START AGAIN (NICOLE)
Al mio rientro in camera, non bado minimamente a Lincoln che sta parlando al telefono: mi lascio cadere su una poltroncina bianca, nascondo il viso tra le mani e scoppio nel pianto disperato che ho trattenuto per tutta la strada del ritorno.
Distrattamente, sento Burrows chiudere la chiamata, avvicinarsi a me e costringermi a scostare le mani.
"Ma si può sapere che cazzo ti è successo? Perché perdi sangue dal naso?" domanda, sconcertato, squadrandomi da capo a piedi "ma quello che indossi è un abito da suora?"
"Sì" rispondo, togliendomi il velo e gettandolo a terra con rabbia "indosso un maledetto abito da suora perché sono una maledetta cretina. Una maledetta cretina convinta di poter rimediare agli errori che ha commesso"
"Potresti essere più chiara? Perché non ho capito una sola parola di quello che hai detto"
"Te la farò molto più semplice, Burrows, in modo che perfino un gorilla come te riesca a capirlo: sono riuscita ad entrare a Sona, è da lì che vengo infatti"
"Stai scherzando?"
"No, idiota, per quale motivo dovrebbe essere uno scherzo?"
"E si può sapere come sei riuscita ad entrare lì dentro?"
"Grazie ad una ragazza che si chiama Carmelita" dico, spiegandogli chi è la ragazza panamense, come si è svolto il nostro incontro casuale, ed il piccolo trucco che lei usa per intrufolarsi indisturbata nella prigione; Lincoln ascolta ogni mia parola in silenzio, ma la sua espressione, solo apparentemente impassibile, mi fa capire che sono nei guai.
"Tu non sei neppure lontanamente consapevole dell'enorme rischio che hai corso facendo questo, vero?" tuona, alzando la voce "non hai pensato che qualche detenuto avrebbe potuto scoprirti? A quel punto che cosa avresti fatto? Come pensi che saresti riuscita ad uscire indenne da una situazione simile?"
"E invece ti sbagli, perché ho pensato a questo. Ho pensato a qualunque eventualità, ma ho deciso di affrontare ugualmente i possibili rischi perché avevo bisogno di parlare faccia a faccia con Teddy, senza reti a dividerci"
"E cosa hai ottenuto?"
"Niente... A parte uno schiaffo e qualche livido sul collo che apparirà nei prossimi giorni"
"Ha provato a strangolarti?"
"Mi ha solo minacciata. Lo ha fatto per intimidirmi. Ha detto che non devo più presentarmi a Sona, perché la prossima volta non sarà così clemente, e credo che non stesse bluffando"
"E doveva aggredirti e picchiarti di nuovo per farti capire che devi stare lontana da lui il più possibile? Mi auguro che dopo questa brutta esperienza, tu abbia finalmente imparato la lezione" commenta lui, dando il colpo di grazia al mio sistema nervoso.
"Sei proprio uno stronzo" sibilo, inviperita "parli in questo modo perché odi Teddy, e perché non vuoi neppure sforzarti di capire e comprendere la situazione in cui mi trovo. Tu non hai la più pallida idea di come ci si sente a perdere una persona che si ama"
"Attenta a quello che dici, perché tu non sai assolutamente nulla di me"
"Vorresti dirmi che anche tu sai che cosa significa soffrire per amore?" domando, in tono derisorio, per ripagarlo delle offese e delle frecciatine gratuite che non perde occasione per lanciarmi, e la sua risposta mi coglie del tutto impreparata: mi si avvicina, fronteggiandomi con uno sguardo duro e con voce altrettanto glaciale.
"Sì, perché poche settimane fa ho assistito all'esecuzione della donna che amavo, e non ho potuto fare nulla per salvarla perché stavamo parlando al telefono ed eravamo a chilometri di distanza l'uno dall'altra: l'ho sentita supplicare per essere risparmiata, ed ho sentito i colpi di pistola che l'hanno uccisa. E adesso sto per rivivere quest'incubo una seconda volta, perché gli uomini che hanno freddato Veronica, senza battere ciglio, sono gli stessi che mi hanno incastrato e che volevano farmi finire sulla sedia elettrica. E adesso..." s'interrompe per prendere da una tasca della giacca due fotografie e le scaglia sul tavolino che costituisce l'unico ostacolo tra noi due "adesso hanno preso mio figlio e Sara. E se entro una settimana Michael non riesce ad evadere da Sona insieme ad un loro uomo che è stato rinchiuso lì dentro a sua volta, uccideranno anche loro due. Quindi non provare mai più a dirmi che non so che cosa significa perdere qualcuno che amo, perché sto rischiando di perdere tutto ciò che ho di più importante nella mia vita nell'arco di pochissime settimane".
Quando Burrows termina il suo sfogo personale, prendo in mano le due fotografie per guardare con attenzione: nella prima è raffigurato un adolescente con i capelli castani e gli occhi verdi, indubbiamente ereditati dal padre, nella seconda, invece, è impressa una giovane donna dalla chioma rossa; entrambi reggono tra le mani un giornale e si trovano in un ambiente anonimo, probabilmente un vecchio edificio o un magazzino, impossibile da identificare.
"Scusami" mormoro, sinceramente dispiaciuta "io non immaginavo che..."
"Adesso che lo sai, cerca di non parlare più a sproposito"
"Quindi tu e Michael siete sotto ricatto da parte di queste persone? Ma perché lo stanno facendo? Che c'entrate con loro? Dove stai andando?" gli chiedo, corrucciando le sopracciglia, vedendolo indossare una giacca elegante ed inforcare i suoi immancabili occhiali da sole; e Burrows, sicuramente ancora offeso per ciò che gli ho detto, si limita a darmi una risposta laconica, senza scendere nei particolari.
"Devo incontrare una persona"
"Vengo anch'io con te"
"No!" ordina, categorico, puntandomi contro l'indice destro "tu resti qui e non provare a muoverti. Hai già fatto abbastanza per oggi. Al mio ritorno voglio trovarti esattamente dove sei ora"
"Non puoi trattarmi in questo modo!" esclamo, scandalizzata "io non sono la tua schiava!".
Non ricevo altra risposta da parte sua: Lincoln esce dalla camera chiudendo la porta alle sue spalle, abbandonandomi qui dentro.
Lascio ricadere le braccia lungo ai fianchi e mi abbandono sulla poltroncina, appoggiando la testa sullo schienale imbottito, completamente da sola, ad eccezione del silenzio e dei pensieri che affollano la mia testa, perché nello stesso momento in cui poso gli occhi sulla mia fede nuziale, mi concentro in automatico su Theodore: rivedo il suo sguardo freddo, carico di odio e disprezzo, e mi sembra quasi di sentire la sua mano stretta attorno alla mia gola, che m'impedisce di respirare.
Sfioro appena la pelle del collo e deglutisco a vuoto, con le lacrime che prepotentemente tornano a pizzicarmi gli occhi, offuscandomi la vista; adesso, a mente lucida, dopo aver quasi rischiato la vita intrufolandomi in un carcere maschile, mi sento una completa idiota per quello che ho fatto, per aver sperato davvero, con tutta me stessa, che il mio uomo potesse perdonarmi.
Lui è stato chiarissimo durante il nostro primo incontro, ed ha rimarcato molto bene il concetto nel corso del secondo: mi odia, la mia sola presenza lo disgusta profondamente e non vuole avere nulla a che fare con me.
Quello che è successo a Panama, è stata solo una piccola parentesi dettata dall'alcol.
Devo arrendermi alla realtà dei fatti: ho perso Teddy per sempre; posso provare ad insistere tutte le volte che voglio, supplicarlo in ginocchio, ma niente e nessuno lo riporterà indietro da me.
Ho perso l'uomo della mia vita per una leggerezza e non posso incolpare nessun altro se non me stessa.
Eppure, nonostante la nostra storia sia arrivata ad un capolinea definitivo, non riesco a liberarmi né della mia fede né della sua appesa alla catenina dorata.
Lincoln fa ritorno dall'appuntamento due ore più tardi e non nasconde la sorpresa di trovarmi esattamente nello stesso punto in cui mi aveva lasciata, proprio come espresso da lui stesso.
"Non credevo che mi avresti ascoltato. Anzi, se devo essere sincero, ero convinto che non ti avrei più trovata" commenta, togliendosi la giacca e lanciandola sopra al letto "posso chiederti per quale motivo non te ne sei andata?"
"Perché avrei dovuto farlo? Non ho un posto dove andare. Potrei tornare in America, dall'amica che mi ha ospitata dopo che io e T-Bag ci siamo separati, ma sarebbe troppo pericoloso e non farei altro che metterla in una posizione delicata: ha già fatto abbastanza per me, non voglio farle perdere il lavoro e renderla complice della complice di un evaso. La mia vita è già abbastanza incasinata, non ci tengo ad incasinare anche quelle degli altri" mormoro, con un mezzo sorriso, stringendomi nelle spalle "e poi non sono stata sempre qui, immobile. Come puoi vedere mi sono cambiata, ho buttato nel cestino della spazzatura quell'orribile tunica ed il velo"
"Sì, lo avevo notato" commenta di nuovo Burrows, con un'occhiata che non riesco a decifrare: lui ed il fratello minore si assomigliano molto in questo, è pressoché impossibile capire che cosa passa per il loro cervello, perché i loro occhi non lasciano trasparire la benché minima traccia di emozione "ho bisogno di una doccia"
"Lincoln!" esclamo, bloccandolo prima che possa chiudersi in bagno "prima che tu possa andare, volevo parlarti"
"Riguardo a cosa?" mi domanda lui, accigliato, allontanando la mano dalla maniglia della porta ed incrociando le braccia muscolose, che la camicia bianca e aderente ricopre a fatica.
"Durante la tua assenza, ho pensato a quale potrebbe essere la cosa più giusta da fare per me e credo che a te ed a Michael non dispiacerà affatto avere un'alleata, vista la situazione in cui entrambi vi trovate"
"Scordatelo".
La parola secca, imperativa e categorica del giovane uomo, mi fa spalancare gli occhi; e quando prova ad entrare in bagno glielo impedisco, interponendomi tra lui e la porta.
"Perché?" chiedo, con uno sguardo risentito "perché non vuoi accettare il mio aiuto? È a causa di T-Bag? Sei ancora convinto che potrei prendermi gioco di voi e voltarvi le spalle alla prima occasione?"
"Non si tratta di questo" risponde Lincoln, provando a scostarmi, ma io faccio resistenza, appoggiando i palmi delle mani sul legno chiaro, perché la discussione non è ancora finita.
"E di che cosa, allora?"
"Non voglio avere altre vite sulla mia coscienza" urla, esasperato, facendomi trasalire "anche se sei una pazza completamente fuori di testa, e nessuno riuscirà mai a farmi pensare il contrario, non ci tengo ad avere un altro peso da portare sulle spalle. Tu non immagini neppure la pericolosità della situazione in cui ci troviamo io e Michael, di conseguenza stanne fuori. Puoi restare qui, se non hai un altro posto dove andare o se vuoi prendere del tempo per chiarirti le idee, ma sono intenzionato a coinvolgerti ancora di più in questa storia. Che tu ci creda o no lo faccio per il tuo bene, un giorno mi ringrazierai per questo. E adesso, se non ti dispiace, ho davvero bisogno di fare quel bagno perché anch'io devo schiarirmi le idee".
Provo a fare ancora resistenza, ma questa volta il fratello maggiore di Scofield riesce a spostarmi bruscamente, spingendomi di lato, rifugiandosi nel bagno e sottraendosi così al confronto; picchio più volte i pugni sul legno, per attirare l'attenzione del giovane uomo, ma lui si rifiuta di aprire la porta, anzi: dopo qualche minuto, sento il getto d'acqua della doccia colpire le mattonelle del pavimento e le pareti di vetro.
"La discussione non è finita qui" grido, in modo che possa sentirmi, nonostante il rumore dell'acqua "e se pensi di liberarti così facilmente di me, ti sbagli di grosso".
Colpisco un'ultima volta la porta, in un eccesso di rabbia ed impotenza, mi allontano e mi lascio cadere sul divano, completamente esausta: la paura di essere scoperta all'interno di Sona, il litigio violento con Teddy e la discussione animata con Burrows mi hanno svuotata di ogni energia, riducendomi ad un guscio vuoto, e solo ora me ne rendo conto.
Solo ora sento il peso dell'intera giornata gravare sulle mie spalle.
Chiudo gli occhi, con la speranza di riuscire a riposare per qualche minuto senza essere perseguitata dagli incubi, ed incredibilmente ci riesco, perché la stanchezza ha il sopravvento su tutto quello che mi è accaduto; mi risveglio diverse ore dopo, a sera inoltrata, sentendo qualcosa di soffice posarsi sul mio corpo: sollevo le palpebre e mi rendo conto che si tratta di una coperta che Lincoln ha sistemato su di me, ed il diretto interessato ha occupato il lato opposto del divano, laddove i miei piedi non arrivano.
"Tu ed io abbiamo iniziato con il piede sbagliato" commenta, mentre mi siedo e mi stropiccio gli occhi con entrambe le mani.
"Che cos'è questa? Un'offerta di pace?"
"Voglio solo farti capire che non ce l'ho con te, ma non posso raccontarti nei dettagli quello che sta succedendo e coinvolgerti in prima persona, perché la tua vita sarebbe in grave pericolo, Nicole" mormora Burrows, chiamandomi per nome per la prima volta "quegli uomini sono davvero molto pericolosi. Tutte le persone che credono alla mia innocenza, e che provano ad aiutare me e Michael finiscono per fare una brutta fine. Se ti permetto di aiutarmi, ti uccideranno come hanno fatto con Veronica e faranno a pezzi il tuo corpo perché non venga mai ritrovato"
"Ed io voglio farti capire che non sono una sprovveduta, non immagini neppure tutto quello che ho passato prima di arrivare a Chicago" sussurro a mia volta, con un mezzo sorriso, ripensando alla vita che ho condotto prima di essere assunta a Fox River "capisco la tua preoccupazione, ma non puoi continuare da solo, si vede che hai disperatamente bisogno di aiuto... E dal momento che, mio malgrado, mi trovo a Panama senza una casa ed una meta precisa, e non posso tornare a Chicago perché verrei arrestata e rinchiusa in prigione, sarò io il tuo braccio destro. Allora... Vuoi raccontarmi la storia dall'inizio?".
Guardo Lincoln con il sopracciglio destro sollevato, e lui si passa le mani sul viso, sospirando.
"So già che me ne pentirò molto amaramente" commenta, prima di mettermi al corrente di ogni singola cosa.
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