Capitolo VIII: Petali e scintille- Ceniælle
Imboccata la strada Principale, si reca a prendere la Vapovìa per ritirarsi, visto che la Taverna Lavanda è più vicina a casa dei suoi nonni rispetto alla Biblioteca. I palazzi colorati che costeggiano la strada, hanno un tocco in più questa sera: degli addobbi verdi e porpora. La cerimonia per il giuramento si sarebbe tenuta l'indomani al palazzo degli Axelynf, e anche se a Ceniælle mancano ancora due anni, un'ansia incredibile la pervade. D'altronde, ha trascorso gran parte della sua vita sui libri e non potrebbe mai aspirare ad arruolarsi come Paladino. Nemmeno l'idea di diventare Guardiano l'alletta, nonostante fosse il mestiere di suo padre. Vuole solo vedere il mondo, lei.
Ecco che dopo alcuni minuti di attesa, un vagone arriva spedito alla fermata vicina alla Biblioteca, frenando bruscamente ed emettendo potenti getti di vapore bollente.
«Buonasera, Ceniælle!» le urla Seedoh il macchinista dal finestrino sul retro. Il sistema di vapore e ingranaggi si trova nella parte posteriore del vagone, e il macchinista ha il compito di spingere una serie di leve e girare diverse manopole per far sì che il getto di vapore possa far ruotare gli ingranaggi in senso orario e quindi spostare il vagone, oppure in senso antiorario per frenare.
«'Sera, Seedoh. Ultima corsa?»
«Per fortuna sì. La Luna Marmorea è ormai quasi alta in cielo, sbrigati a salire che mi aspetta un bel piatto caldo a casa!»
Salita sul vagone, la giovane non può far a meno di notare che a parte lei e Seedoh, solamente una seduta è occupata: la vecchia signora Porrya siede mezza addormentata mantenendo un busta della spesa di carta, come ogni sera.
«Signora Porrya?» la chiama Ceniælle avvicinandosi alla donna anziana, poggiandole delicatamente la mano sul morbido poncho fucsia che le copre le spalle. La vecchina le risponde con un ronfo. I capelli grigi sono raccolti in uno chignon coperto da una cuffietta verde un po' scolorita, e il vestito che indossa è alquanto malandato.
«Ti conviene svegliarla, siamo quasi arrivati alla sua fermata» le fa notare Seedoh.
«Signora? Sono io, Ceniælle. È quasi arrivata a casa, si svegli!»
Ecco che la signora Porrya apre i suoi occhietti stanchi, mentre le rughe si distendono in un'espressione di stupore.
«Ciao, mia cara. Dove... dove siamo?» chiede lei spaesata.
«Si era addormentata, signora. Siamo quasi arrivati a casa sua» le risponde la giovane, mentre Seedoh fa fermare il vagone con una franata tutt'altro che delicata. «Venga, la accompagno» si offre lei, come è solita fare. Solo che stasera, il pensiero di quel biglietto che ha in tasca la distrae, e la curiosità la divora.
«Grazie, sei un tesoro» le sussurra la signora.
La casa si trova nei pressi della fermata; consta di un solo piano, non è molto spaziosa né tenuta un granché bene.
«Grazie ancora, mia cara. Sei sempre così gentile» le dice la signora una volta arrivate all'esterno dell'abitazione. «Potresti dire a mio marito che sono tornata? Sai, è un po' sordo e io non riesco più ad urlare come una volta».
Ceniælle guarda la signora con compassione e tenerezza, mentre gli occhi le si gonfiano di lacrime; gira la testa e se le asciuga, senza farsi vedere. Il marito della signora Porrya morì per una malattia ormai sette anni prima. La signora, probabilmente affetta da demenza senile, pare dimenticarselo ogni tanto; nonostante Ceniælle sappia di questa cosa, si commuove ogni volta.
«Adesso busso, signora» le risponde la ragazza, mentre sbatte le nocche sulla porta. Dei passi si avvicinano rapidamente alla porta che, una volta aperta, mostra l'esile figura di una giovane con trecce scure, occhiali spessi e una salopette malandata.
«Nonna! Eccoti qua! Io e la mamma eravamo in pensiero» esclama Porrya, la nipote e omonima della signora. «Ciao, Ceniælle! Grazie per averla scortata di nuovo».
«Figurati, Porrya. Adesso vado, Seedoh è alquanto impaziente. Salutami tua madre!»
«Dov'è il nonno, tesoro?» chiede la signora.
«Nonna... dai, entriamo. Saluta Ceniælle».
«Oh, ma certo. Buonanotte, cara» saluta l'anziana, sventolando la manina rugosa e sorridendole teneramente.
«Buonanotte, signora. Spero di amare qualcuno come lei ama suo marito, un giorno» le dice commossa, per poi allontanarsi rapidamente verso il vagone.
«Per tutte le radici, era ora!» esclama Seedoh mentre fa ripartire il vagone, asciugandosi la pelle scura imperlata di sudore.
«Scusa, Seedoh. Sai quanto è difficile per me, ogni volta. Non ricorda che suo marito è deceduto... è terribile».
«Hai ragione. Non possiamo nemmeno lontanamente immaginare quanto sia difficile per lei e per la sua famiglia. Comunque, direi che anche tu hai avuto una giornata impegnativa. Ti riaccompagno a casa».
***
«A domani, Seedoh!»
«'Notte, Ceniælle! A domani!» la saluta lui, urlando per sovrastare i rumorosi fischi del vapore.
La ragazza corre verso casa, irrompendo nel salotto rapidissima e urlando: «Sono a casa, nonni!» mentre corre verso la sua stanza in fretta e furia sfilandosi i vestiti sporchi d'inchiostro. Aveva in mente di recarsi all'incontro con Orchivar e Prunea in modo quanto meno presentabile, dopo la pessima figura che pensava di aver fatto nel pomeriggio.
«Tesoro della nonna, come mai sei così di fretta? Riposati un attimo!» le dice Radya con tono sorpreso. «Ti ho preparato un'insalata di rovilèni e radici. Purtroppo tuo nonno, da ingordo quale è, ha finito tutta la purea e...»
«No, grazie nonnina! Devo uscire» la interrompe Ceniælle.
«E dov'è che vai di sera?» Nonno Tronqus si affaccia dalla cucina con fare inquisitorio. «È tardi, Ceniælle».
«Ho un appuntamento con Polgium e Squiria» dice d'impulso «Sapete, trascorriamo troppo tempo a lavoro e poco all'aria aperta».
«D'accordo, tesoro. Penso che un po' d'aria non possa che farti bene. Non credi, Tronqus?»
Il nonno annuisce con volto palesemente contrario, per poi ritornare a sedersi in cucina.
«Grazie, nonnina. Sei la migliore».
«Posso almeno sapere com'è andata a lavoro, oggi?» le chiede Radya mentre raccoglie i vestiti macchiati della nipote.
«Tutto come al solito. La vecchia Grasper continua ad odiarmi. E mi sono annoiata a morte... No, aspetta!» Ceniælle si fionda davanti alla nonna, inciampando nel tavolino di vetro al centro della stanza e cadendole ai piedi.
«Sei impazzita?! Ma che hai stasera?»
«Scusa... ehm... lascia fare a me» farfuglia, mentre prende i vestiti dalle mani di Radya «Li laverò io domani, stai tranquilla. Fai già tanto per me» le dice, dandole subito dopo un bacio sulla guancia.
'Perfetto, il biglietto è ancora qui' pensa.
«Come preferisci...» Radya è evidentemente confusa dall'atteggiamento della nipote, ma fa finta di niente, recandosi anch'ella in cucina.
Ceniælle corre nella sua stanza e indossa una camicia azzurrina, profumata, una gonna in pelle e un paio di stivali. Infine, prende di corsa il suo solito soprabito marrone e corre verso la porta, biglietto stretto in mano.
«Io vado!» grida.
«D'accordo, divertiti, allora!» le risponde Radya, spuntando da dietro la porta della cucina. «Sai, mi ricordi davvero tanto tuo padre, Cortiqon, quando era giovane. Così esuberante, pieno di voglia di vivere!» le dice, facendo una pausa. È visibilmente emozionata nel ricordare suo figlio.
«Lo so, me lo dici spesso. Vorrei tanto averlo conosciuto per poterti dare ragione, nonnina» risponde la nipote, con tono afflitto.
Radya si tampona gli occhi con la manica del maglione, per poi dirle: «Su, dai! Non far aspettare i tuoi amici. E non ritirarti troppo tardi!».
«Certo che no! Ciao nonni!»
***
Le strade di Terramuschia sono quasi vuote, a quest'ora della sera. Ci sono solo alcune persone che passeggiano, oltre alcune guardie del palazzo che girano per le strade per la ronda; altre, continuano a sistemare decorazioni e luci per la sera dopo, in vista del grande evento al palazzo degli Axelynf.
Ceniælle percorre alcuni isolati, camminando per circa mezz'ora, raggiungendo finalmente la Taverna Lavanda. Non riesce a calmarsi: è un po' spaventata, certo, ma curiosa più di ogni altra cosa. Le dispiace aver liquidato i nonni forse in maniera troppo brusca, per di più dopo che la nonna aveva menzionato suo padre; ma dir loro la verità li avrebbe sicuramente fatti preoccupare.
La ragazza pensa spesso a suo padre e a sua madre. Era appena nata quando scomparvero, dunque non ha nessun ricordo di nessuno dei suoi genitori. Sapeva solo che lui era un Guardiano al servizio degli Axelynf, nient'altro; della madre sa che viveva anch'essa a Terramuschia e che adorava i libri, un po' come la figlia.
Il vicolo, alla sinistra di Ceniælle, si trova fra la taverna e un negozio di vestiti; è poco illuminato, ci sono solo un paio di lanterne accese che permettono una scarsissima visuale.
'Dov'è che dovrei trovare dei petali?' si chiede Ceniælle, guardandosi intorno, sulla strada, sulle pareti, in ogni angolo della via mentre continua a percorrerla verso la fine. 'Perfetto, un vicolo cieco'. La giovane continua a guardarsi intorno, si avvicina persino ai ciuffetti di erbacce scuri nelle fessure dei ciottoli che ricoprono la stretta stradina: niente.
All'improvviso, sente un fruscio; forse qualcuno - o qualcosa - si sta avvicinando. Così, Ceniælle si guarda intorno impaurita, ma non c'è nulla che che attira la sua attenzione. Un attimo dopo, sulla parete con cui il vicolo termina, nota una piccola macchia di colore viola: sembra essere un petalo, disegnato sul muro. La giovane ne cerca subito degli altri. 'Devono essere qui', pensa, ma di altri petali nemmeno l'ombra.
Non sapendo cosa fare, quasi d'istinto, poggia il dito sulla macchia colorata, la quale all'istante comincia a brillare. Ceniælle indietreggia stupita alla visione di quella luce purpurea e scintillante; in men che non si dica, altre piccole macchie porpora e rosa cominciano a palesarsi lungo tutta la parete, emettendo luci sfavillanti e cominciando a volteggiare sulla parete stessa. Le decine di petali si muovono da una mattonella all'altra, velocissime, fino a cessare il moto confusionario per posizionarsi al centro del muro, lungo una linea retta di luce rosa. I petali cominciano a fondersi gli uni con gli altri seguendo la linea luminosa, la quale continua ad espandersi, fino a svelare un'entrata molto stretta nella parete.
La luce si spegne, e ciò che rimane è il buio della strettoia.
Ceniælle non ha mai visto una magia del genere; eppure, chissà perché, non ne é affatto spaventata. Anzi, ne è affascinata.
«Suppongo di dover entrare qui: grandioso» riflette la ragazza ad alta voce, avanzando verso il passaggio. Si gira di profilo trattenendo il respiro per cercare di non rimanere incastrata nello spazio appena creatosi, ma appena comincia ad attraversarlo esso si allarga, permettendole di camminare liberamente. «Wow, fantastico».
Il cunicolo tetro in cui la ragazza si trova a camminare è pieno di pozzanghere melmose, abbastanza umido e freddo. La giovane percorre parecchi metri di strada prima di trovare una piccola torcia accesa appesa alla parete di pietra; Ceniælle decide di rimuoverla e usarla per illuminare la via. La debole luce della fiamma comincia d'un tratto ad emettere delle scintille che si muovono rapidamente, volteggiando in aria formando turbini sempre più caotici e veloci. La giovane allontana la torcia dal suo viso per proteggersi, non capendo a cosa sta assistendo, esattamente. Le scintille si immobilizzano a mezz'aria, quasi stanche per i movimenti impazziti di un momento prima; e lentamente, alcune di loro cominciano a spostarsi in avanti, altre circondano Ceniælle, muovendosi sinuosamente attorno al corpo della ragazza.
«Volete che... vi segua? Ok, stai davvero parlando a delle scintille di un fuoco?!»
Le particelle sfavillanti sembrano quasi risponderle, facendole strada nell'oscurità.
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