LE RAGIONI DEL CUORE (PARTE 2)

Sottotitolo: "Sussurrami la tua debolezza e ti presterò la mia forza."

"Cosa?" chiese Luke certo di aver sentito male.

Ahsoka gli lanciò uno sguardo obliquo. "Ho detto che ho una missione per te e Mara. Dovete andare a questo indirizzo, nei bassifondi e arrestare questo tipo. È uno torturatore scelto dell'Impero. Sta sfuggendo la cattura da mesi. Ora sappiamo dov'è e non possiamo farcelo scappare."

Luke trasecolò. "Non è meglio mandare qualcuno di più esperto, allora?"

Ahsoka lo fissò, stupita. "Luke hai combattuto per anni con la Ribellione, non credo che questo tipo sia un problema per voi due. E poi, tuo padre non c'è, quindi siete i meglio addestrati."

"Ah... okay, allora. Andrò... con Mara." Balbettò Luke, cercando di convincere tanto Ahsoka quanto sé stesso, che andava tutto bene.

Ahsoka lo fissò dritto negli occhi. "Luke, sei un Jedi. Non lasciare che i tuoi sentimenti personali complichino le cose."

Luke si irrigidì, poi annuì e abbassò lo sguardo.

"Ti aspetta nell'hangar." Disse Ahsoka, in un chiaro invito ad andare.

Luke fece un respiro e si ritrovò sulla strada per l'hangar senza che potesse farci niente.

***

Mara controllava e ricontrollava per l'ennesima volta la sua spada laser, sperando che le successive ore potessero svanire come per magia. La spada dalla lama azzurra l'aveva costruita mesi prima, da sola lasciando che la Forza la guidasse verso il cristallo Kyber destinato a lei e sembrava molto più giusta in qualche modo di quella viola che le aveva dato l'imperatore.

L'imperatore.

L'imperatore che continuava a sognare notte dopo notte. L'imperatore che la costringeva ad inginocchiarsi, che la colpiva con i suoi raggi di Forza. L'imperatore che le faceva uccidere persone innocenti. L'imperatore che le ordinava di uccidere Luke Skywalker.

L'imperatore che la rapiva dai suoi genitori. I suoi genitori. Gli eroi che avevano lottato fin dall'inizio dell'impero per riportare la pace nella galassia e che era morti nel tentativo di farlo. E lei come li aveva ripagati? Lavorando con l'imperatore per quasi 20 anni.

I suoi genitori che non sapeva nemmeno se le mancavano o no. Sapeva che se l'avesse detto a qualcuno l'avrebbe rimproverata perché i suoi genitori erano morti per proteggerla e a lei non mancavano nemmeno. La verità era che non aveva mai conosciuto cosa sia un genitore e non poteva dire in tutta sincerità cosa si fosse persa. Forse questo la rendeva un persona orribile.

Di sicuro non una persona che merita di stare con Luke Skywalker. Anche lui aveva perso tanto, ma era diverso. Sapeva che i suoi genitori erano orgogliosi di lui. Suo padre e anche sua madre. Aveva marchiato quel fatto quando si era unito all'Alleanza e aveva combattuto contro Palpatine. Ma lei invece? A parte un cambiamento di lato, dettato più dal desiderio di vendetta che da altro e un po' di addestramento Jedi. Come potevano gli eroi che erano stati i suoi genitori, provare nient'altro che vergogna verso di lei?

Mara scosse la testa e cerco di scacciare via quei pensieri dalla testa, come al solito con scarsi risultati. Non aveva tempo ora, aveva un missione da portare a termine. Il che la riportava alla preoccupazione per il presente. Lei era abituata a lavorare da sola. Ora doveva avere a che fare anche con un'altra persona. Il fatto che la persona in questione fosse il suo... ragazzo/non ragazzo non aiutava. Si chiese se sarebbe venuto. Visto il modo in cui l'aveva ignorato, non dubitava che avrebbe anche potuto non farlo.

"Ti sei tagliata i capelli."

La voce famigliare la riscosse dai suoi pensieri turbolenti. Si voltò di scatto e si trovò davanti Luke, più bello che mai, tutto in nero e marrone scuro, con la spada laser alla cintura e il mantelle sulle spalle. Per un attimo perse l'uso della voce e le ci volle qualche secondo per realizzare che, sì, in effetti aveva tagliato la sua chioma in un caschetto che le arrivava appena sotto al mento. Perché questa fosse la prima cosa che al suo contadino veniva in mente di dirle dopo una settimana di silenzio stampa da parte di entrambi sfuggiva alla sua comprensione.

"Stai... sì stai bene." Balbettò Luke, dopo di che, entrambi abbassarono lo sguardo e si fissarono i piedi.

"Senti," disse dopo un po' Luke sospirando. "Abbiamo una missione da portare a termine. Ci sono in gioco delle vite, quindi facciamo i Jedi, e non lasciamo che le emozioni interferiscano." Mara gli lanciò un'occhiata scettica e lui alzò le mani. "Puro rapporto lavorativo, okay?"

"Okay." Rispose Mara senza smettere di suonare vagamente scettica. "Quindi andiamo?" chiese indicando lo speeder.

"Andiamo." Annuì Luke e prese posto ai comandi, mentre Mara gli si accomodava al fianco.

Il viaggio fu tanto lungo e imbarazzato, con solo qualche blando scambio di battute sul tempo e sull'ambiente, che Luke si ritrovò ad essere sollevato di arrivare a destinazione, anche se tutto ciò che aveva intorno era una strada sporca e malfamata. L'appartamento, se così si poteva chiamare, in cui dovevano trovare il loro obiettivo era dritto davanti a loro, al primo piano di una palazzina decadente. Luke non riusciva mai a spiegarsi come su Coruscant potessero convivere quelle due realtà, una ricca e splendente, l'altra povera ed in rovina.

Si avvicinarono cautamente, attenti a non fare rumore, e sbirciarono dalla finestra più vicina. Il vetro era così incrostato che era praticamente impossibile vedere qualcosa dell'interno.

Luke chiuse gli occhi, si affidò alla Forza e si concentrò in cerca di fonti di vita e possibili minacce. Individuò subito quella in qualche strano modo sporca dell'uomo che stavano cercando. Con gentilezza ed un briciolo di esitazione, avvicinò la sua mente a quella di Mara.

"Credo sia nella stanza al fianco di questa." Le sussurrò. Lei voltò la testa di scatto, e sembrava sul punto di protestare, poi a quanto pare decise che non era stato troppo offensivo e si limitò ad annuire.

Lentamente Luke allungò una mano e aprì silenziosamente la porta d'ingresso. Entrarono fianco a fianco di soppiatto e si diressero verso la stanza in cui sapevano ci fosse l'obiettivo.

Il suono di una holovideo arrivava soffocato alle loro orecchie. Quando furono a meno di tre passi di distanza dalla porta chiusa, si scambiarono uno sguardo d'intesa. Mara tirò un calciò alla porta che si spalancò violentemente e scattarono all'interno.

"Fermo!" intimò la ragazza, la spada laser in pugno.

L'uomo si alzò di soprassalto dalla poltrona sgangherata su cui era seduto. Era alto, con i capelli scuri tagliati a spazzola ed una benda sull'occhio sinistro. Portava un vecchia uniforme imperiale e un mantello che gli arrivava alle ginocchia. Sul suo viso si susseguirono parecchie emozioni, dalla sorpresa, allo spavento, poi un ghignò malvagio gli distorse i lineamenti duri.

"Guarda un po' chi si rivede." Sibilò malignamente. "La piccola Jade. Chi l'avrebbe mai detto... Mara Jade, un Jedi."

Mara si immobilizzò e la mano che stringeva la spada laser iniziò a tremare.

Luke cercò di lanciarle un'occhiata, senza perdere di vista l'uomo che avevano davanti. "Lo conosci?" sussurrò.

L'uomo ridacchiò, una risata crudele. "Se ci conosciamo? Ma certo, Jade. Dai, racconta a bel faccino di quando eri in punizione e giocavamo insieme."

Luke sentì la bile salirgli alla gola. Aveva un vaga idea di cosa intendesse quell'individuo con le parole 'giocavamo insieme'. I metodi di tortura imperiali non erano di certo un segreto. D'un tratto sentì l'impulso di stringere dita mentali intorno alla gola dell'uomo seduta stante, ma dopo pochi secondi, si sforzò di calmarsi e controllare la rabbia. Mara, tuttavia, sembrava non avere certe rimostranze.

"Non dire un'altra parola!" sputò fuori e si gettò verso l'uomo.

Luke percepì l'avvertimento nella Forza prima che succedesse. "Mara!" strillò e si lanciò in avanti.

Riuscì ad afferrarla per le spalle e a trascinarla via, proprio mentre la piccola granata a scoppio che l'uomo teneva in mano veniva lanciata e li mandata a fracassarsi contro la finestra direttamente sulla strada lurida. Luke rotolò per qualche metro sull'asfalto duro, mentre uno sciame di lucine gli esplodeva sulle retine.

Con un enorme sforzo di volontà ignorò il dolore e si tirò su a sedere. Mara era seduta poco distante e sembrava scossa tanto quanto lui. Le si avvicinò le offrì le mani per aiutarla ad alzarsi.

"Stai bene?" esclamò, con l'ansia che usciva ad ondate dalla voce.

Qualunque cosa stesse per rispondere Mara fu interrotta dal rumore di un blaster che veniva caricato, alle spalle di Luke. "Non vivrete per raccontare che mi avete visto qui."

Luke agì d'istinto. Girò sui tacchi, lasciando che lo Forza guidasse i suoi movimenti mentre colpiva quasi ciecamente. Il suo gomito impattò con un polso, scagliando via il blaster stretto nella mano. Luke registro a malapena lo sguardo sorpreso del suo aggressore e il suo urlò di sorpresa quando realizzò di aver perso l'arma. Cadde sull'asfalto tra di loro e Luke lo calciò lontano. Il momento di distrazione fu abbastanza per l'uomo per riprendersi dallo shock, e cercò di colpire Luke di nuovo. Luke si abbassò, con la Forza che lo avvertiva del colpo appena prima che si abbattesse. L'uomo perse l'equilibrio quando il suo pugno colpì nient'altro che l'aria e Luke gli tolse l'appoggiò dei piedi con il ginocchio.

Mente cadeva, l'uomo afferrò un lembo del mantello di Luke tirandolo giù con lui. Luke soffocò un lamento quanto impattò con il terreno, e rotolò veloce tenendo fermo l'aggressore al suolo. Attingendo alla Forza, gli mise la mano destra sulla fronte e gli ordinò di dormire. Istantaneamente, quello si immobilizzò.

Tirando un sospiro di sollievo, Luke gli ficco senza tante cerimonie due manette sui polsi. Poi ritornò veloce dove aveva lasciato Mara.

Lei era caduta in ginocchio ed osservava dritto davanti a sé, tremando da capo a piedi. Luke le si inginocchiò accanto, le gambe d'un tratto instabili ora che l'ondata di adrenalina cominciava a svanire.

"Stai bene?" chiese cercando di intercettare lo sguardo di lei. Mara sembrò finalmente metterlo a fuoco e la sua espressione persa gli fece stringere il cuore.

"Lui... lui era..." mormorò incapace di formare una frase completa.

"Lo so." La interruppe Luke, poi le sia avvicinò e l'abbracciò. Sentì la sorpresa iniziale di Mara svanire dopo qualche secondo, e lentamente si rilassò nella sua stretta. Luke le accarezzò piano la schiena finchè non smise di tremare.

Dopo un'eternità, o forse qualche istante, si separarono e si guardarono negli occhi. Luke scrutò il viso sporco e stanco di lei, pensando che non avrebbe potuto essere più bella e sorrise. Si chinò in avanti e la baciò leggermente sulle labbra.

Mara lo fissò con occhi confusi e mormorò. "Perché l'hai fatto?" chiese con voce tremante.

Luke sorrise di nuovo dolcemente, poi le sussurrò. "Perché ti amo, razza di idiota."

Poi si alzò e le offrì la mano. "Andiamo a casa."

Mara lo osservò per un lungo istante poi un incerto sorriso le illuminò il viso ed intrecciò le dita con le sue.

***

La luce del mattino filtrava dalle imposte socchiuse della sua camera, quando Luke aprì gli occhi. Sbattè le palpebre e scacciò dalla mente i residui di sonno e, così facendo, il ricordo della sera precedente gli si abbatté addosso. Sentì chiaramente le sue guance arrossire e richiuse gli occhi.

"Buongiorno." Mormorò la voce di Mara al suo fianco.

"'Giorno." Rispose Luke, e si ritrovò inspiegabilmente a ridacchiare.

Avvertì chiaramente Mara aggrottare le sopracciglia e lanciargli un'occhiataccia. "Cosa c'è di così divertente, contadino?"

Luke per tutta risposta spalancò gli occhi e si voltò per baciarla, e i suoi baci erano di quelli disinibiti e profondamente sinceri. Tutto il suo agile corpo di guerriero era concentrato su ciò che voleva, tutto il suo cuore altrettanto coinvolto. Per un lungo, selvaggio ed euforico frammento di eternità, Mara credette che Luke non volesse altro che stare con lei, che loro due stessero insieme. Per molto, molto tempo.

Una canzone dei Mecallica ruppe il silenzio e i due ragazzi si separarono di scattò. "Cosa diavolo è?" esclamò Mara.

"La sveglia." Borbottò Luke, voltandosi verso il suo comodino per fermare l'allarme del suo comunicatore. Disgraziatamente, il comm-link non era al suo solito posto. Con orrore Luke scansionò il caos di vestiti sul pavimento per cercare l'aggeggio infernale.

"Fallo smettere ti prego." Lo implorò Mara, ficcando la testa sotto il cuscino. "Ma come cavolo fai a svegliarti ogni mattina con quel fracasso?"

Luke individuò il comunicatore e lo tirò nella sua mano usando la Forza, ma nell'istante in cui le sue dita si chiusero intorno al metallo quello smise di suonare. Frustrato Luke lo gettò di nuovo a terra su quella che era abbastanza sicuro fosse la sua maglietta.

Si lasciò ricadere sui cuscini e chiuse gli occhi. Avvertì chiaramente gli occhi di Mara sul suo viso e sapeva che prima o poi sarebbe arrivata una domanda.

"Di cos'è che avevi paura?"

"Gli speeder rigati." Sussurrò con voce scherzosamente impaurita, voltandosi su un fianco per guardarla negli occhi.

"Dai, Luke!" protestò lei. "Sono seria. Quando... quando ti ho detto quello che provavo, sembravi... non lo so, spaventato."

Luke evitò per un secondo il suo sguardo ed apprezzò il fatto che non gli stesse mettendo troppa pressione.

"Perché lo ero." Rispose sinceramente e vide l'espressione di Mara vacillare per un momento, prima di tornare a quella di calma serenità di poco prima. Luke sospirò e la guardò dritta negli occhi verdi.

"Ho visto i miei famigliari dare i loro i cuori così, senza pensarci due volte. E ho visto anche quanto hanno sofferto. Leia... si sarà anche comportata come al solito, forte e decisa, ma sapevo quanto in realtà stesse male, quando Han era prigioniero di Jabba. E mio padre... è bravo a nasconderlo, ma vedo quanto sta ancora soffrendo per ciò che è successo a mia madre. Anche a distanza di tutti questi anni, soltanto sentire il suo nome lo ferisce. So che molte persone hanno amato e perduto, ma credo che pochi siano mai stati inguaribilmente fedeli come lo è mio padre. A intere vite di distanza, non ha permesso a nessuno di avvicinarsi, neanche lontanamente, al suo cuore. È inutile negarlo. I cuori si spezzano e poi non tornano più come prima. Per quello che ero... sì, terrorizzato."

Mara lo fissò in silenzio, incerta su cosa dire o fare. Luke la guardò negli occhi con un sorriso gentile poi le prese la mano e intrecciò le dita con le sue. "Immagino che, nel frattempo, ho realizzato che ne vale pena. Eccome."

Mara non rispose e spostò lo sguardo sul soffitto, decorato con un motivo di stelle e pianeti, per celare, anche se non lo avrebbe mai ammesso, occhi lievemente lucidi.

"Ora è il tuo turno però." Sussurrò Luke e lei si voltò a guardarlo di scattò con le sopracciglia inarcate. "Ti ho detto di cosa avevo paura, ora tocca a te dirmi cosa ti tormenta."

Mara esitò, chiaramente incerta se eludere di nuovo la domanda o rispondere. Ma non poteva evitarlo di nuovo, Luke non se lo meritava.

"Ho... avuto degli incubi, ultimamente." Mormorò.

Luke le si avvicinò, immediatamente preoccupato, annullando la già poca distanza tra di loro. "Brutti?"

Mara annuì e guardò le orbite azzurre di Luke. "Sull'imperatore e su tutto ciò che mi ha fatto."

Luke strinse i pugni e Mara avvertì chiaramente la breve corrente di rabbia che attraverso il suo corpo prima che la rimandasse sotto controllo.

"Fin qua niente di strano." Continuò ed alzò le spalle, quando Luke le lanciò un'occhiata incredula. "Mi è sempre successo spesso, ma questi sogni... mi hanno fatto tornare in mente i miei genitori. Lo sai chi erano Luke?"

Luke scosse piano la testa. "Erano due artisti, due pittori. E nei primi anni imperiali comandavano di nascosto una cellula ribelle su Coruscant, prima che... prima che Palpatine..." Mara deglutì per cercare di riportare la sua voce ad un tono normale, ma Luke le si avvicinò e l'abbracciò

"Mi dispiace." Le sussurrò all'orecchio.

"Erano degli eroi Luke." sussurrò Mara, seppellendo il viso nella spalla di lui. "E io... io una stupida arma di colui che li ha uccisi che disonorava tutto ciò per cui loro hanno combattuto."

Si separò dall'abbraccio di Luke e gli appoggiò la testa sul braccio, mentre la mano destra di lui le accarezzava piano la schiena. "Non saranno mai orgogliosi di me."

"Mar..." mormorò Luke.

"Lo sai che è vero."

"Non che non lo è." Dichiarò con fermezza Luke. "E ti spiego anche perché. Lo sai come mi sono fatto questa?" chiese indicandosi una sottile linea rossa sopra la sua spalla. Mara scosse la testa confusa.

"Su Endor Palpatine mi ha torturato con i suoi raggi di Forza e alcune cicatrici non andranno mai via. Ma sai cosa era successo prima?"

Mara scosse di nuovo la testa.

"Prima mio padre stava ancora... cercando di farmi passare al Lato Oscuro. Io sapevo - lo percepivo, che stava solo cercando di salvarmi la vita, eppure quando ha minacciato Leia io... io l'ho attaccato. Con tutto il potere che avevo. Non me ne sono nemmeno reso conto, e all'improvviso mio padre non aveva più la mano destra e la mia spada laser era puntata alla sua gola. Palpatine mi ha detto di ucciderlo e prendere il suo posto al suo fianco"

Luke sospirò mentre i suoi occhi sembrava stessero ripercorrendo ricordi lontani. "Certo, poi ho realizzato cosa avevo fatto e ho gettato via la spada laser però... la verità è che, per un terribile secondo, volevo farlo. Volevo ucciderlo per tutto il male che aveva fatto a me e mia sorella. Volevo uccidere mio padre"

Mara osservò preoccupata il viso sofferente di Luke. "Non l'ho mai detto a nessuno, credo perché me ne vergognassi. È stato solo... quando mio padre mi ha raccontato di sua madre che ho capito che forse avrei potuto anche perdonare me stesso."

"In che senso?" chiese Mara incuriosita, spostandosi un po' di lato per guardarlo bene in viso e cercando di ignorare la sua mano che continuava assente ad accarezzagli la schiena e che proprio non l'aiutava a concentrarsi sulla conversazione seria che stavano avendo.

"Mio padre mi ha detto che per tutta la sua vita aveva sempre pensato che non si sarebbe mai perdonato il fatto di non essere riuscito a salvarla dai predoni del deserto. E che era riuscito ad accettare la cosa e il fatto che in realtà mia nonna non gli avrebbe portato rancore, solo quando ha scoperto di avere dei figli, perché ha realizzato quanto un genitore può arrivare a perdonare al proprio bambino. Ed è pazzesco, considerato quanto poco incline a perdonarsi lui sia. Non capisco bene questa cosa dei genitori perché, beh, non ho ancora figli, ma Mar," disse Luke guardandola dritto negli occhi verde foglia. "Sono abbastanza sicuro che se mio padre può perdonarmi il fatto di averlo quasi ucciso, i tuoi genitori ti perdonerebbero qualcosa che, tra l'altro, non è nemmeno colpa tua."

Mara lo fissò per un lungo istante. Guardò il suo viso ispirato dal discorso, i suoi occhi vivaci e concentrati, i capelli biondi arruffati dopo la notte appena passata e la piccola fossetta sul mento che lei adorava così tanto. Luke percepì il suo sguardo e si voltò a guardarla con un'espressione interrogativa.

"Scusa, ammiravo la vista." Disse con un sorrisetto divertito e Luke arrossì adorabilmente. Mara scoppiò a ridere e gli diede un bacio sulla guancia.

"Grazie, Luke." gli mormorò all'orecchio. "Sei un gran chiacchierone al mattino." Osservò sogghignando.

Luke ridacchiò. "Sì, beh... ora non ho più voglia di parlare." Disse e avvicinò il naso a quello di lei.

"E cosa vorresti fare?" sussurrò di rimando Mara, lasciando che il suo fiato solleticasse le labbra di Luke.

Luke chiuse gli occhi e avvicinò il viso al suo quando di nuovo l'orrenda canzone di prima squarciò il silenzio e li fece sobbalzare entrambi.

"Non un'altra volta." Borbottò Mara, esasperata.

Luke iniziò a ridacchiare senza che potesse evitarlo e Mara dopo qualche secondo di esitazione si unì a lui.

Prima che se ne rendessero conto stavano entrambi ridendo fragorosamente.

***

Luke si stava preparando una tazza di caffè, canticchiando spensieratamente tra sé una canzone di Em Shaaren.

La giornata stava per finire e il sole che scaldava Coruscant stava tramontando. Dopo una lunga giornata di allenamento Luke si sentiva stanco ed indolenzito, ma questo non smorzava la sua allegria.

"When you said you looked a mess, I whispered underneath my breath, but you heard it, darling you look perfect tonight." *

Sull'ultima nota si girò di scatto e per poco non rovesciò la tazza sul pavimento dallo spavento. Suo padre stava dietro di lui appoggiato al tavolo della cucina con un'espressione indecifrabile. Come avesse fatto a non accorgersi della porta che si apriva, né della sua imponente figura, né tanto meno della sua scintillante presenza nella Forza, rimaneva un mistero. Anche se doveva ammettere che aveva davvero la testa da un'altra parte.

"Ciao." Lo salutò dopo aver recuperato una parvenza di autocontrollo.

"Ciao." Rispose suo padre, poi strinse gli occhi e gli lanciò un'occhiata obliqua. "Devi dirmi qualcosa?"

E lui come l'ha scoperto?

Luke sospirò. "Senti, mi dispiace. Lo so avevo promesso, ma mi è passato di mente e-"

"Ti è passato di mente?" chiese Anakin incredulo. "Come ha fatto a passarti di mente una cosa del genere?"

"Beh, no, non mi è passato di mente, mi è passato di mente di dirlo a te, perché, beh non eri qui e"

"Avresti potuto chiamarmi! Non pensi che tuo padre dovrebbe saperlo quando ti succede una cosa del genere?" esclamò Anakin.

"Certo! Però... mi dispiace okay?"

Anakin sospirò sonoramente. "Sei perdonato. Basta che la prossima volta ti prendi due secondi per mandarmi almeno un messaggio, d'accordo?"

Luke spalancò gli occhi vagamente allarmato. "La-la prossima volta?"

Anakin lo trafisse con lo sguardo. "Certo. Ogni volta che succederà."

"Ah... e ehm perché?" chiese Luke con voce tesa.

Anakin gli lanciò un'occhiata incredula. "Non credi che io abbia il diritto di sapere quando mio figlio è stato quasi ucciso?!"

Luke lo fissò in silenzio per parecchi secondi, poi se ne uscì con una risatina.

"Non capisco cosa ci sia da ridere." Borbottò Anakin.

Suo figlio soffocò le risate e sorrise. "Parlavi della missione."

"Perché tu di cosa parlavi?" chiese Anakin, guardandolo confuso.

"Oh... ehm... no di niente. Cioè della missione. Parlavo della missione, sì." Balbettò Luke e si affrettò a voltarsi per pulire un po' di sporco inesistente dal bancone della cucina. "Ti prometto che la prossima volta te lo dirò subito."

"Okay." Mormorò suo padre alle sue spalle. "Vado a farmi una doccia, ordini tu la cena?"

"Si sì, certo." Rispose Luke con un sorriso.

Anakin gli si avvicinò e lo strinse in un rapido abbraccio, poi si allontanò piano. Quando fu sulla porta si voltò verso suo figlio, che lo stava fissando appoggiato al pianale. "Ah, furbetto," disse, mentre l'angolo della sua bocca si alzava in un sorrisetto. "Domani, la maglietta più a collo alto."

E senza aggiungere altro, girò i tacchi e se ne andò, lasciando suo figlio ad arrossire fino alle radici dei capelli.

*Quando dici che sei un disastro, io ti sussurrò sottovoce, ma tu mi senti, tesoro, sei perfetta stanotte.

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