TODOS SOMOS IGUALES! (T-BAG)
Il primo ad uscire è Lechero.
Poi arriva il mio turno, e subito dopo è quello di Bellick.
Senza guardarci alle spalle, senza perdere un solo secondo di tempo, attraversiamo correndo la Terra di Nessuno, ma a metà strada, molto prima dello scadere dei trenta secondi, riceviamo una brutta ed inaspettata sorpresa: i fari posizionati nelle quattro torrette di sorveglianza si accendono di nuovo, uno dietro l'altro, investendoci in pieno con i loro fasci di luce, trasformandoci in tre bersagli ben visibili agli occhi delle sentinelle; ed infatti delle voci, in spagnolo, ci intimano subito di non muovere un solo passo e di alzare le braccia in segno di resa.
Io obbedisco immediatamente, per non ritrovarmi crivellato di colpi, Bellick mi imita in automatico, ma lo stesso non vale per il mio Patròn: ignorando gli ordini urlati al megafono dalle sentinelle, riprende a correre in un disperato tentativo di raggiungere la salvezza e, prima che possa gridargli di fermarsi, viene colpito da un proiettile nel petto, appena sotto la spalla destra, che gli strappa un grido di dolore e lo fa crollare a terra come uno sacco di iuta.
"Io non... Non capisco..." balbetta Bellick, mentre veniamo raggiunti da alcuni uomini in divisa.
"Zitto, non dire una sola parola, sono sicuro che Scofield verrà a tirarci fuori da questo casino il prima possibile, sempre se riusciranno ad uscire da quel tunnel" mormoro, guardandomi attorno, facendo capire a Brad quello che sta per succedere e come deve comportarsi di conseguenza: quando qualcosa va storto nel corso di un evasione, ed i detenuti vengono fermati prima che possano scappare di prigione, i poveri malcapitati vengono subito condotti in una stanza per essere interrogati; nel nostro caso non veniamo condotti in una stanza per gl'interrogatori, in compenso ci ritroviamo faccia a faccia con il generale Mestas, l'uomo che si occupa di dirigere Sona.
Quest'ultimo punta subito su Bellick, perché lo identifica come l'anello debole, ed infatti bastano appena due pugni ed un braccio attorno al collo per far sputare il rospo al grasso maiale, ed a nulla servono le mie occhiate furiose: rivela l'esistenza del tunnel e del buco situati sotto gli appartamenti di Lechero, ma quando veniamo trascinati lì dentro, riceviamo la seconda brutta sorpresa della serata.
Il tunnel è completamente vuoto.
"Non capisco... Non capisco... Erano qui..." balbetta di nuovo Brad, scuotendo la testa più volte, è così stupido che non riesce a guardare in faccia la realtà e tocca a me il compito di fargli ingoiare la pillola amara.
"Ma non riesci proprio a capire che cosa è successo, brutto sacco di merda?" ringhio a denti stretti, riuscendo a controllare appena la rabbia "questo era il piano fin dall'inizio. Scofield ci ha fregati di nuovo, ha lasciato che fossimo noi tre i primi ad uscire perché sapeva che c'era un secondo generatore, sapeva che le luci si sarebbero riaccese molto prima dei trenta secondi. Noi tre siamo stati delle semplici esce".
Ecco perché non si è veramente opposto al voltafaccia mio e di Lechero e perché non ha insistito affinché fosse Whistler il primo ad uscire dal buco: sapeva tutto fin dal primo momento, aveva calcolato ogni singola cosa nei più piccoli particolari, ed anche il nostro patto non è stato altro che una presa per il culo.
Ancora una volta ho lasciato che Michael mi fottesse: lui adesso è un uomo libero, che può vendicare la propria donna, mentre io sono ancora rinchiuso in questo schifo d'inferno in Terra, in procinto di ricevere il pestaggio più doloroso della mia vita.
Brutto figlio di puttana.
Brad non ha il tempo di rispondere alla rivelazione che gli ho appena fatto: un soldato gli si avvicina e lo colpisce in pieno viso con il calcio del fucile, accusandolo di aver raccontato una bugia, e lui si accascia a terra coprendosi il naso con entrambe le mani, in un vano tentativo di fermare il flusso di sangue.
"Non è una balla! C'entra davvero Scofield in questa faccenda, perché non fate la conta? Vedrete subito che mancano alcuni uomini all'appello!" esclama, cercando di uscire dalla brutta situazione in cui si trova fino al collo: pensa davvero di riuscire a pararsi il culo in questo modo, non ha capito che questa non è la fine dell'interrogatorio, ma solo l'inizio.
Non ha neppure capito che la parte dolorosa deve ancora iniziare.
Il generale Mestas ed i suoi uomini non si accontentano di sapere chi sono i prigionieri che hanno provato a scappare e quali sono quelli che sono riusciti nell'impresa, vogliono conoscere tutti i singoli passaggi del piano di Michael, affinché una cosa simile non accada ancora, e soprattutto vogliono sapere dove sono diretti gli evasi, in modo da riuscire a fermarli e riportarli a Sona prima che abbandonino la città e lo Stato; e per estorcere tutte le informazioni da quel grasso maiale di Bellick non provano neppure a fare un tentativo con le buone maniere, ma passano direttamente alle cattive: lo picchiano a sangue, nel cortile interno, senza risparmiarsi in fatto di pugni e calci, e si fermano solo quando la loro vittima cade a terra priva di sensi, con un paio di denti in meno.
"Questo qui è andato" commenta Mestas, girando intorno al corpo di Bellick, lanciando poi una breve occhiata a Lechero "e quello lì ha già un piede nella fossa. A quanto pare ci è rimasta un'unica opzione. Portatelo fuori di qui, nel mio ufficio".
Prima che possa rendermi conto che si sta riferendo proprio a me, due uomini mi afferrano per le braccia e mi conducono al di fuori del cancello di Sona; uno di loro m'intima di accelerare il passo e mi dà una spinta così violenta che mi ritrovo a sbattere il viso contro il terreno.
Sputo della sabbia, mista a saliva, ma quando provo a rialzarmi, noto per puro caso un piccolo libretto abbandonato sotto un camion dei militari; anche se è in parte nascosto dalla sabbia, lo riconosco subito e riesco a prenderlo e ad infilarlo in una tasca dei jeans senza farmi vedere dagli uomini del generale, qualche istante prima di essere costretto ad alzarmi ed a seguirli all'interno dell'ufficio del loro superiore.
Ed è proprio lì che ricevo il peggior pestaggio della mia vita.
Peggiore di quello che ho ricevuto da parte di Abruzzi, C-Note e dei loro uomini; peggiore perfino di quello che Bellick ed il suo sottoposto mi hanno riservato nella vecchia casa di Susan.
Esattamente come nel caso dell'ex Capo delle guardie di Fox River, anche con me non si risparmiano in fatto di pugni e calci, con l'aggiunta di qualche sputo in faccia: i colpi che ricevo, in ogni parte del mio corpo, sono così violenti che non riesco neppure a riprendere fiato e la vista mi si annebbia più volte, ma dalle mie labbra non esce una sola parola.
Perché io non so assolutamente nulla, non so in che modo evolva il piano di Scofield una volta raggiunta la giungla.
"Potete continuare a picchiarmi per tutto il tempo che volete, ma io non dirò una sola parola perché non so nulla. So molto meno di te" dico, rivolgendomi ad uno dei miei carnefici, senza riuscire a tenere a freno la lingua "e vuol dire molto, visto quanto sei ignorante, pezzo di merda senza cervello".
Ricevo un pugno allo stomaco che mi fa crollare in ginocchio sul pavimento, boccheggiando alla ricerca d'aria, ormai vicino a perdere conoscenza; le due guardie si scambiano qualche parola in spagnolo e poi una esce dall'ufficio, mentre l'altra mi tira su e mi costringe a salire sopra ad una sedia.
"Tirati giù i pantaloni" ordina, ed io mi limito a sbattere le palpebre, rivolgendogli uno sguardo confuso.
"Come?"
"Tirati giù i pantaloni"
"Se avessi saputo prima che a Panama vi divertite in questo modo, non avrei tentato di scappare" commento, obbedendo allo strano ordine ricevuto, ed in tutta risposta ottengo solo una bastonata allo stomaco ed una battutina sarcastica da parte dell'uomo in divisa, il quale mi dice che è ansioso di vedere se a breve avrò ancora così tanta voglia di parlare; afferro appieno il senso delle sue parole solo quando l'altra guardia rientra con in mano uno scatolone, per la precisione quando vedo il contenuto dello scatolone: si tratta di due cavi dotati di morse, del genere che si usa per ricaricare la batteria di una macchina.
E capisco altrettanto bene che cosa vogliono fare con i cavi non appena uno dei due uomini li prende in mano e sfrega le morse l'una contro l'altra, dando origine ad una piccola pioggia di scintille.
Merda.
Al mio rientro a Sona, ormai a mattinata inoltrata, nel cortile interno regna l'anarchia più assoluta: ci sono detenuti che urlano, altri che corrono ed altri ancora che lanciano giù dal primo piano tutto quello che trovano nelle rispettive celle; dei cadaveri che giacciono a pancia in giù in una pozza di sangue testimoniano come alcuni uomini hanno approfittato subito dell'occasione per sistemare delle faccende in sospeso, senza ricorrere alla famigerata zampa di pollo.
Osservo attonito l'intera scena, tamponandomi il sangue che mi esce dal naso con una bandana nera, finché non vengo raggiunto da Bellick, che versa in condizioni molto simili alle mie: mi afferra per il braccio sinistro e mi rivolge uno sguardo sorpreso ed incredulo, come se facesse fatica a credere di avermi davvero davanti ai suoi occhi.
"Sei vivo!" esclama, difatti, squadrandomi da capo a piedi, soffermandosi sul rivolo di sangue che mi esce dal naso, sul taglio che ho sulla spalla sinistra e sulla canottiera sporca di terra ed altro liquido scarlatto "come hai fatto ad uscire dall'ufficio del colonnello sulle tue gambe?"
"Stavano per friggermi i gioielli di famiglia" rispondo, reprimendo a stento un brivido al ricordo delle morse che sprizzavano scintille "ma la fortuna mi ha arriso proprio nel momento in cui avevo bisogno di lei: nella stanza accanto, per puro caso, ho visto Sucre e gli ho puntato l'indice contro, dicendo che era lui l'uomo giusto e che sapeva ogni cosa del piano. Naturalmente Fernando ha provato a negare tutto, dicendo di non conoscere Scofield e di non averlo mai sentito prima in tutta la sua vita, ma non ha potuto più farlo quando Mestas gli ha mostrato un articolo che parlava degli Otto di Fox River. E così sono riuscito a pararmi il culo"
"E se vuoi continuare a rimanere in vita, è meglio andarcene subito di qui e trovare il miglior nascondiglio possibile" mormora Bellick; prova a trascinarmi lontano dal cortile, ma io mi ribello a causa di una scena che mi lascia completamente senza parole: proprio al centro del rettangolo di sabbia battuta, tre uomini stanno prendendo a calci Lechero, e lui non può difendersi a causa della grave ferita che ha al petto, da cui ha già perso una consistente quantità di sangue.
"Non posso lasciarlo lì" dico, provando a raggiungerlo, ma Bellick non molla la presa dal mio braccio, impedendomi di prestare soccorso al mio Patròn.
"Ma sei pazzo? Non possiamo fare più niente per lui, tutti lo odiano e vogliono la sua pelle, se restiamo con lui rischiamo di fare la stessa fine"
"Quell'uomo mi ha dato un posto dove stare, senza di lui non sarei sopravvissuto un solo giorno a Sona"
"Sì, ma stai parlando dello stesso uomo che non si è fatto scrupoli a picchiarti più volte ed a versarmi sulla schiena del caffè bollente" mormora Brad, riferendosi alla spiacevole esperienza che gli è capitata appena qualche giorno prima, alla quale ho assistito in prima persona.
E devo ammettere, mio malgrado, che in quell'occasione ho goduto non poco nell'udire le urla di dolore dell'ex secondino.
"Se tu vuoi nasconderti come un verme, fallo pure, ma io non sono intenzionato a guardare senza fare qualcosa" ribatto, a denti stretti, scrollandomi il grasso maiale di dosso; raggiungo a passo veloce il mio Patròn, urlo ai tre uomini di allontanarsi dopo aver colpito uno di loro con un pugno, e lo aiuto ad alzarsi, passandomi il suo braccio sinistro attorno alle spalle "non ti preoccupare, ti aiuto io, cerca di fare un piccolo sforzo per raggiungere il tuo appartamento e poi potrai riposarti".
Fortunatamente, Bellick non taglia la corda e mi dà una mano a sorreggere Lechero in modo da arrivare il prima possibile nel suo appartamento, ma quando entriamo nel salotto, scopriamo che anche questa parte della prigione non è scampata dalla violenta rivolta che è esplosa: tutte le stanze sono state saccheggiate, i mobili ribaltati, e sul pavimento sono sparpagliati fogli di carta, oggetti, ed il contenuto di numerosi cassetti; un rumore improvviso, proveniente dalla cucina, attira la nostra attenzione e dopo qualche secondo ci rendiamo conto di non essere soli.
Due uomini sono ancora intenti a cercare qualcosa di prezioso da rubare e non appena vedono Lechero, anziché scappare o implorare perdono, scoppiano a ridergli in faccia, con disprezzo, perché nelle condizioni in cui è ridotto ora non suscita più alcuna paura o rispetto; ma l'ex Capo di Sona, nonostante la grave ferita al petto, si avvicina barcollando ad una parete, getta a terra un quadro, apre una cassetta di sicurezza e tira fuori una pistola che punta contro i due sciacalli.
E loro, intuendo il pericolo, lasciano cadere a terra ciò che sono riusciti a trovare e si dileguano subito, uscendo in terrazza; quasi contemporaneamente, il mio Patròn si appoggia ad una parete, ansimando esausto, perché l'emorragia lo sta rendendo sempre più debole ad ogni minuto che passa.
Ordino a Bellick di sollevare una poltrona che è stata rovesciata a terra, ed aiuto Lechero a sedersi, per riposarsi e per non sprecare altre energie preziose, e faccio lo stesso anch'io per qualche secondo, avvicinandomi alla tenda che separa l'interno dell'appartamento dalla terrazza; il mio sguardo si concentra in automatico sui detenuti radunati nel cortile, ed anche se a questa distanza non posso sentire le loro parole, riesco benissimo ad immaginare di che cosa stanno discutendo.
E Brad la pensa esattamente come me.
"Qui sta per esplodere un enorme casino" mi sussurra ad un orecchio, per non essere sentito da Lechero "quell'uomo finirà per ucciderci"
"No, ti sbagli, quell'uomo ci farà uscire da questo maledetto posto" rispondo, a denti stretti, prima di allontanarmi per prendere una bottiglia di disinfettante; svito il tappo con i denti, verso un'abbondante dose di alcol sulla ferita del mio Patròn e lui si lascia scappare un gemito di dolore, serrando con forza i denti "perdonami, brucia un po', ma è necessario per evitare che sorga un'infezione. Quando mi hanno tagliato la mano, ho rischiato di andare incontro alla setticemia e ho passato le pene dell'inferno. Forse è meglio se adesso posi quella pistola, Patròn, qui non corri più alcun rischio, e poi ci siamo noi due per ogni evenienza"
"Teodoro..." commenta lui, scuotendo la testa, puntandomi la canna della pistola contro "l'ultima persona che avrei immaginato di avere a mio fianco durante i miei ultimi momenti... Da quando sono stato rinchiuso a Sona, ho avuto tanti leccapiedi e tutti loro si sono rivelati dei lupi travestiti da agnelli"
"Stai dicendo che voglio tradirti?" ribatto subito, lanciando la bottiglia di disinfettante contro una parete per sfogare la frustrazione, il tutto sotto lo sguardo stravolto di Bellick "ma non hai ancora capito che io sono qui per aiutarti? Preferisci spararmi un colpo in pieno petto e restare qui a vedere la vita scivolare lentamente via dal tuo corpo, oppure scappare in tempo per essere ricucito e rimesso in sesto?"
"Che cosa stai blaterando?"
"Una guardia mi ha assicurato un lasciapassare per noi tre, per il giusto prezzo ovviamente"
"Una guardia che parla in questo modo dice solo un mare di cazzate. Non puoi credere davvero ad una promessa simile"
"Sona ha un nuovo colonnello adesso, e a differenza del suo predecessore sa come funziona il mondo e sa che a volte scendere a patti può essere molto vantaggioso. Certo, la nostra Susie Sona ha un prezzo abbastanza elevato, ma lo è anche la posta in gioco, e quando si tratta della propria pelle nessun prezzo da pagare è così alto"
"E quanto vorrebbe?"
"Cinquantamila. In contanti, ovviamente".
Dalle labbra di Lechero esce un verso seccato, diffidente, e subito dopo scuote la testa, dichiarandosi contrario a quella che considera solo come una follia.
"Non se ne parla. Vai a prendere una bottiglia di rum, ho bisogno di bere qualcosa di forte"
"Molto bene" sibilo, acconsento alla sua richiesta e torno dalla cucina con una bottiglia ancora sigillata, che sbatto con forza sopra ad un tavolino "ecco la tua bottiglia di rum, questa è l'ultima della scorta. Io mi congedo, Patròn, ho fatto tutto ciò che era in mio potere, non ci tengo ad assistere alla tua autodistruzione, questo non posso accettarlo".
Volto le spalle a lui ed a Bellick, ma vengo subito richiamato dalla sua voce.
"Anche se riuscissi a procurarmi la cifra che il colonnello vuole, come posso farla arrivare a Sona? Non c'è nessuno di cui posso fidarmi"
"Questo non è esatto" sussurro, avvicinandomi alla poltrona ed inginocchiandomi sul pavimento "sai molto bene che c'è una sola persona di cui puoi fidarti, ed a cui puoi affidare un compito simile. E sai altrettanto bene a chi mi sto riferendo".
Trascorro pochi, essenziali, secondi al telefono e dopo aver chiuso la chiamata, comunico al mio Capo ed a Bellick la buona notizia: i soldi ci sono ed a breve arriveranno a Sona.
"Perfetto, e come faremo a consegnarli alla guardia? Che cosa ti ha detto riguardo allo scambio?"
"Non ci sarà nessun scambio, Brad"
"Che cosa? Per quale motivo non vuoi più seguire il piano? Noi... Noi dobbiamo dare quei soldi alla guardia, altrimenti non usciremo da questo posto!" chiede l'ex secondino, sconvolto; Lechero lancia una breve occhiata al tavolino posizionato poco lontano dalla poltrona, i suoi occhi scuri indugiano sulla bottiglia di rum mezza vuota e sulle pezze sporche di sangue, che io stesso ho utilizzato per tamponare il buco lasciato dal proiettile che lo ha trapassato.
"Stai cercando questa?" chiedo, mostrandogli la pistola "l'ho presa qualche minuto fa, quando ti sei finalmente deciso di posarla".
Alla vista dell'arma carica, stretta nella mia mano destra, nelle sue iridi scure scende un velo di consapevolezza che fa apparire sulle mie labbra il sorriso compiaciuto che sono stato costretto a trattenere finora.
"Non lo hai ancora capito? Non c'è mai stata alcuna guardia corrotta ed alcun piano per scappare da Sona. Era questo il suo piano fin dall'inizio"
"Esatto" confermo, continuando a sorridere; ordino a Bellick d'immobilizzarlo, ma il grasso maiale è così sconvolto dalle mie intenzioni che non muove un solo passo, limitandosi ad osservare la scena con gli occhi e la bocca spalancati: una reazione piuttosto bizzarra per una persona che lavorava in un penitenziario, abituata ad avere a che fare con scene cruente.
"Teodoro, Teodoro, Teodoro..." mormora, allora, Lechero ripetendo l'orribile storpiatura del mio nome, che contribuisce solo a farmi salire il sangue al cervello; manda giù un lungo sorso di rum e mi allunga un cuscino della poltrona "da disgraziato a disgraziato, se proprio devi farlo, cerca almeno di essere il più rapido possibile".
Prendo a mia volta la bottiglia di liquore, svuotandola in due lunghi sorsi, e poi afferro l'arma improvvisata, sostituendola alla pistola.
"Lo farò, ma tu non devi opporre alcuna resistenza" dico, facendo schioccare l'osso del collo "adios, Norman. Non sai da quanto tempo stavo aspettando questo momento".
Dopo avergli fatto questa piccola rivelazione, non induco ulteriormente.
Salgo a cavalcioni sulle sue gambe e premo il cuscino contro il suo viso, aiutandomi con il peso del mio corpo, dando sfogo a tutta la rabbia che ho dovuto reprimere per giorni e giorni, per settimane intere; vendicandomi finalmente di tutte le umiliazioni, le vessazioni ed i pestaggi che sono stato costretto a subire in silenzio, senza fiatare, per avere vita facile dentro questo buco di merda, dimenticato da Dio.
E quando lo sento agitarsi negli ultimi spasmi di vita, per poi rimanere completamente immobile, vengo invaso da una sensazione di piacere così assoluto, che può essere paragonata solo al migliore degli orgasmi.
Dall'altra parte della recinzione, Carmelita mi guarda in silenzio, troppo sconvolta da ciò che le ho appena detto per pronunciare una sola parola.
"Lechero è..." prova a dire, con voce tremante, senza riuscire a formulare una frase di senso compiuto "lui è... Lui è davvero..."
"Sì" mi limito a dire, abbassando la testa "mi dispiace. Ho provato a fare qualunque cosa per salvarlo, ma la ferita al petto era troppo grave. Ho assistito ai suoi ultimi istanti di vita: un attimo prima era lì, ed un attimo dopo non c'era più. È stato orribile. È stato come se... Come se qualcuno mi premesse con forza un cuscino sul viso, soffocandomi"
"Tu non hai alcuna responsabilità, non darti colpe che non hai. Come facciamo con i soldi? Senza Lechero, le guardie non mi permetteranno più di entrare a Sona"
"Passami solo quello che ti ho chiesto, il resto conservalo tu per tempi migliori" sussurro; Carmelita annuisce e, attraverso gli anelli metallici, mi passa un consistente rotolo di banconote, che nascondo subito in una tasca dei jeans "tanto per essere chiari, se dovessi provare a fregarmi ed a scappare con il resto dei soldi potresti seccarmi parecchio. Devi sapere che ho problemi a gestire la rabbia quando si tratta di qualcuno che tradisce la mia fiducia"
"Non lo farei mai, e non credere che abbia dimenticato ciò che ci siamo detti durante il nostro ultimo incontro. Io ti aspetto" mormora a sua volta la ragazza panamense, mi lancia un'ultima occhiata prima di voltarmi le spalle ed allontanarsi insieme alla borsa che contiene il resto dei cinquantamila dollari; osservo la sua figura esile, la folta chioma corvina, con le mani appoggiate alla recinzione, e rientro solo quando diventa un puntino lontano ed indistinguibile ai miei occhi.
Non salgo negli appartamenti del mio ex Capo, ma mi dirigo bensì nel cortile interno, laddove è radunata la maggior parte dei detenuti.
Prendo una vecchia cassetta di legno per la frutta, la capovolgo e ci salgo sopra, schiarendomi la gola, per attirare l'attenzione di tutti i presenti.
"Lechero non c'è più. Sono venuto qui per seppellirlo, non per lodarlo, perché non c'è nulla di lodevole nel modo in cui ha gestito Sona. Non c'è nulla di lodevole in un uomo che, pur non avendo nulla di diverso da tutti noi, decide di elevarsi al di sopra degli altri detenuti e di spadroneggiare, instaurando un vero e proprio regno di terrore all'interno di una prigione. Ecco, vedete questi soldi? Questo è tutto ciò che resta di quel regno di terrore" urlo, agitando il consistente rotolo di banconote verdi, affinché sia ben visibile agli occhi della folla che mi accerchia "soldi che ha guadagnato alle vostre spalle, rubandoli alle vostre famiglie, ma fortunatamente quei giorni sono passati e se sono qui, ora, sopra questa cassa di legno a consumarmi le corde vocali, è perché voglio restituirvi ciò che vi spetta di diritto".
Lancio in aria le numerose banconote, che volteggiano pigramente dell'aria come tanti coriandoli color smeraldo, e contemporaneamente un boato di gioia esplode tra i detenuti, seguito da una marea di mani allungate, che tentano di afferrare più dollari possibili; qualcuno, inaspettatamente, mi afferra per i fianchi e mi ritrovo seduto sulle spalle di due uomini, in modo che tutti possano vedere in faccia il loro salvatore, colui che ha appena restituito la democrazia a Sona.
"Todos somos iguales!" esclama una voce, dalla folla, ed io sollevo le braccia, ripetendola più volte.
"Todos somos iguales! Todos somos iguales! Todos somos iguales!" grido a pieni polmoni, imitato dalle persone che mi circondano, in uno stato di euforia generale.
Poco prima che lo uccidessi, Lechero mi ha confidato di aver avuto tanti leccapiedi e tutti loro si sono rivelati dei lupi travestiti da agnelli.
Nessuno dei presenti, ad eccezione di Bellick, si rende conto di quanto siano terribilmente vere queste parole, e di come possano essere adattate alla perfezione anche in questo caso.
Non si rendono conto di essere un gregge di agnelli che sta inneggiando un suo simile, talmente ubriacati dalle sue parole da non accorgersi degli artigli che spuntano da sotto i zoccoli.
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