Parte 38. Biscotti

Luna si svegliò, con il cuore che batteva forte nel petto. Si sfiorò le labbra, ripensando al sogno di quella notte, un buio denso e inquietante con lei che cercava di chiedere aiuto invano, finché dita fredde non si erano posate sulla sua bocca, come a volerla tranquillizzare. Lo sentiva ancora, quel tocco gelido e gentile, da far girare la testa. A quelle dita ghiacciate che... beh, potevano appartenere soltanto ad una persona. Si alzò, dando un'occhiata fugace fuori dalla finestra, dove l'alba tingeva di rosso e viola tutto ciò che incontrava, anche i grossi nuvoloni grigi che finalmente, sembravano iniziare a diradarsi. In quei primi giorni ad Orbitron tutto le era sembrato surreale, con le loro lunghe ricerche inconcludenti e la pioggia battente che impediva di uscire. Dentro al faro non potevano certo esercitarsi con i loro poteri, tranne ovviamente la telepatia di Sole e la sua telecinesi. Ma avevano constatato che erano troppo difficili da utilizzare, e molto poco efficaci. A cosa sarebbe servito a Luna essere in grado di spostare qualche libro malandato, quando poteva creare spade d'acqua taglienti come l'acciaio?
La telepatia, invece, le sembrava molto più utile. Peccato che la gemella non sembrava riuscire ad esercitare più di qualche minuto, prima di essere colpita da mal di testa così forti da lasciarla a letto sofferente per un paio d'ore. L'aveva sempre saputo Luna,  che la sorella era troppo empatica ed emotiva. E probabilmente era quello il problema. Entrare in contatto con pensieri,  ma soprattutto sentimenti ed emozioni altrui, era per lei insopportabile. Se Sole fosse riuscita ad essere un po' più fredda e distaccata come lei, forse sarebbe stata d'aiuto. Ma c'era qualcos'altro che Luna non aveva mai notato prima, nella sorella. Una tristezza e un abbattimento che, era sicura, fossero causati da Jason. Negli ultimi giorni, infatti, sembrava voler evitare Sole a tutti i costi. Ma non capiva quanto la faceva soffrire in questo modo? Pensò Luna con rabbia. Come poteva essere così insensibile e indifferente nei suoi confronti. E Sole era sempre stata adorabile con lui, anche più del solito...anche se, ora che rifletteva più attentamente, neanche il ragazzo sembrava trarre molto vantaggio dalla cosa. Anzi, non avrebbe saputo dire chi soffrisse di più quel distacco, tra i due.
Decise che avrebbe parlato con Sole quella sera stessa. Di cosa, esattamente, non ne era sicura, ma non le sembrava troppo importante.

Scese le scale fino alla cucina, per rubare qualche biscotto al cioccolato, e con passo felpato uscì. I piedi nudi a contatto con la roccia fredda la fecero rinsavire. L'aria frizzante le scompigliava i capelli, le onde impetuose sciabordavano pigre tra gli scogli. Luna camminò, fino ad arrivare a un punto della scogliera piuttosto scosceso, con la roccia che si buttava a capofitto nell'oceano. Inspiró l'aria fresca, che odorava di salsedine, e si sedette ai margini del precipizio, i piedi che dondolavano nel vuoto. Era un salto piuttosto lungo, da dove si trovava lei fino al mare giù in basso, ma la ragazza sentiva il cuore leggero come una piuma. Mentre gli schizzi delle onde le bagnavano le gambe, lei sorrise. Stava finendo il terzo biscotto rubato, quando un fruscio alle sue spalle la fece voltare.
-Ciao- salutò la voce appena udibile sopra il frastuono del mare.
Altair era lì, in piedi di fronte a lei, e la guardava con i suoi occhi azzurro ghiaccio. La sua bellezza la destabilizzó. Eppure...c'era qualcosa di diverso in lui, qualcosa che notò solo dopo un paio di istanti. La sua pelle, di un pallore già mortale, era ancora più pallida, il vuoto nei suoi occhi più profondo, le labbra più livide.
-Ciao- disse il ragazzo.
-Sei...sicuro di stare bene?- chiese lei, preoccupata.
-Credo di sì - rispose lui, enigmatico. Si avvicinò, sedendosi a pochi centimetri da lei. A quella distanza, Luna avrebbe dovuto percepire il calore del suo corpo, ma ovviamente sentì solo un freddo gelido. Involontariamente, rabbrividì.
-Come va la spalla?- chiese lui, e nei suoi occhi, appena dietro a quella fossa profonda piena di vetri spezzati, Luna riuscì a scorgere un velo di preoccupazione.
-Bene- rispose lei, e ripensando al loro primo incontro arrossì. In realtà stava più che bene, e del grosso taglio inflitto dalle ombre non restava altro che il segno chiaro di una cicatrice ormai guarita. Tu invece non stai bene affatto, perché le persone non sono fredde come il ghiaccio avrebbe voluto dirgli, ma si trattenne. Non era affar suo, in fondo, o forse lo era, ma non aveva il coraggio di mettere il ragazzo in difficoltà con domande scomode.
-Cos'hai sognato stanotte?- domandò invece.
-Non ho dormito molto- rispose Altair con un sorriso amaro.
-Oh, mi dispiace-
Il ragazzo si strinse appena nelle spalle.
-Non è che abbia molto sonno negli ultimi tempi- aggiunse poi, senza smettere di fissarla. Con quegli occhi di ghiaccio addosso, Luna faticava a concentrarsi.
-E tu invece, cos'hai sognato?-
Lei fece finta di non aver udito la domanda.
-Tu non vieni dalla Terra- sussurró. La sua non era una domanda, ma una constatazione.
-No, infatti-
-E allora da dove vieni?-
-Non so se ti piacerebbe saperlo- disse lui.
-Non fa niente allora, possiamo parlare d'altro- Luna osservava le onde, pensierosa.
-Ho paura, Altair-
-Di cosa?-
-Non lo so neppure io, esattamente. Di Alabaster forse. Ho paura di perdere qualcuno a cui tengo e vorrei non essermi mai ritrovata ad affrontare questa avventura, ma allo stesso tempo spero con tutta me stessa che questo non sia solo un sogno, perché altrimenti...-
-Basta-
-Scusa. Ma mi hai detto tu di parlare...-
-Sì, hai ragione, ma non devi nemmeno pensare che venire ad Orbitron sia stata una buona idea-
-Io non capisco, se non avessimo trovato Starly e tutto il resto, io...- Luna si interruppe, indecisa, ma poi un desiderio che premeva nel petto la indusse a proseguire -...noi non ci saremmo mai conosciuti- farfugliò, imbarazzata.
-Non credo che conoscermi sia stata poi quella gran fortuna- l'espressione di Altair si indurí.
-Non...non sei felice di avermi conosciuta?- chiese lei, anche se parlare di felicità, con Altair, sembrava sbagliato.
-Io... sì, penso che conoscerti sia stata la cosa più bella che mi sia mai capitata, forse l'unico momento della mia vita degno di essere vissuto- il cuore della ragazza perse un battito, e lei trattenne il respiro. Poi si accorse della disperazione negli occhi del ragazzo, e il senso di completezza di qualche istante prima era svanito.
-Ancora non capisco-
-Ma è proprio questo il punto-
-Quale punto?-
-Più tempo passi con me, e peggio ti sentirai alla fine-
-Penso che mi riprenderò- ribatté lei. Anche se era una bugia. Perché se c'entrava con qualcosa di brutto che sarebbe successo ad Altair, allora non si sarebbe mai ripresa.
-E mi piace passare del tempo con te- aggiunse timida.
-Anche a me- i suoi occhi magnetici si fissarono nella tempesta di quelli di Luna.
-E allora dov'è il problema?-
-Io ti farò soffrire- il ragazzo sembrava dispiaciuto.
-Non puoi saperlo-
-E invece lo so. Alla fine, in qualsiasi modo vada a finire, tu soffrirai-
-No, invece- e ne era davvero convinta.
-Per consolarmi, mangerò biscotti al cioccolato per il resto dei miei giorni-
E stavolta Altair, sorrise. Un sorriso sghembo e un po' triste, ma pur sempre un sorriso.
-Ci vediamo stasera, allora. Non mi hai ancora detto che cosa hai sognato- e se ne andò, lasciandola lì seduta, con il fiato corto per l'emozione e il suo fragile cuore di ghiaccio che sembrava non voler più riprendere a battere.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top