Family
Sono passati ormai tre giorni da quando Lou è andato a parlare con Austin. Mi ha raccontato ogni cosa nel dettaglio, tuttavia e per validi motivi, non mi permette ancora di incontrarlo di persona. Sei giorni fa accadeva il misfatto e un po' mi consola il fatto che Austin non intendeva uccidermi ma ha fatto tutto quello che ha fatto per aiutarci. Da quel giorno i due fratelli si sono sentiti costantemente al telefono, inviandosi addirittura delle lettere. Non so bene cosa stiano tramando, sicuramente ciò che mi ha detto Lou sul loro incontro non è tutta la verità.
"Lou aspettami!" Corro di fretta giù per le scale con la cartella in spalla, un toast in bocca e la spazzola incastrata tra i capelli.
"Sei in ritardo anche stamattina baby, non mi piace farti pressioni ma se non ti sbrighi perderai l'inizio delle lezioni." Si avvicina paziente, cercando di liberare la spazzola dai miei ricci. Posa una dolce carezza sul mio capo ed un bacio sulla guancia.
"Lo so, scusami Lou."
"Non preoccuparti, non succede nulla, in fondo è solamente scuola." Mi sorride dolcemente, e in questo momento giuro che potrei sciogliermi.
Afferra la mia mano, portandomi fino alla macchina dove apre la portiera per me, per poi richiuderla una volta che sono entrato nell'abitacolo. Davanti a me, sul cruscotto, come ogni mattina è riposto un delizioso muffin alla marmellata di ciliegie e un girasole. Prendo tra le dita il fiore, osservandolo ed annusandolo, sentendomi al settimo cielo. Sono così felice.
"Grazie, ma non devi fare questo tutte le mattine."
"Invece sì, voglio che ogni istante della giornata ti ricordi quanto ti amo e quanto conti per me."
Sento le guance farsi rosse. è bello che qualcuno si prenda tutta questa cura di me. Con un gesto repentino, ormai consono di tutte le mattine, Lou accende la radio per ascoltare della musica. è divertente quanto ormai siamo diventati domestici, facciamo le stesse cose ogni giorno ed è semplice prevedere i comportamenti e i bisogni dell'altro. Siamo giunti al punto in cui ormai siamo diventati un team, e non c'è nulla di più bello. Come ogni mattina, agguanto la mia colazione, divorandola sui preziosi sedili della sua Maserati. La macchina sfreccia veloce nel traffico. Dai finestrini leggermente abbassati entra un getto d'aria in grado di scompigliarci i capelli. Entrare in una normale scuola pubblica in Maserati fa il suo effetto, sicuramente per la prima volta in tre anni sono stato notato da tutti. Ora più persone si fermano a chiacchierare con me, facendomi mille domande su chi sia l'uomo misterioso alla guida. Non lo nego, queste attenzioni mi fanno felice. Nutrono l'egocentrico narcisista che è in me.
Osservo le case sfrecciarmi davanti ed il cielo sopra alla mia testa già limpido e luminoso.
"Lou? Stiamo facendo una nuova strada? Perché hai svoltato di qui? La scuola è dalla parte opposta." Domando confuso, voltandomi indietro per assicurarmi di aver detto una cosa sensata.
"Niente scuola oggi, andiamo da un'altra parte." Risponde serio, fissando impassibile la strada.
"Se lo sapevi già da prima, perché mi hai messo fretta?" Metto un piccolo broncio, voltandomi dalla parte opposta.
"Non lo sapevo, però c'è una macchina che ci sta seguendo da un pezzo e non posso permettergli di capire dove si trova la tua scuola."
"Cosa?" Strabuzzo gli occhi, voltandomi per vedere chi abbiamo dietro.
"Non girarti così palesemente o capirà di essere stato scoperto." Mi rimprovera severo. Da quando è tronato dal bar tre giorni fa è diventato stranamente iperprotettivo, molto più del solito. Ovviamente non vuole dire nulla ma so che c'è qualcosa di brutto che lo preoccupa.
"Stai bene? Ultimamente sei tanto strano Lou."
"Te ne parlerò, solo non adesso. Fidati di me, è meglio così."
"è davvero brutta la questione che sai vero?"
"Non accadrà nulla di male a nessuno. è una promessa." Stringe forte il volante digrignando i denti.
Lo osservo, consapevole che sta soffrendo per qualcosa che non mi vuole dire e che non posso neppure immaginare. Desidera sollevarmi dalle responsabilità per farmi vivere sereno, tuttavia, se anche lui non lo è, non so se riuscirò a sentirmi bene.
"Non preoccuparti baby, stiamo per arrivare." Mi sorride di nuovo, anche i suoi occhi sorridono con lui. Irradia gioia e serenità, alcune delle qualità che mi hanno fatto innamorare.
"Dove?"
"A casa dei miei genitori adottivi."
"Come? E me lo dici con così tanta nonchalance?"
"Non cominciare a farti venire l'ansia." Ridacchia divertito, lasciando una dolce carezza sul mio viso.
"Non devo iniziare ad agitarmi? Sto per conoscere i miei suoceri e tu mi dici di non agitarmi?"
"A quest'ora c'è solo mia madre in casa, per cui direi che inizi per gradi a conoscerli."
Senza neppure il tempo di realizzarlo, Lou parcheggia sullo sterrato davanti ad un'enorme villa bianca, le cui pareti sono ampie finestre di vetro.
"Oh cavolo."
"Vedi perché ti ho detto che casa mia non è nulla di che?"
"Voi Tomlinson avete un insolito modo di definire qualcosa come nulla di che."
Afferro la sua mano, stringendola salda nella mia. Camminiamo lungo una strada immersa nel verde. Una distesa d'erba si apre al nostro fianco. Fiori, farfalle e cespugli ornano il prato. Percorriamo il giardino per almeno dieci minuti prima di trovare sua madre intenta a sfogliare degli album sotto un gazebo.
"Louis." Sussulta non appena lo vede arrivare.
"Johanna." La saluta in modo distante. "Lui è Harry, il mio fidanzato." Mi dà un colpetto, come a farmi intendere di dire qualcosa.
"Oh, p-piacere." Divento rosso dall'imbarazzo, tendendole la mano.
"Ma quanto sei carino Harry, è un piacere poterti finalmente incontrare di persona. Louis ci ha parlato tanto di te." Mi accoglie con grazia e dolcezza, facendomi da subito sentire a mio agio.
"Ora dovete scusarmi ma ho bisogno di consultare dei documenti." Lou si congeda all'istante, allontanandosi sotto il mio sguardo terrorizzato a cui cerca di porre rimedio con un 'andrà tutto bene' sussurrato a distanza.
"Vieni Harry, siediti pure. Questa zona del giardino è molto rilassante. Si sente bene l'aria e c'è questa graziosa fontana con delle carpe giapponesi all'interno. Puoi andare a darci un'occhiata se ti va."
"Oh no grazie, penso che mi siederò qui." Mi dispongo titubante accanto a lei, insicuro su come affrontare questa situazione.
"Sai, quando abbiamo adottato Louis è stato difficile per lui adattarsi al nuovo stile di vita. Inoltre, ritrovarsi con cinque sorelle minori di punto in bianco non deve essere stato semplice. Si nascondeva sempre, e detestava fare fotografie, un po' come adesso."
Mi mostra una foto di Louis, aveva dieci anni. Era terribilmente minuto e tenero mentre nascondeva il visino con le piccole manine che ancora oggi gli sono rimaste.
"Se avevate cinque figli perché lo avete adottato?" Mi lascio sfuggire, preso dalla curiosità.
"Vedi, mio marito desiderava molto un maschietto, ancora non sapeva che qualche anno dopo avrei partorito due gemelli di quali uno dei due era maschio. Fatto sta che a quel tempo abbiamo sentito la sua storia dai giornali. Ha avuto ampio impatto mediatico e appena lo ha visto, mio marito ha voluto fare di tutto per far si che diventasse suo figlio. Hanno molte cose in comune quei due, e Mark lo sapeva bene. Anche mio marito Mark era stato abbandonato da piccolo e non aveva nessuno, sapeva bene come ci si sentiva e desiderava salvare quel piccolino da anni di famiglie affidatarie. Voleva donargli una vita stabile e piena d'amore. Nessuno di noi lo ha mai forzato a diventare dom o a accettare il ruolo di CEO. Sono state tutte sue richieste, sue scelte. Voleva assomigliare il più possibile all'uomo che lo aveva salvato, era il suo modo per essergli riconoscente. Far diventare la ditta di famiglia ancora più prestigiosa è come un ringraziamento per tutto quello che abbiamo fatto per lui. Non è stato semplice col trauma subito, ma credo che abbiamo cresciuto un ottimo uomo. Molto responsabile, intelligente, altruista, caritatevole e amorevole." Accarezza le foto una ad una, riguardandole con malinconia.
"è difficile credere che siano già passati dieci anni dalla prima volta che è entrato in questa casa. Ora è felice, si è integrato bene e tutti noi lo amiamo moltissimo." Gli occhi mi si riempiono di lacrime. è bello sapere che lui dopo tanto dolore abbia potuto trovare la felicità. Sapere che diventare dom è stata una scelta mi fa stare molto meglio.
"Di cosa state blaterando voi due?" Lou spunta dal nulla appoggiandosi ad uno dei pilastri dei gazebo.
"Gli stavo mostrando quanto eri carino."
"Ero?" Ammicca in tono scherzoso, avvicinandosi per sfogliare l'album con noi.
Ogni pagina è piena di momenti, luoghi, ricordi. C'è segnata una data sotto ognuna di esse, accompagnata dall'azione che il piccolo Lou sta compiendo. Sono tutte così carine che vorrei portarle a casa.
"Guarda qui!" Indico una particolare immagine in cui lui è spaventato da un granchio.
"Ehi, non prendermi in giro. Antipatico!" Mi spintona leggermente, con la voce carica di imbarazzo.
"Sei giustificato solo perché avevi dieci anni." Ridacchio, godendomi il viso paonazzo del ragazzo che amo.
Lo osservo pieno d'amore verso di lui, mentre lo noto emozionarsi con sua madre sui ricordi della sua infanzia. Johanna racconta valanghe di storie e marachelle combinate da Lou, facendomi ridere e facendo vergognare Lou, tanto da nascondere il viso sotto ad un cuscino.
"Qui invece si era arrampicato su un albero perché si sentiva uno scoiattolo quella mattina." La foto di un piccolo Lou bloccato su un ramo mentre tenta di raggiungere una ghianda mi spezza dalle risate.
"Già, e voi al posto di aiutarmi a scendere vi siete messi a fare foto e filmati. Cosa molto normale da parte vostra."
Io e Johanna ci guardiamo con sguardo d'intesa, consapevoli che farlo ammattire sia il nostro sport preferito.
"Oh mamma mia, guarda che ore sono già, volete fermarvi a pranzo ragazzi? Oggi il catering mi ha portato un buffet e non so come farò a mangiarlo tutto da sola."
"Cosa ne dici piccolo?" Mi fissa con i suoi meravigliosi occhioni color cielo e per un momento smetto di respirare, ipnotizzato da tanta bellezza.
"A me va bene." Rispondo timido, suscitando un versetto emozionato in Johanna. È molto felice di avere ospiti dopo tanto tempo.
Ci rechiamo tutti insieme dall'altro lato della fontana, dove un lungo tavolo pieno di cibi di ogni genere, ci si presenta davanti.
"Prego, prendete tutto quello che volete ed accomodatevi pure. Vado a chiamare i camerieri."
Sua madre non fa in tempo ad allontanarsi di pochi metri che la mano di Lou si stampa sul mio sedere, palpandolo in modo rude e provocante.
"Ehi!" Mi dimeno dalla sua presa, trovando il tutto eccitante da morire.
"Ti sei divertito a prendermi in giro tutta la mattina, ora tocca a me."
"Sei perfido." Sussurro, con la voce ormai intrisa dall'eccitazione.
"Già, sono il peggiore." Soffia sul mio orecchio, strusciando la sua intimità sul mio sedere, senza smettere un secondo di palpeggiarlo con le mani.
"Mhh." Mugolo, tappandomi subito dopo la bocca dall'imbarazzo. Sua madre è a pochi passi da noi, sta mettendo nel piatto il cibo che vuole mangiare per pranzo. Pare parecchio occupata in questa azione, ma farlo davanti a lei non mi pare proprio il caso.
"Allora ti piace. Sei proprio un bimbo birichino." Inizia a posare le sue labbra umide sul mio collo, lasciando piccoli baci.
"L-Lou, tua madre."
"Anche se ci vedesse non direbbe nulla."
"Per favore fermati."
"E questo vuol dire che devo continuare, vero?"
Sto per cedere, per lasciarmi andare alle sue lusinghe. Sento il corpo molle, mi appoggio a lui, disposto a fare qualsiasi cosa voglia.
"Ragazzi, avete preso tutto? Possiamo iniziare a mangiare?"
La voce di sua madre mi riporta con i piedi per terra. Tiro un pugnetto a Lou il tentatore e mi allontano a passo svelto da lui per continuare le piacevoli chiacchiere con sua madre. Alla fine si è dimostrata una donna deliziosa, non so perché ero così in ansia al pensiero di incontrarla.
"Vieni dolce Harry, siediti davanti a me. Mi sono resa conto che ti ho detto molto di Lou ma non ho chiesto nulla di te. Perdonami, sono così maleducata a volte."
"Oh, non si preoccupi. È sempre interessante scoprire qualcosa del suo passato."
"Allora che mi dici di te?"
Inizo con il parlarle di quanto spettacolare mia madre sia, di mia sorella e del bimbo che porta in grembo, della scuola e dei miei adorati amici.
"Oh, sei un ragazzo davvero meraviglioso Harry."
"E non le ho ancora detto tutto sulla mia collezione di manga!"
Ad un certo punto, proprio durante il momento clou della mia conversazione, la mano di Lou scivola sulla mia coscia. Cerco di allontanarla senza destare sospetti, ma lui la riporta sempre più in alto verso il mio inguine.
"Davvero interessante, anche mia figlia li colleziona-"
La povera Johanna continua a parlare, ma sono un tantino distratto dalle dita di Lou che stanno arrivando lente fino al mio membro. Avanzano sempre più, fino a arrivare a toccarlo da sopra i pantaloni. Strizza i miei testicoli, massaggiando la mia asta già dura e evidente.
"S-sì, è, un bell'hobby." Stringo le gambe. La mia voce fuoriesce in urletti sconnessi e il mio corpo trema. Punto gli occhi su Lou che con tutta calma termina di mangiare il suo piatto.
"Bene, cara madre, ti ringrazio per questa splendida mattinata e per il pranzo ma purtroppo ora dobbiamo rientrare. Harry ha un importante impegno nel pomeriggio." Mente spudoratamente, fingendosi dispiaciuto.
Mi prende per il braccio, stranamente impaziente di andarsene.
Dal canto mio, saluto cordialmente Johanna, ringraziandola della gentile ospitalità. Lei ci riaccompagna fino all'auto, continuando a ripetere che spera di vederci presto. Osserva le nostre figure allontanarsi, continuando a salutarci con un cenno della mano. È molto dispiaciuta che siamo andati via così presto e mi sento terribilmente in colpa ad aver assecondato Lou.
"Lou, ma che ti è preso all'improvviso?" Mi lamento, sistemandomi sulla macchina meglio che posso.
"Non ti ho avuto per una settimana. Direi che è tempo di rimediare."
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