CAP. XIII Paradiso o Inferno?
Sono in trappola! Ovunque io volga il mio sguardo, non vi è via d'uscita.
È la fine, per me. Ti prego! Fa' che sia rapida e indolore, anche se non merito una simile clemenza o privilegio... prego, dentro di me.
Stringo con forza il coltello nella mano destra, occultandolo alla meglio alla sua vista. La gola mi si è seccata e osservo Devin che avanza: è a pochi passi da me, ormai.
«Bene! Adesso ti porto con me e ci divertiremo insieme, tutti e tre! Ma prima...» afferma, mentre mi squadra dalla testa ai piedi, per poi aggiungere, con un ghigno malefico: «prima dobbiamo divertirci solo noi due!»
Tutti e tre? Ma, allora... non finisco neanche di pensare o di avvertire un barlume di speranza in me, ché mi balza addosso, scaraventandomi a terra e opprimendomi con il suo peso.
Di riflesso, mi proteggo dall'aggressione, posizionando le braccia in avanti, e... e poi lo shock!
Un attimo dopo il suo assalto, sento la punta del coltello — che stringo ancora tra le mani — affondare sempre più nel suo addome, fino al manico.
«A-Ah...» lo sento gemere piano, mentre mi guarda con occhi e bocca spalancati per lo stupore, per la rabbia e per il dolore, prima di crollarmi addosso, semicosciente.
Oh, mio Dio! Oh, mio Dio! Cosa ho fatto?! sono sconvolta e sento le mani scivolose e appiccicose: il suo sangue mi sta colando addosso, praticamente.
Sono terrorizzata all'idea di averlo ucciso e, con tutta la disperazione che provo e la forza che mi rimane, cerco di alzarmi, spingendo via il suo corpo e facendolo ricadere di lato, in posizione supina e con ancora la lama conficcata nel suo addome.
Sotto shock mollo la presa dal coltello e vedo che fiotti di sangue fluido e dall'intenso odore di ferro gli sgorgano dalla ferita.
Devin ha gli occhi socchiusi e respira piano, ma io sono troppo nauseata dalla vista e dall'odore di sangue per potermi accertare delle sue condizioni. Così, come un'automa, mi avvio verso la zona più illuminata del corridoio, alla ricerca del Detective Hoorios.
Lo trovo a pancia in giù, con i polsi ammanettati dietro la schiena e ricoperto di sangue... ma vivo!
«Oh, mio Dio!» esclamo, sollevata e allo stesso tempo sgomenta. Mi avvicino a lui, zoppicando e con la testa che mi pulsa sempre più.
Non appena mi vede, Hoorios mi sorride, sofferente.
«Safiria... dove...»
Non gli do neanche il tempo di concludere la frase, ché subito mi inginocchio accanto a lui e lo interrompo, dicendo tutto d'un fiato: «L'ho pugnalato! È a terra. Respira, ma io non lo so... non lo so. Oh, Dio!» singhiozzo, smarrita.
«Calmati! Prendi le chiavi nella mia tasca destra... liberami da queste manette! Andrà tutto bene, Safiria» mi rassicura, in tono sommesso, e io obbedisco, meccanicamente, frugandogli nella tasca e aiutandolo a smanettarsi.
Una volta libero, mi guarda e mi punzecchia, cercando di sdrammatizzare: «Fortuna che sei de coccio tu. Vieni, andiamo!» e mi prende per una mano (ancora sporca del sangue di Devin), reggendosi a malapena in piedi.
Con la mano libera afferra il suo cercapersone e fornisce le giuste direttive alla polizia, che (finalmente!) sentiamo arrivare, insieme alle ambulanze.
Il frastuono proveniente dall'esterno e il sollievo nel sentire il suono della salvezza e della libertà riempiono l'ambiente. Il Detective è così concentrato nell'andare incontro ai rinforzi, da non riuscire nemmeno a notare in tempo l'ombra che spunta fuori dal suo nascondiglio, con in mano una pistola puntata su di noi.
In una frazione di secondo mi lancio su di lui, gridando a squarciagola: «No!»
Nello stesso istante, Devin spara e io mi sento mancare il respiro...
Il proiettile mi colpisce da dietro e io cado rovinosamente a terra, urtando la punta del battiscopa con la testa, per poi essere afferrata dal Detective che mi guarda, sconvolto.
La polizia e i soccorsi arrivano, ma io ormai non vedo e non sento più nulla. Sono immersa in una pozzanghera di sangue: il mio!
Sorrido al mio salvatore, che ancora mi tiene tra le braccia, mentre ordina al personale medico di sbrigarsi a soccorrermi, ma per me il silenzio regna sovrano. Non riesco a distinguere nulla, tutto è sfocato e privo di consistenza e rumore.
L'unica certezza che provo è il senso di leggerezza e di liberazione che avverto invadermi dentro e che sento svanire, man mano che chiudo gli occhi, mentre tutto diventa ombra e oscurità.
Nessun suono, nessun viso e nessun dolore. Nessun rimorso, nessun rimpianto. Il detective è salvo e io...
SONO LIBERA!
FINE
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