Capitolo I: Una giornata tranquilla - Rothel
Come ogni mattina, Feis il pescatore è pronto a fare il giro di tutte le abitazioni del villaggio Arenaqua per vendere il pesce appena pescato.
Nonostante la concorrenza con il mercato ad Aguandis sia spietata - grazie alle tecnologie all'avanguardia che permettono di catturare animali acquatici anche di grosse dimensioni - Feis riesce a guadagnarsi dignitosamente da vivere e a mantenere sua moglie e le sue due figlie, fornendo alle persone un comodo servizio di consegna a domicilio avendo a disposizione solo qualche rete vecchia e alcuni ami arrugginiti.
Dalla sera precedente fino al mattino seguente, egli si apposta sulla sua barchetta cadente in mezzo al mare e, posizionati reti e ami, attende fin quando la fonte dei suoi guadagni non abbocca o rimane intrappolata.
Più o meno soddisfatto del pescato, quando il sole comincia ad alzarsi in cielo, fa retromarcia verso la riva e con una corda parecchio sudicia lega la sua preziosa barca a dei paletti di legno affossati nell'acqua; subito dopo, posiziona sul suo carretto malandato il frutto di una lunga notte di attese, pronto a cominciare una nuova mattinata di vendite.
Il percorso dalla spiaggia Bhoa al villaggio è molto breve, e malgrado il suo carretto abbia una ruota su due ammuffita, il pescatore riesce abilmente a trascinarlo lungo la spiaggia - aiutato dal fatto che le ruote hanno ormai creato dei solchi nella sabbia argentata, come dei binari.
Dopo alcune centinaia di metri, raggiunge l'entrata del villaggio, dove le solite due guardie con grosse armature argentate lo fermano come da routine per controllare cosa mai stia introducendo ad Arenaqua, bloccando l'ingresso alla Piazza Centrale.
«Dobbiamo controllare» dice una.
«È davvero necessario, ogni volta?» ribatte Feis «per tutte le spume!»
«Sai che lo è, Feis» risponde l'altra «non possiamo rischiare che tu introduca uno di quei cosi camuffati, non si è mai troppo prudenti».
Sempre un po' in tensione per via di questi controlli, Feis si aggiusta il grosso cappello di paglia che fa ombra sul suo viso stanco, magro, con una brizzolata barba incolta e si fa da parte.
Dopo aver spostato i vari esemplari di trota squamaviola e blulmone alla ricerca di chissà quale creatura, congedano il pescatore, ora libero di entrare nel villaggio e si riposizionano ai lati dell'ingresso, immobili e col petto all'infuori, sul quale è raffigurata l'effigie dei Drysir: un grosso scudo azzurro.
«Feis è qui!» comincia a gridare «Feis è qui! E anche le belle squamaviola! Pesce fresco direttamente a casa vostra!»
***
È forse la prima volta che Sonha non è stata svegliata dalle grida del pescatore ambulante, ma aveva una buona ragione: la sera prima, lei e la sua famiglia sono andati a letto tardi a causa dei festeggiamenti in spiaggia per il ventesimo compleanno di sua figlia Neida. Ella, ha ormai raggiunto la maggiore età per poter lavorare ai servizi del Dominio Drysir.
Che abbia intenzione di arruolarsi e diventare Paladino o di intraprendere la carriera da Guardiano, sua madre sarà ugualmente orgogliosa della sua primogenita, anche se Neida ha una propensione che devia totalmente da ciò a cui convenzionalmente una giovane Lei degli Uomini dovrebbe aspirare.
La giovane ha una visione opposta alla maggior parte dei comuni Artifisiani, è una ragazza pacifica ed è contraria alla politica rigida e bellicosa che gli attuali regnanti stanno portando avanti da ormai dieci anni ma, ciò nonostante, l'ultima cosa che vuole è deludere sua madre, la donna che ha cresciuto lei e i suoi due fratelli - Rothel e Leim - da sola, senza l'aiuto di nessuno, nemmeno di quel padre che chissà dov'è ora e che probabilmente nemmeno ricorda i loro volti.
Proprio per tutti questi pensieri, Neida è già sveglia ormai da ore.
Decide quindi di alzarsi dal suo letto - l'odore del sapone alle alghe indaco che usa la madre per lavare le lenzuola le penetra nelle narici - indossare una calda vestaglia di lana sulla sua camicia da notte blu scuro e scendere al piano di sotto per svegliare Sonha.
La donna si era addormentata sul divano del salotto dopo aver provato a sistemare nella dispensa i dolci al gamberon-stella preparati dalla loro vicina Quania, prima che il sonno avesse la meglio; i dolci sono sparpagliati un po' sul tavolino intagliato in legno rosa e un po' a terra, sul soffice tappeto verde acqua.
«Mamma, c'è Feis» le sussurra Neida all'orecchio, scuotendola leggermente.
Sonha le risponde con un ronfo profondo, girandosi sul divano e dandole le spalle, chiarendo quanta poca voglia avesse di svegliarsi e di affrontare la giornata.
«Mamma, c'è Feis» ripete Neida, questa volta alzando la voce e scuotendo la madre un po' più energicamente. Ma ella, con un movimento del braccio caotico, scaccia la mano della figlia.
«Mamma! C'è Feis!»
Questa volta Neida le urla nell'orecchio, facendola sobbalzare.
Finalmente Sonha si desta dal sonno, evidentemente spaventata dagli strattoni e dalle urla.
«Che... che succede?! È l'alba?» chiede Sonha in un misto di confusione e sgomento.
«No, mamma. Il sole è ormai alto, e Feis è qui. Ha portato le trote squamaviola, che aspetti?» incalza Neida.
«Oh sì, sirena mia, adesso vado alla porta... che mal di testa» lamenta lei.
«Qualcuno qui ha esagerato col liquoschiuma, eh? Forza mamma, va alla porta. Io vado a svegliare Rothel e Leim»
Lentamente, Sonha si raddrizza sul divano mentre con un nastro bianco lega i suoi lisci e lunghi capelli castani - proprio come quelli di Neida - e ancor più lentamente si alza in piedi dirigendosi verso la porta d'ingresso.
Non è una casa eccessivamente grande, la loro, ha due piani ampi il giusto da ospitare tutti e quattro; la porta d'ingresso conduce direttamente al salotto, sulla sinistra c'è un bagno per gli ospiti mentre sulla destra c'è la piccola cucina.
Le scale per il piano di sopra sono anch'esse in legno rosa e scricchiolano lievemente mentre le si percorre, fino a ritrovarsi in un minuscolo corridoio dal quale si raggiunge la camera di Neida, la camera di Sonha, un secondo bagno e la camera dei ragazzi.
I due fratelli ancora dormono quando la loro sorella maggiore varca l'entrata della loro camera.
«Svegliatevi, voi due! È ora di alzarsi! Nè la legna nè la verdura arriveranno a casa da sole questa mattina, forza!»
Nell'udire la voce di Neida i due ragazzi cominciano ad accennare a qualche movimento da sotto le lenzuola; Rothel alza la testa dal cuscino e si posiziona con fatica seduto, le gambe penzoloni dal materasso. Indossa ancora i vestiti della sera precedente: una giacca nera con un paio di pantaloni abbinati e una camicia di un azzurro tenue.
«È l'alba?» chiede frastornato.
«Per la seconda volta, no» risponde Neida con una leggera risata, ripensando alla stessa scena di poco prima.
«Vado a lavarmi» ribatte il fratello «buona fortuna con Leim, sarà difficile riportarlo fra noi» conclude ridendo mentre esce dalla loro stanza. Anche Neida si lascia andare per un attimo ad un sorriso, per poi sbuffare e cominciare a strattonare Leim e a tirargli via le lenzuola dalla testa, scoprendo i suoi folti ma corti capelli, anche questi castani.
Rothel, invece, ha dei ricci ramati che arrivano a coprirgli giusto la punta delle orecchie.
Non è un segreto il fatto che sia stato adottato quando aveva cinque anni. Rothel non ha alcun ricordo della sua vita precedente al suo arrivo ad Arenaqua: Sonha lo ha da subito trattato come un figlio, ed egli non ha faticato a considerarla come una madre.
Dopo tutti questi anni, il giovane non ha mai chiesto nulla riguardo il suo passato...
... se non fosse per quel frammento di dipinto che tiene conservato sotto al materasso del suo letto.
Sonha gli disse, da bambino, che lo teneva con sé quando, dal nulla, giunse davanti alla porta di casa, imbacuccato in un mantello sudicio e con quel pezzo di carta nella casacca logora.
Il frammento, pare raffigurare una bambina dai capelli rossi, ma è appena distinguibile. 'Chi sarà mai?' ogni tanto se lo chiede, Rothel, ma non ci ha mai badato più di tanto.
Scostando i fluenti ricci da sopra gli occhi, il ragazzo si dirige verso il bagno - i peli della moquette rosa gli solleticano le piante dei piedi nudi, come ogni mattina per tutti questi anni.
È incredibile come anche le cose più semplici con cui entriamo a contatto nella quotidianità possano suscitare emozioni profonde, ricordi commoventi, farci sentire a casa; Rothel pensava ogni giorno a questo.
Ci pensa tutte le volte in cui cammina sulla morbida moquette; tutte le volte in cui l'acqua risale dal serbatoio in giardino attraverso le tubature del bagno, facendo vibrare la vasca in ceramica bruna per poi sgorgare sul suo corpo; ogni qual volta si rade la barba rossiccia con la schiuma dall'odore del mare; ogni volta che, asciugandosi con i soffici teli di spugna, sente il forte profumo delle alghe indaco di Sonha.
Tutto gli ricorda casa.
Dopo essersi avvolto nel lungo telo giallo tenue e aver pettinato il cespuglio ramato specchiandosi nello specchio per diversi minuti, si dirige verso l'uscita del bagno, incrociando il fratello Leim il quale si trascina nella direzione opposta a quella di Rothel.
«Come sei riuscita a farlo alzare, Neida? Che cosa gli hai promesso 'sta volta?» le chiede Rothel sghignazzando e spingendo il fratello verso il muro del corridoio subito dopo.
«L'ho letteralmente buttato giù dal letto» risponde lei divertita.
«Mi fa male il braccio...» mormora Leim ancora assonnato, premendo con la mano destra sul tricipite sinistro indolenzito per la caduta.
«Dai, vieni fratellino» si offre Rothel «ti accompagno io al bagno»
Leim fa un verso di assenso e si appoggia alla spalla del fratello maggiore.
Per avere quattordici anni è alto quasi quanto Rothel e Neida e qualche pelo scuro gli è già spuntato sul mento e sulle guance.
Giunti davanti al lavabo e riempito d'acqua, il più piccolo dei due giovani rimane immobile davanti ad esso, fissando la superficie dell'acqua.
Dopo qualche attimo di silenzio, il più grande prende con un rapidissimo gesto il bicchiere di vetro azzurro appoggiato sul bordo del lavabo, e raccogliendo un po' dell'acqua del lavabo la getta sul volto del fratellino, ridendo a crepapelle ad atto compiuto.
Leim rimane per un momento interdetto, poi si gira verso Rothel e comincia ad urlargli contro e a spingerlo con calci e pugni, mentre quest'ultimo continua a sbellicarsi dalle risate.
«Sei davvero un cretino, Rothel!»
«Oh, bene! Almeno ora sei sveglio!»
Leim continua a colpire il fratello, fin quando Sonha sentendo il baccano arriva di corsa al piano di sopra, interrompendo la lotta.
«Voi due! Ancora non siete pronti?!» li sgrida la madre «È tardi, e ancora non ho nè verdura nè pane. Giuro sul Sacro Scudo di Ghiaccio che se al mercato hanno già finito i prodotti freschi non la passerete liscia! Muovetevi!» conclude Sonha mentre scende le scale scricchiolanti massaggiandosi le tempie ancora dolenti per le poche ore di sonno.
«Avete sentito la mamma? Andiamo, forza!» incalza Neida.
Finalmente, Leim si decide a darsi una lavata. Rothel invece ritorna nella loro camera per vestirsi.
Così come i suoi fratelli - perchè definirli 'fratellastri' sarebbe riduttivo e quasi dispregiativo - egli è umile, un ragazzo semplice ma senza dubbio speciale.
Dal cassettone in legno verde mela prende una casacca color avorio e un paio di pantaloni marroni; dopo averli indossati, infila dei calzini bianchi tutt'altro che candidi e scende al piano di sotto.
Lo scrocchiare delle scale nello scenderle fa voltare Sonha e Neida verso Rothel; sembrano quasi sorelle - d'altronde Sonha è una quarantaduenne molto giovanile - e a rafforzare la spiccata somiglianza sono i capelli legati nello stesso modo, oltre che gli occhi color nocciola e la pelle olivastra.
Invece, la pelle di Rothel è molto chiara, mentre i suoi occhi sono verdi e brillanti come un prato durante una giornata soleggiata, occhi che spesso il giovane, un po' vanitoso quale è, rimane a fissare a lungo quando si specchia.
«Uno dei due ci ha finalmente degnate della sua presenza!» dice Sonha con tono irritato «Sarà meglio se vi avviate, voi due, io vado a prendere vostro fratello per le orecchie e lo scaravento giù per le scale».
«Allora andiamo. A dopo, mamma» saluta Neida.
«Mele e Radici di Selvatossa, giusto, mamma?» chiede Rothel.
«Sì, ricciolo, e mi raccomando: state attenti» Il tono con cui la madre saluta i suoi figli è evidentemente preoccupato, ma non è una novità.
Salutata la madre, i due fratelli calzano le scarpe lasciate all'ingresso e lasciano la loro dimora.
Rothel segue la sorella attraverso la porta e, dietro di lui, una strana preoccupazione si accoda; cosa potrebbe mai andare storto in una giornata tranquilla come questa?
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