Capitolo 17~White Noise
[Joe]
-bacialo chester: vi faccio una foto.-
-va a farti fottere joseph.- sbottò chester, accoccolato sul davanzale della finestra assieme a mike –non ci avrai mai vivi.-
-mi stai sfidando bennington?-
-forse... che dici mickey? lo stiamo sfidando?-
-oh no: non tirarmi in mezzo alle vostre cose da ragazzine, io non ne voglio sapere niente.- disse mike, lavandosene direttamente le mani.
quel ragazzo era un gran bastardo quando voleva, e joe ogni tanto si chiedeva come avesse fatto a non accorgersene prima: mai una volta che gli desse corda... da quel punto di vista preferiva chester e davvero, non credeva che sarebbe mai stato capace di pensare una simile eresia.
-mi stai dando della ragazzina, shinoda?- chiese il suddetto bennington con un finto broncio stampato in faccia.
joe cominciava a pensare che mike lo provocasse apposta per vedere quella faccia: sorrideva come un cretino ogni volta che chester metteva il broncio. ogni dannatissima volta.
-forse... che dici joe? gli sto dando della ragazzina?-
joe rise e andò a buttarsi sul divano, piantandosi un cuscino sulla testa.
-eh no mickey: non tirarmi in mezzo alle vostre cose da coppietta felice, io non voglio saperne niente.-
-non siamo una coppietta...- scattarono mike e chester irrigidendosi all'improvviso.
non si allontanarono e le loro mani rimasero una nell'altra, ma il sesto, il settimo e l'ottavo senso di joe captavano una tensione irrisolta, e i suoi sesto, settimo e ottavo senso non sbagliavano mai. mai.
-e allora cosa sareste, di grazia?- chiese, tanto per saggiare il terreno.
-siamo...- cominciò mike timidamente, distogliendo lo sguardo e cominciando a fissare benny, che se ne stava seduto a fare la guardia della porta del garage mentre aspettava che arrivassero brad e rob con i suoi biscotti. quel cane era di una golosità folle e adorava brad e rob perché, per l'appunto, gli portavano sempre qualcosa da mangiare: biscotti, di solito. joe era davvero molto fiero di lui.
-... in prova.- bofonchiò chester guardando mike che guardava benny.
-in prova?-
in prova? che diavolo significava in prova?
joe li guardò tutti e due, aspettandosi quasi che scoppiassero a ridere e gli dicessero che lo stavano prendendo per il culo.
-in prova.- ripeté quando si accorse che non reagivano minimamente se non con quella che sembrava un'aria estremamente timida. dio, persino chester sembrava timido: chester bennington, il figlio di puttana che sputava in faccia ai bastardi che lo pestavano.
-urlalo un po' di più magari. credo che i genitori di mike di sopra non ti abbiamo fottutamente sentito.-
-dio, ma siete seri? state insieme da una vita!-
-una vita un cazzo... è passato più o meno...- provò a ribattere chester.
-meno di un mese.- gli venne in aiuto mike.
-grazie.-
-di niente.-
-ma meno di un mese, se mi permettete, è una vita. avete idea di quanto sia durata la mia storia più lunga?-
-quale storia?-
una smorfia confusa si dipinse sul viso di mike, che finalmente smise di guardare il cane e tornò a guardare lui.
-ecco, appunto.- gemette joe mentre abbandonava il divano per andare a sedersi sullo sgabello del pianoforte –in prova... ma seriamente? voglio dire: mi sembra che abbiate funzionato bene fino ad ora, no?-
gli venne quasi da ridere: dire che mike e chester funzionavano bene era qualcosa a metà tra un eufemismo e una gran cazzata, perché in effetti funzionavano, non c'era niente da dire, ma il modo in cui riuscivano a funzionare era decisamente un mistero.
il loro modo di interagire era sempre stato qualcosa di strano, probabilmente anche perché erano entrambi maledettamente strani. se volevi piacere a chester, ad esempio, non dovevi avere il minimo filtro: dovevi sempre dire esattamente quello che pensavi, non avere problemi con il contatto fisico, assolutamente non dovevi pretendere di capirlo, ma al limite dovevi dimostrarglielo e, soprattutto, ti conveniva avere una buona dose di pazienza. mike invece era quasi sicuramente posseduto da una qualche sorta di spirito malefico e iperattivo: non stava mai fermo, doveva sempre fare qualcosa e oggettivamente a volte era quasi fastidioso.
davvero, spesso joe si chiedeva come diavolo facessero a sopportarsi a vicenda: chester era davvero invivibile, quando aveva la luna di traverso, e mike... be', in realtà per qualche oscuro motivo (lui dava la colpa e il merito alla sua empatia, ma joe sospettava che avesse venduto l'anima a qualche demone) mike piaceva praticamente a tutti. probabilmente era una sorta di equilibrio cosmico: si bilanciavano a vicenda, o qualche altra puttanata del genere. a modo loro, però, erano carini: riuscivano a sembrare dolci senza essere sdolcinati e joe, nella sua convinzione che fosse una cosa virtualmente impossibile, non capiva come diavolo facessero.
-be'... immagino di sì.- ammise chester.
-sì, decisamente sì.- lo corresse joe –quindi che diavolo state aspettando? la benedizione del papa?-
-ma chi se ne fotte del papa? non siamo nemmeno cattolici...-
-il punto è...- si intromise mike stroncando sul nascere quella che si andava preannunciando come una cascata di sarcasmo –che in prova suona molto meno... drastico?-
-cos'é, avete paura di realizzare che state insieme?-
-no.- sbuffò chester –non abbiamo paura di un bel cazzo di niente. cristo joe, non so mike, ma io ho diciassette anni. Fino a due mesi fa se avevo una fottuta certezza nella mia cazzo di vita era che mi piaceva la figa. invece adesso... ho bisogno di tempo per abituarmi a questa cosa.-
-hai avuto un mese per abituarti, pensi di aspettare che i capelli ti diventino bianchi?-
-smettila joe, in fondo cosa cambierebbe?- protestò mike.
già, in fondo cosa cambiava?
-niente, credo.-
in realtà joe era piuttosto convinto che qualcosa cambiasse, ma non aveva idea di cosa.
-solo che allora potrei prendervi per il culo seriamente.- tentò, tanto per dire qualcosa.
-un fottuto motivo in più per restare in prova.- decretò chester.
-concordo.- assentì mike.
-siete una causa persa.-
joe si alzò dallo sgabello del pianoforte e si fece un giretto per la stanza, osservando le varie cose sparse in giro.
-passando alle cose interessanti...- disse raccogliendo un foglio pentagrammato ricoperto di note segnate con un pennarello arancione e con il bordo pieno di scarabocchi in quella che aveva tutta l'aria di essere la calligrafia di brad –chi sta sopra?-
mike rischiò il soffocamento e per un attimo, soltanto un attimo, joe si sentì in colpa. ma soltanto per un attimo, poi la cosa cominciò a sembrare divertente. soprattutto quando chester notò le sue smorfie e prese ad accarezzargli i capelli per cercare di calmarlo.
-ma che cazzo joe, me l'hai traumatizzato.-
-sì, be'... non piangerò per questo chester.-
-coglione.-
-non mi avete ancora risposto.-
-nessuno sta sopra, idiota. abbiamo appena finito di dirti che siamo fottutamente in prova. ricordi?-
-oh.- disse semplicemente joe.
"ecco cosa significa essere in prova."
[Chester]
-Non stai per dire che vedi una fottuta pianta, vero?-
Chester si guardò attorno, cercando di capire che diavolo stesse guardando Mike.
-Non avrei usato fottuta, ma sì, stavo per dire pianta.-
-Mi ha stufato questo gioco del cazzo.-
-Solo perché stai perdendo.-
-Fanculo Michael. Non giocavo a Vedo, Vedo neppure quando avevo tre fottutissimi anni. Ti sembra sensato che io debba cominciare a diciotto perché il mio ragazzo è un fottuto bambino?-
Chester sbuffò e guardò da un'altra parte. Ignorò le risatine che Mike stava palesemente tentando di nascondere.
Fottuto ragazzino.
-Uno: fino a mezzanotte diciotto anni tu ancora non li hai; due: io non sono fottuto; tre: quando mai io e te abbiamo avuto senso, scusa?-
Però non ha mica torto, il fottuto ragazzino.
-Resta il fatto che io ho chiuso con questo gioco del cazzo. Mi sono rotto le palle di perdere sempre.-
-Non sai perdere, Chazy.-
-Non mi risulta che sia una novità...-
Difetto fisso.
È quasi una cosa ironica, visto e considerato quanto alto è il mio fottuto livello di perdente.
-Già, non è una novità. Sto diventando matto o quello è un arcobaleno?-
-Non lo so e non mi interessa. L'unica cosa che mi interessa in questo momento è che l'erba è bagnata. Ho il culo fradicio. Dovevamo proprio metterci qui?-
Chester strappò un paio di fili di erba umida.
Imprecò fra i denti.
Dannato erba. Dannata pioggia. Dannato Linkoln.
Dannato Mike che insiste a sedersi per terra.
-Anche io mi sto gelando le chiappe, ma non mi lamento così tanto.-
Fottuto ragazzino...
-Solo perché non hai il culo bello quanto il mio. Tu puoi permetterti di rovinarlo. Io no, cazzo.-
Mike lo studiò per un attimo, con lo sguardo più serio che gli avesse mai visto.
Che cazzo guardi?
-Hai ragione, non posso permetterti di rovinarlo!-
Che cazz...
-Vieni, mio principe: portiamo il tuo fantastico sedere al sicuro e all'asciutto.-
Mike scoppiò a ridere, con la sua solita risata da ragazzino.
È sincero quando ride. Perché é l'unico che è sincero quando ride?
-Ti odio...-
Chester strappò l'abbraccio in cui era rimasto stretto fino a un secondo prima e si allontanò di una ventina di centimetri. Imprecando. Mettendo su quel finto broncio del cazzo che a quel cretino di Mike piaceva tanto, anche se si ostinava a negarlo.
Mike rise ancora e gli prese la mano.
-No, non è vero.-
Sorrise.
È troppo...
No, Chester, non dargliela vinta.
-Oh, sì che è vero. Fottutamente vero.-
Tolse la mano da quella di Mike e incrociò le braccia al petto. Guardò dritto avanti a sé.
Si stava trattenendo dal ridere, Cristo Santo.
Sembra di essere in uno di quei film del cazzo in cui non si sa mai se ridere o se piangere.
Situazioni troppo inverosimili.
Comicità troppo idiota.
Non si sa mai se ridere o se piangere.
Insomma, chi cazzo è che gioca a Vedo, Vedo a quasi diciotto anni?
Mike si appoggiò con la schiena al Muro del Pianto del Linkoln Park.
Rideva ancora.
-Sei proprio un figlio di puttana, sai?-
Chester non riuscì più a trattenersi. Rise.
È talmente dolce quando dice le parolacce...
-Già. Qualcosa del genere.-
Mike sorrise. Gli si fece più vicino e gli diede un bacio su una guancia.
-Sei bellissimo quando ridi.-
-Na', bellissimo un cazzo.-
Chester si alzò il cappuccio della felpa. Gli appoggiò la testa sulla spalla.
-Tengo sempre un occhio più aperto dell'altro quando rido. Quello stronzo di mio fratello mi prendeva sempre per il culo quando ero piccolo.-
Mike gli infilò una mano dentro il cappuccio. Prese ad accarezzargli i capelli con calma.
Cristo...
-Come ci si sente ad essere quasi maggiorenni?-
-Fottutamente vecchi.-
Banale. Sono dannatamente banale.
-Stamattina mi sono visto un cazzo di capello bianco. Bianco!-
-Gesù, Chester, se hai i capelli ossigenati non è che puoi aspettarti chissà che...-
Rimasero in silenzio per un po', a fissare il vuoto.
Mancava poco alle cinque del pomeriggio.
Un fottuto pomeriggio umido. Di quelli in cui ti ritrovi ad avere persino le ossa, dannatamente bagnate.
Il Linkoln era avvolto dalla sua atmosfera cupa da film horror squallido, come al solito.
Il Muro era dannatamente freddo contro le loro schiene, come al solito.
Non c'era una cazzo di anima neanche a pagarla oro, come al solito prima del tramonto.
Le nuvole che assediavano perennemente il cielo cominciavano a sfumare di rosso verso ovest.
Non tirava un alito di vento. C'era più silenzio che in un fottuto cimitero. C'era la pace...
Almeno finché le note di Blackbirds non si intromisero in quella bolla di equilibrio universale.
-Che diavolo...?-
Mike si ritrasse di scatto. Si guardò attorno. Teso come una corda di violino.
Chester ridacchiò.
-Datti una calmata Mickey. È il mio telefono.-
-Gesù Cristo Santissimo... ho preso un colpo.-
-Ho notato.-
Chester si cercò il cellulare nelle tasche, Mike mormorò qualcosa come Hai Blackbirds come suoneria? Davvero?
Poi Chester trovò il telefono.
-Chazy? Tutto ok?-
Cosa...?
Blackbirds finì e ricominciò. Lo stesso fottutissimo nome continuò a restare stampato sopra al soldato del blocco schermo.
-Chester?-
-Cosa? Uhm. Sì. Tutto bene. È solo... Elka.-
-E non rispondi?-
Lo sguardo di Mike sembrava seriamente confuso.
Sapeva di Elka e la cosa non sembrava avergli mai dato fastidio.
Cosa diavolo... perché cazzo Elka mi sta chiamando?
Lo schermo si spense quando partì la segreteria telefonica.
Ritornò ad illuminarsi quattro dannati secondi dopo.
-È solo che è un po' che non ci sentiamo.-
Mike fece una smorfia.
Blackbirds continuava ad andare.
Perché all'improvviso mi sento... così?
-Perché?-
Chester scosse la testa.
-Non lo so.-
-Sai che per me non sarebbe un problema, vero? Voglio dire: siamo in prova, mica siamo sposati o chissà che altro. Possiamo considerarla una relazione aperta.-
-Sì lo so... ero io che non mi sentivo a posto con la parte scopa di scopamici.-
-E lei non si è più fatta sentire?-
-Nemmeno una cazzo di volta.-
Si guardarono per un attimo.
Il cellulare mise di suonare.
Ricominciò quattro secondi dopo.
-Credo che dovresti risponderle... magari è qualcosa di importante.-
Chester annuì lentamente.
Non era arrabbiato con Elka. Era solo... triste.
Tutto sommato ci teneva alla parte amici di scopamici.
Non l'aveva mai pensato ad alta voce.
Ma ci teneva.
D'altronde nemmeno io l'ho mai cercata.
Non voleva rispondere, a dire il vero.
Ma rispose comunque.
-Pronto?-
«Chester! Grazie al cielo hai risposto!»
Perché sembra così strana?
-Cosa succede?-
«Sei da solo?»
Sul serio cazzo, sembra terrorizzata a morte...
-No. Sono con Mike. Perché?-
«Ho bisogno di parlarti.»
Chester allontanò il telefono dall'orecchio.
Perché sembra sull'orlo di una dannatissima crisi di panico?
-Stai bene? È successo qualcosa?-
Elka cominciò a singhiozzare dall'altro capo della dannata linea.
«No Charles, non sto bene. Per favore, ti devo parlare...»
Balbettava. Faticava persino a parlare attraverso il pianto.
Tutto quello era così fottutamente preoccupante...
Chester nemmeno notò che Elka lo aveva chiamato Charles.
-Vuoi che ci vediamo da qualche parte? O...-
«No, devo dirtelo adesso... ma manda via Mike, ti scongiuro...»
Chester guardò Mike.
Aveva i suoi occhi neri puntati addosso come un fottuto fucile.
Non si stava perdendo nemmeno un maledettissima sillaba.
-Elka...-
«Chester, ti prego, se ci tieni a lui mandalo via.»
Cristo. Lo sa.
Chester non le aveva detto perché voleva togliere la parte scopa al loro essere scopamici.
A quanto pare ci è arrivata da sola.
Cristo, si sarà offesa.
Che cazzo faccio?
Lanciò uno sguardo significativo a Mike.
Lui gli baciò l'angolo della bocca.
-Ti aspetto alle altalene.-
Stava borbottando.
Perché borbotta?
Non borbotta quasi mai.
-È andato via.-
Mike si stava sedendo sulla fottuta altalena rossa mentre lui parlava.
Tenendosi alle catene come un bambino. Come ogni dannata volta.
Elka rimase in silenzio.
Chester sentiva il suo respiro rotto. Nient'altro.
E adesso come cazzo le spiego che...
-Senti: io non so come cazzo tu lo sia venuta a sapere. Mi dispiace di non avertelo detto, ma è una cosa dannatamente complicata e...-
«Non me ne frega niente del fatto che tu abbia un ragazzo, Charles!»
Aspetta... cosa?
Respirò a fondo un paio di volte.
Cercando di calmarsi.
«Cioè: sono contenta che tu abbia qualcuno, e da come lo dipingi... Mike non sembra male, anche se è un maschio, ma...»
Tirò su col naso.
«Non è questo il punto.»
-Allora quale Cristo è?-
«Chester, io...»
Mi verrà un infarto.
Un fottuto infarto.
Morirò a diciassette anni e trecentosessantaquattro dannatissimi giorni.
«Sono incinta.»
Chester si pietrificò per un attimo.
Elka.
Incinta.
Cazzo.
Cristo Santissimo Benedetto.
Porca puttana.
-Stai scherzando, vero?-
«No.»
Chester quasi non riuscì a capirla.
Aveva il sangue in testa.
-Cazzo. Chi è il padre?-
Chi è il figlio di puttana che devo ammazzare?
«Chester...»
-Dico sul serio Elka. Chi è?-
Elka prese un respiro profondo.
«È... Dio Santo, io... é tuo.»
Chester lasciò cadere il telefono.
Restò a fissare Mike che si dondolava appena su quella fottuta altalena.
Gli dava le spalle.
Recuperò il cellulare.
-Cosa?-
«È tuo... sei... sei tu il padre.»
-Ok. Questo scherzo non è fottutamente divertente. Proprio per un cazzo.-
«Non è uno scherzo... io... mi dispiace. Mi dispiace tanto.»
Chester chiuse gli occhi.
Provò a ripetere mentalmente tutti gli improperi che gli passavano per la testa.
Coraggio imbecille.
Svegliati.
È soltanto un cazzo di incubo.
Svegliati.
-Non è possibile che sia mio, cazzo. Abbiamo sempre usato il preservativo. Porca puttana. Non posso essere io.-
Gli si era stretta la gola.
Bruciava come un fottuto Inferno.
Non posso essere io.
Cazzo.
Svegliati.
Coglione.
Svegliati.
«Sono sicura che sia tuo. Non so come sia potuto succedere, ma... non può essere di qualcun'altro. Sei... sei l'unico con cui...»
Sono l'unico con cui...?
No.
Non potevo essere l'unico.
Cazzo.
-Venivi a letto soltanto con... me?-
«Be', io...»
Elka provò a spiegare.
Ci provò sul serio.
Ma Chester non la ascoltava più.
Le parole le sentiva.
Erano fottutamente chiare.
Non avevano il minimo cazzo di senso.
Le note sono giuste.
Gli accordi sono un dannato macello.
Non capiva più una sega.
-Da quanto lo sai?-
Lo disse quando ormai non riusciva più a reggere.
Non riusciva più a sopportare l'eco della sua voce dentro la testa.
Non ce la faceva più.
Aveva una voglia di urlare, ma non urlava.
«Da... un paio di settimane?»
-E che cazzo aspettavi a dirmelo?-
«Io... non volevo dirtelo.»
-Perché, Cristo Santissimo? È mio figlio, cazzo, perché non avresti dovuto?-
Chester guardò Mike.
È soltanto un cazzo di incubo.
Svegliati, rincoglionito che non sei altro.
Svegliati.
«Perché per la prima volta... per la prima volta mi sembrava che stessi bene. Ne hai passate di tutti i colori, ma per la prima volta da quando ti conosco sembravi quasi felice. Questo... Dio mio, ho rovinato tutto quanto... ma non ce la faccio da sola, sono... terrorizzata. Vorrei solo poter mollare tutto e andarmene, ma... non posso...»
All'improvviso Chester si ricordò di una delle prime volte che erano stati a letto insieme.
"Se mai qualcosa andasse maledettamente storto me lo diresti, vero?"
"Saresti il primo a saperlo, Charles"
Ha preso ogni promessa.
L'ha messa sulla linea di tiro.
Assieme alla mia fiducia.
O magari si è solo presa il suo fottuto tempo.
-Avresti dovuto parlarmene prima.-
«Lo so, ma non volevo...»
Elka si fermò per un secondo.
Per riprendere fiato.
«Non volevo rovinarti tutto proprio ora. Dio, mi dispiace così tanto...»
Si sentiva la paura danzare attraverso le sue parole.
Un terrore fottuto.
Quel tipo di terrore fottuto che c'é solo nella voce dei bugiardi.
O di chi ha una paura dannata di essere giudicato.
Di chi sta dicendo un segreto fottutamente inconfessabile.
-Smettila di dire così.-
Chester aveva superato la sorpresa.
Non era fottutamente incazzato.
Dovrei?
Non era maledettamente triste.
In effetti forse dovrei, cazzo.
Era solo dannatamente stanco.
E spaventato.
Mike lo stava guardando, adesso.
-Non è colpa tua. Cazzo, certo che non è colpa tua. I mocciosi si fanno in due. No?-
Chiuse gli occhi.
Cercò di capire come cazzo avesse fatto a respirare per tutta la vita.
Forse non l'ho poi tanto superato, questo cazzo di shock.
Cercò di calmarsi.
Doveva stare fottutamente calmo.
Ragionare.
Era innegabilmente terrorizzato.
Non voglio diventare padre a diciotto anni.
Porca puttana.
E se poi divento come...
No.
Non sarò mai come lui.
Fanculo.
-I tuoi lo sanno?-
Elka sospirò.
«Non ancora.»
-Ok. Ascolta: non so cosa cazzo tu abbia in mente di fare. Ma ci sarò. Ci proverò almeno.-
Era terrorizzato.
Voleva scappare via e basta.
Aveva una voglia fottuta di urlare.
Ma non urlava.
Elka riprese a piangere.
Cazzo.
Proprio adesso che si era calmata.
Sembrava un pianto diverso però.
Più sollevato.
«Grazie.»
-Hey. Andrà tutto bene. Sta tranquilla. Ok?-
Si salutarono.
Chester spense il telefono.
Non voleva rischiare che suonasse ancora.
Abbassò lo sguardo per evitare quello fottutamente preoccupato di Mike.
Era passata l'ora del tramonto.
Cominciava a farsi scuro.
Presto sarebbero cominciati ad arrivare i soliti tossici del cazzo.
Chester si ritrovò a mordersi il piercing a sangue per non piangere.
Cazzo.
Ora come Cristo lo dico a Mike?
Come glielo spiego?
Perché queste porcate capitano sempre a me?
Perché proprio adesso?
Cazzo.
Mike si alzò.
Chester sentì il cigolio delle catene dannatamente arrugginite dell'altalena.
Si alzò a sua volta.
Gli andò incontro a passo di marcia.
Cercando di non alzare i suoi fottuti occhi da terra.
Concentrandosi sulla crepa del vetro degli occhiali.
Sembrava serpeggiare sull'erba come una qualche specie di dannatissimo rettile.
Quando andò a sbattere contro Mike quasi non se ne accorse.
Dovette mordersi il piercing.
Non piangere coglione.
È solo un cazzo di sogno.
Svegliati.
Lo abbracciò stretto.
Lo baciò con foga.
Agognando la pace che di solito quella stupida fottutissima cosa gli portava.
Non servì a niente.
Ho paura.
Ho troppa fottutissima paura.
Nascose la faccia nella sua spalla.
Vergognandosi come un ladro.
-Quindi devo supporre che il tuo secondo nome sia Charles?-
Mike doveva aver capito che stava di merda.
Andrebbe dritto al fottuto punto.
Altrimenti.
Chester rimase zitto.
-Chazy? Tutto bene?-
-No. Non va bene. Proprio per un cazzo.-
-Che succede?-
Chester lo baciò di nuovo.
Con calma questa volta.
Non era abituato a baciare così.
Era abituato a divorare la faccia alla gente.
Più che altro.
Quello era stato più una cazzo di carezza che un bacio vero e proprio.
Qualcosa dentro al suo cervello era scattato.
Qualcosa da qualche parte aveva detto rallenta.
Goditelo.
Potrebbe essere l'ultimo.
Fu una cosa dannatamente delicata.
É fottutamente strano.
-Mi stai facendo preoccupare, Chester. Cosa è successo?-
Chester si allontanò di un soffio.
Guardò Mike negl'occhi.
Cristo.
Non riesco quasi a guardarlo in faccia.
Cazzo.
Mi sento un verme.
-Hai promesso di restare. Qualunque cazzata io faccia. Qualunque schifezza succeda.-
Mike ricambiò lo sguardo.
Confuso.
Chester avrebbe scommesso che fosse maledettamente confuso.
-Sì, l'ho promesso. Perché?-
-Perché mi odierai dopo questo.-
-Chester, che cazzo é successo?-
Madre Terra.
Non so nemmeno se esisti davvero, cazzo.
Ma se esisti apriti.
Apriti e fammi sparire.
Subito.
-È incinta. Elka è incinta.-
-Oh. Be', e... quindi?-
Qualcuno mi uccida.
Vi prego.
-Quindi... il fottuto padre sono io.-
[Mike]
-Stai scherzando?-
-Gesù Cristo, ti sembra che io abbia la faccia di uno che sta scherzando?-
-Mah, non lo so Mike: mi stai dicendo che il tuo ragazzo, gay, tra parentesi, sta per diventare padre. Non è esattamente la cosa più credibile che abbia mai sentito.-
Mike sbuffò, frustrato, mentre rigirava la solita patatina in mezzo alla maionese. Joe aveva voluto per forza che si incontrassero nella vecchia tavola calda del quartiere e ora gli stava divorando davanti un hamburger di dimensioni apocalittiche, mentre lui rigirava quella dannata patatina nella maionese. A lui nemmeno piaceva la maionese, Gesù Cristo.
-Chester non è gay.-
-Allora perché ha una storia con un ragazzo, che poi saresti tu?-
Mike scosse la testa e abbandonò la patatina sul piatto, in mezzo a quel mucchietto schifoso di maionese che, per inciso, aveva un colore strano, poi girò il viso e si mise a guardare fuori, nella penombra sfocata di quel venerdì pomeriggio di metà Aprile. Cominciò a fissare il cono di luce tremolante di un lampione all'angolo dell'isolato che si era appena acceso e che era bucato dalle gocce della pioggia battente che si era ostinata a cadere per tutto il giorno, e si auto convinse che sarebbe bastato a distrarlo... il suo subconscio però non era convinto nemmeno lontanamente: continuava a ritornare su quel momento, su quel il fottuto padre sono io che gli rimbalzava in testa di continuo da quasi un mese, senza dargli un attimo di sospirata tregua: se continuava così, Mike sarebbe morto di asfissia da trauma mentale, sempre che esistesse.
-Esiste la bisessualità.- mugugnò alla fine.
-No che non esiste la bisessualità, è solo una scusa per non far preoccupare la gente!-
-Joe.-
Mike sospirò: sul serio, cosa aveva fatto di male?
-Quella è l'eterosessualità.-
-Cazzate: io sono etero al cento per cento.-
Joe mise un broncio che più che un broncio sembrava una smorfia spastica e Mike si girò di nuovo verso di lui, cercando di sorridere... non aveva la minima voglia di sorridere: aveva il dubbio di non essersi mai sentito così depresso in vita sua.
-Già certo, però poi dici che se esistessero i reggiseni da maschio tu li porteresti.-
-Che cavolo, Mike! Con la mia seconda di ciccia sarebbe comodo!-
Mike rise, ma senza allegria: era mortalmente preoccupato. Non lo faceva arrabbiare il fatto che Chester stesse per avere un figlio da una ragazza... ok sì, non lo rendeva nemmeno felice, ma tutto quel casino era cominciato prima che succedesse tutto quello, anche se nessuno lo aveva saputo fino al 19 Marzo e sebbene si sentisse stupido a non essere arrabbiato sapeva di non aveva il diritto di arrabbiarsi... o qualcosa del genere. Era in ansia, più che altro: quasi lo spaventava il modo in cui Chester stava reagendo. Era totalmente sconvolto, anche se ormai era passato quasi un mese, e Mike non riusciva ad aiutarlo, non riusciva a trovare un modo per dirgli che sarebbe andato tutto bene... non riusciva a trovare un modo per far andare tutto bene. Un bambino era una cosa seria, e a diciotto anni (diciannove per Elka) era una cosa ancora più seria... oltretutto lei si era rifiutata categoricamente di abortire: non perché fosse contraria all'aborto, a suo dire, ma perché si sarebbe comunque sentita un mostro per il resto della sua esistenza... e in effetti, mettendosi nei suoi panni, nemmeno Mike avrebbe avuto il coraggio di farlo, ma quello era un altro discorso.
-Ridi, bastardo, ridi: vorrei vederti al mio posto.- sbottò Joe, mettendo fine alla sua digressione mentale e dando un morso al suo mega panino.
Mike non si sarebbe stupito di vedere il panino mordere lui, da quanto era grosso.
–Comunque non siamo qui per parlare della mia ciccia, quindi smettila di cambiare argomento e vai al sodo.-
-Io starei cambiando argomento? Sei tu che hai detto che la bisessualità è una balla.-
Mike scosse la testa e tornò a guardare fuori: pioveva fortissimo, a mala pena si riusciva a vedere attraverso la cascata che stava venendo giù.
-E poi scusa: Elka aspetta un bambino e Chester è il padre, è questo il punto, idiota!-
-No che non è questo, Mickey: il punto è che in questo momento Chester è più incasinato del solito e che tu non hai la minima idea di cosa fare.-
-Allora, se lo sapevi già, perché cazzo me lo hai chiesto?-
Joe addentò di nuovo il panino con aria vissuta e si strofinò le nocche sul petto.
-Per controllare se lo sapevi tu, Mickey.- disse –E infatti non lo sapevi.-
-Vaffanculo.-
-Parolaccia!-
Joe rise e a Mike venne voglia di strangolarlo, ma non scherzosamente come al solito: gli stava venendo un attacco di rabbia spaventoso. Gli capitava sempre più spesso nelle ultime settimane... probabilmente era lo stress.
-Gesù Cristo, smettila di contarmi le parolacce: viviamo in un dannato paese libero e io ho il fottuto diritto di imprecare quanto cazzo mi pare e piace.- ringhiò.
Poi fece un respiro profondo e cercò di calmarsi: era ingiusto trattare Joe così... anche se era un rompi palle stava comunque cercando di aiutarlo, e Mike si sentì quasi in colpa, fino a quando non vide la sua espressione girare da vagamente divertita a mortalmente preoccupata e non capì che Joe stava facendo il cretino non perché era cretino, ma perché aveva colto il bisogno di Mike di qualcosa o qualcuno che gli tirasse su il morale... o magari no, ma lui avrebbe comunque continuato a pensarla così.
-Ok, scusami.- borbottò Joe mettendo giù quel poco che restava del suo panino –È che a volte non mi rendo conto di quanto sono idiota.-
Mike non disse niente e cominciò a far vagare lo sguardo fra le crepe nella vernice bianca e scrostata delle pareti della tavola calda. Diede uno sguardo alla cameriera seduta vicino alle porte della cucina a fare le parole crociate e un altro al barista intento a lucidare le tre bottiglie di liquore che costituivano il bar, poi tornò, con immensa fatica, a guardare Joe.
-Mi dispiace.- mormorò sottovoce –Sono così con tutti, non so cosa mi prende: forse è la tensione.-
-Da quando lo sapete?-
-Dal giorno prima del suo compleanno.-
-E lui come l'ha presa?-
Mike distolse di nuovo lo guardo, solo che stavolta, invece che fissarsi sul lampione che a malapena si vedeva attraverso la pioggia o di guardare semplicemente in giro, si concentrò sulla cameriera: poteva avere circa venticinque anni, ma il trucco pesante e la finta abbronzatura –che era finta di sicuro, perché in una città come quella non ci si poteva abbronzare naturalmente neanche con tutto lo Spirito Santo possibile e immaginabile- la facevano sembrare più vecchia. Aveva gli occhi scuri e i capelli quasi neri, lisci, legati da un nastro rosso rubino legato con un fiocco su un lato e portava uno di quei corpetti senza spalline, rosso a pois bianchi, sopra una gonna corta color corallo. Scriveva con la destra, mentre con le unghie laccate di rosso della sinistra tamburellava sulla pagina del giornale di enigmistica seguendo un ritmo che era solo nella sua testa, dato che non seguiva nemmeno minimamente quello della canzone che andava a ciclo continuo da più di venti minuti.
-Come vuoi che l'abbia presa? Sta provando a starle vicino, ma è terrorizzato... ci sta provando, davvero, ma... glielo leggo negli occhi che vorrebbe solo scappare e lasciarsi tutto alle spalle.-
-È per quello che Chester non ha fatto niente al diciottesimo e tu quel giorno lì sei sparito?-
-Più o meno. Ha avuto una mezza crisi... be', anche intera in effetti... e... aveva bisogno di me?-
-E io che credevo che vi foste finalmente decisi a finirla con quella stronzata dell' in prova...-
-Ma la vuoi piantare?- sbottò Mike sbattendo una mano sul tavolo di plastica marmorizzata.
Il barista gli lanciò un'occhiata velenosa, poi tornó a lucidare quelle tre bottiglie: doveva essere ossessivo compulsivo, perché continuava anche se ormai aveva consumato il vetro e le etichette si stavano staccando.
-Ok, hai ragione: scusa.-
Joe tornò a mangiare il suo panino, mentre Mike recuperò la patatina dal mucchietto schifoso di maionese, attento a non sporcarsi le dita, e riprese a rigirarcela dentro con calma.
Il 20 Marzo era stato un giorno tremendo: era
Venerdì e i suoi genitori erano rispettivamente in Illinois e i Ohio, mentre il padre di Chester era a un raduno motociclistico nel Wisconsin. Chester diceva che lo faceva ogni anno: si toglieva dalle scatole per il suo compleanno, in modo che lui potesse fare quello che voleva... a modo suo voleva essere una specie di regalo: gli lasciava il frigo pieno, un biglietto comprato in una stazione di servizio con cinquanta dollari infilati dentro, e se ne andava: semplice e indolore per tutti, quindi Mike si era limitato a chiudere Jason in camera sua subito dopo cena con una riserva di schifezze che avrebbe sfamato un esercito e l'equivalente di una biblioteca in manga, a urlargli torno domani mattina e a dirigersi verso casa Bennington con un pacchetto infilato nella tasca interna del cappotto. Aveva trovato Chester steso sul letto nella penombra a fissare la rete del letto sopra il suo, con una faccia talmente sbattuta che per poco non si era spaventato: aveva gli occhi del rosso sbagliato, come se si fosse appena fumato mezza Giamaica, gli occhiali storti sul naso e l'espressione rabbiosa. Stava mordendo il piercing come se lo odiasse e aveva delle occhiaie spaventose.
-Chazy?-
Chester era rimasto zitto e non lo aveva nemmeno guardato, si era solo spostato verso il lato del letto e aveva battuto la mano sul materasso accanto a lui. Mike aveva sentito l'odore di erba dallo stipite della porta, prima di andare a sedersi, vicino ma non troppo, e cominciare ad accarezzargli distrattamente i capelli. Per fortuna era erba e non qualcosa di peggio, ma comunque aveva evitato di dire cose come Ma non avevi smesso?. Chester non aveva reagito, aveva solo continuato a guardare la rete del letto, con le pupille dilatate e lo sguardo vuoto se non per la rabbia e la paura, e forse aveva leggermente mosso la testa per andare incontro alla sua mano, ma Mike non ne era sicuro. Anche perché si stava vagamente chiedendo perché diavolo Chester avesse un letto a castello quando in camera sua ci dormiva solo lui.
-Buon compleanno.- aveva bisbigliato a un certo punto arricciando un ciuffo biondo leggermente più lungo degli altri attorno all'indice.
Chester aveva chiuso gli occhi e aveva borbottato qualcosa come Mica tanto, poi erano rimasti lì per un po', senza dire o fare niente a parte il provare a parlare ogni tanto e chiudere la bocca sette secondi dopo senza aver detto niente.
-Sarai incazzato... incazzato nero. Immagino.- aveva borbottato Chester dopo un po'.
Aveva un tono triste e impastato, come se facesse fatica a parlare o se avesse paura di conoscere la risposta. Mike aveva tirato un sospiro stanco e aveva smesso di accarezzarlo, affondando invece le dita tra i suoi capelli chiari. Avevano la classica consistenza un po' strana lasciata dalle tinte di sotto marca fatte nel lavandino del bagno, ma a Mike piacevano: erano uno di quei piccoli dettagli ai quali più o meno era riuscito a fare l'abitudine.
-Non sono arrabbiato.- aveva risposto mentre toglieva la mano dai suoi capelli per sistemargli un ciuffo.
-Perché no? Avresti ogni fottuto diritto di staccarmi le palle a morsi. In questo momento.-
-No, non ce l'ho.-
Mike era tornato ad accarezzargli i capelli, guardandolo anche se Chester aveva lo sguardo fisso da un'altra parte. Non era esattamente il ragazzo più bello del mondo, ma non era nemmeno brutto e poi aveva... qualcosa. Era bello, ma a modo suo, per dirla in maniera comprensibile.
-Gesù... lo sapevo che andavate a letto assieme e pensavo che avessi continuato a farlo anche dopo che io e te... il punto è che non mi sono mai fatto problemi e non ho nemmeno il diritto di farmeli, perché a malapena ho una vaga idea di quello che siamo io e te.-
Erano rimasti in silenzio per quelle che sembrarono ore, prima che succedesse effettivamente qualcosa, e anche quando quel qualcosa era effettivamente successo... be', non era stato esattamente un granché: semplicemente Chester si era messo seduto e finalmente aveva rivolto lo sguardo verso Mike, studiandolo come se fosse un dipinto... o un personaggio di un manga: in effetti Mike si sentiva più il protagonista di qualche yaoi pessimo in quel momento.
-Hai paura.- aveva esalato dopo un po' fissando finalmente gli occhi color caffè nei suoi –Una paura fottuta.-
La cosa che aveva sconvolto Mike era che non era stata una domanda, ma una constatazione: Chester ormai lo conosceva, sapeva chi aveva davanti e lo capiva. Quando era successa quella cosa? Quando aveva cominciato a riconoscere e a capire i suoi stati d'animo? Ok, era abbastanza ovvio che fosse spaventato in quel momento ma... non era nemmeno lontanamente la prima volta che succedeva.
-Anche tu.-
Chester aveva distolto lo sguardo, chiudendo di nuovo gli occhi: sembrava così vuoto e allo stesso tempo così sconvolto che al solo vederlo Mike si sentiva inutile, completamente senza senso.
-Già...- aveva risposto sottovoce –Già, anch'io.-
Mike aveva preso un respiro profondo e gli aveva alzato il mento con due dita, guardandolo con lo sguardo più rassicurante che riusciva a tirare fuori in quella situazione di merda. Gli occhi di Chester erano lucidi, persi, come se a malapena riuscisse a tenere la presa sulla realtà. Gesù, era fatto perso, e normalmente non era lui quando era fatto, eppure si vedeva che stava cercando di svegliarsi fuori, di restare in sé, e che in qualche modo, Gesù Cristo solo sapeva quale, ci stava anche riuscendo.
-Hey: va tutto bene, ok?-
-No che non va tutto bene. Porca puttana. Non va bene proprio... proprio per un cazzo. Non sono pronto per avere un figlio, Mike. Sarò un fottuto padre di merda. Crescerà... solo. Crescerà da solo. Diventerà un perdente. E cazzo, sarà solo colpa... solo colpa mia.-
Chester faticava a formulare le frasi e aveva la voce che tremava, come se oltre al fumo nei polmoni avesse anche una cascata di lacrime dietro agli occhi pronta a piovere giù.
-Non è detto, Chazy: tu non sei come i tuoi genitori... a te piacciono i bambini, no?-
-Che cazzo c'entra? Mi piacciono... certo che mi piacciono. Non vuol dire che ho la minima... la minima fottutissima vaga idea di come... di come fare il padre.- aveva sbottato Chester –E poi... poi ci sei tu, cazzo. Tu... tu sei importante. Fottutamente importante. Qualsiasi cosa siamo. E non voglio... tu che cazzo dovresti fare?-
-Non lo so... magari dovrei solo starti vicino e cercare di dare una mano?-
Aveva accarezzato la guancia di Chester e si era sforzato di fargli un sorriso. Come sorriso era stato abbastanza penoso, a dire il vero, ma Mike aveva sperato che contasse il pensiero... anche se non ci contava.
-Senti...- aveva iniziato –Io lo so chi sei davvero, ok? Sono abbastanza sicuro di averne un'idea, e tu questa cosa puoi farla. Non sei un tipo che si tiene un graffio dove può avere una cicatrice, perché ferite aperte ne hai già troppe, e questa puoi chiuderla: devi solo stargli vicino e... essere un padre migliore di quello che il tuo è stato per te. Sarai bravo, Chazy, devi solo volerlo... però non posso dirti io cosa fare: sarà tuo figlio, ed è una cosa che devi decidere da solo.-
Chester l'aveva abbracciato e aveva nascosto il viso nella sua spalla e Mike aveva cominciato a massaggiargli la nuca, ignorando l'odore di fumo dei suoi capelli.
-E tu?- aveva borbottato contro la stoffa della sua felpa, con la voce che graffiava e tremava.
-Io... io se serve mi metterò in un angolino, mi morderò la lingua e sarò... la vittima del compromesso.-
Mike gli aveva posato un bacio tra i capelli e aveva chiuso gli occhi, godendosi quel contatto così semplice ed essenziale e allo stesso tempo devastante.
-Non ci pensare neanche. Ti prego resta con me.-
Mike rigirò la patatina nella maionese un'ultima volta, prima di piantarla lì di nuovo lì e tornare a guardare fuori.
-Come va con... l'altro problema?-
Mike sospirò: andava male, anzi, andava di merda.
-Non bene... lui... ci sta provando, a stare lontano dalla droga, ma continua a ricaderci e... non lo so, a volte lo sento parlare e non sembra nemmeno lui. Ha questi scatti di rabbia e...-
-Fermo, fermo, fermo.- lo interruppe Joe pulendosi la bocca –Scatti di rabbia? Mica starà diventando anche violento, vero?-
-Cosa?-
Mike sbatté le palpebre un paio di volte e si voltò verso Joe, completamente sbigottito. Violento? Chester non gli avrebbe mai fatto del male. Non avrebbe mai fatto del male a nessuno, fosse stato per lui.
-No... no, non diventa violento. Semplicemente diventa intrattabile... cioè, più intrattabile. Si rifiuta di parlarmi e...- si fermò un attimo, prendendo fiato –Lui... si chiude completamente in sé stesso. Si costruisce un muro e non mi lascia entrare, non mi lascia dargli una mano e io non ho la più pallida idea di cosa fare.-
-Mollalo, smetti di pensare a lui, trovati una ragazza e sii felice per il resto della tua vita.-
Joe smise di ridere ancora prima di cominciare, quando vide la faccia di Mike. Mise giù il tovagliolo con cui si stava pulendo le dita e cercò di fare un'espressione seria.
-Oppure cerca semplicemente di tenerlo d'occhio e spera che passi questo periodo di merda.-
Mike si passò una mano tra i capelli, con l'espressione un po' smarrita.
-Già...- borbottò –Cominciamo con lo sperare che questa sera non combini cazzate.-
-Stasera?- chiese Joe –Che c'é stasera?-
-C'é il mesiversario dalla fondazione della band e usciamo tutti assieme.-
Mike scosse la testa sconsolato.
-Te n'eri dimenticato, vero?-
-No, certo che no!-
Mike continuò a scuotere la testa e a brontolare tra sé e sé: Gesù Cristo, cosa aveva fatto per meritarsi un migliore amico come Joe?
ANGOLINO NERO PER UN'ANIMA NERA
Eccoci qui, capitolo 17 servito puntualissimo... e fatalità oggi è il 17.
Adesso non ho voglia di fare uno spazio autrice decente, perché sto morendo dal sonno, quindi mi limito a fare il minimo indispensabile: la canzone è White Noise e io la trovo... interessante. È particolare, ma personalmente la adoro. È concentrata soprattutto nei dialoghi tra Elka e Chester, e tra Chester e Mike il giorno del compleanno di Chester (#diciottesimopiùtristedisempre) e poi ci sono altri pezzetti sparsi in giro... diciamo che questo è un capitolo chiave... perché siccome io non sono capace di distribuire gli eventi, visto che nei due capitoli prima non è successo quasi niente, qui succede un bordello.
Ok, ora vado a nanna, fatemi sapere cosa ne pensate.
Ci leggiamo il 3 Dicembre, nel frattempo buona notte Soldiers.
Con affetto,
Cursed_Soldier
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