Capitolo II: Libri e inchiostro - Ceniælle

Il profumo di neradice e porpùrie riempie ogni stanza dell'intima e accogliente casa dei coniugi Goldoak.

Durante le prime ore del giorno, Tronqus Goldoak era uscito come suo solito a passeggiare nei pressi del Bosco Arcano - nel è quale è caldamente sconsigliato addentrarsi per i bizzarri eventi di cui è protagonista - ma questa volta aveva deciso di raccogliere un po' di radice scura e aromatica assieme a molti piccoli fiori porpora dall'odore dolce, e ne aveva riempito un cesto da portare a sua moglie.

Radya Goldoak aveva apprezzato il gesto dell' amorevole marito, e così aveva deciso di preparare una deliziosa e fragrante crema dal colore viola scuro, la sua specialità: la purea paonazza. La purea si presta ai più vari e disparati utilizzi, potendo essere servita da sola come portata principale o, ancora, essere spalmata dove si preferisce; infine la si può impastare con farina di felcegrano per farne delle saporite polpette.

Ma la peculiarità della ricetta di Radya è l'intenso profumo che rimaneva nell'aria anche per giorni, fungendo un po' da deodorante per ambienti completamente naturale. Tronqus aveva gustato con avidità la sua porzione di purea paonazza, fino a leccarsi letteralmente i baffi e a riempirsi per bene lo stomaco.

Moglie e marito stanno seduti sul loro comodissimo divano in legno, i loro corpi anziani ma ancora arzilli poggiano sui morbidi cuscini ricamati da Radya stessa, mentre si riposano godendosi un calmo pomeriggio insieme.

Le pallide ed esili gambe di lei, insieme alle scure e più robuste gambe di lui, sono distese a mezz'aria fino a raggiungere il tavolino di vetro di fronte a loro, usato abitualmente come poggiapiedi. Radya ha i suoi folti capelli grigi raccolti in una lunga treccia che le scende sinuosa lungo la spalla destra e lungo il petto, mentre Tronqus ormai non ha più molti capelli e i pochi che sono rimasti sono bianchissimi; il vecchio ha però un folto baffo anch'esso bianco che vanta con orgoglio.

Sono entrambi sull'ottantina, e svariate rughe solcano i loro visi, affiancate, sul volto di Radya, da strane cicatrici sulle guance: bianca e deformate quella sulla destra, azzurrina e appena visibile a sinistra.

Dopo lunghi momenti di silenzio rotti solo da qualche sospiro profondo, Tronqus comincia a tendere lentamente la mano destra verso sua moglie, cercando le dita dell'adorata consorte la quale, lasciandosi trasportare dalla dolcezza di questo semplice gesto, afferra rapida la fredda appendice del suo amato.

I due si guardano scambiandosi un tenero sguardo, al che Tronqus le chiede: «È rimasta un altro po' di purea?»

Radya in un attimo ritira a sé la mano con un'espressione scocciata ma rassegnata, sbuffando e alzandosi dal divano e dirigendosi verso la loro camera da letto.

«Sei davvero il solito vecchio rozzo, Tronqus!» esclama lei.

«Che ho fatto?» domanda lui sinceramente sorpreso.

«Ma cosa mai potresti fare tu? Va' e mangia quel po' di purea che è rimasta, e attento a non strozzarti» gli risponde lei quasi sperando che l'ultima parte diventi realtà.

«Per fortuna Ceniælle(1) è riuscita a portare con sé la sua porzione al lavoro, ingordo!» gli grida, sbattendo la porta della stanza.

Il vecchio Tronqus quasi pare riflettere sulle parole della moglie, e dopo un secondo scatta da sopra il divano e si dirige verso la cucina.

(1)pronuncia: Seniel

***

Ceniælle Goldoak era uscita di casa alcune ore prima, come sempre di fretta e furia.

Aveva afferrato al volo il fagotto con la purea di Radya e aveva salutato i nonni con un affettuoso 'vi voglio bene' senza aspettarsi una risposta, sapendo che i due la amano alla follia.

Spalancata la porta verde scuro, si era lasciata alle spalle quella casa in legno e un po' dimessa che ormai da diciotto anni l'ha accolta e protetta, così come le persone a lei più care al suo interno.

Portava la sua solita e consumata borsa di pelle a tracolla e, mentre con le ascelle tratteneva varie pergamene, con una mano manteneva il fagotto fragrante e con l'altra il blocco di biglietti per la Vapovìa che prende tutti i giorni per andare al lavoro.

Questo moderno mezzo di trasporto sfrutta un complesso sistema di ingranaggi in novartro fatti ruotare da vapore emesso ad alte pressioni, il quale permette a una serie di carrozze di raggiungere quasi ogni punto di Terramuschia, la capitale del Dominio di Selvatossa - stessa cosa vale per le altre capitali. Le carrozze sono agganciate a una rete di cavi che si diramano per tutta la città.

Ceniælle era riuscita per il rotto della cuffia a salire sulla carrozza che le avrebbe permesso di arrivare puntuale alla Biblioteca, evitandole le ramanzine del suo capo: la signora Grasper.

Dalla fermata a pochi minuti a piedi da casa sua, il vagone ha ben otto fermate da rispettare, fra queste la vecchia scuola dove Ceniælle studiava da bambina.

La Biblioteca Capitolina si trova fra gli edifici lungo la strada Principale, il vialone che conduce al Palazzo degli Axelynf.
Essa consta di ben cinque piani e conserva tutto quello che concerne la storia di Artifìsia, ma ben poco di ciò che c'era prima di essa.

Ceniælle, a soli sedici anni, aveva ricevuto un importante riconoscimento per aver trascritto molti manoscritti antichi, in modo tale da permettere a chiunque di consultarli con maggiore facilità; fra i più importanti 'La Guerra dell'Alba: Sorge il Nuovo Continente' scritto dallo storico Peonius Rouldfich centinaia di anni prima.

La giovane lavora ormai da due anni nella Biblioteca, occupandosi della manutenzione dei volumi e, ogni tanto, della trascrizione di importanti tomi.

È ormai la pausa pranzo, e Ceniælle gusta con estasi la purea paonazza della sua adorata nonnina, seduta alla sua scrivania al secondo piano e cercando per un attimo di non pensare a carta e inchiostro.

Un attimo dopo, un tonfo improvviso le fa balzare il cuore e quasi rovesciare la ciotola.

«Ragazzina, mi serve che tu sistemi questi libri che ci sono stati riconsegnati. Ora» le dice la signora Grasper con un tono tutt'altro che cordiale, dopo aver sbattuto una pila di sei libri sulla scrivania di Ceniælle.

Ha dei capelli molto disordinati e grigi, quasi scoloriti, un bel paio di borse sotto agli occhi che cerca di nascondere con un paio di occhiali scuri, e un vestito che forse un tempo era viola, ma che ora fa pendant coi suoi capelli.


«Oh, certo miss Grasper. Finisco di mangiare e...»

«Mi pare di averti detto ora, o sbaglio?» la interrompe il capo. «Sempre quest'aria da superiore hai, non sei poi così speciale tu» e con una risatina compiaciuta torna al piano di sotto.

La ragazza fa un respiro profondo e si passa una mano fra i ricci biondi, cercando di trovare un po' di calma interiore per svolgere il compito - o meglio, l'obbligo. Chissà perché, i libri che deve riporre sono sempre allocati al quarto o quinto piano. È ovvio che la Grasper ce l'ha con lei; non si è mai rivolta a nessun altro in quel modo così rude e scortese, né a Squiria né Polgium, i suoi due colleghi del secondo piano.

«Ancora un'altra ramanzina? Che hai combinato sta volta?» Squiria si avvicina a Ceniælle silenziosamente, per evitare che la vecchia sentisse i suoi passi da due piani più sotto, e cerca di sdrammatizzare. Ha dei corti capelli neri e la pelle ambrata, oltre che una matita appoggiata sopra l'orecchio come segno particolare. Dice sempre che la perde, quindi ha scelto quella posizione per comodità.

«Esisto e respiro, probabilmente».

«Dai, Ceni, non darle retta» si intromette Polgium, che nell'avvicinarsi alle ragazze si lega i lunghi e ricci capelli castani con un nastro blu.

«È davvero difficile sopportarla, ragazzi. Non so quanto io possa ancora reggere».

Entrambi le accarezzano la spalla, in segno di vicinanza.

«Forse è meglio che vada a sistemare questi libri, non ho alcuna voglia di essere ripresa nuovamente» comunica agli altri due mentre si reca al terzo piano.

Quella vecchia scorbutica è uno dei tanti motivi per cui la giovane trascrittrice odia il suo lavoro. Ma oltre alle svariate ore al giorno, ai continui rimproveri e le umiliazioni gratuite, al nero e al blu dell'inchiostro che era difficile da rimuovere dalle dita e dai vestiti, c'era ben altro.

Ceniælle ha da sempre sognato di vedere il mondo, di vivere in prima persona la realtà, e non di leggerla o trascriverla; ha sempre voluto, sin da piccola, vivere un'avventura memorabile e, perché no, magari scrivere un diario dettagliato dei suoi viaggi.

E allora perché non se ne va? Perché non lascia Terramuschia e questo lavoro che non la soddisfa affatto? Cosa la frena? Ovviamente la sua famiglia. Radya e Tronqus hanno fatto ciò che ci si sarebbe aspettato da qualunque coppia di nonni: crescere al massimo delle loro capacità la figlia del loro primogenito e assicurarle un futuro.

I genitori di Ceniælle scomparvero quando lei era appena nata, in circostanze tutt'ora oscure; sin da piccola ha sempre avuto solo loro e non avrebbe mai potuto abbandonarli.

E dunque, se non può viaggiare fuori dalla Capitale, lo fa attraverso i libri. È questa l'unica ragione per cui riesce ancora a resistere: i racconti, le leggende, gli eventi storici le permettono di fuggire da quella realtà che non le si addice.

Gli ultimi due volumi che le sono rimasti da sistemare sono 'Tecnologie di Artifìsia' di Boin Laiffe e 'Prima Nova'.

Quest'ultimo libro non ha un autore e, come suggerisce il titolo, è una raccolta di alcuni eventi accaduti prima della fondazione di Artifìsia, quando ancora esistevano i Primordiali. Molte pagine sono andate probabilmente perdute - o forse stracciate - e poche fra quelle rimaste sono comprensibili.

Ceniælle ha tentato di trascrivere tutto quello che riusciva a comprendere cercando di ricostituire il testo, ma le è stato impossibile per quanto esso è malandato. Sfogliandolo nuovamente, verso le ultime pagine, nota una dedica particolare: 'la feccia primordiale si è estinta, viva Artifìsia!'
Disgustata dal fatto che qualcuno potesse imbrattare un libro del genere, lo ripone sullo scaffale del quinto piano e ritorna alla sua postazione.

Ritornata al suo piano, non ha nemmeno il tempo di adagiarsi sullo scomodissimo sgabello traballante che la vecchia scorbutica si rifà viva.

«Ragazzina, scendi subito!»

L'urlo della Grasper echeggia dal piano terra sino a due piani più su, rimanendo quasi inalterato, come se fosse lì a pochi centimetri di distanza. Ceniælle scambia degli sguardi di terrore misti a sfinimento con Squiria e Polgium, i quali poi riprendono nelle loro attività.

La giovane si reca immediatamente al piano terra, all'ingresso della Biblioteca, dove la rude megera la aspetta impaziente insieme a due donne dall'aria un po' spaesata.

«Eccola, mie signore, la trascrittrice che si occupa dei piani superiori» così viene presentata Ceniælle. 'La trascrittrice', come se molto prima di questo non sia una giovane ragazza, piena di sogni e di ambizioni. «Vi mostrerà dove trovare ciò che cercate. Ragazzina, occupati tu delle gentili ospiti»

«Saremo più che felici di seguirti» le dice la più alta delle due.

Hanno entrambe delle lunghe ed evidentemente costose gonne, e un'apparenza che lascia poco spazio all'immaginazione.

Di fronte ai loro modi aggraziati e agli abiti eleganti, la giovane non si è mai sentita più fuori luogo di così: capelli scombinati, la camicia verde e i pantaloni beige sporchi d'inchiostro, gli stivaletti di pelle logori.

La signora Grasper si fionda giù dalla sua seduta e con uno scatto rapidissimo raggiunge Ceniælle, sussurrandole all'orecchio: «Vengono dal Palazzo degli Axelynf, pare siano molto vicine a sua maestà Re Gaardog III. Mi raccomando, non farmi fare brutte figure»

Più in ansia di quanto già non fosse pochi attimi prima, Ceniælle sorride alle due nobili e fa loro cenno di seguirla verso le scale, ignara di quello che l'aspetta.

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