3. Scuse
"Chi è la fortunata, se posso permettermi?" Chiese il padre.
"È una delle figlie di una famiglia nobile reale, cugina di secondo grado della regina Victoria." Luke sentiva la pesantezza di quelle parole e dello sguardo impassibile che Clarke gli aveva riservato più volte. Se ne vergognò aspramente. Per lui non c'era via d'uscita ma doveva darle assolutamente delle spiegazioni.
"Che fortuna! Quanto sarebbe bello sposare uno dei principi della regina! Vero Clarke?" La sorella di Clarke era sognante mentre mangiava l'ultimo pezzo di carne nel piatto. La sorella maggiore non rispose e si limitò a guardarla finire anche l'ultima fetta di carne nella teglia.
Il silenzio si fece comunque più assordante, ma Clarke stanca di quella farsa cercò di spingere Luke ad uscire da quella casa a tutti costi, ignorando gli sguardi dei genitori che gli intimarono silenziosi di smetterla di trattare con distacco il povero ospite.
"Beh dato che abbiamo finito di cenare, posso accompagnare il signor Benoit in paese. Sono sicura che ora sia stanco, giusto signore?" Luke era incredulo. Quell'angelo l'avrebbe sbattuto fuori di casa in poco tempo. Aveva sbagliato approccio, si disse colpevolizzandosi. Doveva chiarirle sin da subito che era impegnato. Invece ci aveva provato così spudoratamente con quella fanciulla che superava di gran lunga le caratteristiche fisiche e morali di quella ragazza a cui era promesso. Ma non si diede per vinto. Non fece trapelare il suo dispiacere nel aver sentito quella proposta. La madre di Clarke, tuttavia, non era d'accordo con la figlia. Il vento fuori si era fatto più violento, la pioggia cadeva pesante sulle mura esterne della casa e non dava segno di smettere. Il tuoni si fecero un po' più forti, come se il segreto di Luke avesse fatto arrabbiare pure il cielo.
"Può restare a dormire qui questa notte. È pericoloso se usciste entrambi con questo tempaccio. Potreste prendervi un bel raffreddore." A Luke l'idea non gli sembrava malvagia, ma temeva di essere di troppo. Avrebbe gradito prendersi il tempo che serviva per spiegare l'inconveniente del matrimonio combinato a Clarke.
"Giusto, ci farebbe stare in pensiero se tornaste a casa questa notte. E poi non le dovevi mostrare la nostra biblioteca, Clarke?" Concordò Archelot con la moglie. Clarke dovette reprimere quel piccolo tuffo al cuore che sentì e si costrinse a non mormorare nulla di fuori luogo. Dopotutto l'aveva invitato lei a restare per la cena, ma non era affatto conscia del fatto che potesse restare pure per quella notte. Maledetto temporale, pensò. Dopo aver aiutato a spreparare la tavola assieme alla sorella, fece accomodare Luke nel divanetto del soggiorno. Scappò al secondo piano, cercando di sistemare alla meglio il suo letto per Luke, dopo che lo aveva lasciato sfatto per tutto il giorno. Sistemò le lenzuola e il materasso in modo tale che Luke riuscisse ad infilarsi nel letto senza problemi. Lei avrebbe dormito sulla poltroncina della sua camera, lontana dallo sguardo del ragazzo. Aprì di poco la finestra, il giusto per sentire l'odore fresco della pioggia e il vento spostare di poco le tende. Ebbe un brivido. Dopo aver sistemato la camera e messo in ordine i suoi vestiti dietro al separè, si diresse giù in soggiorno dove trovò Luke intento a guardare un dipinto appeso al muro. Era uno dei tanti che aveva dipinto Clarke qualche anno prima. Si soffermò a toccare la pittura ad olio secca sulla tela, posando i polpastrelli sulle labbra della fanciulla. Quello era un dipinto di se stessa mentre lo disegnava. Aveva l'aria di una persona che si stava concentrando su quale colore scegliere per proseguire il disegno. Luke la trovò bellissima. Sfiorò quelle labbra disegnate su tela che presentavano la copia esatta delle labbra di Clarke. Quanto avrebbe sognato di baciargliele in futuro? E quanto si sarebbe pentito di vederla crescere con un altro uomo al suo fianco, che le avrebbe dato i frutti del suo amore, come figli, e avrebbe baciato quelle labbra per mesi e mesi? Per il resto della sua vita, era l'unica risposta che sapeva darsi. Era possibile in natura invaghirsi così tanto di una persona appena conosciuta? Clarke lo interruppe da quei pensieri, entrando nella stanza a passi leggeri. Dovette togliere di sfuggita le dita dalle labbra di Clarke, per concentrarsi su quella in carne ed ossa. Le dava un sacco di filo da torcere a confronto.
"È un autoritratto" lo informò gelida. "La camera è pronta..."
Luke la interruppe prendendole dolcemente la mano.
"Lasciatemi spiegare, vi prego!" Clarke intimò bruscamente di fare silenzio, scrollando la mano dalla sua.
"Seguitemi" rispose a bassa voce, dando le spalle a Luke. Uscirono dal soggiorno, diretti alle scale. Luke la seguì in silenzio finché non arrivarono in camera di Clarke. Il ragazzo l'osservò attentamente. Il letto era appena stato fatto e le lenzuola di cotone oscillavano piano ai lati del letto. L'aria fresca che entrava dalla finestra scompigliava leggermente i suoi capelli e rinfrescava l'animo dei due ragazzi. Tutt'attorno le pareti della stanza erano dipinte a mano e raffiguravano vari paesaggi montani e lagunari che sicuramente rappresentavano parte del carattere di Clarke, una persona solare come il mare calmo, scaldato dal sole, ma anche mansueta e taciturna come i lievi rumori della natura montana. S'immerse piano in quella stanza scombinata che gli disse tanto di lei. Gli dava ancora le spalle mentre sistemava i fogli da disegno sopra il caminetto, lontano dallo sguardo di Luke. Avrebbe voluto vederli, ma decise che per quella sera bastava poterle parlare. Nel caso essa glieli avesse mostrati, l'avrebbe fatto per sua piena iniziativa.
Non si diede ancora per vinto e afferrò di nuovo la mano di Clarke che cercava in tutti i modi di non affrontarlo.
"Mi avete fatto dimenticare di quell'impegno che i miei genitori hanno deciso di stipulare con un'altra famiglia quando avevo solo cinque anni. Non merito di essere odiato per una scelta che non ho preso, Clarke. Non volevo ferirvi... pensavo che qui in paese non lo sapesse nessuno. Evidentemente come dice vostro padre, i pettegolezzi girano velocemente..." prese una pausa, il cuore iniziò a pompare sangue più velocemente e cercò lo sguardo vuoto di Clarke.
"Mi avete abbindolata nel mio bagno. Sotto il mio stesso tetto. É stata una cosa disgustosa. Dovevate essere chiari fin da subito." Aveva letteralmente superato ogni limite, si disse Clarke. Lo odiava per aver fatto cadere tutte le sue difese quella sera, nel bagno di casa sua. E lo odiava ancora di più perché quel momento era rimasto a farle compagnia per tutta la serata. Ma si sentiva burlata, presa in giro da quel ragazzo. Cosa voleva veramente da lei?
"Non potete incolparmi sul serio di una cosa che non ho deciso io! Non sapevo che proprio oggi vi avrei incontrata sotto quella quercia. Detesto il fatto di avervi nascosto involontariamente quel dettaglio, ma non potete negare la connessione che c'è stata da subito tra noi. Non mi sarei mai approcciato a voi se sapevo che la cosa non vi comodava! E poi mi avete stregato... ho dimenticato che sono impegnato involontariamente con una donna che nemmeno conosco..." Clarke si prese un momento per pensare. Lo guardò negli occhi e su di essi lesse vero sconforto. Che stesse dicendo la verità? Non voleva abbindolarla? E poi, lei lo aveva accettato. Il ricordo del corpo di Luke, del suo sguardo intenso posato su quello della ragazza, la mandava in confusione. Era bellissimo, meravigliosamente misterioso. Purtroppo però era già promesso a qualcuna che avrebbe contato più di lei nella società e bruciava d'invidia per questo.
"Non vi condanno signor Benoit, ma cercate di capire anche la mia posizione. Ci avete provato con me..." pronunciò l'ultima frase a bassa voce per paura che il vento potesse portare via quella conversazione con se. L'avrebbe saputo l'intero paese e la reputazione d'entrambi sarebbe stata messa alla gogna.
"E se dovessi tornare indietro lo rifarei altre mila volte. Ne sarebbe valsa la pena." Luke sollevò la mano verso il mento di Clarke che chiuse gli occhi e si fece trasportare da quel tocco gentile. Le portò la guancia vicino alle labbra, soffermandosi sul profumo di vinacce ed arancia che la pelle della ragazza emanava. Le posò un bacio dolce sullo zigomo e si concesse un altro bacio più giù, all'angolo della bocca. Non voleva sembrare improvviso, ma avrebbe voluto sentire la morbidezza di quei petali perfetti che bramavano di essere toccati.
"Vorrei dirvi una cosa se me lo permettete." Chiese Luke attendendo che Clarke aprisse gli occhi.
"Siete bellissima." Sussurrò all'orecchio della ragazza, riuscendo a metterla in imbarazzo. Le sue guance si colorirono di un rosso acceso, e in quel momento il pollice della mano di Luke prese ad accarezzarla. Tracciava dei piccoli cerchi leggeri con il polpastrello, mentre Clarke cercava di pronunciare una frase di senso compiuto.
"Siete molto bello anche voi." Riuscì a dire, incappando in un balbettio. Luke le sorrise, pronto a volerla stringere tra le braccia come mai aveva fatto con una donna. Indietreggiarono fino a toccare i piedi del letto. Le sciolse i capelli, con la sola intenzione dì affondar le dita dentro quella chioma folta e castana. Si distesero sul letto a baldacchino, facendolo cigolare di poco verso il muro. Di solito quel letto era sempre stato oggetto di discordie, poiché ogni tanto cadeva qualche pezzo, ma in quel momento sembrò sostenere volentieri il peso dei due ragazzi. La strinse a se, entrambi girati su di un lato in modo che riuscissero a guardarsi per bene. La baciò sulla fronte, inspirando l'odore di grano dei capelli di Clarke. L'avrebbe tenuta così, tra il calore delle sue braccia per il resto dei suoi giorni. Non conosceva molto di lei ma ciò che sapeva gli bastava. Del resto le persone belle come lei riuscivano a farsi adorare ogni giorno sempre di più. Si guardarono ancora per un pò, lui perso nello sguardo di Clarke e viceversa. Continuarono a chiedersi in silenzio come avevano fatto a prendersi una cotta così profonda l'uno per l'altra. Ma in quel momento poco importava. Si stavano spogliando di tutte le loro energie, tramandandole all'altro attraverso un abbraccio intenso che presto si sarebbe sciolto da solo nel calore dei loro corpi. Si addormentarono così, incuranti che qualcuno dalla finestra aperta potesse vederli o che Jennie, che nella notte si svegliava spesso in preda agli incubi, li trovasse avvinghiati nel letto della sorella. Era certo che da quel momento in poi non avrebbero più dato ascolto ai pregiudizi degli altri. Forse.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top