CAP. IV Un "weekend" di ricordi

Il weekend a casa dei miei amici è durato molto più del previsto e io sono più nevrotica che mai da quella notte.

«Safy, calmati! Non ce la faccio a vederti ancora in questo stato. Per favore, non andare in ansia e in paranoia! Il detective Hoorios sarà anche un tipo misterioso, che lavora esclusivamente per via telematica e non mostra mai il suo volto, ma è il migliore nel campo e sa il fatto suo. Il microchip RFID che ti è stato impiantato, poi, è roba di tecnologia avanzata e superaffidabile. Ti troverebbero pure dentro un pozzo, tranquilla! Ma vedrai che non si arriverà a tanto. Ci penserà lui a scovare questo sadico che sicuramente sa del tuo tragico passato e che si diverte a mandarti simili messaggi e a tormentarti con quella vecchia storia, fidati! E poi lo sappiamo tutti, ormai: Devin è morto in quel tragico incendio...
   Tesoro, io lo so, hai subito un forte shock a causa di quel figlio di brava donna, ma hai ripreso in mano la tua vita e sei andata avanti. Sei di una bellezza mozzafiato; gestisci uno dei settori principali di una fiorente impresa, a livello nazionale e internazionali; possiedi talento e bontà da vendere e sai che puoi contare su di noi... sempre! Non lasciarti suggestionare e abbattere così, ti prego!»
Sonja cerca disperatamente di farmi ragionare e di rincuorarmi, ma io a stento presto attenzione alle sue parole.

"Bimba cattiva..." e "Safiria-gattina..." mi risuonano nelle orecchie con la sua voce bassa e roca...

Ho le pupille dilatate e lo sguardo perso nel vuoto, nel mio vuoto. Un vuoto fatto di cicatrici insanabili, che mi porto — da anni, ormai — dentro e fuori e che ho celato a tutti.
Credevo davvero di averla superata, ma mi sbagliavo.

E, ora, eccomi qui! Catapultata in un passato di torture psico-fisiche, di sangue e di manipolazioni psichiche da parte di quel farabutto.

Devin...

Al solo sentirlo nominare o pensarlo, mi si stringe il cuore.
Ne ero irragionevolmente e incondizionatamente innamorata e non ho prestato ascolto al mio intuito che, invece, mi suggeriva di fuggire via da lui, il più presto e lontano possibile, fin dal primo momento in cui ci siamo incontrati.

Era entrato a far parte della mia vita con immensa facilità. Ai miei occhi era un angelo disceso dal cielo, apposta per starmi accanto ad amarmi, rispettarmi e proteggermi da tutto il dolore che ho sempre provato e che mi hanno provocato — principalmente — coloro che avrebbero dovuto amarmi da sempre e per sempre, incondizionatamente.

Che sciocca, che sono stata! Ogni suo gesto premuroso, ogni sua parola dolce e ogni cosa buona di lui era ciò che io bramavo praticamente da una vita, ma per lui era solo una finzione! Un modo come un altro, per scalfire la mia corazza e manipolarmi con estrema maestria, finché — un giorno marchiato a fuoco sulla mia pelle e nella mia anima — ho scoperto il suo Alter ego e tutto è cambiato...

«Come ho potuto lasciarmi abbindolare così? Non è da me... sono una stupida! Stupida! Ed è tutta colpa mia» mi dispero, soffocando un singhiozzo e le lacrime, che — inaspettatamente — mi sono salite agli occhi e mi scivolano lungo le guance.

«Ora basta, Safy! Ti porto in giro a fare shopping e, al rientro, voglio vederti rinata. Intesi?» la voce di Sonja mi riporta bruscamente al presente.

La guardo per un lungo minuto, in silenzio, per poi dire, rassegnata: «Va bene... hai vinto tu. Andiamo!»

Salutiamo Misael e Mia e ci dirigiamo in centro, ignare di ciò che sarebbe, poi, accaduto.

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