Prologo
Il foglio, dal bianco originale, era diventato un insieme confuso di colori. C'era il nero, il verde, il blu –il colore preferito del piccolo Tommaso-, il rosa, il giallo... quasi tutti i pastelli che erano stati confezionati e posati dentro la scatola erano stati rimossi e usati per quella che il bambino definiva un'opera d'arte. In realtà non aveva disegnato nessuna figura, ma aveva semplicemente combinato insieme diversi colori per vedere quale tonalità riuscisse a creare. Regolarmente girava la testa per vedere se suo padre, Lucas, fosse vicino alla sua camera e tendeva sempre le orecchie per ascoltare se ci fosse anche il più piccolo dei rumori, ai quali trasaliva se uditi. Lucas non doveva vedere il disegno, né i colori, né tantomeno doveva sapere che a Tommaso piaceva l'arte. Diceva che l'arte era una cosa inutile che faceva cadere in rovina gli uomini, insieme all'amore. Non capiva come una cosa così bella potesse far del male, ma Lucas gli intimava spesso che "le arti, come la maggio parte delle cose di questo mondo, sono dei peccati. E i peccati non sono adatti a tutti, compreso te". Il piccolo bambino, secondo quell'uomo, doveva solo studiare molto e allenare il proprio corpo, anche se aveva da poco compiuto i nove anni.
A Tommaso piaceva leggere di tutto, dagli ingredienti scritti dietro le confezioni di un prodotto a vecchi ritagli di giornale di anni passati. Non si sentiva affaticato se apriva un libro e cominciava a studiare, anzi, ma Lucas pretendeva che lui stesse ore e ore chino sui libri, senza alzare mai la testa e distrarsi. Se ne iniziava uno, doveva finirlo in giorno stesso che aveva deciso di cominciarlo. Fortunatamente Lucas, quando il figlio leggeva, non si coricava su una poltrona e non gli puntava gli occhi addosso fino a che il libro non fosse concluso. Ogni tanto veniva in biblioteca e lo guardava per accertarsi che Tommaso stesse facendo il suo lavoro. Quasi la metà delle volte che si affacciava dalla porta, però, trovava il piccolo con la faccia posata tra le pagine, addormentato e stanco. Quando ciò succedeva, veniva inevitabilmente punito. In fin dei conti, secondo il bambino, Lucas faceva tutto quello per lui, per dargli un futuro migliore. Non era un padre cattivo, era solo un po' severo ed esigente. Ma era sicuro che gli volesse bene.
Il fiume di pensieri che occupava la mente del bambino venne fermato dal rumore di passi di qualcuno che stava percorrendo il corridoio adiacente alla sua camera. Tommaso cominciò a sudare freddo: in un secondo ripose tutto sotto il grande e spesso tappeto scuro ai piedi del suo letto e si affacciò dalla porta che aveva socchiuso. Lucas era a una decina di passi da lui –notando il figlio, gli fece un segno con le dita che voleva dire "vieni qui". Tommaso uscì dalla camera, titubante, e richiuse la porta dietro si sé. Raddrizzò la schiena, come gli aveva insegnato il papà, e incrociò le mani dietro di essa. Accanto a Lucas c'era una donna che aveva poggiato la sua mano sul braccio di colui che le stava vicino. Lei stava guardando la corporatura insolita del bambino: ne aveva una più robusta e resistente rispetto ai ragazzi della sua età. Poi i suoi occhi passarono dal viso, ai neri capelli disordinati e agli occhi verdi, alle leggere lentiggini sul naso e al viso paffuto. La donna gli sorrise dolcemente. Tommaso abbassò lo sguardo, imbarazzato.
-Dovresti essere a studiare.- tuonò con voce bassa Lucas, lo sguardo serio puntato negli occhi verdi del figlio. Detestava quando lo guardava in quel modo, provava la sensazione di essere perforato da migliaia e migliaia di piccoli aghi. Era sgradevole.
-Io...- Tommaso deglutì. Non voleva mentire a suo papà, mentire era sbagliato. Dire una bugia portava a dirne inevitabilmente un'altra per reggere la farsa. E poi un'altra, finché non si diventava bugiardi. E Tommaso non era un bugiardo.
-Dopo facciamo i conti.- gli intimò Lucas, guardandolo in un modo che gli fece accapponare la pelle. Poi lo spinse da una parte ed entrò con la donna in una stanza. Tommaso sorrise, sentendosi orgoglioso di se stesso dato che sapeva che cosa dovevano fare: Lucas gli aveva spiegato che a volte le ragazze lo aiutavano nel lavoro. Quella donna era sicuramente una di loro. Oh, com'erano gentili! Sperava che suo papà le ricompensasse con del denaro. La sua famiglia sguazzava nell'oro, dare qualche soldo alle ragazze non doveva creare problemi.
Tommaso si morse nervosamente il labbro, interrogandosi sul da farsi. Poteva sedersi e cominciare a studiare o andare ad allenarsi. Era sempre un problema scegliere tra le due: gli piaceva leggere ma non tante ore di seguito; gli piaceva anche fare degli esercizi, ma non fino allo sfinimento. Alla fine optò per l'allenamento, almeno il tempo sarebbe passato più velocemente, le quattro –l'ora in cui Tommaso poteva riposarsi, mangiare e bere qualcosa e conversare sul padre su cosa aveva fatto durante la mattinata- sarebbero arrivate prima. Anche lui era gentile a dedicargli un'intera ora: era un uomo d'affari, ma il fatto che Lucas ci teneva a stare del tempo con lui lo rincuorava molto. Si, gli voleva bene.
L'aria in palestra era calda, quasi asfissiante. Il padre si era dimenticato di aprire le finestre. Se avesse cominciato ad allenarsi lì, con quella temperatura, avrebbe sicuramente avuto un malore, anche se doveva fare solo dei pesi. Sospirò, si tirò su le maniche, prese un paio di attrezzi e li portò in giardino. Prima prese i manici, e poi, quando ritornò indietro, portò i pesi.
Si sedette sull'erba e passò una mano sulla fronte madida di sudore. Alzò il viso al cielo e lasciò che il leggero vento protesse la sua mano per accarezzargli la faccia. Dopo qualche minuto, si riprese. Cominciò a guardarsi intorno, curioso. Non andava quasi mai all'esterno, confinato in casa com'era. Per lui stare all'aperto era come un viaggio in un'altra città. Poi gli occhi caddero sui pesi con cui avrebbe dovuto lavorare, e si ricordò degli esercizi quotidiani a cui non poteva sottrarsi. Ma poteva sempre rimandare di qualche minuto... Era così bello stare tra i ciuffi d'erba gli solleticavano le mani! Raccolse un piccolo fiore bianco lì vicino e lo annusò: aveva un profumo delizioso! Da quello che aveva letto, aveva imparato che c'erano molti fiori commestibili e alcuni anche con il potere di guarire i malori più lievi, come il mal di pancia o lesioni. Tra questi c'era anche il fiore che aveva in mano, una margherita. Era così affascinante.... La natura aiutava l'uomo, anche se l'uomo non aiutava la natura e non la rispettava. Se gli alberi avessero smesso di produrre ossigeno per vendicarsi l'uomo cosa avrebbe fatto? L'uomo dipendeva da essa, perché gli adulti non riuscivano a capirlo? In fondo, non era un argomento così complicato! La natura era una cosa bellissima ed estremamente affascinante agli occhi del piccolo Tommaso, insieme allo spazio, un insieme infinito di organismi che avrebbe sicuramente studiato, meravigliandosi della bellezza che aveva intorno a lui.
Anche se era molto giovane, aveva sempre avuto quella curiosità che lo spingeva a chiedersi il perché di ogni cosa. Con si dava mai per vinto, continuava a cercare le risposte. Era un bambino intelligente.
Tommaso si sdraiò tra l'erba e chiuse gli occhi, lasciandosi cullare da quella tranquillità per lui insolita. Stava quasi per addormentarsi, cullato dalla leggera brezza, quando sentì uno strano suono. Aprì gli occhi. A poca distanza da lui, un gattino lo stava guardando e miagolava. Era grande come la mano di una persona adulta, completamente grigio –tranne che per la punta della coda e delle zampe, bianche- e con due grandi occhi azzurri.
-Quanto sei carino!- esclamò Tommaso sorridendo, mentre il suo viso s'illuminava di felicità. Non aveva mai avuto un cane, né un gatto. Lucas aveva detto che adottare un animale e tenerlo con sé era solo uno spreco di denaro. Tommaso non lo vedeva in quel modo: era convinto che gli animali fossero amici, e non i soldi non venivano buttati al vento se usati per gli amici
-Vieni qua, non aver paura. Non ti faccio nulla.- Il piccolo micio si avvicinò titubante al ragazzo, strusciando poi la testa sul palmo della mano che lui aveva teso. Aveva il pelo morbido, soffice. Il bambino rise, il suo cuore si scaldava di gioia.
Tommaso giocò con il gattino molto più tempo del dovuto, scordandosi degli esercizi che doveva fare, non preoccupandosi della punizione che avrebbe subito per non aver disubbidito a Lucas. E ignaro che quella piccola bestiolina sarebbe diventata la sua migliore amica.
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