Parte 71. Vetro
Luna era sola, rinchiusa in uno stanzino semibuio, pieno di stelle dalle luci fioche rinchiuse in grossi barattoli di vetro. Erano ovunque, sui tavoli di legno appoggiati alle pareti, occupavano ogni angolo. Alcuni erano ricoperti da una patina di polvere, che faceva apparire le creature al loro interno ancora più tristi e grigie, altri invece sembravano essere stati usati più di recente, e rilucevano di riflessi dorati e sinistri. Poteva quasi sentire i lamenti delle stelle, deboli sussurri spaventati, torturavano piano il suo cuore stritolandolo in una morsa di fumo. Quelle voci fievoli l'attanagliavano, ma era quello che dicevano che le fece mancare il fiato. L'angoscia le bloccò il respiro, e lei si si guardò intorno, frenetica, cercando una via d'uscita. Ma l'unica porta era bloccata, e per quanto lei provasse a spingere e far scattare la maniglia non riusciva ad aprirla. Disperata, si premette le mani sulle orecchie, cercando di esternare quella cacofonia di lamenti terrorizzati che...sembravano accusare proprio lei. Luna si avvicinò a uno dei barattoli, sfiorando il vetro con le dita. Era caldo, come se contenesse un piccolo fuoco.
-Non voglio farvi del male- sussurró all'essere luminoso imprigionato, ma la stella al suo interno si ritrasse, spaventata. Fu come ricevere una pugnalata nel fianco. Perché persino quelle creature sembravano avere paura di lei?
Perché tu sei innamorata del cacciatore di stelle
La risposta la spiazzó. Loro non conoscevano Altair, non potevano sapere ciò che sapeva lei, eppure nulla le impedì di provare un pizzico di rabbia verso quelle stelle piccole e indifese. Che diritto avevano di giudicarlo lui che non aveva mai fatto nulla, tranne...tranne il fatto che Altair non fosse innocente. Era lui ad averle rinchiuse lì, ad averle catturate, strappate dalla loro galassia, e poco importava che fosse stato Alabaster a ordinarglielo, cio che il ragazzo aveva fatto era malvagio e... imperdonabile. E Luna questo non poteva negarlo. Scosse la testa sconfortata.
-Voi non capite, non è stata colpa sua- mormorò, ma le stelle non le diedero ascolto. Doveva uscire di lì, ritrovare gli altri e...
-Felice di vederti, Luna- una voce la riscosse dalle sue fantasie. Si voltò piano nella direzione da cui era arrivata, il cuore in gola. Alabaster le sorrise benevolo nell'ombra, e lei rabbrividì, indietreggiando di un passo. Da dove era arrivato?
-Avanti, non voglio farti del male- la rassicurò, il timbro intriso di sarcasmo, e quelle parole la fecero bloccare. Forse perché somigliavano terribilmente a una malcelata minaccia, oppure perché erano le stesse che lei aveva rivolto alle stelle spaventate pochi istanti prima.
-Io non ho paura di te- disse lei, con voce ferma, mentre dentro la sua anima urlava.
Alabaster le rivolse un'occhiata pietosa, quel sorriso disumano e diabolico si allargò sul suo volto a dismisura, brillando nell'oscurità come il male gli fosse rimasto incastrato fra i denti. Luna lo guardò orripilata mentre la sua smorfia si trasformava in una risata cruda e agghiacciante, che le rimbombò nelle ossa, frastornandola. I barattoli di vetro vibrarono a quel suono, mossi dalla forza oscura che sembrava impregnare l'aria.
-Oh, Luna, io lo so che tu non hai paura di me. Perché dovresti averne, poi?- le chiese l'uomo, avvicinandosi pericolosamente. Luna era incastrata fra lui e la porta alle sue spalle, e anche se il sovrano era ancora a mezzo metro da lei, era sempre troppo vicino, la sovrastava e...
-No, Luna, tu non mi temi. Tu hai soltanto paura di te stessa-
Vide la luce febbrile nei suoi occhi farsi trionfante davanti alla sua incapacità di parlare. Le parole di Luna erano rimaste incastrare tra le sue corde vocali e lei restituì lo sguardo ad Alabaster con occhi sgranati dal terrore.
-Neppure le stelle credono che tu sia buona, quindi perché continuare a mentire?- sibilò lui nel suo orecchio.
-Perché non unirti a me?-
Avrebbe voluto gridare, piangere, ribellarsi, ma era una statua di ghiaccio.
-Io non sono cattiva- disse, più a sé stessa che all'altro. Io non voglio fare del male, non voglio spaventare nessuno, non voglio, non voglio, non voglio.
-Continui a ripetertelo, eppure ti sei innamorata dell'unica persona che avrebbe voluto ucciderti- sibilò Alabaster.
-Ti sei innamorata del cattivo...-
Era sempre più vicino, oramai, a un soffio dal suo viso.
-E questo lo sai perché?- le chiese, minaccioso. Luna voleva scappare, ma la paura la teneva incatenata sul posto.
-Perché sei attratta dal buio proprio come le falene sono attratte dalla luce. Perché non puoi ribellarti a ciò che sei, finirai solo per peggiorare le cose...- Alabaster continuava a parlare, ma Luna non lo stava ascoltando più. I suoi occhi percorrevano la stanza, frenetici, alla ricerca di una via di fuga. L'uomo le si avvicinò ancora, sovrastandola. Era indubbiamente più grosso e forte di lei, non avrebbe avuto speranze in uno scontro corpo a corpo. Eppure poteva sempre coglierlo di sorpresa...
Fingersi sempre più terrorizzata non fu poi così difficile, visto che lo era davvero. Alabaster la prese per un braccio, stringendo le dita attorno alla sua carne. Era in trappola ora.
-Unisciti a me, Luna, e insieme potremmo fare cose incredibili...- stava dicendo con tono profondo e suadente. Non si accorse che, alle sue spalle, tutti i barattoli si erano silenziosamente alzati in volo, e ora galleggiavano a mezz'aria, malfermi. A un ordine muto di Luna, i contenitori caddero a terra, frantumandosi al suolo in frastuono assordante. La ragazza approfittò della confusione dell'avversario per sfuggire lontana, calpestando i vetri che ora ricoprivano il pavimento come un mosaico di cristallo. Prima che Alabaster potesse riprendersi completamente dallo stupore, fece apparire la spada e gliela puntó al petto, ansimante. Il volto del sovrano non tradiva alcuna emozione. Al contrario, sembrava quasi che essere messo all'angolo a quel modo lo divertisse terribilmente. Un uragano di emozioni sconquassava il petto di Luna, me lei cercò di tenerlo a bada. Non era lei quella che ora, con mano ferma, era pronta ad affondare la lama nella carne dell'uomo, ma quel lato oscuro e contorto della sua anima, quello ghiacciato e tagliente che cercava sempre di nascondere. E non erano sue le parole che pronunciava con voce bassa e gelida.
-Forse hai ragione, Alabaster- sussurró, roca, puntando i suoi occhi di zaffiro in quelli scuri come pozzi di caos del sovrano -forse sono davvero cattiva come dici tu. Ma in tal caso dovresti stare molto più attento- continuò, scandendo piano ogni parola, mentre la sicurezza dell'altro sembrava vacillare.
-Perché potrei essere molto peggio di te- la sua mano scattò in avanti, la spada pronta a lacerare i tessuti di Alabaster, ma la lama fendette l'aria, inoffensiva. Il sovrano era già svanito in una nuvola di fumo.
Solo allora Luna si concesse di crollare, mentre l'adrenalina abbandonava il suo corpo e lei si sentiva fredda e svuotata. Non si sentiva in colpa stavolta, però. No, perché Alabaster in quel suo modo folle e inquietante le aveva fatto capire una cosa. Non poteva andare contro alla sua natura, non poteva cambiare il suo cuore di ghiaccio, ma poteva imparare a controllarlo. Era stanca di lottare contro sé stessa, ma forse poteva trovare una soluzione. Dopotutto, chi aveva detto che le cose buone non potessero fare del male?
Tremante, si sedette sui vetri. Si guardò intorno, notando con sollievo che tutte le stelle sembravano stare bene, nonostante si fossero rintanate nell'angolo della stanza più lontano da dove lei si trovava. Represse un gemito quando si accorse dei piccoli tagli sulle gambe e gli avambracci, nei punti in cui i frammenti di vetro avevano tagliato la pelle. Raccolse le gambe al petto, appoggiando la fronte alle ginocchia e cercando di recuperare il fiato. Rimase ferma finché il cuore non fermò la sua corsa impazzita, fin quando le mani non smisero di tremare in maniera incontrollabile. Poi si rialzò, raggiungendo la maniglia dorata della porta, che si aprì silenziosa. Lanciò un'ultima occhiata alle sue spalle, alle stelle terrorizzate e ai vetri sparsi ovunque, che brillavano di una luce sinistra.
-Dovete andarvene di qui- disse alle creaturine dorate che la osservavano a occhi sbarrati, e quelle ubbidirono, scomparendo in un turbinio di scintille. Luna si affrettò, cominciando a camminare svelta tra corridoi e stanze segrete. La presenza del sovrano le era rimasta appiccicata addosso come fumo, facendola sentire sporca e indifesa. Doveva trovare gli altri, adesso, prima che Alabaster potesse fare lo stesso.
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