Capitolo 15~Easier To Run

[Joe]

joe non lo avrebbe mai ammesso, ma si stava divertendo da morire.

be', se proprio vogliamo dire le cose come stanno, una persona come joseph hahn non avrebbe avuto il minimo problema di sorta ad ammettere di trarre divertimento dal vedere il proprio migliore amico sbavare dietro a un ragazzo e allo stesso tempo tentare (piuttosto inutilmente, tra l'altro) di ignorare i frequenti, e nemmeno troppo velati, tentativi del suddetto ragazzo di attirare la sua attenzione. ne risultava un quadretto altamente ridicolo, reso ancora più ridicolo dagli sguardi smarriti degli altri membri della band (soprattutto di dave, che sembrava incredibilmente sconvolto) riuniti per le prove del sabato che assistevano alla scena nella più completa ignoranza di come le cose fossero cambiate nell'ultima settimana e dal cane che si aggirava per la sala prove, ovvero il garage, come se fiutasse l'agitazione... quindi no: in condizioni normali joe non avrebbe avuto il minimo problema ad ammettere di starsi trattenendo dal rotolarsi a terra dal ridere, ma quelle non erano condizioni normali. il ragazzo dietro al quale il suo migliore amico stava sbavando era chester-maledetto-dannato-bennington, e per quanto gracilino potesse sembrare, joe aveva la netta sensazione di non volerlo vedere arrabbiato, quindi non avrebbe riso e tanti saluti.

-che cosa stai suonando mickey?-

giusto in quel momento, tanto per fare un esempio, mike shinoda era trincerato dietro (be', a dire il vero davanti) alla tastiera del pianoforte a suonare quelle che con ogni probabilità erano solo note buttate lì, tanto per avere una scusa per non dover badare a chester che gli stava con i gomiti appoggiati sulle spalle e guardava con un certo interesse le sue dita che si muovevano (molto probabilmente) a caso sui tasti.
di solito una scena del genere non avrebbe avuto niente di strano, data la passione di chester per l'essere ambiguo oltre ai limiti della decenza, se non fosse stato per il fatto che mike sembrava avere una scopa su per il culo e che chester sembrava addirittura più esagerato del solito.

-non lo so.- borbottò mike sottovoce.

brad e rob si lanciarono uno sguardo confuso, dave si diede un pizzicotto su un braccio e joe avrebbe potuto giurare che benny aveva rizzato le orecchie: mike non borbottava mai, a meno che non fosse terrorizzato e/o sconvolto.

"si riesce quasi a leggere il ma che cazzo sta succedendo? sulle loro facce."
joe si concesse un sorrisetto e decise che il modo in cui si stava evolvendo la situazione era decisamente esilarante.

era passata una settimana esatta da san valentino e, per quanto ne sapeva lui, mike non aveva fatto che tentare in tutti i modi di ignorare chester per gli ultimi sette giorni, spingendo  mr. testa ossigenata a rompere le scatole a lui, il povero joe hahn che a quanto pareva era stato eletto a salvatore delle anime perdute.
il primo problema era che joe non aveva la più pallida idea di cosa fare: era un regista professionista di filmini mentali vincitore di due oscar immaginari per il miglior film e di quattro per gli effetti speciali, non un consulente di coppia, ma per mike (e in misura molto minore, per chester) ci poteva provare.
il secondo problema era che chester non aveva la più pallida idea di come funzionassero le relazioni reali al di fuori della classica "una botta e via", il che era molto più grave di quanto non potesse sembrare... e sembrava già grave di suo.
il terzo problema era che a occhio e croce mike era assolutamente, completamente, incredibilmente terrorizzato. molto di più di quanto non lo fosse chester, il che era tutto dire.

joe aveva provato persino a parlargli, ed era stata una cosa troppo imbarazzante persino per lui.
"imbarazzante è un eufemismo..." si disse mentre guardava mike alzarsi dallo sgabello del pianoforte e scappare da chester con la scusa di dover accordare una chitarra "è stato un incubo moderatamente divertente."

forse, ma soltanto forse, aveva scelto un approccio leggermente sbagliato: lo aveva trascinato in bagno a un cambio d'ora, rischiando di fare tardi a letteratura (tanto mike odiava letteratura...), e gli aveva detto qualcosa che assomigliava molto a "so più o meno quello che è successo sabato, ora mi dai i dettagli e poi vediamo se possiamo sistemare questo casino."
dalla faccia che aveva fatto, con ogni probabilità mike aveva rischiato un ictus. come minimo. erano seguiti una lunga serie di imprecazioni decisamente poco da mike e un discorso ancora più lungo e decisamente più imbarazzante (quasi umiliante, a dire il vero) su quanto quello che aveva fatto fosse stato stupido, avventato e sbagliato e di come lo stupisse anche il solo fatto che chester ancora sembrasse intenzionato a parlargli dopo l'enorme casino che aveva combinato.

cazzate, se volete l'opinione di joe.

aveva provato a rassicurarlo, davvero. aveva persino preso seriamente in considerazione l'idea di mandare allegramente a farsi friggere il proposito di tenere per un momento speciale la registrazione di chester che aveva fatto domenica e di fargliela sentire in quel momento stesso, ma poi aveva cambiato idea. in fondo chester e mike erano entrambi più vecchi di lui, avrebbero potuto cavarsela da soli. aveva semplicemente detto al suo migliore amico di tirare fuori le palle e cercare di chiarire la situazione e se n'era andato in classe ridacchiando per la figura piuttosto merdosa che aveva appena fatto.
era quel tipo di persona, joseph hahn: il tipo che rideva di tutto, persino delle proprie figure di merda e del proprio migliore amico che si struggeva per un ragazzo.
"sono un coglione, in parole povere."

-joe?-

joe si sentì toccare il braccio e si rese conto che brad lo stava guardando.

-perché ho la sensazione che tu sappia esattamente cosa stia succedendo tra quei due?-

-forse perché in effetti qualcosa so...-

-e cosa sai?- si intromise dave sedendosi a fianco a lui sul divano –perché io non credo di poter sopportare un'altra coppietta sdolcinata. finirò per morire di diabete.-

-o di solitudine.- lo rimbeccò rob ridacchiando.

-smettila ragazzino. non sono solo.-

-no, giusto. come si chiamava la ragazza di san valentino?-

dave esitò un secondo.

-amanda.- disse alla fine.

joe e rob scoppiarono a ridere all'unisono, mentre brad sorrideva con aria rassegnata. joe poteva quasi vedere il "non cambieranno mai" nella sua espressione.

-non si chiamava sarah fino a due giorni fa?-

-sta zitto hahn. comunque resta il fatto che non riuscirò a sopportare un'altra coppietta.-

joe vide con la coda dell'occhio le teste degli altri girarsi verso mike e chester contemporaneamente alla sua. in quel momento mike era seduto sul davanzale della finestra a accordare una chitarra acustica e continuava a ripetere a chester di non toccargli il pianoforte, mentre lui gli suonava il la.

-cambia band...- borbottò brad tornando a girarsi verso dave.

joe per un attimo si sentì realizzato.
"ha visto la luce" pensò "sono riuscito a convertire brad delson. mi sento potente."

[Chester]

Chester aspettò che tutti se ne fossero andati, prima di muoversi.

Prese un respiro profondo.
Chiuse la porta in faccia a Joe, che stava facendo di tutto per non andarsene e restare a godersi la scena.
Prese un respiro profondo.
Si girò a guardare Mike, ancora seduto al pianoforte.

-Mickey?-

Gli uscì un suono sfocato.

Terrorizzato, più che altro.

-Sì?-

Ci siamo.
Coraggio Chester, tira fuori le palle.
Sistemiamo questo macello del cazzo.

-Andiamo al Linkoln?-

Mike sospirò.

Sorridi.   
Per favore Mickey: sorridi, cazzo.

-Sono stanco. Scusa Chester.-

Chester fece un paio di passi verso il pianoforte.

Aveva la tentazione di avvicinarsi seriamente.
Di fare qualcosa.

Chester fece un paio di passi verso il pianoforte.

Poi cambiò idea.

-Sei incazzato con me?-

Mi ignora da giorni, Cristo.

-No.-

-E allora mi spieghi che cazzo hai?-

Domanda idiota, coglione.

-Lo sai che cos'ho.-

Mike si girò verso di lui.
Gli occhi neri fottutamente seri.

Chester sentì un brivido di terrore scendergli lungo la schiena.

Cazzo...

-Hai ragione. Hai fottutamente ragione. Ma possiamo parlarne?-

-Non c'é niente di cui parlare Chester. Ho fatto una cazzata senza pensarci e mi dispiace. Punto e stop.-

Gli... gli dispiace?

Si sentì male.
Male sul serio.

Gli dispiace.
Non piaccio nemmeno a lui, Cristo.

Si sentiva il petto ridotto a un colabrodo.

Ho passato l'ultima cazzo di settimana a cercare di accettarlo.
A cercare di accettare che lui possa piacermi in quel fottutissimo senso.
Ma gli dispiace.
Ovvio che gli dispiace.
Sono una grandissima testa di cazzo.
Ecco cosa sono.

All'improvviso Chester si rese conto di una cosa che prima non aveva notato.
All'improvviso gli venne da ridere.

Stava di merda.
Gli venne da ridere.
Era una cosa troppo fottutamente senza senso.

-Che c'é? Perché sorridi?-

Mike lo guardò attentamente.
Quei suoi occhi da bambino puntati su di lui come dei maledettissimi fucili.
Sembravano un po' meno da bambino in quel momento.

Sorridi Mike.
Per favore Mickey: sorridi, cazzo.

-È tutto così... così fottutamente ridicolo, Mike: da quando in qua devo essere io a costringerti a parlare di qualcosa?-

Mike si girò di nuovo verso il pianoforte.
Riprese a ignorarlo.

Chester sentì l'ennesimo pezzettino di sé stesso andare a suicidarsi.

Mike mi sta ignorando.
Mike.
Non piaccio nemmeno a lui, Cristo.
E poi non mi piace vederlo così.
Non deve essere triste, cazzo.
Non si merita di essere triste.

Gli si afflosciarono le spalle.
Senza che lo volesse.

-Va bene.-

Si volse verso il portone del garage.
Rassegnato.

Non pensavo nemmeno che ci sarei mai arrivato, a definirmi "rassegnato"...

-Se cambi idea, sai dove trovarmi.-

Aprì il portone.
Scoraggiato.

Non pensavo nemmeno che ci sarei mai arrivato, a definirmi "scoraggiato"...

[***]

Il Linkoln Park era vuoto.

Non che non me lo aspettassi.

Chester andò a sedersi sulla sua altalena.
Chiuse gli occhi per un po'.
Resistette all'impulso di accendersi una sigaretta.

Ho bisogno di pensare.
Non voglio pensare.
Una sigaretta ci vorrebbe.

Impostò Blackbirds nella ripetizione automatica del telefono.
Conservava ancora la versione originale.
Con Mike che suonava il piano.
Lui che cantava un po' come veniva.

Non era nemmeno lontanamente perfetta.

Lo calmava.
Non aveva idea del perché.
Lo calmava.

La musica è meglio della droga, a volte.
Anche della nicotina.

Incrociò le braccia attorno alle catene dell'altalena.
Rimase lì per un po'.

Nemmeno sapeva per quanto.

Si alzò dopo una mezza eternità.
Si tirò su il cappuccio.
Prese il sentiero per uscire dal Linkoln.

Nemmeno se ne accorse, quando andò a sbattere.

Non se ne accorse.
Davvero.

Santa Madre di...
Che cazzo c'é adesso?

Alzò lo sguardo.
Con un insulto già pronto sulle labbra.

-Scusa.-

Mike...

-Sei venuto, alla fine.-

Era un po' pallido.
Aveva l'aria triste.
Ma era lui.

Spense le cuffie.

Coraggio Chester. Cerchiamo di sistemare questo casino.
Non deve essere triste.

-Volevi parlare, giusto?-

Mike aveva la voce stanca.
Inespressiva.

Sorridi Mike.
Per favore Mickey: sorridi, cazzo.

-Tu no.-

-Ma non posso sempre ignorare i miei problemi e andare avanti facendo finta di niente.-

Perché no?
Io lo faccio da una vita...
E infatti sono un coglione.

-Hai intenzione di restare qui tutto il pomeriggio o...-

Il tono di Mike era piatto.

Perché sembra che non gliene fregi niente?

-No. No, cazzo... hai ragione.-

Chester si fece da parte.
Per lasciarlo passare.

Mike superò le altalene.
Andò a sedersi con la schiena al muro delle frasi.

Chester sospirò.

Odio quel maledetto muro.

Andò a sedersi a fianco a lui.
Restarono in silenzio per un po'.
Senza parlarsi.

-Non dovevamo parlarne?-

-Ridi pure, ma non ho la più pallida idea di come iniziare. Sei tu quello bravo nelle relazioni umane. Mickey.-

Sorridi Mike.
Per favore Mickey: sorridi, cazzo.

-Sì, infatti s'é visto.-

Rimase in silenzio per un po', prima di continuare.

-Scusami per quello che è successo Sabato. Non so cosa mi sia preso, io... mi dispiace.-

Chester sbuffò.

-Porca puttana, perché continui a scusarti e a dire che ti dispiace? Sei davvero così fottutamente convinto di non piacermi?-

-Certo che non ti piaccio.-

Perché deve essere sempre tutto così fottutamente difficile?
Cazzo.

-Perché non dovresti? Non mi pare di averti spinto via o altro, no?-

-Ti sei espresso in altri modi.-

-Che cazzo, Mike! Ok, perché non dovresti piacermi? Sentiamo.-

-Perché sei etero e praticamente hai una ragazza, tanto per dirne una.-

Ho una ragazza?
Da quando ho una fottutissima ragazza?
Deja vu...

-Elka non è la mia ragazza.-

-Ma ci vai a letto.-

Non sembrava nemmeno di parlare con Mike.
Non l'aveva nemmeno mai visto così fottutamente triste.

Non deve essere triste, cazzo.

-E allora?-

-Seriamente?-

Sì, Mike: seriamente.
Esiste la bisessualità, sai?

-E comunque, come dicevo prima, sei scappato.-

-Certo che sono scappato, Mike. Ero terrorizzato, Cristo!-

Mike si girò a guardarlo.
Sembrava davvero triste.

Che diavolo gli ho fatto?
Non deve essere triste.
Non se lo merita.

-E che cosa è cambiato adesso?-

-Ci ho pensato. Un sacco. E mi sono reso conto che sono stato un coglione.-

-Sì, certo. Ora mi dirai anche che hai avuto un'epifania e che vuoi passare il resto della tua vita con me?-

Oh, fantastico.
Ci mancava solo che si mettesse anche a fare il sarcastico.
Cristo Santo, vuoi che ti faccia un cazzo di disegnino?

-No. Ora ti dirò che non ho la più pallida cazzo di idea di cosa Cristo io stia facendo e che la cosa mi terrorizza. E ti dirò anche che non avevo mai preso nemmeno lontanamente in considerazione l'idea che un ragazzo potesse piacermi in quel senso. E anche che credo di essermi sempre sbagliato, perché cazzo: tu, tu, Michael Kenji Shinoda, mi mandi completamente in crisi e non sono sicuro che la cosa mi piaccia per la maggior parte del tempo. Ma... ma... cazzo!-

Cazzo.

-Chester, respira: non ho capito niente. Cosa stai cercando di dire?-

-Sto cercando di dire che... che mi piaci. E che potremmo provarci.-

Mike tornò a fissare il nulla.

-Non so se voglio provarci.-

Chester non disse niente.
Non trovò la forza per dire niente.

Sta andando.
Anche lui.
Non voglio che anche Mike vada via da me.

-Il fatto è che ci ho pensato anche io e... non sono gay. Gesù, almeno non credo. Quello che ho fatto l'ho fatto d'istinto e non ho la più pallida idea del perché l'ho fatto, è solo che... non lo so. Non so che diavolo mi stia prendendo ultimamente. E poi diciamocelo: non so niente di te, della tua vita prima di arrivare in questo buco di città o della tua famiglia. So solo che devi averne passate di tutti i colori, che un tuo amico è morto quando eravate piccoli e che hai talmente paura di essere abbandonato da tutti che preferisci stare da solo.-

-Ti sembra poco?-

A Jared è bastato molto meno.

-Quello che sto dicendo è che... Gesù Cristo Santissimo, Chester, come puoi dire di volerci provare se non ti fidi nemmeno di dirmi chi sei?-

Mike abbandonò la schiena al muro.
Sospirò.

Chester si mordicchiò il piercing.

Che cazzo dovrei fare?
Raccontargli tutto?
Ci sono cose di me che non ho mai raccontato nemmeno a mia madre, cazzo.

C'erano cose di sé stesso che si rifiutava addirittura di pensare.
Segreti che teneva chiusi dentro.
Cose che si rifiutava persino di ricordarsi.
Ferite così dannatamente profonde che non poteva nemmeno mostrarle.
Ferite che non se ne andavano mai.
Non cicatrizzavano mai.

Posso farlo?
Glielo dico e buona notte a quel cazzo di secchio?

-Non so se...-

Si prese un attimo.
Fece un respiro profondo.

-Non so se riesco a parlartene.-

-Non sto dicendo che devi farlo. Sto dicendo che tutto questo non ha un minimo di senso.-

-Quando mai io e te abbiamo avuto senso, Mickey?-

Mike alzò gli occhi al cielo.

-È solo che... la mia non è una bella storia da raccontare. Proprio per un cazzo. Ci sono cose che faccio fatica addirittura a pensare. Il punto è che tu non vuoi sentirla tutta quella merda, Mike. E io non voglio parlarne. Ma se serve... non so se dopo mi parlerai ancora.-

Non so se dopo ti piacerò ancora.

-Chester...-

Per un attimo Mike gli sembrò dispiaciuto.
Ancora non lo guardava.

Guardami.
Almeno guardami, cazzo.

-È ok. Te lo racconto. Se vuoi.-

Mike non disse niente.
Chester chiuse gli occhi.

Ci starebbe bene una sigaretta.

-Hai presente la definizione tipo di infanzia da schifo? Be', penso di poter dire con una certa sicurezza che la mia ha fatto più schifo. Come hai detto prima, ne ho passate di tutti i colori. La definizione però non rende. Oserei dire che la mia infanzia è stata una lunga e straziante fottutissima serie di merdate.-

Chester riaprì gli occhi.
Non aveva nemmeno idea di cosa cazzo avrebbe dovuto dire.
Anzi, non sapeva da dove iniziare.

-Di solito la gente crede che il divorzio dei miei sia stata la cosa peggiore che mi sia capitata. In un certo senso invece è stato una dannatissima benedizione. Ha fatto un male fottuto. Sono passati dieci anni e ancora odio questa città del cazzo. Però venirci è stato una liberazione. A Phoenix... le cose non sono mai andate bene.-

Si riempì i polmoni d'aria.
Espirò lentamente.
Cercò di non andare in panico.

Perché dev'essere sempre così fottutamente difficile?
Cazzo.

-Mio fratello da ragazzo spacciava. Mi aveva reclutato come aiutante speciale. Avevo cinque o sei anni, poco più. Alla gente facevo pietà perché ero piccolo. Perché ero magro. Perché ero pallido... gli allungavano sempre qualche bigliettone in più quando c'ero io. La prima volta che ho visto quel figlio di puttana, ho pensato che sembrasse simpatico.-

Gli sfuggì un sorriso amaro.

Simpatico un cazzo.
Letteralmente.

Distolse lo sguardo dal viso di Mike.
Non riusciva a guardarlo.

-Lui e mio fratello erano abbastanza amici. La prima volta mi ha adescato in un parco giochi. Mi disse che voleva insegnarmi un gioco. C'era praticamente il mondo in quel cazzo di fottutissimo parco giochi. Nessuno si accorse di niente. Nessuno si è mai accorto di niente. Tornavo a casa pieno di lividi ovunque e nessuno si degnava di farsi mezza domanda. Anche se ero un marmocchio abbastanza tranquillo e prima raramente mi facevo male. Passavo giorni senza sedermi e nessuno si chiedeva perché cazzo all'improvviso avessi una così assurda e fottutissima avversione per le sedie. Non volevo più uscire di casa e tutti pensavo fossero solo dannati capricci da moccioso. E quello spuntava sempre fuori. Non importava che restassi chiuso in camera. O che lo pregassi. O che piangessi. Mi trovava sempre. Mi diceva di non fare la femminuccia. Mi diceva che se lo raccontavo a qualcuno ero morto.-

Chester si raggomitolò su se stesso.
Si morse il piercing fino quasi a farlo sanguinare.

Non devo piangere.
Cristo Chester, sei praticamente un uomo.
È finita.
Non piangere.

Si sentì lo sguardo di Mike addosso.

-Ero solo un bambino del cazzo. Non potevo ribellarmi. Ero terrorizzato. Lasciavo che mi facesse quello che voleva.-

Chiuse gli occhi.
Sentì indistintamente Mike che lo abbracciava.
Che gli accarezzava piano incapelli.

I ricordi gli bombardavano la testa.
Come figure che erano andate avanti a rincorrersi per anni e anni.
Le aveva sempre ignorate.
Ora non lo stava facendo più.

Non devo piangere.

-Cercavo di non piangere, ma faceva un male dannato. Poi lui si chiudeva i pantaloni e se ne andava senza dire una parola e io restavo là, praticamente a pezzi, a disperarmi e nessuno se ne accorgeva mai. Non l'ho mai detto a nessuno. Nemmeno a mio fratello. Poi siamo venuti qui e... non lo so. Credo che si sia persino scordato di me, il bastardo. Intanto mio fratello ha continuato a spacciare e attorno ai dieci anni ho cominciato anch'io. Di lì ho scoperto i poteri magici di marijuana e compagnia bella. Almeno quando sono fatto non ci penso.-

-E tu ti tieni sempre tutto quanto dentro?-

La voce di Mike era spezzata.
Sembrava...

Terrorizzato?
Schifato?
Dispiaciuto?

-Sì e no. Per lo più tengo tutta questa merda in un cassetto. La seppellisco con altra merda un po' meno dolorosa, giusto per sicurezza. Quando proprio non riesco a non pensarci mi riprometto di lasciare andare tutto e di non andare più avanti. Così non avrei più un passato.-

Oppure di correre. Scappare via.
Lasciare tutto questo fottutissimo schifo e rimpiazzarlo con qualcosa di più.
O anche solo con qualcosa di vuoto.
Sarebbe più facile.

-A volte questi ricordi del cazzo vorrei proprio non averli. Vorrei semplicemente potermene andare, invece che essere costretto a restare qui ad affrontare tutto da solo. E così sono diventato l'idiota patetico che vedi adesso. Sono diventato quello che se potesse cambiare lo farebbe. Che se potesse cambierebbe ogni mossa sbagliata che ha fatto. Che si riprenderebbe indietro tutto il dolore fottuto che ha provato. Quello che non farà mai un cazzo. Tanto qualunque cosa faccia va sempre a finire di merda.-

Quello che ha rovinato un'amicizia, o forse qualcosa di più, scappando.

-E ora potrei anche raccontarti stronzate come vado a letto con chiunque perché se lo faccio i ricordi fanno meno male. Non lo farò perché non è vero.-

-Non lo fai per quello?-

-Non è vero che fa meno male.-

Se ripeti una frase o un'azione troppe volte perde significato.
Una delle più grandi puttanate mai uscite da una bocca umana.

[Mike]

Mike non sapeva nemmeno cosa pensare. Davvero: non ne aveva la più pallida idea.
Una consistente fetta di lui era sconvolta, tanto per cominciare, perché sì, ok, sapeva che Chester non aveva un bel passato alle spalle, ma non si era aspettato che facesse così tanto schifo.
Gesù Cristo, magari aveva pensato a qualcosa tipo pestaggi, bullismo e terrorismo psicologico... anche perché, pur avendoci parlato si è no una volta, suo padre gli sembrava esattamente il tipo da terrorismo psicologico. Non aveva mai nemmeno immaginato una cosa del genere, però: insomma, quale sottospecie di pervertito figlio di puttana poteva prendersela con un bambino di cinque o sei anni?
La parte di lui che non era sconvolta invece, era triste. Incredibilmente triste: tutta colpa della sua solita empatia del cavolo. Chester in quel momento stava malissimo, e lui stava male di conseguenza. Succedeva sempre con tutti, il che era anche più o meno il motivo per cui cercava sempre di aiutare tutti. In parole povere si può dire che era anche più o meno il motivo per cui all'inizio aveva deciso di aiutare Chester.
-Quel tipo si è più fatto sentire, quando vi siete trasferiti qui?- chiese.
-No.-
Chester aveva la voce spezzata, come se stesse cercando in tutti i modi di non piangere. Come la notte di Capo d'anno, quando gli aveva fatto scoppiare metà della riserva americana di petardi sotto la finestra. Quando avevano dormito insieme la prima volta.
Mike non era più tanto sicuro di non volerci nemmeno provare.
-I primi mesi ero terrorizzato. Avevo la convinzione che un giorno o l'altro la sua faccia da testa di cazzo sarebbe saltata fuori un'altra volta. Invece non l'ho più rivisto.-
-E non hai mai detto niente a nessuno?-
Chester tirò su con il naso.
-Dubito che a qualcuno sarebbe interessato.-
Mike strinse la presa attorno al suo torace ossuto, stringendo le dita attorno al tessuto consumato della sua felpa preferita.
Era un felpone pesante, nero e decisamente troppo grande, con una stampa sbiadita a malapena riconoscibile sul davanti.
Chester nascose il viso nella sua spalla, ma non pianse.
-A me interessa.- bofonchiò Mike dopo un po'.
-Perché tu sei mio amico.-
-Soltanto tuo amico?-
Ce la mise tutta per non sembrare deluso. Sul serio. Non sapeva nemmeno se era veramente gay o chissà cos'altro, Gesù Cristo, ma non riusciva a non sentirsi deluso. Era strano, incredibilmente, maledettamente strano, ma davvero non ci riusciva.
Chester si staccò un po' da lui e lo guardò negli occhi. Sembrava che si fosse tranquillizzato un po'.
-Non lo so, tu cosa ne dici?- domandò azzardando persino un mezzo sorriso.
Mike pregò di non star arrossendo e cercò di tirare fuori un'espressione accattivante. Immaginava che sulla sua faccia da bambino il risultato non sarebbe stato granché, ma tanto valeva provare, no?
-Dico che ci si potrebbe provare.-
-Siamo in prova quindi?-
Chester gli porse la mano e lui la strinse. Non riuscì a impedirsi di sorridere, malgrado tutto.
-Siamo in prova.- confermò –Ma non dovremmo...?- aggiunse poi lanciando uno sguardo alle labbra di Chester.
-Vacci piano, Mickey.- ridacchiò lui.
Mike aprì la bocca per protestare, ma Chester gliela chiuse con una mano e, con fare incerto, si allungò un po' e gli posò un bacio tra i capelli.
-Vacci piano.- ripeté con un mezzo sorriso stampato in faccia –Devo ancora abituarmici.-


ANGOLINO NERO PER UN'ANIMA NERA
Indovinate chi è tornato? Eh già, proprio io. Come va la vita gente?
Dunque, saltiamo i convenevoli e passiamo al capitolo va', che è meglio.
La canzone è Easier To Run, ed è concentrata nella parte in cui Chester parla del suo passato. Che dire? Sono piuttosto contenta di come è venuto questo capitolo e soprattutto sono abbastanza soddisfatta del finale: anche se normalmente il fluff (non che ce ne sia tanto, ma sorvoliamo) non è esattamente il mio campo, mi sono impegnata e credo di essere riuscita a tirarne fuori qualcosa di leggibile, se non proprio decente. Magari qualcuno si aspettava cose più da coppia come baci (in effetti ce n'é uno, ma è sulla fronte e non vale) abbracci (anche questo c'é, ma tecnicamente non stanno ancora insieme quando si abbracciano e quindi non è una cosa da coppia) e dialoghi un po' sdolcinati ma immensamente carini (questi non ci sono sul serio) e magari è anche un po' stupito da quanto poco fisico sia il loro approccio nella scena finale (che in realtà non è così poco fisico, almeno per i miei standards, ma sorvoliamo), ma volevo sottolineare che quello che stanno facendo Mike e Chester mettendosi assieme è un po' un salto nel buio per entrambi perché:
a) tutto quello che sanno è che si piacciono in un modo diverso dal normale e nessuno dei due è realmente sicuro di cosa prova per l'altro;
b) è la prima vera relazione per entrambi;
c) nessuno dei due ha mai provato attrazione fisica o psicologica per un altro ragazzo in precedenza, e quindi non sono sicuri di come esattamente dovrebbero comportarsi
ed è per queste ragioni che ci vanno piano... quindi sì, sappiate che non l'ho scritta così perché il mio lato sadico si diverte a illudere le vostre speranze e aspettative, ma piuttosto perché volevo cercare di restare il più possibile in character con i Mike e Chester che ho delineato fino ad adesso. E... niente, sentivo il bisogno di spiegare questa cosa, perché magari poteva sembrare una scelta un po' strana o campata per aria.
Comunque, questo è un capitolo importante, e non solo perché i nostri ragazzi si mettono insieme (finalmente), ma anche e soprattutto perché finalmente Chester si apre e racconta del suo passato e di tutto lo schifo che ha dovuto passare... quindi sì, è un capitolo importante, e spero vi sia piaciuto.
Ho notato che ultimamente i voti sembrano risalire un po' dopo la caduta estiva (sono su Wattpad da abbastanza tempo da sapere che succede tutti gli anni) quindi non distruggete le mie speranze e votate (no, scherzo, votate solo se credete che il capitolo se lo meriti, altrimenti non fatelo) e fatemi sapere cosa ne pensate.
Notte a tutti,

Cursed_Soldier

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