a vuoto "se non lo affronto di persona, guardandolo negli occhi, non riuscirò mai ad andare veramente avanti. Ho bisogno di alcune risposte e lui è l'unico che può darmele, solo a quel punto sarà tutto finito. Solo che..."
"Solo che? Solo che cosa?" m'incalza Lincoln, esortandomi a completare la frase.
"Solo che trovo tutto questo terribilmente ingiusto" commento con un sospiro "lo so, non mi dovrei lamentare visto quello che Sara e Michael stanno passando, visto che rischiano di non poter stare insieme per colpa delle accuse che pendono su di lei, del bambino che rischiano di dover dare in adozione... Eppure continuano a stare insieme, capisci? Loro si amano. Sono una coppia e continueranno ad esserla qualunque cosa accadrà. Lui la ama con tutto se stesso, e lo stesso vale per Sara. Non possono vivere l'uno senza l'altra, sono due anime complementari che si sono trovate... Perché non è stato così anche per me? Perché anch'io non merito di trovare una persona così? Perché anch'io non merito di vivere una storia d'amore simile alla loro?".
Osservo Linc con la vista appannata a causa delle lacrime, in attesa di una risposta che possa strapparmi dal baratro di disperazione in cui sto cadendo; sento il bisogno di una mano amica, di una spalla su cui piangere, di un sostegno.
Mi sento in balìa delle onde del mare, in lotta per restare in superficie, a pregare perché qualcuno mi lanci un salvagente prima che sia troppo tardi.
Burrows appoggia la mano sinistra sulla mia nuca e mi attira a sé; le sue labbra si posano sulle mie in un bacio delicato, quasi timido.
Le muove piano, senza alcuna fretta, come se volesse assaporare il momento appieno; ma non appena acquista maggior sicurezza, sento la sua lingua farsi strada nella mia bocca, ed io l'accolgo senza alcuna ritrosia.
Per qualche minuto il silenzio che regna nel suv è interrotto solo dal rumore dei nostri sospiri; quando ci separiamo, abbiamo entrambi il respiro corto ed ansimante.
Il mio accompagnatore è il primo a prendere coscienza di ciò che è appena accaduto; si copre la bocca con una mano, appoggiandosi al volante.
"Scusami, non avrei mai dovuto farlo vista la situazione in cui ti trovi. Io... Sono stato terribilmente indelicato" mormora, dispiaciuto ed imbarazzato, senza sapere come continuare; scendo dalla macchina senza pronunciare una sola parola, perché anche io sto iniziando a realizzare ciò che è successo, e mi avvio con passo veloce verso l'imponente struttura che sorge dall'altra parte della strada: Miami-Dade.
Un penitenziario di massima sicurezza diviso in due ali: da un lato quella maschile e dall'altro quella femminile.
Un uomo in divisa mi chiede d'identificarmi e, solo dopo aver controllato in modo accurato i miei documenti, mi accompagna personalmente in una stanza vuota, utilizzata per le visite tra i detenuti ed i parenti, e mi dice di attendere per qualche minuto; quando la pesante porta blindata viene richiusa alle mie spalle, raggiungo uno dei tanti tavoli metallici e mi lascio cadere su una sedia.
Mi sento completamente esausta, e la parte peggiore deve ancora arrivare.
Per ingannare l'attesa, e combattere l'ansia, sciolgo il nodo ed inizio a giocherellare con la molletta colorata; anche se cerco di distrarmi in qualunque modo possibile, i miei pensieri vanno in automatico agli avvenimenti delle ultime settimane.
Siamo riusciti a portare a termine con successo l'operazione Scylla, ed a fermare la Compagnia, ma non senza risvolti negativi: Roland e Bellick non ci sono più, Lincoln e Sara hanno rischiato la vita e Michael, per un soffio, non è andato quasi all'altro mondo per colpa di un tumore nell'ipotalamo.
Le continue epistassi, difatti, erano dovute proprio a quello.
Don Self, alla fine, si è rivelato uno schifoso doppiogiochista: una volta recuperate le sei schede, se ne è andato con Scylla, lasciandoci un plico di fogli bianchi anziché i documenti con le nostre nuove identità, ed ha inscenato il suo omicidio con lo scopo di far ricadere la colpa su di noi.
E, come se tutto ciò non fosse già abbastanza sconvolgente, Lincoln e Michael hanno scoperto una terribile rivelazione riguardo la loro madre: non solo Christina Rose era ancora viva, ma ricopriva uno dei ruoli più alti all'interno della Compagnia, insieme a Jonathan Krantz, il Generale.
Alla fine io, Lincoln, Michael, Sara, Sucre ed Alex siamo riusciti ad uscire vivi da questa situazione solo ed esclusivamente grazie all'intervento di Paul Kellerman, un ex agente, pentito, della Compagnia: si è occupato di dare Scylla in mani sicure, ed ha procurato a tutti i membri ancora in vita della squadra delle nuove identità, dei nuovi documenti, ed una fedina penale immacolata.
Tutti i requisiti per poter iniziare, finalmente, una nuova vita.
E Michael e Sara hanno voluto farlo nel migliore dei modi: in riva al mare, su una spiaggia di Los Angeles, dinanzi a me, Lincoln e Sucre, si sono scambiati il fatidico 'sì, lo voglio' e sono diventati la signora ed il signor Scofield.
Ma il giorno più bello della loro vita si è rapidamente trasformato in un incubo ad occhi aperti quando, durante i festeggiamenti, sono arrivate due volanti della polizia, e alcuni uomini in divisa hanno prelevato Sara con la forza, dichiarandola colpevole di omicidio volontario.
Per quanto riguarda Theodore, anche lui si trova dietro le sbarre di una cella a Miami-Dade: dopo aver tradito la squadra una volta, ha ben pensato di farlo una seconda passando dalla parte del Generale, offrendosi come leccapiedi e tuttofare; e quando Kellerman ci ha chiesto che cosa doveva fare con lui, tutti, nessuno escluso, hanno concordato per rispedirlo in prigione, questa volta per sempre.
Sto ancora indugiando col pensiero sul mio ex compagno, e marito, quando lo vedo entrare, ammanettato e scortato da una guardia; sento un tuffo al cuore, e sono costretta a rivolgere lo sguardo altrove, soffermandomi su una piccola crepa che spicca su una parete grigia.
Theodore prende posto di fronte a me, la guardia gli toglie le manette e ci lascia finalmente da soli, ma non prima di averci ricordato che abbiamo solo mezz'ora a nostra disposizione; la porta si chiude con un tonfo sordo, distolgo lo sguardo dalla crepa e lo concentro sul viso del mio ex compagno, perché non posso continuare ad ignorarlo: le guance sono più scavate rispetto all'ultima volta in cui l'ho visto, ed i tagli che ha sulla fronte e sugli zigomi stanno iniziando a rimarginarsi.
Lo fisso in silenzio e lui fa altrettanto con un'espressione indecifrabile.
"Quando mi hanno detto che avevo ricevuto una visita da parte del mio avvocato, temevo che il Generale avesse organizzato una trappola per sbarazzarsi di me, visto che sembra essere piuttosto insofferente nei miei confronti, di conseguenza dovrei sentirmi sollevato dato che la mia interlocutrice sei tu e non un sicario pronto a freddarmi... Eppure non lo sono affatto. Anzi. Inizio a temere di essere appena caduto in una trappola ben peggiore" mormora, passandosi la lingua sulle labbra "a questo punto le opzioni sono due: o hai fatto un corso accelerato di giurisprudenza per essere davvero il mio avvocato, oppure ti ha mandata il piccolo pesciolino. E dopo quello che è accaduto nell'ultimo periodo, sono più propenso per la seconda opzione"
"Abbiamo solo mezz'ora a nostra disposizione, quindi ti prego di non farmi perdere tempo con discorsi privi di senso perché dobbiamo discutere riguardo a molte cose" congiungo le mani sopra al tavolo, imponendomi di smetterla di tormentare la molletta o il tailleur "non sono qui per prendere le tue difese, è stato Michael a mandarmi"
"Ma davvero? Non lo avrei mai immaginato"
"Noi... Ecco... Abbiamo bisogno di un favore da parte tua".
Sulle labbra di Theodore appare un ghigno compiaciuto, che non promette nulla di buono.
"Un favore da parte mia... Un favore da parte mia" ripete, umettandosi di nuovo le labbra "se la memoria non m'inganna, l'ultima volta che mi sono trovato faccia a faccia con il pesciolino e quel gorilla del suo fratello maggiore, mi hanno comunicato che sarei ritornato in cella per il resto della mia vita, e mi hanno rifilato una gomma da masticare a forma di mano. Che uomo sarei se, adesso, non ricambiassi cotanta gentilezza"
"Ascolta, sei l'unico che può aiutarci"
"Mmhh, questo continua a non giocare a vostro favore. Potevate pensarci una seconda volta prima di spedirmi qui dentro a calci in culo, Nicole. Adesso non potete venire da me, chiedere il mio aiuto e pretendere che io accetti col sorriso sulle labbra, come se non aspettassi altro. No, non funziona in questo modo" Theodore appoggia la guancia sinistra sul palmo della protesi, ed abbassa la voce per non essere sentito dalla guardia al di là della porta blindata "ma se mi spiegassi nei minimi particolari quello che sta accadendo, forse potrei cambiare idea. A meno che tu non sia stata contagiata dalla stessa irritante mania di Michael di parlare per enigmi, piccola".
Chiudo per qualche istante gli occhi, sospirando irritata per il nomignolo con cui mi ha chiamata e che mi fa ripensare a quando eravamo una coppia; estraggo un ritaglio di giornale dalla borsa che ho portato con me e lo passo al mio ex compagno: lui lo prende in mano, scorre rapidamente le fitte righe, ed emette un lungo fischio impressionato.
"Come puoi vedere, tu e Krantz non siete gli unici rinchiusi a Miami-Dade" spiego, congiungendo di nuovo le mani "Sara si trova nell'ala riservata alle donne. È stata arrestata con l'accusa di avere ucciso Christina Rose. Le autorità sono in possesso di un filmato di sorveglianza in cui è ripresa l'intera scena"
"E così la dolce dottoressa Tancredi non solo si è trasformata in una killer professionista, ma avrebbe anche eliminato la sua stessa suocera? E come sarebbe accaduto?"
"Michael non voleva consegnare Scylla a sua madre, lei stava per sparargli e Sara non ha avuto altra scelta. Tutto quello che devi fare è trovare un modo per azionare l'allarme antincendio domani sera alle sette e mezza. Quando tutto sarà finito, verseremo cinquemila dollari sul tuo conto bancario. Mi sembra una ricompensa equa, forse fin troppo generosa se dobbiamo considerare ciò che stavi per fare a Sara"
"E cosa avrei dovuto fare? Lasciarmi scappare un'occasione simile?".
Di fronte alla risposta strafottente di Teddy, non riesco più a trattenermi: gli assesto uno schiaffo così forte e violento che l'eco risuona per tutta la stanza vuota; e nonostante il mio sguardo furente e risentito, lui non si scompone minimamente.
A fatica, e con un enorme sforzo, ritorno padrona del mio corpo.
"Perdonami, non avrei dovuto reagire così" dico, sforzandomi di sorridere perfino "in realtà, da una parte dovrei esserti grata per ciò che hai fatto. Sai perché? Perché mi hai dimostrato di essere esattamente come gli altri ti hanno sempre descritto. Sono davvero contenta di aver gettato le fedi nell'oceano, è stata la scelta più saggia che potessi mai prendere".
Non so perché decido di rivelare questo particolare al mio ex compagno, forse perché spero di suscitare una qualunque reazione da parte sua, di vedere svanire quel ghigno arrogante, ma la sua espressione non cambia; inarca il sopracciglio destro e mi rivolge una domanda che è più dolorosa di una pugnalata allo stomaco.
"E quindi? Dovrebbe importarmene qualcosa?"
"No, naturalmente, perché a te non importa niente di nessuno e lo hai dimostrato in modo molto esplicito numerose volte, Theodore. Per esempio, quando hai deciso di abbandonare la squadra dopo avermi promesso che saresti rimasto, e che avresti fatto uno sforzo per ignorare tutte le accuse che gli altri ti rivolgevano" sento di essere vicina a perdere di nuovo il controllo, ma questa volta, anziché trattenermi, esplodo perché ho sopportato per troppo tempo in silenzio "non ti sei fatto scrupoli a tradire gli altri e non hai agito in modo diverso quando si trattava di me. Sei stato tu il primo a farmi capire che tra noi due era tutto finito, io non ho fatto altro che agire di conseguenza, ma potevi risparmiarmi le cazzate che hai sempre raccontato"
"E non pensi a me?"
"A te?" domando incredula "stai parlando seriamente, Theodore? Hai ascoltato almeno una delle parole che ho detto? Lo sai che il mondo non ruota attorno a te?"
"Dicevi di amarmi, Nickie, ma hai sospettato di me proprio come tutti gli altri. Quando ti ho chiesto di seguirmi, prima che potesse essere troppo tardi, hai rifiutato, e che cosa è successo, poi? Sbaglio o Self vi ha fregati tutti? Te lo avevo detto che una proposta così vantaggiosa non poteva essere reale, ma tu che cosa hai fatto? Hai dato ascolto all'uomo con cui volevi trascorrere insieme il resto della tua vita, oppure hai preferito dare retta a delle persone che conosci appena e che hanno provato più volte a darmi il benservito? Che cosa avresti fatto al mio posto? Come ti saresti sentita, Nickie?"
"Non chiamarmi così"
"Perché? Una volta ti piaceva, non dirmi che adesso ti disgusta. Non dirmi che anch'io ti disgusto"
"Molte cose che hai fatto mi disgustano" commento, rivolgendo lo sguardo altrove, perché non riesco più a sostenere il suo; sbatto più volte le palpebre per ricacciare indietro le lacrime e lancio un'occhiata all'orologio appeso sulla parete alle spalle del mio ex compagno: mancano poco più di cinque minuti allo scadere della mezz'ora a nostra disposizione "allora? Pensi di riuscire ad azionare l'allarme antincendio per cinquemila dollari?"
"L'amore della vita di Michael vale solo cinquemila dollari? Mi sarei aspettato qualcosa in più"
"Purtroppo è il massimo che abbiamo da offrirti"
"Ne voglio almeno seimila"
"Allora sei completamente sordo" ribatto con un sorriso freddo "ho detto che non possiamo offrirtene più di cinquemila, e mi sembra una cifra piuttosto consistente considerando il fatto che resterai chiuso in carcere per il resto della tua vita. Come pensi di spendere una cifra così alta dietro le sbarre di una cella?"
"Questi non sono particolari di tua competenza, Nickie: versate seimila dollari nel mio conto entro le sette di domani sera, ed avrete il vostro allarme antincendio. Provate a fregarmi ancora una volta, e non mi farò scrupoli a spifferare al direttore in persona ciò che avete intenzione di fare" Theodore sorride a sua volta, incurvando l'angolo sinistro della bocca, e proprio quando penso che la nostra conversazione sia conclusa, mi prende alla sprovvista con un'altra domanda diretta "verrai a trovarmi ancora?".
Lo guardo negli occhi e, quando capisco che sta parlando seriamente, mi lascio scappare una risatina nervosa.
"Si tratta di una domanda retorica o devo davvero darti una risposta?" domando; la voce mi trema così tanto che sono costretta a fermarmi per deglutire prima di riprendere a parlare "Teddy, ormai non sei più un bambino da molto tempo, sei un adulto, ed in quanto tale devi prenderti la responsabilità delle tue azioni. Se la prima volta la colpa era di entrambi, adesso è solo ed esclusivamente tua"
"Tutti hanno diritto ad una seconda possibilità"
"Ma tu l'hai già avuta, Teddy, possibile che non te ne rendi conto? Hai avuto una miriade di seconde possibilità, ed ogni volta le hai sempre sprecate perché non sei in grado di uscire dal ruolo che tu stesso hai creato. Non sei in grado di gettare la maschera. Anche se... Anche se riuscissi a perdonarti, prima o poi mi volteresti ancora le spalle, ed io sono stanca di questo. Sono stanca di soffrire e di stare male per te, Theodore, non merito tutto questo. Questa è l'ultima volta che ci vedremo e riguardo a ciò sono inamovibile" dico senza mai riprendere fiato, togliendomi un enorme peso dalle spalle, incredula perché sono riuscita a trovare il coraggio di troncare definitivamente con il mio ex compagno.
L'uomo che amavo, o forse che credevo di amare.
Ora non ne sono più così sicura.
Lui stringe le labbra in una linea sottile, annuisce un paio di volte, sposta lo sguardo altrove e si morde la punta della lingua: si sta trattenendo, sta cercando di reprimere l'impulso di allungare la mano destra e di stringermela al collo; d'istinto lancio un'occhiata verso la porta, per accertarmi che la guardia sia ancora presente dall'altra parte e pronta ad intervenire in qualunque momento.
"Sai, non te l'ho mai detto, ma qualche settimana prima dell'evasione a Fox River ho ricevuto una visita da Susan, la mia ex compagna, ti ricordi di lei? Aveva bisogno di vedermi e di parlarmi, affinché sapessi quanto si sentiva tradita e delusa dal mio comportamento, perché durante la nostra storia non le ho mai raccontato chi fossi veramente. Durante quell'incontro, poco prima che se ne andasse, le ho detto che prima o poi sarei uscito, e che sarei andato a cercarla..." Teddy abbassa la voce e si sporge in avanti, i nostri visi quasi si sfiorano "volevo solo dirti che... Volevo solo dirti che sono già scappato da due penitenziari, ed anche senza l'aiuto di Scofield troverò il modo di evadere una terza volta. E quando quel giorno arriverà, verrò a cercarti, Nickie. Puoi assumere tutte le identità fittizie che vuoi, puoi anche trasferirti dall'altra parte del mondo, per me non è un problema: ho atteso cinque anni per parlare faccia a faccia con Susan, non dimenticarlo. So essere estremamente paziente"
"Abbi cura di te, Theodore, ne hai davvero bisogno" mormoro senza battere ciglio.
Ignoro completamente la minaccia che mi ha rivolto, raccolgo in fretta la mia borsa, mi alzo e mi allontano senza rivolgere un ultimo sguardo al mio ex compagno: ho paura di guardarlo negli occhi e di cedere ancora, di ritornare sui miei passi e ricadere nel circolo vizioso in cui sono stata intrappolata negli ultimi mesi.
Quando salgo in macchina chiedo a Lincoln di partire subito, perché voglio lasciarmi Miami-Dade alle spalle il prima possibile, ma dopo pochi metri gli ordino di fermarsi vicino al ciglio della strada; scendo dalla vettura, slaccio i bottoni del tailleur, e mi appoggio al cofano ansimando, sforzandomi di prendere una serie di profondi respiri.
Burrows mi raggiunge ed appoggia la mano destra sulla mia schiena: la sento scendere e salire lungo una linea invisibile delicatamente, e grazie a questa carezza riesco a riprendere il controllo senza dover chiamare il noveunouno per richiedere un'ambulanza; cerco di rassicurare il mio accompagnatore con qualche parola pronunciata con un filo di voce, ma lui non si lascia abbindolare così facilmente.
"Sei davvero sicura che vada tutto bene?" mi domanda con un'espressione preoccupata.
"Sì" confermo in un primo momento, ma poi cedo insieme a tutti i miei nervi "no, cazzo, non va tutto bene. Non c'è niente che va bene. È stato orribile, Linc, mio dio. È stato peggio di un incubo"
"Ti ha minacciata?" Lincoln mi afferra per le spalle, voltandomi "Nicole, ti ha minacciata? Che cosa ti ha detto?"
"Sì, lo ha fatto, ma non è stata questa la parte peggiore... Ci siamo detti cose terribili. Io ero fredda e distaccata, e lo era anche lui. Sembravamo due estranei, capisci? E non riesco a capire come sia possibile... Come possono due persone innamorarsi, stare insieme, sposarsi, fare l'amore, separarsi, tentare di stare insieme una seconda volta e poi trasformarsi in due completi estranei? Per tutto il tempo in cui abbiamo parlato, Lincoln, ho avuto l'impressione di avere davanti ai miei occhi un completo sconosciuto. Ma con chi ho avuto una relazione?"
"Non lo so, Nicole, non so davvero come rispondere alla tua domanda. Forse non esiste neppure una risposta" mormora Burrows, lasciandomi andare; appoggia le mani sui fianchi e si sofferma ad osservare la strada impolverata "credo che tu non abbia mai conosciuto il vero T-Bag, ma solo una delle sue tante maschere, ecco perché hai avuto questa sensazione. Quell'uomo è così abituato a fingere, mentire e manipolare che non è in grado di mostrare il suo vero volto, sempre se esista ancora"
"Dovrei odiarlo per avermi rovinato la vita, invece provo solo un'enorme pena per lui"
"Almeno ha accettato di collaborare?"
"Ohh, sì" rispondo, schiarendomi la gola "quando si tratta di soldi, Bagwell sa essere sempre molto disponibile e collaborativo, ma vuole avere seimila dollari ed io non ho la più pallida idea di come faremo a procurarci i mille che ci mancano. Riguardo a questo non sono riuscita a farlo ragionare: o versiamo sul suo conto la cifra che vuole, o andrà a spifferare ogni cosa e non riusciremo a tirare fuori Sara da Miami-Dade"
"Qualcosa c'inventeremo. Michael ha sempre la soluzione a tutto, sono sicuro che riuscirà a trovare un modo per sorvolare anche questo piccolo ostacolo. Quell'uomo non si smentisce mai, è sempre il solito figlio di puttana..." commenta Lincoln, senza più riuscire a trattenersi, pentendosene subito dopo "scusa, ho esagerato, non avrei dovuto chiamarlo così in tua presenza visto che... A proposito, come ha reagito quando gli hai detto..."
"Non gliel'ho detto"
"Credevo fosse una delle ragioni per cui volevi parlargli di persona"
"Sì, infatti era così all'inizio, ma poi ho capito che era inutile e che non avrebbe cambiato nulla. Va bene così. Gli ho detto che deve prendersi la responsabilità delle sue azioni, ed io sono intenzionata a fare lo stesso"
"Posso dirti che, a mio parere, hai preso la scelta migliore?"
"Sì, lo so" mormoro con un sorriso, stringendo la mano destra del mio accompagnatore "ma allo stesso tempo ho preso anche la più difficile".
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