Capitolo 7~Numb
[Chester]
Chester stava facendo un sogno strano.
Inquietante.
Di quelli che ti restano nella testa per giorni.
Non riesci a smettere di pensarci.
Non riesci a smettere di chiederti se significhino qualcosa.
Non riesci a smettere di pregare Dio, il Karma o che cazzo ne so io che non vogliano dire niente.
Non riesci a trattenerti dal ringraziare tutti i santi del Paradiso in cui nemmeno credi quando qualcuno ha l'idea geniale di chiamarti nel bel mezzo della notte.
Si svegliò con il cuore in gola.
Si svegliò con un urlo che gli moriva sulle labbra.
Si svegliò con un'emicrania fottuta.
Il telefono gli vibrava nella sinistra.
Come un dannato.
Chi cazzo chiama a quest'ora di notte?
Da quando in qua mi addormento con il telefono in mano?
La sveglia sul comodino segnava le 3.59.
Il telefono gli vibrava in mano.
Come un dannato.
Chiamata da un numero sconosciuto...
Ma chi cazzo è?
Premette la cornetta verde.
-Chi cazzo sei e che cazzo vuoi?-
Faceva fatica a parlare.
Aveva sonno.
Un sonno fottuto.
Aveva ancora gli occhiali sul naso.
Assurdo.
-Sì: sei decisamente tu, Bennington.-
Chiunque sia, deve avere una laringite fottuta...
Oppure un paio di secoli sulle corde vocali.
-Ma chi cazzo ti conosce?-
Sbuffò.
Cominciò a massaggiarsi le tempie.
Aveva un'emicrania fottuta.
-Sono Jared, quello del gruppo con il nome del cazzo, ti ricordi?-
L'altro tossì.
-Oh, sì. Ora mi ricordo. Com'é che hai il mio numero?-
C'era troppa gente che aveva il suo numero senza che lui lo sapesse.
-Me l'hai dato tu, non ricordi?-
-Veramente no.-
Chester sbuffò.
Affondò la faccia nel cuscino.
C'era troppa gente che aveva il suo numero senza che lui lo sapesse.
-Cosa vuoi?-
La stoffa era ruvida contro la sua faccia.
Ruvida e maledettamente fastidiosa.
-Non posso averti chiamato solo per chiacchierare?-
-Oh sì. Potresti. Se non fossero le fottute quattro di giovedì mattina. E se non si deducesse che non hai fumato niente di pesante dal modo in cui parli. Potresti.-
-Ok Sherlock, hai vinto: mi serve un favore.-
-Grazie al cazzo.-
Chester si girò sulla schiena.
-Che favore?-
-Sabato ho una serata al Minutes to Midnight, ma non posso cantare in queste condizioni.-
Jared tossì.
-Ho già un sostituto, ma ha un problema con il lavoro e non può venire prima delle undici e mezza e fino a mezzanotte mancherà anche mio fratello Shannon. Io e i ragazzi eravamo d'accordo con il tipo del Minutes per iniziare alle undici e ormai non possiamo più cambiare l'orario: mi servirebbe che ci coprissi per quella mezzora. Mi basta una canzone, per il resto si arrangiano i miei in qualche modo, tra presentazione e cagate varie.-
Chester guardò il suo fottuto cellulare di merda per quasi dieci secondi.
Che cazzo di problema ha?
Si è estratto il cervello e se l'è sparato in vena con l'eroina?
-Ma sei fuori di testa? Non posso farlo. Non conosco i vostri testi. E nemmeno la tua cazzo di band. Oltretutto non ho mai cantato davanti a una fottuta discoteca strapiena di cazzoni. Non ci tengo nemmeno a provare. Tanto per la cronaca.-
-Andiamo Chaz, hai una voce fantastica! Per quanto riguarda la canzone non c'e problema. Siamo senza batterista fino a mezzanotte quindi i ragazzi andranno avanti a basi registrate per almeno un'ora: non credo cambi qualcosa se canti qualcosa di tuo.-
Che diavolo dovrei cantare?
Tirare fuori qualcosa che ho scritto con Brian è fuori discussione.
Non ci tengo ad avere un attacco isterico.
Tirare fuori qualcosa che ho scritto con Brian è fuori discussione.
E poi non abbiamo mai registrato un cazzo.
Strimpellavamo e basta.
Non abbiamo mai registrato un cazzo.
Tirare fuori qualcosa che ho scritto con Brian è fuori discussione.
-E cosa cazzo dovrei cantare, secondo te? Sentiamo.-
-Ma che ne so, basta che non sia una cover. Sul volantino abbiamo scritto canzoni originali e inedite.-
Allora il problema non si pone.
Col cazzo.
-Non se ne parla. Toglitelo da quella fottuta testa ricoperta di capelli.-
Ricoperta di capelli?
Ecco l'effetto che hanno il fumare troppo e il dormire troppo poco sulle tue battute.
Già normalmente fanno cagare i cazzi.
Complimenti Chester.
-Per favore! Ti pago l'erba per una settimana!-
Chester valutò quasi l'idea di offendersi.
Jared pensa di comprarmi con un po' d'erba?
Faccio davvero un effetto così misero?
-Scordatelo.-
Fece per premere alla cieca il pulsante rosso.
Pregustava già il sonno ritrovato.
Sperava già di non riprendere il sogno di prima da dove lo aveva lasciato.
-E se fossero due settimane?-
-Ti ho detto di no, Jad.-
Chester era già mezzo addormentato.
-Uhm... ti presento una mia amica?-
Ma fammi il piacere...
-No.-
-Ti regalo un... un... un Cd dei Depeche Mode?-
-Smettila Jared...-
-Oh andiamo! Fallo per me!-
Chester sbuffò.
-Ma che cazzo, se a mala pena ti conosco!-
-Ma dai: sai che canto in una band, che sono gay e che mi faccio, praticamente sai la storia della mia vita!-
La solita storia.
Tutti pensano che queste cagate siano tutto.
-Oh, sì certo. E poi so anche il tuo cazzo di compleanno. Come si chiama quel brutto idiota di tuo fratello. So tutti i pettegolezzi imbarazzanti su di te e e tutte le altre minchiate...-
-Lascia in pace mio fratello, ma ti prego, anzi no, ti supplico: coprici per quella maledetta mezz'ora.-
Chester cominciava a stancarsi per davvero.
-No-
Allungò l'ultima vocale come un bambino.
Lo faceva quando era frustrato.
Parlava come un bambino.
Gli piacevano i bambini.
Loro almeno erano sinceri.
Gli piacevano i bambini.
-Dai Chester, per piacere!-
Jared gli sembrò disperato.
Si sentì quasi in colpa per averlo trattato così male.
Quasi.
-Vaffanculo.-
Si rigirò fra le coperte.
-Ci sto, basta che mi lasci dormire.-
-Grazie, grazie, grazie, grazie! Chaz, sei il migliore!-
-Lo so. Lo so. Ma adesso taci coglione. Voglio dormire.-
Sbuffò.
Spense il telefono.
Cacciò la testa sotto il cuscino.
Sono troppo fottutamente buono.
Altro che storie...
Fare queste cose per un cretino che a mala pena conosco...
Che mi passa per la testa?
Devo smetterla con queste cazzo di canne...
[Mike]
-Non ci credo, stanno messaggiando di nuovo!- esclamò Rob spostando lo sguardo stupito da Mike a Chester, seduto qualche fila indietro.
Mike lo ignorò e continuò a leggere, cercando di trattenere un sorriso ogni volta che gli arrivava un messaggio.
-E tu non hai mai visto quanti se ne mandano la sera. Messaggiano di più loro due in una serata che tu e Brad in una giornata di scuola.-
Mike per un attimo fu tentato di intromettersi per difendersi, ma alla fine decise che il messaggio che aveva davanti era decisamente più interessante.
From: Chazy :)
Mi serve una canzone.
To: Chazy :)
Che?! D:
-E oltretutto ha cambiato anche il nome del contatto: adesso non è più Chester Bennington, adesso è Chazy. È ci ha aggiunto una faccina!- prosegui Joe -Andiamo, Brad, nemmeno tu che sei l'avvocato ufficiale del Diavolo puoi negare che c'è qualcosa!-
-Finché non ci mette un cuoricino per me è totalmente normale. Vero Mickey?-
Brad gli tirò una gomitata e quasi quasi Mike si pentì di non essersi seduto con Joe come al solito: sarà pure stato un rompipalle, ma almeno non aveva la forza di Brad grande-grosso-e-cattivo Delson. Be', cattivo no, poveretto. Dando a Cesare quel che era di Cesare, c'era da dire che Brad era un tesoro di ragazzo, però restava il fatto che le sue maledette gomitate facevano male.
-Uhm... sì.- mugugnò mentre il telefono gli vibrava in mano.
From: Chazy :)
E che cazzo.
Non sai più leggere Mickey?
Mike sbuffò. Avrebbe potuto almeno metterci uno straccio di emoji per fargli capire se era ironico o meno...
To: Chazy :)
Gesù Cristo: certo che so leggere, solo che non capisco perché ti serva una canzone e perché diavolo tu la stia chiedendo a me... e poi da quando mi chiami Mickey?
😶
From: Chazy :)
Uno: è una storia fottutamente lunga. Due: perché hai detto che hai un maledetto gruppo e che avete già registrato qualcosa. Tre: non lo so, mi girava così. Ti da fastidio?
Gli sfuggì un sorriso, e subito gli altri gli furono addosso.
-Che c'è? Che ti ha scritto?-
Joe gli strappò il telefono dalle mani.
-Oh, l'ha chiamato Mickey!- esclamò con gli occhi praticamente a cuore.
Mike alzò gli occhi al cielo: quel ragazzo era un idiota... anche lui lo chiamava Mickey...
-Ma dai Joe, smettila di fangirlare e ridammi il cellulare! E possibilmente contieniti: ti ricordo che è lì dietro e che potrebbe vederti.-
-Tieni.- disse il ragazzo allungandogli il telefono -Ma che tutti siano testimoni del fatto che io penso che qui ci sia sotto qualcosa.-
-Sì, Joe, come vuoi tu Joe.- scherzò Brad allungandosi verso il sedile dietro per dare un bacio sulla fronte a Rob -Ma sinceramente ho altro a cui pensare.-
-È troppo tardi per dirvi di cercarvi un altro bassista? Tutta questa omosessualità nell'aria mi sta facendo salire il diabete a livelli devastanti.- sbottò Dave facendosi sentire per la prima volta, mentre li guardava con aria scherzosamente disgustata dal sedile davanti a Brad e Mike -Se continuate così entro un mese mi ritroverò a vomitare arcobaleni.-
-Sappiamo già come la pensi David, grazie.- rise Rob.
To: Chazy :)
Che tipo di canzone ti serve? :)
From: Chazy :)
Non ne ho la minima cazzo di idea.
Non è per me.
È per uno che conosco che sabato ha un concerto al Minutes to Midnight Si é ritrovato con un buco in scaletta e ha pensato bene di venire a fracassare i coglioni al sottoscritto.
Mi puoi aiutare?
Mike ci pensò un attimo, chiedendosi che razza di musica potesse fare un amico di Chester. E poi che diavolo di posto era il Minutes to Midnight? Abitava in quella città da troppo poco, non si poteva pretendere che sapesse il nome di ogni discoteca...
To: Chazy :)
Farò quello che posso. Se vuoi domani ti porto qualche demo.
From: Chazy :)
Preferirei non farmi vedere con nessuno a scuola.
Il fatto che le prenda io basta e avanza.
L'infermeria non ha bisogno di altri idioti con i denti rotti.
Non possiamo vederci da qualche altra parte?
Mike ci pensò su per un attimo.
To: Chazy :)
I miei sono fuori città oggi e mio fratello si può tranquillamente mandare a fare un giro. Ti va bene a casa mia verso le cinque?
3702 Lincoln Street.
From: Chazy :)
Si può fare.
Allora... a dopo?
To: Chazy :)
A dopo <3
Mike bloccò il telefono e si girò verso il sedile dietro, trovandosi davanti un Joe dagl'occhi sgranati. Seriamente, ma non aveva niente di meglio da fare?
-Brad,- disse Joe con tono solenne -Hai il tuo fottuto cuoricino.-
Per il bene della sua salute fisica e mentale, Mike ignorò la baraonda che si scatenò un secondo dopo e lanciò invece un'occhiata a Chester. Sembrava non si fosse accorto di nulla: guardava fuori dal finestrino, con le solite cuffie nelle orecchie e le labbra che si muovevano appena, come se stesse canticchiando.
Forse avrebbe dovuto smettere di ficcare cuoricini a caso nelle loro conversazioni, ma era più forte di lui: da qualche parte dentro la sua testa c'era un grappolo di neuroni bastardi che avevano deciso che Chester aveva bisogno di sentire che c'era qualcuno a cui importava di lui, e quello era il suo modo di dire Hey: sono qui, esisto, e so che esisti anche tu.
[...]
Mike poggiò sul cuscino il manga che stava leggendo e girò la testa per lanciare uno sguardo sconsolato alla sveglia sul comodino: erano le cinque e diciassette. Oramai Chester non sarebbe venuto.
In fondo avrebbe dovuto aspettarselo: lo avevano avvertito, giusto?
Gli avevano detto che Chester Bennington portava solo rogne, eppure... Gesù, lui ci aveva parlato... be': messaggiato, a dire il vero... probabilmente più di chiunque altro a scuola e non gli era sembrato il figlio di puttana che tutti gli avevano descritto.
Un po' volgare, certo, occasionalmente... be': quasi sempre, per la verità... sgarbato e spesso così sballato da non riuscire a seguire il filo della conversazione, ma allo stesso tempo, quando aveva la giornata buona, era divertente, a volte persino gentile e... profondo.
La prima volta che aveva provato a scrivergli, ad esempio... gli venivano ancora i brividi ogni volta che rileggeva quel messaggio a proposito della voce dietro la sua faccia.
Era schifosamente solo, ecco cos'era.
Fissò quasi con odio il diciassette sullo schermo della sua maledetta sveglia mentre diventava un diciotto.
Chester era schifosamente solo, ed era spaventato: aveva paura che altre persone nella sua vita potessero fargli ancora più male.
Cinque e diciotto minuti e quattro secondi. Cinque secondi. Sei secondi. Sette secondi. Otto secondi.
Tutto quello che doveva fare...
Dieci secondi. Undici secondi.
...era riuscire a fargli capire che non voleva fargli male.
Tredici secondi.
Il campanello suonò e Mike per un istante pensò di esserselo sognato, finché non lo sentì suonare ancora: Gesù, era venuto allora!
Balzò giù dal letto e scese le scale come un missile, frenando appena in tempo per non andare a sbattere contro il portone verde dell'entrata.
Doveva aprire la porta, ma... Gesù: dove era finita la maniglia? Era sempre al solito posto, ma ci mise quasi cinque secondi a trovarla.
-Mike! Apri questa cazzo di porta!- sentì urlare dall'altra parte.
-Ma quanto sei impaziente! Ora ti apro, sì...- gli gridò armeggiando con le chiavi infilate nella serratura. Gesù Cristo... quanto poteva essere difficile aprire una maledetta porta?
Riuscì ad aprire dopo quasi un minuto di imprecazioni e maledizioni da parte di entrambi e si ritrovò davanti un Chester dall'aria parecchio seccata.
-Scusa: questa maledetta serratura probabilmente è qui più o meno dal dopoguerra ed è dura come il cemento...- disse lanciando un'occhiata assassina alla porta.
-Mi dispiace per il ritardo. Ho gli occhiali rotti. Non riuscivo a leggere bene i numeri dai vialetti... questa è la settima fottutissima porta alla quale suono...-
Mike dovette trattenersi per non ridere... perché Chester poteva sembrare tutto, tranne uno che suonava a vuoto per più di un quarto d'ora pur di procurare una canzone a un amico con un buco in scaletta. Possibile che avesse un lato dolce nascosto da qualche parte sotto quegli spuntoni biondi di capelli e gel?
-Già, non credo siano solo i tuoi occhiali. Il primo giorno ci siamo persi anche noi.- ammise ridacchiando -Devi tenerci proprio a fare contento il tuo amico, per farti sbattere sei porte in faccia e continuare a cercare...- aggiunse mentre si faceva da parte per farlo entrare.
-Diciamo più che altro che mi ha talmente rotto le palle che ormai è diventata una questione personale. E poi... non sono un tipo che si arrende.-
-Uhm, sì, questo l'ho notato...- Mike chiuse la porta dietro di lui.
-Cosa cazzo vorresti dire, scusa?-
-Uhm? Niente. Vieni, ho tutto in garage.- glissò facendogli cenno di seguirlo e cominciando a dirigersi verso la porta che dava sul garage che aveva trasformato in sala prove.
Come al solito, quella stanza era un completo macello. A lui di sicuro non era mai nemmeno lontanamente passato per la testa di riordinare, e ora mostrava il lato peggiore di se: sulle pareti erano appiccicati qua e là poster di band varie, assieme a pezzi sconnessi di spartiti e plettri, sul divano rosso mezzo sfondato vicino alla porta c'erano una cassa di birra mezza vuota, il suo portatile, una chitarra acustica e una marea di fogli di varia natura e sul pavimento... be', si sarebbe fatto prima a elencare quello che non c'era su quel pavimento, piuttosto quello che c'era... l'unica cosa che conservava una parvenza di decenza era il pianoforte a parete addossato al muro di fronte al portone, vicino alla finestra. Un po' impolverato, forse, ma di fondo nero ed elegante come sempre.
-Questo per te sarebbe una cazzo di garage?-
Chester si guardava attorno con aria stupefatta.
-Questo è un maledetto monolocale, porca puttana. E anche fottutamente grande. Come monolocale.-
-Lo so: non ho ancora capito perché diavolo sia così grande. Potrei farci stare un aereo qui dentro, tra un po'.- scherzò Mike andando a recuperare il pc e sedendosi sul divano –Ma l'acustica non è niente male, ci stiamo tutti senza problemi e se i miei rompono posso sempre chiudermici a chiave, quindi non mi lamento.-
-Ci mancherebbe...- borbottò Chester sedendosi accanto a lui.
Mike si sentì addosso i suoi occhi color caffé mentre trafficava con il computer per trovare le registrazioni.
-Eccoci qua. Non ho molto in realtà: abbiamo cominciato solo da qualche settimana, ma è qualcosa. Le ho cantate io, ma solo perché devo ancora trovarmi un cantante vero.- disse facendo partire la prima -Questa si chiama Forgotten.-
Si ritrovò a sorridere, senza sapere perché, mentre il cuore ingranava la quinta e partiva per zone inesplorate dei suoi polmoni. Forse perché, cavolo, quella era la sua musica, e per la prima volta la stava facendo sentire a qualcuno che non avesse contribuito nel crearla e che non fosse sua madre. Cosa ne avrebbe pensato Chester? Avrebbe detto che era bella? Che gli faceva schifo? Che non sapeva cantare?
-Davvero l'hai scritta tu?- chiese invece l'altro, cogliendolo totalmente di sorpresa.
-Be'... sì, perché?-
-Ha... un bel testo.-
Chester lo disse in modo quasi riluttante, ma a Mike sembrò davvero un gran complimento.
Gli piaceva scrivere. Non la considerava la sua specialità, ma gli piaceva.
-Grazie.-
Si girò verso di lui, sorridendo.
Subito dopo fece partire Carousel, senza riuscire ad abbandonare quel sorriso da idiota che aveva stampato in faccia.
Il bello era che non c'entrava assolutamente niente con il piccolo successo della sua canzone, ma lui non lo sapeva.
[Chester]
Chester ascoltava.
Un dannato sorrisetto stampato in faccia.
Si era aspettato qualcosa di interessante da Mike, ma quello superava le sue aspettative.
Decisamente.
Erano alla quarta canzone. E ogni cazzo di volta pensava che quella dopo sarebbe stata per forza uno schifo.
Era impossibile che un gruppo con solo qualche settimana di vita riuscisse a registrare così tante demo fantastiche.
Ma la canzone dopo era puntualmente meglio di quella prima.
Ogni.
Cazzo.
Di volta.
L'unico problema era il rap.
Ce n'era ovunque.
Lui non sapeva rappare.
Neanche un po'.
Era più bravo a urlare.
Erano belle canzoni, comunque.
Mike sembrava... fiero.
Gli piaceva quello che faceva. Era fiero dela sua musica, e sorrideva.
Mike sorrideva come un bambino... Mike sorrideva per davvero.
Gli occhi gli si riempivano di una luce limpida e dolce. Mike sorrideva come un bambino.
A Chester piaceva il modo in cui sorrideva.
Mike sorrideva come un bambino.
A Chester piacevano i bambini.
Loro almeno erano sinceri.
Allungò un po' il collo.
Posò la testa sulla sua spalla.
Senza avere la più pallida fottuta idea del perché. Gli andava di farlo. Tutto qui.
La felpa di Mike era morbida sotto la sua guancia.
Non aveva la più pallida fottuta idea del perché lo avesse fatto, ma stava bene così.
Sentì lo sguardo di Mike sulla pelle.
Finse di ignorarlo e di guardare le colonne del mixer sullo schermo.
Per un attimo si pentì di quell'idea del cazzo.
Anche se effettivamente non era stata una vera e propria idea.
Non aveva la più pallida fottuta idea del perché lo avesse fatto. Gli andava di farlo. Tutto qui.
Gli era venuto naturale.
Era un po' imbarazzante.
Non così tanto.
Mike lo guardava. Non parlava. Lo guardava e basta.
-And I know I may end up failing too...-
La sua voce non era poi così male. Forse era un po' bassa per quella canzone in particolare.
-...but I know you were just like me with someone disappointed in you!-
-Ripetimi un po' come si chiama questa...-
Era una gran bella canzone.
Aveva un bel ritmo. Il testo era fantastico. Gli piaceva un casino.
-Numb.-
Mike suonava un po' lontano, distratto.
-Credo che ci siamo.-
Chester si tolse dalla sua spalla.
Era un sospiro quello?
Ma va.
Smettila con queste fantasie idiote Chester.
-Puoi togliere il cantato? Quel coglione del tipo che conosco dovrebbe cantarla sabato. Non penso che abbiano il tempo di impararla... non sono esattamente una band di fenomeni, anzi...-
Pregò Dio che Mike bevesse la scusa.
In fondo non era troppo assurda.
Era giovedì pomeriggio.
Jared lo aveva convocato per sabato.
Non c'era esattamente tutto il tempo del mondo...
-Sì, certo. Se vuoi ti mando la base per mail assieme al testo, basta che mi scrivi l'indirizzo da qualche parte.-
Mike gli sorrise. Sorrideva come un bambino.
A Chester piacevano i bambini.
Loro almeno erano sinceri.
Mike sorrideva come un bambino.
Cristo Santo, sembra un fottuto ragazzino.
È carino quando sorride.
E io non dovrei notare queste cose.
-Sì, sarebbe perfetto. Dopo ti mando un messaggio.-
Si alzò dal divano.
-Ora devo andare, è fottutamente tardi. Ci...-
Non sapeva cosa dire.
Magari "ci vediamo"?
-Ti mando un messaggio.-
Si avviò verso il portone del garage
-Posso uscire da qui?-
Indicò la porta ritagliata nel saliscendi come una gattaiola.
-Certo.-
Mike ridusse di poco il sorriso, ma non lo abbandonò.
-Allora... ciao.-
Chester aprì la porta.
Usci nell'aria fresca della sera.
Aveva sempre adorato il freddo, e non aveva mai capito perché.
[Mike]
Sabato, ore 7.23 P.m.
-Cosa? Che cos'hai?-
Mike passò il telefono nell'altra mano, mentre cercava in tutti i modi di aprire la porta di casa. Dannata serratura giurassica...
-Non lo so: continuo a vomitare... mi dispiace, ma non me la sento proprio di venire stasera.- gli rispose un'Anna a dir poco affranta dall'altro capo del telefono.
-Tranquilla, pensa solo a stare meglio.- disse rinunciando del tutto ad aprire la porta.
Era successo tutto in fretta, con Anna: l'aveva conosciuta solo due settimane prima, si erano scambiati i numeri il giorno dopo, anche se poi non li avrebbero praticamente mai usati. Preferivano parlarsi di persona, e spesso passavano le pause tra un'ora e l'altra a chiacchierare e a scherzare.
Gli piaceva: era una ragazza intelligente, simpatica, dolce e anche carina, dunque quando tre giorni prima lei gli aveva chiesto di uscire aveva accettato molto volentieri.
Peccato che ora stesse male.
Cominciò a salire le scale per tornare in camera, pensando al fatto che gli sarebbe toccato stare a casa a fare il depresso tutta la sera, poi, a metà scalinata, gli si accese una lampadina: a che ora suonava l'amico di Chester?
Dopo una rapida controllatina su internet, sapeva che i 30 Seconds to Mars si sarebbero esibiti dalle 11.00 P.m. in poi alla discoteca Minutes to Midnight, a circa quattro chilometri da casa sua. Spettacolo aperto anche ai minori.
Pensò che fosse perfetto, mentre continuava a salire: i suoi erano fuori per lavoro, come quasi ogni week end, Jason era a dormire da un suo amico... non aveva nessuno a cui rendere conto e nessun testimone. Bastava solo non farsi arrestare e non farsi ammazzare e nessuno lo avrebbe mai saputo: facile, no? In fondo lui era un bravo ragazzo, cosa mai avrebbe potuto succedere?
Uscì di casa alle dieci e mezza, su una bicicletta talmente scassata che nemmeno il ladro più disperato dello stato l'avrebbe voluta, e si avviò verso dove pensava che si trovasse il Minutes to Midnight.
Inutile dire che il suo senso dell'orientamento lo portò quasi dall'altra parte della città.
Quando riuscì a mollare la bici davanti al locale erano le undici e tredici minuti, e dal rumore che proveniva da dentro probabilmente i 30 Seconds to Mars dovevano ancora cominciare. Si mise in fila con gli ultimi ritardatari e sfilò davanti a un buttafuori alto due metri che sembrava uscito da un film.
Si ritrovò in uno stanzone enorme, piuttosto buio, con un banco bar decisamente ben fornito da una parte e alcuni ragazzi che si affaccendavano su un palco improvvisato dall'altra, mentre le casse diffondevano musica house in attesa dell'inizio del concerto.
Mike evitò accuratamente la calca di gente ubriaca fino al midollo che si scatenava in pista e andò a sedersi a un tavolino addossato a una parete da cui si vedeva il palco relativamente bene.
Era curioso: chi avrebbe cantato la sua canzone? E soprattutto come l'avrebbe cantata?
Nel giro di cinque minuti il grosso delle luci si spensero, lasciando illuminato solo il palco, su cui era salito un tipo con i capelli lunghi e neri e una chitarra a tracolla.
-Salve gente...- esordì facendo timidamente ciao con la mano -Chiediamo scusa per il ritardo. Oggi abbiamo una chicca molto speciale per voi: purtroppo il nostro Jared ha un problema alla gola e stasera non potrà cantare, quindi abbiamo chiesto a un paio di amici di darci una zampa. Vi chiedo un applauso per il nostro cantante d'apertura.-
Rimise a posto il microfono e scese dalla pedana, mentre un'altra figura, più magra e più scura, saliva al suo posto.
Ma che diavolo... Gesù Cristo: c'era un ragazzo incredibilmente magro, su quel maledetto palco. Un ragazzo con una felpa nera troppo grande e dei jeans che avevano visto tempi migliori... un ragazzo che, se gli occhi di Mike non lo stavano tradendo, rispondeva al nome di Chester Bennington.
-Be'...-
sembrava... cosa? Imbarazzato?
-Buonasera. Mi chiamo Chester. Come state?-
No, più che altro sembrava agitato.
Che ci faceva Chester su quel maledetto palco? Dire che Mike era sorpreso è un eufemismo: più che altro era sconvolto. Chester cantava? E da quando? Ok, forse non lo conosceva così bene da esserne così sicuro ma... Gesù: cantava?
-Prima di iniziare, vorrei dire una cosa. Questa canzone non è mia. L'ha scritta un... un ragazzo che non conosco. Questa sera lui non è qui, perchiò... mi sembra giusto quanto meno dedicargliela. Quindi... questa è per te Mickey.-
Gli stava dedicando una canzone? Gli stava dedicando la sua canzone? Si era perso qualcosa? Che diavolo stava succedendo?
Mike cercò di ragionare, di trovare un senso a tutto quello. Ci provò, davvero, si impegnò, anche, ma... ma poi Numb cominciò a invadere l'aria, e Chester iniziò a cantare.
-I'm tired of being what you want me to be, feeling so faithless, lost under the surface...-
Mike si ritrovò paralizzato, sia fisicamente che mentalmente. Cristo Santissimo Benedetto... dov'era stato quel ragazzo con quella voce, nelle ultime settimane?
-Don't know what you're expecting of me, put under the preassure of walking in your shoes...-
Dove diavolo era stato per tutto il tempo in cui Mike aveva cercato un maledettissimo cantante?
Nemmeno gli passò per la testa il fatto che quel cretino gli avesse raccontato un mare di balle per farsi dare la sua maledetta canzone. Nemmeno gli passò per la testa che forse avrebbe dovuto essere arrabbiato: Chester aveva una voce fenomenale, e questo era tutto quello a cui riusciva a pensare. Era alta, ma non abbastanza da sembrare da femmina e aveva un che di... bo'. Non aveva la minima idea di come definirla: era fenomenale, punto e basta.
-I'm becoming this all I want to do is be more like me, and be less like you!-
Ma non era solo quello. Non era solo la voce era... era il modo in cui cantava. Ci metteva l'anima, come se stesse cadendo e la musica fosse tutto ciò a cui poteva aggrapparsi.
-Can't you see that you're smothering me? Holding too tightly, afraid to lose control 'cause everything that you tought I would be has fallen apart, right in front of you...-
ANGOLINO NERO PER UN'ANIMA NERA
Eccoci qui il 3 Luglio, puntuali come la morte con quello che è uno dei miei capitoli preferiti, con una delle mie canzoni preferite e primo tra quelli che io considero belli per davvero, anche se in realtà probabilmente non è un granché, e io lo adoro soltanto perché sono io e sono strana. Allora, per la prima volta abbiamo un minimo di fluff tra i nostri due ragazzi... per modo di dire. Comunque giuro che di qui in poi interagiranno decisamente di più (non avrei il coraggio di chiamarla Fan fiction Bennoda, altrimenti...).
Comunque, il capitolo è questo, fatemi sapere cosa ne pensate.
Piccolo avviso per chi legge anche Bennoda's Investigations: il prossimo capitolo è finalmente in cantiere e dovrebbe arrivare per... facciamo Mercoledì? Al limite Giovedì. Potrebbe essere un po' particolare perché ho un'idea in testa che mi piace un casino, ma che probabilmente piacerà solo a me. Tenetevi pronti insomma ;)
Con questa ho finito le cazzate da dire, quindi vi ringrazio per la vostra attenzione e chiudo questa puntata.
Ci leggiamo il 17, sempre vostra,
Cursed_Soldier
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