Parte 26. Corde

-È un piacere conoscerti - disse Luna alla Tessitrice, un timido sorriso sulle labbra.
-Il piacere è tutto mio- le rispose la ragazza. Era impossibile capire quanti anni avesse realmente, ma sicuro ne dimostrava una ventina. Indossava una lunga veste grigia, che diventava gradualmente bianca verso il fondo. Non se ne distingueva l'orlo, perché il vestito era tanto leggero che, più di sembrare di seta, sembrava fatto di nuvole.
-Questa è casa tua?- chiese Vy. In quel momento da un piccolo orologio che in un primo momento Luna non aveva notato, uscì un piccolo uccellino di metallo che, dopo aver fatto un giro completo della stanza cinguettando, ritornò in fretta nella sua tana di ingranaggi. Gli occhi della Tessitrice si illuminarono.
-È il momento!-
Con movimenti fluidi e studiati, si avvicinò al lavandino di pietra, tirò fuori la matassa disordinata di lana luminosa e andò ad appenderla accanto alle altre. Poi ne prese un'altra da quelle appese al filo, probabilmente la più asciutta, si sedette elegantemente sullo sgabello e si mise a filare la matassa febbrilmente, le dita che si muovevano abili per far funzionare il complesso meccanismo della macchina. La matassa mutò, si attorcigliò, e in pochi minuti uscì un nuovo filo, l'aura di un colore azzurrino, identico alle migliaia di quelle già presenti sugli scaffali. La ragazza lo posizionò poi in uno degli anfratti, catalogato con una scritta su un cartoncino: Minnesota, Terra.
Solo a quel punto la Tessitrice tornò da loro, leggermente ansimante, in attesa. Si era mossa così velocemente che Luna aveva temuto che la struttura non avrebbe retto, e sarebbero precipitate. Un modo di morire imbarazzante, a suo parere.
-Che cosa fai qui dentro?- chiese Vy. Ma non era l'unica curiosa, anche le due gemelle morivano dalla voglia di sapere quale fosse il ruolo della Tessitrice.
- Ovviamente produco sogni- fu la risposta. Poi, probabilmente vedendo le loro espressioni confuse, cercò di spiegarsi meglio.
-Vedete, ognuno di noi ha tantissimi sogni, ma c'è solo una cosa che desideriamo davvero. Solo le stelle la conoscono, però, tuttavia avrete capito che la loro lingua è ben diversa dalla nostra. Per questo motivo ci sono io. Prendo i pensieri confusi delle stelle, e li trasformo in sogni veri e propri, diciamo tradotti.- prese una delle cordicelle luccicanti, e lo mostró alle tre sorelle.
-Questo, mie care, è un sogno- lo rimise nello scaffale, e continuò il suo discorso.
-Quando una persona realizza il suo più grande desiderio, io glielo faccio sapere, e la corda deve essere bruciata. Fuoco magico, però. Non usate mai fuoco normale...il risultato è catastrofico.- spiegò allegra.
-Hai detto che ci aspettavi. Perché?- domandò Luna. La questione dei sogni la affascinava, tuttavia aveva una sensazione negativa, che non riusciva a scrollarsi di dosso.
-In realtà, mi aspettavo, sareste arrivate parecchi giorni fa, poi ho saputo che siete andate da Bellatrix, povera bimba, e così siete arrivate con dieci giorni di ritardo- la sua espressione si fece subito seria - dovete sbrigarvi, la vita dell'universo è agli sgoccioli, ancora un mese e non ci sarà più possibilità di riportare la situazione all'equilibrio iniziale.-
-Aspetta un secondo...- Sole parlò per la prima volta da quando erano arrivate alla casetta, -hai detto che siamo rimaste nel buco nero per dieci giorni?- chiese, con una nota di panico. Le gemelle si scambiarono un' occhiata esasperata. E tanti saluti la possibilità di tornare a casa facendo credere a mamma e papà di essere andate al campo estivo. Avrebbero scoperto di essere stanti ingannati, sarebbero rimasti in pensiero per loro e...no, non potevano fare una cosa del genere. La ragazza provò l'improvviso bisogno di tornare a casa, provò nostalgia e rimpianto per le giornate tranquille all'ombra della grande quercia...scosse la testa. Se non avessero sconfitto Alabaster, non ci sarebbero più state giornate tranquille. Forse, ancora peggio, non ci sarebbero più state giornate. Un brivido le percorse la schiena, e la paura la sfiorò con artigli guantati alla sola idea che il destino dell'intero universo fosse in mano a cinque sciocchi ragazzini, di cui una che doveva ancora cominciare la seconda elementare.
Si stupí quando sentì di nuovo la vocetta di Pantu, si era quasi dimenticata della sua presenza. In realtà, si era quasi dimenticata di trovarsi sospesa a più di cinquanta metri di altezza, in una casetta di legno traballante.
-Il tempo è una strana questione, ogni luogo ha un diverso modo di percepirlo, cosicché ci sono posti in cui le ore passano più velocemente, altre in cui i minuti durano giorni-
Era una spiegazione alquanto confusa, eppure sensata dopo tutto quello che avevano passato.
-E quanto veloce passa il tempo qui su Saturno?-
-Molto più lentamente di quanto possa sembrare- rispose Tess -motivo per cui possiamo prendercela comoda. Avrei alcune cose molto importanti da mostrarvi, prima di darvi il pezzo del flauto per cui siete venute.-
Luna rimase sorpresa, come faceva a saperlo? Non riuscì a interrogarsi troppo a lungo.
-Avvicinatevi- le esortò la Tessitrice. Fece un movimento fluido con le mani e una nebbiolina densa formò una sorta di piccolo schermo grigio. Le ragazze si avvicinarono per osservarlo meglio, e quando un'immagine tremolò, come proiettata, Luna ebbe un tuffo al cuore. Perché quella nello schermo era proprio sua madre.

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