Verità

Louis' pov

In seguito all'apertura della busta, ho riletto la lettera più e più volte, come se ad ogni tentativo aumentassero le possibilità che comparisse la scritta che non è realmente il mio gemello. Dopo la notizia, Harry mi ha domandato molteplici volte se stessi bene. Non ho risposto, mi sono limitato a coccolarlo fino all'ora di cena sotto le grida di Niall che si lamentava che non riusciva a seguire bene il film Coco se continuavamo a baciarci. Mentre mangiavamo e Niall e Harry si divertivano a fare battutine squallide per rallegrare l'atmosfera, Harry non mi ha mai lasciato la mano. L'ha tenuta stretta forte per tutta la serata. L'ha lasciata solamente mentre giocavamo a Twister e a Just Dance. Quella notte abbiamo dormito abbracciati. Non abbiamo fatto niente, eppure non mi ero sentito così appagato prima d'ora. Quasi mai mi è successo di sentirmi così bene anche senza andare a letto con qualcuno per giorni, di solito era qualcosa che sentivo come necessario. Con Harry invece, ho scoperto la vera importanza in una storia. Esserci. Solamente questo è il punto necessario per vivere felici in coppia.

Dopo una nottataccia trascorsa a sentire Niall dall'altra stanza che parlava con la fidanzatina fino alle quattro del mattino, ho riposato solo un paio d'ore prima di alzarmi, lasciando un Harry terribilmente caldo e dolce a letto da solo. Accanto al comodino gli ho lasciato una lettera dove gli spiego come mai mi trovo qui, in un bar qualsiasi ad aspettare mio fratello. Fa strano dirlo, eppure è veramente così.

"Whiskey, il mio preferito." Una voce ormai dimenticata mi raggiunge. Austin si trova in piedi proprio davanti a me, indicando il bicchiere che tengo in mano.

"è un'ottima colazione, non posso negarlo."

"Uno anche per me per favore." Chiede gentilmente al barista.

"Per favore eh? Ti hanno insegnato le buone maniere vedo."

"Anche i cani randagi come me, conoscono le basi."

"Perché lo hai fatto?"

"Dritto al sodo, mi piace."

"Non scherzare."

"Ti odio, tutto qui."

"Mi odi? è perché è sono stato io a chiedere di andare a prendere il gelato quel giorno?"

"Certo che no, ho sempre odiato quella strana gelateria in cui ci trascinavi sempre. Come si chiamava, la Easter Pong. Poi che razza di nome è?"

"Già, il gelato fa schifo."

"Ci sei tornato?"

"Solo una volta."

"Per forza, chi tornerebbe mai in un posto che si chiama Easter Pong."

"Ha cambiato nome. Ora è la Christmas Pong, vendono più che altro dolci e caffè a tema natalizio."

"Per rendere magico ogni giorno come fosse natale! Sì ho visto lo slogan, spaventoso."

"Per essere uno che dovrebbe essere arrabbiato con me non sembri per nulla incazzato."

"Ho cambiato idea."

"E cosa ti ha fatto cambiare idea su di me?"

"Il tuo fidanzato. Ti ama davvero e ne ha passate troppe. Non si merita altre sofferenze. Mi ha spronato a dare una possibilità anche a te, per cui è quello che farò."

"Non ti fa schifo che il tuo gemello appena ritrovato sia fidanzato con un ragazzo?"

"Beh, credo che chiunque si innamorerebbe di Harry. È così tenero, ha sempre le guanciotte rosse, un sorriso cordiale ed è molto empatico. Sa cosa dire e quando dirlo, opta per la pace e la diplomazia al posto dello scontro fisico. E poi i suoi meravigliosi ricci e gli occhi verdi lo rendono ancora più bello, è un essere perfetto. Per cui no, non ti biasimo per niente. Anche io me ne innamorerei."

"Sta attento a non esagerare con i complimenti." Dico in tono rabbioso.

"Ok, placa la gelosia. Non ho detto che ho intenzione di rubartelo, anche se in realtà non sarebbe male come idea."

Lo colpisco sulla spalla, facendolo lamentare dal dolore.

"Sei proprio bravo fratello."

"Non chiamarmi così."

"Ma è quello che sei, no? è per questo che hai voluto vedermi con così tanta urgenza."

"Hai idea di quanto io mi stia trattenendo dal farti nero? Non ho scordato ciò che hai fatto ad Harry e nemmeno lui si è dimenticato di te."

"Mi dispiace."

"Non mi importano le tue scuse."

"Perché sono qui allora."

"Per dirmi tutto ciò che sai su chi ti ha mandato."

"Sai fratellone, è divertente come non te ne importi assolutamente nulla di me."

"Ti sbagli."

"Quindi ti importa? Perché onestamente a me non sembra proprio."

"Ti sbagli! Ogni giorno di questi lunghi undici anni non ho fatto altro che piangere e soffrire. Credi davvero che dopo l'incidente abbia trovato una famiglia ricca e abbia vissuto felice e contento? Davvero credi che i soldi diano questo a me? Ho stampati nella mia mente i volti insanguinati di mamma e papà, li vedo ogni notte, costantemente senza che li possa allontanare. Il senso di colpa non mi ha mai abbandonato. Perché sento sempre di essere stato la causa di tutto e vorrei poter tornare indietro e aggiustare tutto ma non posso. Credimi Austin, se l'avessi saputo non vi avrei mai chiesto di uscire."

"Ti aspettavo Troy, quando ho ripreso conoscenza ti ho visto. Eri seduto in un'ambulanza. Sembrava mi guardassi ma probabilmente, stavi solo fissando il vuoto. Non potevo muovermi, non riuscivo a parlare. Ho cercato di avvertirti che ero vivo ma te ne sei andato con l'assistente sociale. Da quel momento ti ho cercato, e nel contempo speravo che mi stessi cercando anche tu. Hai cambiato nome però Troy, ora ti fai chiamare Louis e hai preso anche il cognome della famiglia adottiva."

"Non avevo idea che fossi vivo Austin, nessuno me lo ha detto."

"Sono finito in orfanotrofio ma al contrario tuo ho vagato di casa in casa. Cambiavo abitazione ogni due anni. Ho avuto cinque famiglie diverse, poi ai miei diciotto anni me ne sono andato di casa. A nessuno importava davvero di me, erano famiglie provvisorie, affidatarie. Non ero un bimbo facile, mi ribellavo perché ero convinto che saresti venuto a prendermi. Solo se non avessi avuto una famiglia sarei potuto venire con te." Prende un sorso del suo drink, ordinando un secondo bicchiere.

"Da ormai due anni vago per gli stati uniti alla tua ricerca. Volevo davvero trovarti, ho pensato che se non lo avessi fatto tu, allora sarei stato io per una volta il più grande trai due. Sai, ho sognato mille volte il giorno in cui ti avrei rincontrato ma devo ammettere che non mi aspettavo sarebbe stato così. Appena diventato maggiorenne sono stato accolto nello scantinato di un compagno di scuola. Tutti andavano al college ma senza una borsa di studio i mie genitori affidatari non volevano sborsare i loro soldi per farmi studiare, non che ne avessi voglia ovviamente. Ho lavorato come barista in una caffetteria a Princeton, nel New Jersey."

"è a cinque ore di volo da qui, sulla costa opposta dell'America."

"Già, è lì che sono stato portato i primi due anni e il mio ultimo. Entrambe le mie famiglie affidatarie erano di lì. è una bella città, dovresti andarci ogni tanto."

"Le altre tre invece di dov'erano?"

"Sono stato nell'Idaho, nel Wyoming e a Springfield nel Missouri."

"Sempre molto lontano da qui."

"Ma alla fine ti ho trovato comunque. Il primo anno da solo l'ho fatto sempre a Princeton, mi piace come posto. Oltre al barista facevo anche il cameriere e la sera è meglio che non dica che altro ho iniziato a fare per arrotondare. Quando ho avuto abbastanza soldi sono andato a Lincoln nel Nebraska per circa sei mesi, poi sono stato a Salt Lake City in Utah per tre mesi ed infine a Las Vegas nel Nevada, ma ci sono rimasto poco più di un mese. Invece è da due mesi che sono a Los Angeles."

"Come mi hai trovato?"

"Non sono stato io a trovarti, qualcuno ha trovato me. Quando ero a Las Vegas, a quattro ore di macchina da qui, ero in un club e un tizio mi si è avvicinato. Ero lì da sole due settimane per cui ancora non conoscevo bene nessuno. Mi ha stupito che quello sconosciuto sapesse il mio nome, ma non si ferma qui. Mi ha parlato di te, mi ha detto che vivevi con una famiglia ricca che ti aveva cresciuto bene. Avevi già persino un lavoro da CEO. Avrei dovuto essere felice per te, che avevi trovato una casa accogliente e una professione appagante ma la verità è che ero geloso di te. Avevi avuto tutto, ogni cosa che avevo desiderato da undici anni a questa parte. Mi sono sentito stupido, perché pensavo ancora a te mentre tu ti divertivi nel lusso. Volevo essere te e la voglia di trovarti si è tramutata in odio verso di te e della tua vita perfetta. Quel ragazzo ha detto che conosceva una persona che mi avrebbe portato da te. Così, senza pensarci sul serio, tre settimane dopo sono partito per la California. Loro mi hanno dato vitto e alloggio gratuiti ma in cambio dovevo fare tutto quello che mi dicevano. Ricevevo ordini tramite un cellulare fornito da loro, non era tracciabile e i messaggi dopo un giorno si autoeliminavano da soli, senza più possibilità di recuperarli. Persino le telefonate erano riservate, nessuno, neppure l'FBI sarebbe stato in grado di vederne i tabulati telefonici."

"Con chi hai parlato?"

"Solo con un uomo, dall'aspetto poteva avere sui venticinque o forse ventisei anni. Mi ha detto di avvicinare Harry, non sapevo il perché. La richiesta era di avere la sua fiducia così da carpire più informazioni possibili sulla sua vita, sulla tua e sulla vostra coppia. Quest'uomo di cui ti parlo l'ho visto solo due volte, la prima a Las Vegas e poi il giorno in cui sono arrivato qui. Per il resto erano solo messaggi. Essendo all'inizio poi non si fidavano molto di me, ecco perché non saprei darti altre informazioni. Ciò che so per certo è che a capo di tutto c'è una donna, la chiamano lei e tutti la temono. Non so quanti alleati abbia ma queste persone ti detestano profondamente."

"Quindi uccidere Harry era parte del piano?"

"Non avrei dovuto attuarla ora, comunque sì, si vociferava la possibilità di farlo sparire dalla circolazione. Senti, io non sono un santo, ho dei reati alle spalle e sono persino stato in prigione. Ma non sono un assassino, quando sentivo parlare altre piccole spie come me delle punizioni che lei infligge se non fai come ti dice o se fallisci, avevo paura ma non mollavo spinto dal desiderio di vendetta. Quando però si diceva di voler uccidere un ragazzino di diciassette anni mi si accapponava la pelle. Quando l'ho conosciuto poi è stato ancora peggio sentire le fantasie perverse di quei maniaci sui suoi riguardi. è una vittima innocente, una brava persona e non merita nulla di tutto ciò."

"Hai finto non è vero? Hai fatto finta di volerlo uccidere così loro avrebbero visto che ti catturavo e tu potevi dirmi tutto questo senza destare troppi sospetti."

"Voglio salvare quell'angelo innocente, e una parte di me, nel vederti così dolce con lui ha capito che forse non sei come ti avevano dipinto."

"Ho delle foto di alcuni sospettati, ti va di venire a vederle?"

"Certo."

"La mia vita non è stata facile come sembra."

"Lo so Troy, mi dispiace di essere il fratello stupido, come sempre."

"Non sei stupido, ti lasci sopraffare dalle emozioni, ecco tutto."

"Mi proteggerai Troy, vero? Loro faranno di tutto per eliminarmi ora che sono nelle tue mani."

"Sei mio fratello, da adesso non voglio più perderti."

Gli lascio una carezza in testa, alzandomi per andare in auto.

Lui mi segue subito dopo, accomodandosi sul sedile accanto a me.

"Dimmi chi tra questi riconosci."

Sparpaglio davanti a lui vari volti dei miei nemici più noti.

"No, nessuno di loro che io sappia e anche i loro nomi non mi sono familiari."

"Prova con questi, sono i sospettati che sento a pelle che possono nascondere qualcosa."

Li osserva attentamente, nel minimo dettaglio così da non sbagliarsi.

"Lui e anche lui e lui. Se vuoi gli altri te li posso disegnare così hai un'idea. Come ti ho detto noi siamo le braccia, quelli che eseguono gli ordini poi ci sono coloro che organizzano ciò che noi dobbiamo fare e infine c'è la capa di tutto. Non so quanti siano ma quelli come me sono tipo quattro o cinque."

"Sei sicuro di questi?"

"Al cento percento. Abbiamo fatto turni insieme a volte."

"Che genere di compiti avete?"

"Seguirvi dovunque andiate, recapitare le lettere, e il mio era quello di avvicinarmi a Harry. Dovevamo studiare le vite dei suoi amici, della sua famiglia, le sue abitudini, le strade che fa di solito. Tutte cose di questo genere."

"Avete delle foto? Avete visto qualcosa di privato?"

"No, assolutamente no. Ci siamo limitati ad annotare gli spostamenti e a numerarli in base a quanto frequentemente accadono, nulla più."

"Sai se qualcun altro ha questo compito?"

"No Troy, te lo giuro, nessuno vi filma o fa fotografie o vede cosa fate in casa vostra o in auto quando uscite. Nemmeno negli alberghi ci è permesso farlo."

"Quindi il programma ora è uccidere Harry."

"Il piano è sempre stato ferirti in qualche modo, localizzare il tuo punto debole e attaccarti su quello."

"Di lei sai qualcosa?"

"No, so solo che fa paura. Dicono sia una pazza ma io non l'ho mai vista."

"E chi l'ha vista?"

"Questo ragazzo qui, lui è uno dei pochi ad essere uscito vivo dal suo studio."

Volto le tre fotografie per la prima volta verso di me, sospirando preoccupato quando vedo il viso di Simon, Nick e di Zayn. è proprio lui che indica.

"Bene, che ne dici di andare a trovare il tuo amico Zayn? Fai strada tu?"

"Come? Sei forse impazzito? Se mi rivede in giro e lo comunica agli altri sono fregato."

"Vuoi ricreare l'allegra famigliola? Allora guadagnati la mia fiducia."

"Non ho mai detto una cosa simile."

D'un tratto il telefono inizia a squillare.

"Lou?"

"Harry piccolo, va tutto bene?"

"Sì, io e Niall ci stavamo chiedendo se dobbiamo andare a scuola in autobus o chiedere all'autista. Però tu ci tieni sempre a portarmi di persona quindi se non fai in tempo per questa volta va bene, lo sai che non è un problema per me."

"Non preoccuparti, sto giusto tornando ora. Mantengo sempre le mie promesse."

"Ti aspettiamo allora!"

"Certo, arrivo più in fretta che posso."

"Mi sei mancato molto questa mattina, svegliarmi senza di te mi ha fatto sentire strano."

"Non succederà più."

"Ora devo riattaccare, Niall mi vuole mostrare le foto della sua collezione di manga, ha detto che possiamo prestarceli a vicenda."

"È meraviglioso, così potrò vederti con gli occhiali steso al sole mentre leggi. Una visione divina."

"Smettila di dire certe cose."

"Sei meraviglioso e non mi stancherò mai di ripeterlo."

"Ti amo."

"Ti amo anche io, anche questo non mi stancherò mai di ripetere."

Detto ciò riattacchiamo insieme, facendo la conta all'indietro dal numero cinque, di modo che nessuno dei due riattacchi prima dell'altro.

"Wow fratello, siete proprio sdolcinati. I miei livelli di glucosio si sono alzati alle stelle dopo aver ascoltato questi pochi minuti."

"Sta zitto, ora ritorni agli arresti domiciliari. Portami i disegni di cui mi hai parlato e se ti vengono in mente altre cose, anche piccoli dettagli, dimmelo."

"Ok. Ciao ciao fratellone."

Lo lascio con una smorfia seccata ed un ciao tirato.

Lo affido alle mie guardie, guidando lontano senza poter fare a meno di chiedermi se le sue parole sono affidabili o meno.

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