Capitolo 16~The Catalist
[Chester]
Chester aprì gli occhi con calma.
Non di scatto, come faceva sempre, e non a causa di qualche fottuto incubo orrendo o chissà che.
Semplicemente aprì gli occhi e sbatté le palpebre un paio di volte.
La luce del mattino illuminava gentilmente un posto che decisamente non era la sua stramaledettissima stanza.
Doveva essere grande più o meno il quadruplo e disordinato il doppio...
Non che la sua stanza fosse un esemplare di ordine, comunque.
A lui piaceva definirlo caos organizzato.
La verità era che la sua stanza era un dannato macello.
Non quanto questo posto però.
Sbadigliò piano, senza la benché minima idea del perché si preoccupasse di non far rumore.
Si guardò attorno, senza la benché minima idea del perché si preoccupasse di non muoversi troppo.
Ci vedeva poco, a dire il vero
Chissà che fine hanno fatto i miei dannatissimi occhiali...
però, a giudicare da quel poco che riusciva a distinguere, doveva trovarsi in una specie di garage.
Doveva esserci il sole, ma non gli dava più di tanto fastidio.
Tentò di liberare un sospiro soddisfatto, ma qualcosa di dannatamente pesante sul suo petto stava spiaccicando i suoi cazzo di polmoni fumati.
Che cazzo...?
Fece rapidamente il punto della situazione: si trovava in territorio sconosciuto. Probabilmente un fottuto garage.
Era sdraiato su un divano dannatamente scomodo, a giudicare dalle grida di guerra che la sua schiena stava lanciando.
C'era qualcosa di grosso, scuro e pesante (e ronfante) rannicchiato contro di lui con le gambe attorcigliate alle sue come se non ci fosse un fottuto domani.
Con la mano che non era incastrata sotto la cosa maledettamente scura e pesante stava toccando qualcosa di peloso e morbido.
Qualcosa che, tra le altre cose, per qualche motivo nella sua testa era registrata come marroncina e fornita di tanti maledettissimi denti che adoravano mordicchiargli l'orlo dei jeans.
Come cazzo faccio a sapere che questa cosa è marroncina e che morde?
Malgrado tutto però non stava male. Il tizio del piano di sotto era già bello sveglio e attivo. Quindi quel qualcosa di grosso e scuro che gli stava dormendo beatamente sopra, chiunque fosse, doveva piacergli parecchio.
O forse era solo il dannatissimo alzabandiera.
Aveva dormito maledettamente bene, comunque. Non dormiva così bene da anni, a dirla tutta.
La cosa scura si mosse.
Mickey...
Chester sorrise fra sé e sé senza nemmeno accorgersene.
Ora si spiega tutto.
Liberò delicatamente la mano sinistra, attento a non svegliare Mike.
Aveva ancora il braccio incastrato sotto di lui all'incirca fino al gomito e faceva un male fottuto. Si impegnò ad ignorare sistematicamente la cosa.
Si impegnò ad ignorare sistematicamente anche il tizio del piano di sotto.
Con Mike voleva andarci piano. Niente fottutissime tappe bruciate.
Prese ad accarezzargli piano i capelli scarmigliati.
Quello poi era strano.
Chester non era mai stato (e non si era mai considerato) un tipo da coccole. Mike gli faceva venire voglia di esserlo.
Era semplicemente troppo fottutamente dolce.
Chester dubitava persino che fosse legale, essere così fottutamente dolci.
Sbatté di nuovo le palpebre.
Niente foto-sensibilità...
Dio, questo è fottutamente strano.
Non ho nemmeno mal di testa.
È Domenica mattina e io non sto avendo un dopo sbornia epico.
Era una sensazione piacevole però. Svegliarsi così. Senza fottute fucilate che gli attraversavano il cervello a ogni cambio di luce.
Istintivamente la mano che era rimasta abbandonata sulla schiena pelosa di Benny salì a tastare la tasca posteriore dei jeans e...
Cristo.
È Domenica mattina e sono sdraiato su un dannatissimo divano. Non da solo.
Sono completamente vestito. Tutti è due siamo completamente vestiti.
Se qualcuno me lo avesse detto qualche mese fa gli avrei riso in faccia.
C'era un pacchetto di sigarette e sapeva che dentro c'era una fottutissima bustina d'erba. Come sempre.
Aveva le sigarette da Mercoledì. La marijuana da Giovedì.
Niente di strano.
Solo che il pacchetto era ancora fottutamente pieno a metà, la bustina non l'aveva nemmeno aperta.
Non ne sentiva il bisogno. O meglio sì, ma riusciva a tenerlo a bada.
Era sopportabile. Quasi sempre. Quando non lo era cercava Mike. Se non trovava Mike accendeva una fottuta sigaretta.
Bastava, più o meno.
Quindi in parole povere è una settimana che non mi ficco merda nel sangue. O nei polmoni. O nel cervello.
Che diavolo mi sta succedendo?
La sua mano tornò sulla schiena di Benny.
Non riuscì proprio a non tornare a guardare Mike. La dannata macchia sfocata con i capelli neri e una felpa scura che doveva essere Mike.
Sorrise. Come un cretino. Distolse lo sguardo prima di...
No cazzo. Non sto arrossendo. Non ho tredici anni.
Tutto questo è fottutamente assurdo.
Non mi sono nemmeno mai piaciuti i ragazzi.
Gli lanciò un altro sguardo. Gli sembrò di vederlo sorridere.
Dove cazzo sono andati a fottersi i miei dannatissimi occhiali?
Ma chi se ne frega.
Fanculo gli occhiali. Fanculo l'eterossessualità. Fanculo tutto.
Mike si mosse di nuovo. Senza il minimo riguardo per il suo povero fottutissimo braccio.
Con ogni probabilità si sta per staccare...
Cazzo.
Mike mugugnò. Chester fu piuttosto convinto di averlo visto aprire un occhio.
-Buongiorno...-
Sì, Mike era decisamente sveglio.
A meno che non parli nel sonno...
-Lo sai che Buongiorno è solo un'espressione ironica per augurare l'ennesima fottutissima giornata di merda, vero?-
-Gesù, Chazy... sei sempre così ottimista di prima mattina?-
-No.-
A Chester venne da ridere. In effetti di mattina tendeva a essere fottutamente irritabile. Soprattutto la Domenica e il Lunedì.
Però quella particolare Domenica mattina era di buon umore. Si sentiva maledettamente bene.
Se non si contava il fatto che il mondo era dannatamente sfocato. O che il suo braccio minacciava di staccarglisi dalla spalla.
Aspetta.
Chazy?
-Quando hai cominciato a chiamarmi così?-
-Dentro la mia testa mesi fa.-
Mike rise, ancora mezzo addormentato.
-Nel mondo reale... non lo so. Adesso?-
Sbadigliò e gli si strinse addosso un po' di più.
Chester riusciva a sentire quanto fosse dannatamente caldo attraverso il tessuto della felpa.
O ha la febbre o è meglio che mi dia una dannatissima calmata.
Restarono un po' in silenzio.
Un silenzio che per una volta non era fottutamente imbarazzante.
-Hai visto i miei dannatissimi occhiali per caso?-
-Non lo so. Credo che tu li avessi ancora addosso quando ci siamo addormentati.-
-Porca...-
Chester si trattenne dal finire l'imprecazione.
Cazzo. Come se non fossero già abbastanza distrutti...
-Hai dormito bene?-
Mike sbadigliò di nuovo mentre parlava.
Cristo Santissimo sembra un gatt...
No. Chester smettila. Non sei una cazzo di ragazzina. Mike non è un fottutissimo gatto. Falla finita.
-Sì. Tu?-
-Uhm... sei dannatamente comodo, sai?-
Mike rise.
Chester sbuffò.
-Il mio braccio non è d'accordo.-
Tentó di liberarsi. Mike era sveglio: ora poteva spostarsi.
-Abituati all'idea di vivere con un braccio solo, perché io non ho nessuna intenzione di spostarmi di qui per qualcosa come il resto dell'eternità.-
-Cazzo Mike, io sono mancino. Il sinistro mi serve.-
-Non è un problema mio.-
-Non ancora...-
Chester. Avevamo detto niente doppi sensi, ricordi?
Cristo Santo vacci piano e smettila di parlare come una puttana.
Mike gli diede un pizzicotto sul petto.
Piccolo bastardo vendicativo...
Chester sorrise.
Non capì perché cazzo lo stesse facendo, ma sorrise.
Tolse la mano dalla schiena di Benny per ripagare il cretino che gli stava sdraiato sopra con la sua stessa moneta.
Non fu una grande idea.
Proprio per un cazzo.
L'unico effetto che ebbe fu quello di far sentire il cane escluso. Quando un cane di quattro mesi si sente fottutamente escluso, risolve il problema come lo risolverebbe qualunque dannato moccioso di tre anni. Attirando l'attenzione di chiunque lo stia escludendo.
Cinque secondi dopo quindici fottutissimi chili di cucciolo di Labrador/Rottweiler scodinzolante gli stavano leccando la faccia.
Appollaiati addosso a lui senza il minimo riguardo per le sue costole già maledettamente sovraccariche.
-Benny, no!-
Mike rise. Cercò di levargli Benny di dosso. Ma non con troppo impegno. Ancora si rifiutava di alzarsi.
-Cristo Benny, non respiro!-
Chester cercò di allontanarlo con il braccio libero.
-Ok, ok, basta. Ti voglio bene anche io e giuro che non ti ignorerò mai più. Ti prego, Benny, scendi. Se non vuoi avere un padrone morto. Smettila di leccarmi la faccia! Per favore!-
Il cane smise di leccarlo all'improvviso. Lo guardò per un attimo fottutamente infinito.
Si alzò con calma. Gli zampettò sulla pancia e andò ad acciambellarsi come un gatto in fondo al divano, sopra alle sue gambe e a quelle di Mike.
-Vedi? Basta chiedergli le cose con gentilezza.-
-A volte quel cane è fottutamente inquietante.-
Mike bofonchiò qualcosa tra sé e sé e si alzò.
Chester sentì finalmente il sangue tornare ad affluire al lato sinistro del suo corpo.
Cominciavo a pensare che sarei andato in cancrena per metà.
Cazzo, che brutta immagine. Che schifo...
Cristo, non dovrei pensare a queste cose di prima mattina.
Mike cominciò a girare pigramente per il garage. Seguito da un Benny allegro e scodinzolante.
Chester chiuse di nuovo gli occhi. Tanto non vedeva praticamente un cazzo.
Non aveva la minima dannatissima voglia di alzarsi.
-Sai, credo di aver trovato i tuoi occhiali.-
Sentì i passi di Mike avvicinarsi. La montatura fredda degli occhiali gli si posò sul naso.
Aprì gli occhi.
-Il mio maglione ti ha lasciato il segno sulla guancia.-
Cristo, dovevo proprio dire una cosa così idiota?
Mike si strofinò la guancia destra e sorrise.
Si sedette al suo fianco sul divano.
Chester sorrise.
Sembro una fottuta ragazzina. È imbarazzante.
-Veramente è il mio maglione.-
-Dettagli. Mickey. Fottutissimi dettagli.-
-Dico sul serio Chester, è passata nemmeno una settimana e mi hai fatto sparire praticamente metà armadio: fregarmi i vestiti è davvero così divertente che vale la pena rischiare una polmonite al giorno?-
Chester si strinse di più addosso il maglione dannatamente enorme di Mike.
Dio, stava grande persino al suo proprietario. Figurarsi se poteva andare bene a lui.
Fa un po' ridere in effetti.
È fottutamente ridicolo che per fregargli i vestiti io debba prendere l'acqua tutti i dannati giorni.
-Sono maledettamente comodi.-
Mike riprese a sorridere. Lo guardò in un modo maledettamente, dannatamente strano.
-Che cazzo c'é adesso?-
-Sei... dolce.-
-Cosa?-
Chester scattò a sedere.
Era abbastanza sicuro di avere un maledetto broncio stampato in faccia. Anche se gli veniva da ridere.
-Io non sono per niente dolce.-
Mike gli poso una mano sulla guancia.
Il suo sorriso si fece timido.
Cristo, è così carino quando sorride così...
... cazzo Chester, smettila!
Gli si fece più vicino. Senza la minima fretta.
Sta arrossendo?
Porca puttana...
-Sei dannatamente dolce.-
Mike lo baciò piano. Le loro labbra a malapena si toccarono.
-Cazzo Mike...-
Chester si aggrappò al colletto della sua felpa e se lo tirò addosso.
Premette le proprie labbra contro le sue in un modo quasi disperato.
Cristo.
Dopo una settimana baciare Mike era ancora dannatamente strano.
Non era uno strano negativo, comunque. Era solo uno strano fottutamente nuovo.
Era diverso. Dannatamente diverso: sentiva cose che non aveva mai sentito con nessun altro. Era come se...
No. Non mi metterò a descrivere dentro la mia testa una cosa del genere.
Non sono una fottuta ragazzina. Farlo implicherebbe decisamente pensare troppe cose da ragazzina.
Oggettivamente però Mike non sapeva baciare.
Non che fosse uno schifo totale, ma c'era comunque parecchio margine di miglioramento.
Era una cosa maledettamente dolce, ma Chester si rifiutava di pensarlo.
Non che avesse granché voglia di pensare in quel momento.
Si staccarono dopo quella che parve una vita.
Restarono a guardarsi per un paio di secondi.
-Non sono. Fottutamente. Dolce.-
-Sì, Chazy. Lo sei.-
Suo malgrado a Chester sfuggì un sorriso. Poi Benny iniziò ad abbaiare come un forsennato.
-Benny? Che c'é?-
-Michael? Sei lì dentro?-
Lo sguardo di Chester volò alla porta. Il suo maledettissimo cuore saltò un battito, mentre Mike sputava un'imprecazione a mezza voce.
Cazzo. Non impreca quasi mai.
-È mio padre... porca puttana.-
-Mickey, sei lì?-
-E c'é anche mio fratello...-
-Ma non dovevano essere a Los Angeles?-
-Saranno tornati prima...-
Mike si alzò e prese a muoversi avanti e indietro come un indemoniato.
-Che ci fai ancora lì? Esci dalla finestra!-
Stava praticamente urlando a bassa voce. Se non fosse stato troppo occupato a non andare in panico, Chester l'avrebbe considerato quasi divertente.
-Perché cazzo proprio la finestra?-
-Perché se esci dalla porta qualcuno potrebbe vederti.-
Chester si alzò dal divano.
-Mike? Va tutto bene?-
Certo che se questa non è sfiga io non so cosa sia.
Aprì la finestra e uscì nel cortile posteriore.
Cristo, grazie al cielo sono vestito...
C'era il sole, ma faceva un freddo fottuto.
[Mike]
Chester uscì dalla finestra e Mike si concesse un attimo per prendere fiato e per darsi un'aria il più assonnata possibile. Non era mai stato un grande attore, ma era meglio di niente...
Scosse la testa e si spettinò i capelli, poi andò ad aprire la porta.
-Era ora!- esclamò suo padre –Cominciavamo a preoccuparci.-
-Uhm... scusatemi. Stavo dormendo...-
Benny apparve al suo fianco scodinzolando e abbaiò allegro per attirare l'attenzione, ma suo padre e Jason lo guardarono a malapena.
-Non eri con qualcuno, vero?- chiese malizioso suo fratello.
-No, Jay.-
-Allora perché avevi chiuso la porta a chiave?-
Mike alzò gli occhi al cielo, fingendosi scocciato senza il vero bisogno di fingere. In effetti era già piuttosto scocciato... Gesù: fra tutti i fratellini che potevano capitargli perché doveva essere proprio Jason? E poi perché diavolo dovevano arrivare a rompere le palle proprio in quel momento? Non potevano aspettare un maledettissimo paio d'ore?
-Abitudine? Davvero Jay: ieri sera stavo cercando di sistemare una canzone con il computer e mi sono addormentato. Stavo solo dormendo.-
-Quindi non c'é una ragazza nascosta in qualche angolo in quella stanza, giusto Michael?-
Suo padre lo guardò con aria severa, mentre Jason ridacchiava.
-Ragazza no di sicuro...-
Mike si congelò sul posto. Cosa e quanto sapeva quel mostro d'un quattordicenne? Doveva ucciderlo e far sparire il cadavere? No. No, no, no, e ancora no. Doveva solo calmarsi. Calmarsi e mantenere la facciata. Jason non poteva sapere di Chester. Era passata solo una settimana e lui stesso non aveva ancora metabolizzato la cosa: per quanto, in qualità di fratello minore, Jason fosse geneticamente programmato per rovinargli l'esistenza, non poteva decisamente sapere.
-Che cosa intendi dire Jason?-
-Solo che credo che il nostro Mickey abbia qualche sporco segreto da confessare, papà.-
-Michael.-
Lo sguardo del loro padre si spostò lentamente da suo fratello a lui. I suoi occhi avrebbero potuto incenerirlo.
-Cosa sta dicendo tuo fratello?-
Mike sbuffò e cercò di tirar fuori un sorriso. Ora come diavolo avrebbe dovuto rispondere? Mio fratello sta dicendo che sono gay? Non era nemmeno sicuro di essere gay, Gesù Cristo. Dopo una settimana di prova era quasi sicuro... ok: abbastanza sicuro... di avere una cotta per uno dei suoi migliori amici, ma non significava per forza che era gay, giusto? Anche se quasi sicuramente gli piaceva un ragazzo, Scarlett Johansson non aveva smesso di fargli venire la bava alla bocca.
-Niente papà.-
Sì sforzò di sorridere e di non sembrare sull'orlo di un attacco di panico di proporzioni epiche. Perché non poteva avere sempre la risposta pronta come Joe?
-Sta solo dimostrando per l'ennesima volta di essere un cretino galattico.-
-Non sono un cretino.- sbuffò Jason irritato.
-Sì che lo sei.-
-No: tu sei un cretino, Mickey.-
Il loro padre sospirò e scosse la testa.
-Smettetela voi due. Jason, va di sopra a studiare: se ti va male il prossimo compito di chimica questa è la volta buona che ti bocciano.-
Jason esibì la sua migliore smorfia imbronciata e si avviò su per le scale pestando i piedi. Cretino...
-E tu, Michael: io e te dovremmo davvero farci una bella chiacchierata prima o poi.-
Mike non poté fare a meno di chiedersi perché diavolo dovessero farsi una bella chiacchierata. Insomma: i suoi voti erano abbastanza buoni... o almeno lo erano più di quelli di suo fratello, non aveva combinato nessun casino troppo grosso ultimamente e non aveva mai nemmeno sforato il coprifuoco... non quando i suoi erano a casa, almeno, il che in effetti succedeva raramente.
Erano sempre via per lavoro, specialmente durante il week end... il che non aveva molto senso, ma lui in genere evitava di badarci: se gli lasciavano casa libera nel fine settimana tanto meglio per lui.
Comunque se suo padre voleva chiacchierare di solito c'era un motivo, e di solito non era mai un motivo simpatico: magari sospettava qualcosa? Probabile. Gesù, era passata una settimana e già iniziava a diventare paranoico...
-Certo papà.- rispose in tono tranquillo.
-Sarò nel mio studio, se avrai bisogno di me. Cerca di studiare un po' anche tu.-
-Veramente pensavo di uscire.-
Mike abbozzò un sorriso di pseudo scuse.
-Be', fa un po' come ti pare, ma vedi di essere a casa per pranzo.-
-Sì papà.-
Suo padre scosse di nuovo la testa. Scuoteva spesso la testa, quell'uomo, al punto che Mike ogni tanto si chiedeva se non avesse un tic nervoso o qualcosa del genere.
[***]
-Tuo padre è davvero uno stronzo, sai?- esordì Chester quando ormai avevano già percorso un paio di isolati.
Farlo uscire dal cortile posteriore senza che nessuno lo vedesse era stato un incubo... Mike aveva imprecato di più nell'ultima mezz'ora che negli ultimi sei mesi, il che era tutto dire. Si era appuntato mentalmente di scavare un tunnel che partisse da sotto il garage e sbucasse da qualche parte ad almeno cinquecento metri da casa sua, se mai avesse avuto il tempo di farlo.
-Non è stronzo, è solo che... è giapponese: è molto attaccato alle tradizioni, e poi... credo che si preoccupi per me.-
-Stronzate, Mike.- sbuffò facendo il gesto di allontanare la frase con la mano –Attaccato alle tradizioni un cazzo. Anche mio padre mi ammazzerebbe, ma non è giapponese.-
-Comunque non è così male.-
Mike nemmeno sapeva perché stesse tentando di difendere suo padre: gli voleva bene, certo, ma non era mai stato esattamente il padre del secolo. Era sempre stato severo e distaccato e lui non era mai riuscito a sentirlo veramente vicino... insomma: non era il tipo di padre che portava i figli al parco a giocare a baseball, era più il tipo che non era quasi mai a casa e di cui da piccoli ci si dimenticava persino la faccia.
-Ma hai visto il modo in cui ti ha guardato? Cazzo, sembrava che volesse bruciarti e poi ghiacciare le ceneri. Mi è venuta voglia di entrare e tirargli un cazzotto.-
Mike ridacchiò.
-Grazie Chester. Sarebbe stato molto dolce da parte tua.-
-Vaffanculo, Shinoda.-
Chester mise il broncio... e Mike si vergognava quasi a pensarlo, ma Gesù Cristo: era dannatamente adorabile.
-E poi perché ti chiama Michael? Un cazzo di nessuno ti chiama Michael.-
-Non lo so.- ammise Mike –Mi ha sempre chiamato così.-
Restarono in silenzio per un altro mezzo isolato. Camminavano vicini, ma non troppo vicini e Mike non era sicuro del perché non camminassero troppo vicini. Forse perché in effetti non era decisamente il caso che qualcuno li vedesse troppo vicini, ma forse non era solo quello... forse era ancora presto? Gesù, perché doveva essere sempre tutto così complicato?
-Dove stiamo andando?- chiese a un certo punto, tanto per avere una scusa per smettere di farsi domande alle quali, tanto per cambiare, non aveva la più pallida idea di come rispondere.
-A casa mia. Mio padre è di turno in centrale questa mattina. È probabile che starà in giro a sbronzarsi anche tutto il dannato pomeriggio, quindi almeno potremmo fare colazione in santa pace.-
Chester fece un sorriso strano: sembrava stranamente sereno, e Chester non era mai sereno a parte forse quando dormiva... e comunque Mike aveva il dubbio che succedesse solo quando dormiva con lui.
-Fa un freddo fottuto stamattina, uhm?-
-Mi hai fregato il mio maglione più pesante e hai anche il coraggio di dire che hai freddo?-
-Non ho detto che ho un freddo fottuto. Ho detto che fa un freddo fottuto. C'é differenza, Mike.-
-Certo Chazy, certo.-
[***]
-Mi stai prendendo in giro?-
Mike guardò senza parole il piatto che Chester gli stava porgendo.
-Al contrario. Sono maledettamente serio.-
-Chester, tu sei fuori di testa. Completamente fuori di testa.-
-Non puoi solo chiudere quella cazzo di bocca e mangiare?- sbuffò, di nuovo con quel finto broncio, che non era assolutamente adorabile, stampato in faccia.
-Gesù: seriamente? È una bistecca, Chester! Una bistecca! Quale malato di mente mangerebbe una bistecca alle nove e mezza del mattino?-
Mike non aveva idea del perché, ma era a tanto così dallo scoppiare a ridere... nel senso che sarebbe proprio esploso. Un bel boom di risate e chi s'é visto s'é visto, budella sparse ovunque. Quanto meno sarebbe morto felice.
-Primo: è una tagliata, non una cazzo di bistecca. Secondo: sono le nove e quarantasette. Terzo: io mangio la fottutissima tagliata alle fottutissime nove e quarantasette del mattino, se nella mia fottutissima cucina non c'é altro. O se la sera prima ho mangiato solo fottutissimo gelato.-
-Quintali di gelato, tanto per la cronaca.-
-Dettagli.-
Chester gli posò il piatto vicino e si sedette accanto a lui, con la schiena contro il vecchio salice che cresceva nel cortile posteriore di casa Bennington.
Le fronde erano lunghissime e circondavano tutto l'albero creando uno specie di fortino... Mike non osava nemmeno pensare a quanto si sarebbe divertito da piccolo con a disposizione un albero del genere... o a quanto avrebbe ancora potuto divertirsi a diciassette anni con un fucile a vernice e una decina di persone a disposizione. In realtà era una persona tendenzialmente pacifista, ma il Paintball era dannatamente divertente.
Non riusciva quasi a vedere oltre la coltre della parte piangente del salice, e, per fare un paragone particolarmente banale e sdolcinato, era come se il resto del mondo fosse sparito e fossero rimasti solo lui e Chester, immersi in quel ritaglio tondo e in penombra di universo. Con due bistecche (non poteva fregargliene di meno del fatto che Chester insistesse a chiamarle tagliate. Quelle erano due dannatissime bistecche.) come colazione.
-Avanti, stupido. Mangia prima che venga fredda.-
-Non sono stupido.- protestò Mike raccogliendo il piatto dal prato.
-Certo, Mickey. Come vuoi tu, Mickey. Ora però mangia.-
Mike in realtà ci pensò un attimo, prima di cominciare a mangiare: studiò attentamente il colore e la consistenza della carne e fu quasi tentato di annusarla. Fino a che punto poteva fidarsi di Chester? Di sicuro non lo avrebbe avvelenato di proposito (davvero?), ma magari come cuoco faceva schifo e aveva dimenticato di dirglielo. A suo beneficio andava detto, però, che in realtà quella bistecca sembrava buona.
A un certo punto Mike mandò a quel paese tutti i suoi ragionamenti e la assaggiò e basta.
-Gesù.- bofonchiò con il primo boccone ancora in bocca e gli occhi spalancati.
-Che c'è?- chiese Chester masticando distrattamente e guardando verso l'alto.
-È buona.-
-Certo che è buona. L'ho fatta io, Cristo Santo.-
-Sempre modesto, vero Chazy?- disse Mike tagliandone un altro pezzo.
Dio, quella bistecca era davvero buona.
-Sempre, Mickey.-
-Potevi dirmelo, che sapevi cucinare.-
-Tu non me l'hai chiesto.-
Rimasero zitti per qualche minuto, mangiando e basta e cavolo, davvero Mike si stava pentendo di aver dubitato di Chester: quella bistecca sembrava scesa direttamente dal paradiso.
-Com'é che sai cucinare?- chiese quando entrambi ebbero finito.
-Non so lo.- ammise Chester –Credo che sia praticamente l'unica fottutissima cosa utile che so davvero fare.-
-Anche a cantare non sei male...-
Ironia... Mike la considerava una delle più belle invenzioni nella storia dell'umanità.
-Ma cantando non mangi, Michael.-
-Che ne sai? Magari un giorno diventeremo famosi e avremo il culo sfondato di soldi. Te lo immagini? Linkin Park World Tour.-
-Certo, Mickey. Il problema è che se vuoi arrivare ad avere il culo sfondato di soldi prima devi fartelo letteralmente sfondare da mezzo mondo.-
-Stavo solo scherzando, Chester.-
-Lo so.-
-E poi andiamo, chi è che vuole diventare famoso? È una rogna e basta. Insomma: perdi completamente il diritto di fare cazzate. Non puoi fare il deficiente perché altrimenti tutti i tuoi fans restano delusi e...-
-Mike?- lo interruppe Chester.
-Sì?-
-Stai parlando a vanvera.-
-Ops...-
Mike abbassò lo sguardo e ridacchiò. Perché diavolo stava ridendo?
-Scusami. Non mi succede spesso, ma ogni tanto parto e...-
-Lo so.-
Chester appoggiò la testa sulla sua spalla e gli prese la mano, intrecciando le dita alle sue. Gesù se era strano... la cosa divertente era che Mike non capiva se fosse strano perché Chester era un maschio o semplicemente perché era Chester: insomma, la prima volta che si erano parlati lo aveva mandato a fanculo, come erano arrivati a quello? Forse doveva solo abituarcisi, però aveva qualche dubbio di potercisi abituare... e aveva ancora più dubbi sul volerlo fare: era dannatamente strano che ogni volta che lo vedeva gli venisse da sorridere o che il contatto fisico gli facesse perdere un battito, ok, ma era anche bello, per certi versi... Gesù Cristo, perché finiva sempre per sentirsi una ragazzina?
-Comunque non stavi dicendo una cosa sbagliata.- borbottò Chester interrompendo i suoi ragionamenti –Sul fatto che essere famosi significa essere sempre sotto i fottuti riflettori.-
-Uhm?-
-Perdi la possibilità di essere quello che sei e diventi quello che la gente vuole vedere. È come vivere sotto il tiro di un'arma sempre dannatamente carica e pronta a sparare. Non la puoi battere e non la puoi evitare e non puoi correre abbastanza veloce da sfuggire alle sue pallottole. O essere abbastanza forte da fermarle. Fai la minima cazzata, il minimo maledettissimo passo falso e sei morto.-
Mike rimase in silenzio per un po', pensando a cosa dire.
-Be', immagino che le persone diventino famose solo perché la gente ha bisogno di qualcuno da giudicare.- disse alla fine
-Già. Solo perché la gente ha bisogno di far vedere quanto saldi siano i propri principi morali. O religiosi. Solo perché la gente ha perso la fede e ha bisogno di vedere che c'é chi ne ha ancora meno. Per sentirsi un po' meno in colpa.-
-Sei un po' deprimente, lo sai?-
Chester scoppiò a ridere.
-Disse il ragazzo che scriveva canzoni fottutamente tristi quando non aveva un cazzo di meglio da fare.-
-Touchè...- ammise Mike ridacchiando.
-Cosa stavi dicendo prima? Qualcosa a proposito della fede.- chiese dopo una trentina di secondi di silenzio.
Chester si accoccolò meglio contro di lui e Mike si mosse di riflesso per assecondarlo. Stavano stranamente comodi, anche se erano seduti per terra sull'erba umida e fredda ed erano appoggiati su un tronco duro come un marciapiede di cemento armato dopo un volo di quindici metri.
-Stavo dicendo che la gente l'ha persa.-
-L'hai persa anche tu?-
Mike si pentì quasi subito di averlo chiesto, ma a Chester non sembrava importare più di tanto.
-Sì.- rispose –Per un po' di tempo ho smesso di credere in qualunque cosa... ma non nel senso che credevo che non ci fosse un fottuto cazzo di niente. Nel senso che credevo che se anche quel qualcosa... Dio, l'Universo, il Karma o quel cazzo che è... insomma, anche se quel qualcosa c'era, non serviva a una beata minchia. Vedevo il mondo che andava a puttane. La gente che moriva in modi idioti. Me che ero un fottutissimo drogato senza un futuro e con una vita che faceva schifo... Mi chiedevo dove diavolo fosse Dio in mezzo a tutta questa merda. Poi...- si interruppe all'improvviso, e Mike poteva dire con certezza che stava cercando di non ridere.
-Che c'é?- gli chiese curioso.
Gesù, e poi quel dannato ragazzo pretendeva di non essere dolce.
-Niente. È solo che stavo per dire qualcosa di schifosamente smielato come Poi sei arrivato tu. Grazie al cielo mi sono fermato in tempo. Quindi cancella l'ultima frase... fa finta che io non abbia parlato.-
Chester agitò la mano libera in aria, come per allontanare la frase.
-Comunque... ho una fede, più o meno. Diciamo che è una fede a modo mio.-
-In che senso?-
-Nel senso che ci sono cose... cose che dice la Chiesa, ma anche le altre religioni, che non hanno il minimo fottutissimo senso. Tipo la perenne avversione del cazzo che tutti sembrano avere per i gay. Che cazzo gliene frega a Dio di chi va a letto con chi, Cristo Santo? Le religioni sono tutto un dannatissimo complotto per dare alla gente un altro motivo per giudicare altra gente. Una serie di regole decise completamente alla cazzo che ti dicono cosa devi fare e cosa no e lì torna fuori l'essere sotto tiro. Fai un'unica cazzata e brucerai nel fuoco di mille fottutissimi soli. Pagherai i peccati di pensieri, parole, opere e omissioni. E anche quelli di tuo padre, gia che ci sei. Credo che ci sia qualcosa lì sopra. Solo non credo che sia come dicono loro.-
Chester si fermò un attimo per riprendere fiato.
-Cazzo. Adesso sono io che parlo a vanvera.-
Mike lasciò la sua mano e lo abbracciò stretto. A volte non si rendeva conto di quanto in realtà Chester fosse abituato a non essere ascoltato, o di quanto spesso si sentisse insicuro.
-Tranquillo... tu di tutto quello che ti passa per la testa: andrà bene, ok? Anche se parli a vanvera.-
-Grazie.-
-Prego. Comunque puoi credere a quello che vuoi Chester: il libero arbitrio serve a quello. Alla fine una religione è solo una raccolta di ricordi di qualche profeta che sbiadiscono un po' alla volta... non è che sia una cosa vicina a me o a te, è una cosa alla quale tu decidi di avvicinarti. In parole povere: Dio ci ha piantati qui e ci ha dato la facoltà di fare quello che ci pare, quindi decidi tu.-
Gesù, quando aveva cominciato a parlare così? Sembrava un prete, o uno di quei tizi che giravano per strada cercando di convertire la gente parlando del Signore e delle sue grandi opere.
-Mickey?-
-Sì?-
-Come cazzo ci siamo finiti a parlare di queste cose?-
Mike rise.
-Non ne ho la più pallida idea.-
L'ape spuntò all'improvviso, ma nessuno dei due la notò, all'inizio. Lei ronzava in giro tranquilla e si faceva i fatti suoi, mentre loro se ne stavano là, abbracciati contro il tronco del salice piangente a parlare dei fatti loro: davvero, erano troppo concentrati sulla loro conversazione filosofica per poterla vedere.
Il primo ad accorgersi di lei fu Mike, che per poco non si prese un colpo: adorava i cani grossi e qualunque altro animale che superasse i cinquanta chili e avesse una bella dose di denti, ma le api... le api lo terrorizzavano.
-Che c'è?- chiese Chester sentendolo irrigidirsi.
-A... ape...- borbottò Mike a voce bassissima.
Come minimo quella cosa malefica poteva avvertire il suo terrore, non era decisamente il caso che lo sentisse parlare. Chester sussultò e si girò a guardarlo con uno sguardo stranamente preoccupato.
-Cazzo... sei allergico?- chiese lanciando occhiate rapide attorno a sé cercando di localizzare quella sottospecie di piccolo mostro volante.
-No...-
-Cristo, Mike: mi hai fatto venire un fottutissimo infarto.-
Chester sbuffò e concentrò il proprio sguardo sulla bestia volante, che nel frattempo aveva continuato a farsi beatamente i fatti suoi ignorandoli completamente e che in quel preciso momento stava ronzando allegramente attorno ai rami piangenti del salice che si trovavano alla loro sinistra.
Anche Mike stava guardando da quella parte, ma a differenza di Chester, che la guardava con un misto di curiosità e interesse, lui la stava fissando terrorizzato.
-Scusa... è che ho il terrore delle api. Quando ero piccolo una mi ha punto in faccia e ho avuto un occhio gonfio per una settimana.-
-Davvero? A me invece piacciono.-
-Perché?-
Chester sembrò pensarci per qualche secondo.
-Volano.- disse semplicemente alla fine.
Mike andò in tilt per qualcosa come cinque secondi: Gesù, che diavolo voleva dire che volavano? C'erano un'infinità di cose al mondo che volavano, e dubitava che a Chester piacessero tutte.
-Anche le zanzare volano.- replicò infatti non appena lo shock gli fu passato abbastanza da dargli la possibilità di replicare.
-Non è questo il punto.- borbottò Chester –Il punto è che non dovrebbero volare. Secondo la fisica hanno le ali troppo fottutamente piccole perché possano tenerle su, eppure le stronzette se ne fregano e volano lo stesso.-
-Non ci avevo mai pensato.-
-In realtà è una cosa banale. C'é in un milione di libri e di film. Ogni volta che ne vedo una però non posso fare a meno di pensarci. La gente dice che non possono volare e loro se ne stra fottono. La natura da loro le ali sbagliate e loro trovano comunque il dannatissimo modo di farle funzionare. La fisica governa l'universo, ma alle api non frega un cazzo.-
Chester si fece improvvisamente silenzioso e nella posizione in cui erano Mike non riusciva a vedergli il viso, eppure avrebbe giurato che la sua espressione in quel momento fosse completamente rilassata.
Per quanto lui lo avesse definito banale, in realtà il suo ragionamento lo aveva colpito: si era accorto, con il tempo, che Chester tendeva a notare cose che gli altri non notavano... prendeva dettagli che tutti gli altri tendevano a considerare inutili o banali e ci faceva sopra ragionamenti folli e profondi e completamente... Mike era piuttosto sicuro che la lingua inglese non avesse una parola in grado di descriverli, e, anche nel remoto caso che ce l'avesse, lui era piuttosto sicuro di non conoscerla.
-In parole povere, ti piacciono perché se ne fregano di cosa il mondo, o la fisica pensano e fanno di testa loro, giusto?- chiese, tanto per chiarire la nebbiolina che gli era rimasta in testa.
-Sì. E i bambini fanno la stessa fottuta cosa.- borbottò Chester strofinando la testa contro il suo petto.
-È il tuo modo per farmi capire che ti piacciono i bambini?-
-Una specie. Piangono, urlano e rompono i coglioni, ma... sono persone vere.-
Mike sorrise fra sé e sé: non avrebbe mai immaginato che a uno come Chester potessero piacere i bambini.
ANGOLINO NERO PER UN'ANIMA NERA
Ok, mezzanotte è passata da un po', ma ci ho provato. Dunque, eccomi qui, tornata con un capitolo così di passaggio che se fosse giusto un pelo più inutile potrei toglierlo... anzi, in realtà potrei toglierlo lo stesso, ma poi le cose verrebbero troppo schiacciate, e a me piace prendermela con calma quando racconto qualcosa, quindi eccoci qui, dopo 5erottiK di roba perfettamente inutile e vagamente filosofica.
La canzone è The Catalist (Capitan Ovvio...) ed è concentrata nella parte in cui i ragazzi parlano di fede... e ok, le cose riguardanti il capitolo le ho dette, ora passiamo agli sfoghi: il 24 Ottobre (manco a farlo apposta) ho ufficialmente chiuso l'ultimo capitolo che mi mancava da scrivere. Ora si tratta solo di sistemarne un altro paio e forse riscriverne uno, ma ho praticamente finito... e niente, non vi faccio spoiler, vi dico solo che mi odierete. Tanto. Mi odio io, ed è tutto dire.
Ok, 'desso ghe molo de sparar monade... notte a tutti Soldiers, ci leggiamo il 17 😘
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