Capitolo 11~Somewhere I Belong

[Mike]

Mike era seduto sul divano ad accordare una chitarra, mentre gli altri si affaccendavano attorno a lui in cerca di pezzi di strumenti o di spartiti... o altre cose di cui lui non voleva sapere assolutamente niente.
Seriamente, dovevano decidersi a dare una pulita a quel garage prima o poi...
Sua madre continuava a ripeterglielo, quelle poche volte che era in casa, e la cosa si stava facendo snervante, oltre che vagamente ridicola. Gesù Cristo: aveva quasi diciassette anni, era abbastanza fastidioso che sua madre continuasse a dirgli cosa fare.
Gli pareva quasi di sentirla: Sistema il garage, Mike, prima che qualcuno dei tuoi amici inciampi su qualcosa e si faccia male... che palle...
-Mike? Ci sei?-
Joe gli stava sventolando una mano davanti alla faccia e aveva l'aria piuttosto divertita, tanto per cambiare. Ma non ce l'aveva mai una brutta giornata? Non poteva essere sempre dannatamente contento, cavolo...
-Mi sembra che tu abbia un po' la testa fra le nuvole oggi, eh Mickey?-
Mike scosse la testa e si tolse un ciuffo dagli occhi. Doveva tagliarsi i capelli. Stavano diventando un problema.
-Mike, la sai che è giorno da un pezzo, vero?-
-Ma la smetti di tormentarmi?- sbottò tirandogli un pugno su una spalla.
Ok, tendeva a essere per la non violenza, ma Joe era un'altra storia... e per quanto odiasse ammetterlo aveva anche ragione, il che era solo un motivo in più per ignorare le tendenze pacifiste. Un ottimo motivo in più, tra parentesi. Mike ce l'aveva davvero la testa tra le nuvole quel giorno e non riusciva proprio a concentrarsi. Forse aveva ancora il cervello in pappa dopo quello che era successo l'ultimo dell'anno e forse, ma soltanto forse, trovarsi per le prove il 3 di Gennaio non era stata una delle sue idee più brillanti.
-Che c'é?- chiese mentre cercava allo stesso tempo di non badare a Joe che ridacchiava e di appoggiare la chitarra sul divano in modo che non cadesse.
-Chester non arriva più?-
-E io che ne so? Non sono il suo babysitter.-
Essere il babysitter di Chester sarebbe stato un incubo... un vero incubo, di quelli da cui ti svegli sudato e con la tremarella. Però in effetti Chester era sul serio in ritardo... cioè, più in ritardo del solito.
-No, ma sei il suo migliore amico.- gli fece presente Dave raccogliendo un foglio che spuntava da sotto il pianoforte.
-Io?- sbuffò Mike -Il suo migliore amico? È già tanto se sa come mi chiamo, figurarsi se posso essere il suo migliore amico.-
-E chi altri dovrebbe essere scusa?- ridacchiò Joe mentre si sedeva accanto a lui, a tanto così dallo spiaccicare la chitarra sotto le chiappe.
Mike prese un respiro profondo, reprimendo gli impulsi assassini. Se Joe gli toccava la chitarra era morto, sicuro com'era sicura l'alba... ma ora aveva un'altro problema da risolvere, che tra l'altro era sempre Joe.
-Non lo so... Jared?- tentò.
Pregò il cielo di non star diventando rosso, anche se sapeva che entro cinque secondi sarebbe stato molto più somigliante a una ciliegia che a un essere umano: Chester gli aveva presentato Jared e... be', era stata una cosa un po' imbarazzante. Diciamo che se anche il suo intento non era stato esattamente quello di traumatizzarlo, quanto meno ci era molto vicino. Il tutto mentre Chester se la rideva. Bastardo.
-Perché, secondo te è mai andato a dormire da Jared dopo aver litigato con qualcuno?-
Joe sorrise del suo classico sorriso da fangirl e Mike sentì le sue guance bruciare. Gesù, per quale diavolo di motivo glielo aveva detto? Perché? Perché, perché, perché?
-Joe, falla finita. Lo sapevo che non dovevo dirtelo...-
-Però me lo hai detto.-
-Già, e me ne sto pentendo amaramente.- sbuffò Mike -Comunque, se è questo il problema, con Jared ci è quasi andato a letto.-
Riprese la chitarra, un po' per tenerla lontana dalle chiappe di Joe, un po' perché c'era qualcosa che gli ronzava per la testa da un paio di giorni e ogni maledetta volta che si ritrovava a portata di qualcosa di suonabile sentiva l'impulso irrefrenabile di farla uscire. Non aveva la più pallida idea di cosa fosse, ma gli piaceva... ed era un ottimo modo per ignorare quel cretino del suo migliore amico, quindi...
-D'accordo Mickey, come vuoi. Però posso dire una cosa?-
Joe si alzò dal divano e gli scompigliò i capelli. Si poteva dire di tutto su Joe Hahn, ma non che non capisse quando qualcuno cercava di ignorarlo. Ok, sì, il più delle volte se ne fregava alla grande, ma quello era un dettaglio.
Mike alzò gli occhi dalla chitarra.
-Spara.- disse.
-Secondo me gli piaci.-
-Ed eccolo che riparte!-
Brad decise giusto in quel momento di intromettersi, sbattendo una delle bacchette della batteria di Rob sulla zucca di Joe.
Mike li guardò strano per un attimo: se lo era immaginato, o la testa di Joe suonava a vuoto?
-Joe, che cosa avevamo detto sul fangirling?-
Brad guardò male Joe e si mise a gesticolare con la bacchetta in mano.
-Eri stato quasi bravo nell'ultimo mese!-
-Bradford Phillip Delson.- si aggiunse Rob.
-Metti giù la mia bacchetta o ti raso i capelli mentre dormi.-
Rob diventava possessivo, quando si trattava delle sue bacchette. Brad a volte di lamentava del fatto che sembrava più innamorato di quei due maledetti bastoncini che di lui.
-Sta' lontano dai miei capelli.- bofonchiò mentre gli restituiva la sua bacchetta.
-Comunque non intendevo in quel senso, nel caso a qualcuno di voi cretini interessasse.- sbottò Joe -Cioè, magari anche in quello, ma quello che volevo dire per davvero era che secondo me gli piaci come persona.-
-Sì, certo Joe.-
Mike pizzicò distrattamente una delle corde della chitarra.
Era abbastanza strano pensare di piacere a uno come Chester... cioè, era già abbastanza assurda l'idea che parlasse con lui, figurarsi se poteva anche piacergli.
Insomma, era una cosa totalmente impossibile. Figuriamoci.
Rimase fermo sul divano, mentre il mondo continuava a muoversi attorno a lui, perso di nuovo nei suoi pensieri per l'ennesima volta nella giornata. Possibile che davvero non riuscisse a concentrarsi? E che cavolo...
Lui e Chester erano amici? Magari sì... o almeno a lui piaceva stare con Chester. Non che passassero poi così tanto tempo insieme. Tipo quattro o cinque ore alla settimana, o giù di lì.
Aveva preso l'abitudine di incontrarsi al Linkoln Park ogni Venerdì e ogni Sabato pomeriggio dopo le prove e... be', non era male starsene là per un'oretta, seduti come bambini su un'altalena semi distrutta a parlare di cavolate senza senso.
Era da quello che era nato il nuovo nome del gruppo: alla fine era saltato fuori che esisteva davvero un gruppo inglese che si chiamava Hybrid Theory... perché ovviamente i maledetti inglesi dovevano sempre avere le idee migliori per primi... quindi quando si era reso ovvio che avrebbero dovuto pensare a qualcos'altro, Chester per scherzo aveva detto che avrebbero potuto chiamarsi Linkoln Park. Ci era rimasto di sasso quando Mike aveva proposto l'idea ai ragazzi. Cioè, perché non avrebbe dovuto farlo? Era un bel nome, suonava bene e lo faceva sentire a casa... e poi, un paio di canzoni erano nate lì, dunque perché no?
Ai ragazzi era piaciuto, ed era piaciuto anche a Anna, quando Mike gliene aveva parlato... perché andiamo: perché non avrebbe dovuto parlarne anche con Anna? Ormai quella ragazza era la beta tester ufficiale di tutte le sue stramberie: si era sentito in dovere di chiedere il suo parere.
C'erano solo un paio di problemi:
1) il Linkoln Park era un maledetto parco colonizzato dai drogati, e Gesù: non era proprio il massimo prendere il nome da un posto del genere.
2) il parco aveva un dominio internet, anche se nessuno, nemmeno quelli che praticamente ci vivevano, aveva idea di chi cavolo fosse l'admin. Sul serio: nessuno. Chester aveva indagato. Quel particolare, comunque, comportava che, se mai avessero voluto crearsi un sito, avrebbero dovuto sganciare qualcosa come un mezzo patrimonio al maledetto admin fantasma. Chiunque diavolo fosse.
Era in momenti come quello, che Mike adorava Joe Hahn: Perché non lo storpiamo? aveva proposto un giorno Lo facciamo diventare qualcosa tipo... tipo Linkin Park. Così non freghiamo il nome a un parco giochi per drogati e, nel caso un giorno decidessimo di fare le cose seriamente, non ci toccherà venderci gli organi al mercato nero per pagarci il sito.
E così gli Hybrid Theory erano diventati i Linkin Park.
Mike pensò alla faccia che aveva fatto Chester quando lui aveva detto ai ragazzi che avrebbero potuto chiamare il gruppo come il parco. Sembrava che gli si fosse bloccato qualcosa in gola.
Sorrise fra sé e sé. Gesù: aveva fatto una specie di smorfia da soffocamento, è vero, però poi aveva difeso la mozione Linkin Park con tutta l'anima e ok, non era esattamente coerente, ma, in un qualche modo che non aveva capito neanche lui, Mike l'aveva apprezzato. E poi, almeno ora sapeva che Chester non era il massimo dell'affidabilità, ma che si batteva per le cose a cui teneva ed era una cosa molto più importante dei dettagli che riusciva a racimolare di solito. Malgrado tutto, però, era fiero delle cose che aveva imparato su di lui negli ultimi tempi. In realtà, erano per lo più cavolate: cose piccole e senza una vera importanza, che notava qua e là, ma che erano già qualcosa. Gesù, almeno sperava che fossero qualcosa: in fondo stava solo cercando di capirci qualcosa, non stava cercando mica di scoprire la sua vera essenza o chissà che altro. O magari sì?
Comunque un po' alla volta stava davvero imparando a conoscere Chester. Lo stava facendo con le cose piccole, archiviando un dettaglio alla volta, come per esempio il fatto che gli piacesse la pioggia, o che avesse dei pesci tatuati su una spalla da quando aveva sedici anni.
Aveva scoperto che fumava da quando di anni ne aveva undici e che non era mai riuscito a smettere, e che sotto quei vestiti enormi era magro da far paura, anche se mangiava come un lupo, e anche se non era granché, riusciva comunque ad andarne fiero. Perché in fondo, le persone sono fatte di dettagli, no?
Durante le prove e le loro chiacchierate al Linkoln Park aveva scoperto anche che Chester aveva anche un discreto senso dell'umorismo: gli piaceva scherzare e aveva un debole per i doppi sensi, non gli dispiaceva il contatto fisico e sembrava che si divertisse un mondo a creare situazioni ambigue... il che, potendolo ammettere, era l'esatto contrario di quello che Mike si sarebbe aspettato da uno che veniva pestato e chiamato puttana praticamente ogni giorno dispari. Si sarebbe aspettato un gay che si fingeva etero, anche se poteva sembrare un po' omofobo, non un etero che si fingeva gay per scherzo. Ma Chester, in fondo, non era quasi mai quello che la gente si aspettava da lui.
Insomma, Mike stava cominciando a capire con chi aveva a che fare e ormai erano parecchie le cose piccole e insignificanti che sapeva di lui, ma non era ancora sicuro che fossero amici... con Chester non si poteva mai essere sicuri di niente, perché, per l'appunto, non era quasi mai quello che la gente si aspettava da lui e Mike aveva il sospetto che gli piacesse incasinare le cose, quindi quando c'era lui di mezzo diventava tutto strano.
Con Anna, ad esempio, era tutto diverso: passavano del tempo assieme, a scuola parlavano e si dicevano qualunque cosa passasse loro per la testa senza porsi il minimo problema e... Gesù, c'era una specie di armonia, tra loro: come se fossero stati amici da sempre... con Chester, invece, era sempre tutto un casino: a lui non piaceva parlare, e ok, c'erano momenti in cui si sfogava e buttava fuori di tutto, ma ce n'erano anche altri in cui voleva solo che qualcuno gli stesse vicino e non facesse domande, e altri ancora in cui era meglio stargli lontano, se si voleva evitare l'amputazione di arti indispensabili alla vita.
Davvero: se Anna era un porto sicuro, Chester era un maledetto fortunale, e capitava che fosse allegro e che scherzasse e facesse un po' il cretino come capitava anche che avesse la giornata nera, e in quei casi era meglio stargli alla larga.
Tutto sommato però gli sarebbe piaciuto pensare che fossero amici, soprattutto perché Chester non ne aveva altri, di amici, a parte forse Jared e Elka... e Jared, senza pensarlo con cattiveria, era un cretino.
Mike fu distratto dall'abbaiare di un cane, poi un coso marroncino e morbidoso gli saltò addosso all'improvviso e cominciò a leccargli la faccia.
-Benny!- bofonchiò mentre accarezzava il collo del suddetto coso peloso -Cerchi il tuo padrone?-
-Dovresti smetterla di cercare di dirgli che il suo padrone è Chester, o finirà per sentirsi abbandonato.-
Dave prese in braccio il cagnolino e lo mise fuori dalla porta del garage.
-E guai a te se entri ancora. Ci manca solo che ti metti a masticare qualcosa.- aggiunse grattandolo dietro le orecchie.
-Chester è il suo padrone.- ribatté Mike alzandosi e recuperando un biscotto per cani dal sacchetto vicino al divano -E comunque tu dovresti smetterla di prenderlo in braccio: se si abitua, quando poi cresce e comincia a pesare sui sessanta chili siamo fottuti.-
-Non dire le parolacce Mickey! Stare vicino a Chester ti sta rovinando.-
Mike si beccò una sberla scherzosa sulla nuca da Joe, che gli stava passando dietro, ma lo ignorò e tornò verso Benny.
-Vai a farti un giro, ok?- gli disse dolcemente mentre gli allungava il biscotto -Se arriva Chazy lo mando a cercarti.- promise poi accarezzandolo.
-La smetti di parlare con quel cane come se ti capisse? È inquietante.- borbottò Brad avvicinandosi -A te non sembra inquietante Benny?-
-Hey, Benny è un incrocio fra un Labrador e un Rottweiler: è un cucciolotto intelligente e capisce tutto.-
Mike accarezzò un'ultima volta la testa del cucciolo, prima che quello si girasse e uscisse dalla stanza.
-Visto?-
-Io continuo a pensare che sia inquietante.
Benny era il suo regalo di Natale per Chester.
E sì, ok, forse era un po' presto per la fase regalare cuccioli a Natale, o in qualunque Cristo di modo l'avesse chiamata Joe, ma Mike non aveva saputo resistere: appena l'aveva visto, nello scatolone insieme ai suoi fratelli e a sua sorella, nel garage di un'amica di sua madre, aveva deciso che quel cosetto peloso e Chester erano nati per stare insieme: Benny aveva l'aspetto di una versione un po' meno spaventosa e un po' più marroncina di un Rottweiler e il carattere di una versione un po' meno coccolosa e un po' più volubile di un Labrador, esattamente come Chester.
Peccato che il padre di Chester fosse allergico ai cani.
Chester aveva fatto una faccia mortificata e per un attimo Mike aveva pensato che stesse per chiedergli scusa... il che sarebbe stato strano, perché lui non chiedeva mai scusa.
Alla fine si erano risolti che Benny (abbreviazione di Bennington Jr.) poteva stare da Mike, almeno per un po'.
-Mike? Che facciamo: lo aspettiamo un altro po'?- chiese Joe mentre toglieva un capello dalle cuffie.
Mike si girò per recuperare la chitarra e lanciò un'occhiata all'orologio sopra il divano. Erano quasi le quattro, e Chester era maledettamente in ritardo... cioè molto più del solito.
Probabilmente non sarebbe venuto.
Mike sospirò e tirò fuori il telefono per mandargli un messaggio.

To: Chazy:)
Noi stiamo cominciando, se arrivi bussa forte così ti sentiamo. Vieni dopo al Linkoln? :)

Se tutto andava bene non avrebbe nemmeno risposto.
Gesù, erano un paio di giorni che lo ignorava... probabilmente aveva problemi con quello che era successo un paio di notti prima, e Mike lo capiva, perché lui stesso non riusciva a smettere di pensarci, ma quel silenzio radio lo preoccupava.
Si era svegliato verso le tre, la notte di Capo d'Anno, perché qualche pazzoide si stava divertendo a far saltare un petardo dietro l'altro sotto la sua finestra.
Per una volta che era rimasto a casa invece che andare in giro a fare casino, non poteva neanche dormire: no, qualche cretino doveva decidere che il suo mal di testa non era già abbastanza tremendo e doveva decidere di fargli saltare una dannata polveriera sotto la finestra. Gesù Cristo, che fine aveva fatto l'educazione in America?
Si era affacciato per dire al cretino di turno di andare a rompere le scatole a qualcun'altro, e stava per sputare un insulto piuttosto colorito e decisamente poco da lui, quando aveva riconosciuto una delle felpe di Chester addosso al suddetto cretino. Non aveva avuto il minimo dubbio: Chester era l'unico che poteva andarsene in giro senza giubbotto la notte di Capo d'Anno.
-Chester!- lo aveva chiamato -Che diavolo ci fai qui?-
Senza farsi troppi problemi e dimenticando il mal di testa aveva afferrato le chiavi dal suo comodino, era saltato sull'albero mezzo morto che cresceva proprio sotto la sua finestra ed era sceso in giardino: era più veloce che fare le scale e anche meno rumoroso.
-Che ci fai qui?- aveva chiesto di nuovo appena aveva toccato terra.
Chester gli era sembrato strano. Aveva gli occhi rossi, ma non era il solito rosso da marijuana.
Per un attimo aveva avuto la tentazione di chiedergli se avesse pianto, ma poi aveva deciso che era meglio evitare.
-Ho... be', mio padre ha deciso di mandare definitivamente la sua sanità mentale a farsi fottere.- aveva borbottato Chester.
La voce gli tremava un po' e a Mike era sembrata una cosa strana. Gesù, ormai l'aveva sentito fare di tutto con quella voce, la conosceva e conosceva il suo modo di parlare: da quando in qua tremava? Cosa diavolo poteva essergli successo?
-Ti ha sbattuto fuori casa?-
-Già...-
Chester si era guardato la punta delle scarpe. Sembrava imbarazzato. Chester Bennington imbarazzato, ecco qualcos'altro che Mike non credeva avrebbe mai visto.
-Io... non volevo disturbare, ma non sapevo dove cazzo andare.-
Mike aveva sospirato e gli aveva fatto un sorriso, cercando di non sembrare troppo assonnato. O irritato.
-Tranquillo, tanto è Capo d'Anno: avrei dovuto saperlo che dormire era chiedere troppo.-
Erano entrati in garage ed si erano seduti sul divano assieme a Benny, a parlare.
Far parlare Chester quando non voleva era sempre difficile, ma comunque era un po' meno impossibile dopo quasi due mesi che si conoscevano.
Mike non aveva idea di quanto ci avessero messo ad addormentarsi, ma si era svegliato verso le otto, con Benny che gli leccava la faccia e la testa appoggiata sul petto di Chester.
Era stato strano, ma non brutto e nemmeno fastidioso. Si era sentito come se in fondo andasse bene così.
Solo che adesso Chester non gli parlava più. Non rispondeva ai suoi messaggi e lo ignorava completamente.
Mike aveva paura di aver rovinato tutto, anche se non capiva esattamente cosa avesse fatto di male. Gesù... ok, sì: si erano svegliati praticamente abbracciati, ma era stata una cosa assolutamente non voluta e anche abbastanza innocente, tra l'altro. Soprattutto perché, per quanto ne sapeva lui, nessuno dei due era gay.
-Mike? Ci sei?- gli chiese Joe per l'ennesima volta.
Mike si riscosse. No, non c'era.

[***]

Le prove erano state noiose... e, Gesù, era strano, ma Mike avrebbe giurato che cantare da solo non era più la stessa cosa, dopo aver provato a cantare con qualcun'altro.
Aveva mandato a casa i ragazzi verso le sei, dopo due ore abbondanti passate a sbagliare una nota dopo l'altra e a cercare di non steccare troppo e ora, dopo aver perso un'altra mezz'ora circa per cercare di dare una sistemata al garage, stava andando al Linkoln Park. Non sapeva esattamente perché ci stesse andando: Chester non gli aveva risposto, e Mike avrebbe potuto scommettere l'anima sul fatto che non ci sarebbe stato e che la sua altalena sarebbe stata vuota.
Gesù, era assurdo che quel posto fosse un parco: davvero non capiva che diavolo di senso avessero le mura alte cinque metri e il cancello spesso venti centimetri. Era soltanto un parco giochi abbandonato, cavolo, mica Alcatraz...
Oltrepassò il cancello e andò a sedersi sull'altalena rossa. Quella blu era vuota, esattamente come se l'era aspettata. Esattamente come lo era stata il giorno prima... ma in fondo Chester non era mai puntuale. Forse, in fondo in fondo, poteva sperare.
Forse, se gli mandava un altro messaggio, si sarebbe sbrigato.

To: Chazy:)
Sono al Linkoln, vieni?

Restò a fissare lo schermo finché non si spense, giusto per vedere se Chester gli rispondeva, poi rimise il telefono in tasca con un sospiro stanco e si dondolò appena sull'altalena, tenendosi con le mani alle catene. Era una cosa terribilmente infantile, e lo sapeva, ma non poteva farci niente. Era una di quelle manie stupide che gli erano rimaste appiccicate da quando era piccolo: semplicemente non riusciva a non farlo. Tanto non lo vedeva nessuno, e se anche qualcuno lo avesse visto, a lui che diavolo avrebbe dovuto interessare? L'America era un paese libero per qualcosa.
In quel momento gli interessava soltanto una cosa, comunque: si annoiava.
Non sapeva cosa fare, anche perché... cavolo, non aveva voglia di starsene lì seduto ad aspettare che Chester si degnasse di farsi vivo finché non fosse stato ovvio che non lo avrebbe fatto.
Sospirò di nuovo, poi si alzò e si guardò attorno. Non era poi che non ci fosse esattamente qualcosa da guardare, lì attorno. Le mura di quella sottospecie di parco da fuori sembravano grigie e spoglie, a parte che per l'enorme Linkoln Park graffitato in stile gotico affianco al cancello... ma era solo una facciata: dentro... Gesù, dentro era tutta un'altra cosa.
Sembrava di guardare una di quelle foto in bianco e nero con il dettaglio colorato: gli alberi, i giochi vecchi e scassati, il terreno... era tutto maledettamente grigio. Le mura, invece, che avrebbero dovuto essere quello che chiudeva in gabbia quel posto, erano praticamente un marasma di colori e linee e disegni e graffiti e gli facevano semplicemente venire voglia di fare qualcosa, di aggiungerci qualcosa di suo. Aveva deciso che avrebbe messo il suo soldato (Joe aveva cominciato a chiamarlo il Soldier) da qualche parte già la prima volta che aveva messo piede su quel tappeto di siringhe da eroina e preservativi usati. Doveva solo procurarsi un bel po' di spray nero e tenersi un buco in agenda... Gesù, quel maledetto coso stava diventando un'ossessione. Ormai non c'era un solo maledettissimo angolo del mondo in cui non lo avesse disegnato: gli era rimasto in testa e praticamente aveva riempito la casa di fogli con sopra quel dannato soldato con le ali da libellula. Solo in camera sua probabilmente ce n'erano una cinquantina o giu di lì, e altrettanto probabilmente ogni singolo membro della band ne aveva almeno una decina. Joe praticamente ne aveva fatto il loro simbolo, persino Chester doveva averne un paio.
Sarebbe stato bene su una di quelle mura, sempre che fosse riuscito a trovare un buco abbastanza grande in mezzo a tutto quel macello. Che poi, c'era sul serio un buco, in mezzo a tutto quel macello? C'era talmente tanta di quella roba su quelle mura che... era assurdo, perché avrebbero dovuto essere una gabbia, e invece sembrava che si aprissero su qualcos'altro. Tutte a parte una. Una era solo ricoperta di frasi, e ormai aveva smesso di chiedersi perché quella avrebbe dovuto essere diversa... gli ispirava qualcosa però, e non ebbe idea del perché, ma gli venne naturale andare verso quella quando finalmente decise di schiodarsi da vicino all'altalena e sgranchirsi le gambe. Davvero, non aveva idea del perché stesse andando proprio verso quella parete, perché effettivamente i graffiti gli interessavano di più di qualche poesia sconcia piantata a caso su un muro. Probabilmente il suo subconscio gli aveva soltanto suggerito che le poesie sconce fossero un ottimo modo per distrarsi. In fondo, perché non avrebbe dovuto farlo?
Vide quasi subito il ragazzo appoggiato contro il muro e ci mise meno di due secondi a capire che aveva il polso destro tagliato.
Si preoccupò, ovviamente, ma il peggio doveva ancora venire: Mike credette di morire, quando si rese conto che quel ragazzo era Chester.

[Chester]

Cristo, sto morendo.

Se ne rese conto all'improvviso.
Gli venne paura.

Dio Cristo.
Che cazzo ho fatto?

Chester non sentiva più nemmeno male ormai.
Aveva il polso destro squarciato.
I vestiti macchiati di sangue.

La lametta se ne stava abbandonata a terra.
Accanto a lui.

Non sentiva nemmeno più male ormai.
Eppure sentiva tutto.

Gli sembrava di sentire persino le fottute particelle che vibravano.
Forse la pista di cocaina prima di uscire di casa non era stata un'idea geniale.

Cristo.
Sto morendo.
Quasi di sicuro.
Non va bene.
Cazzo.
Non va bene proprio per niente.
Non posso morire così.
È un modo troppo fottutamente patetico di morire.

Non capiva più niente.

A mala pena si ricordava dove fosse.
A mala pena si ricordava chi fosse.

Non riusciva ad aprire gli occhi.

Aveva paura.
Una paura fottuta.

Se ne stava là.
Con il polso tagliato.
La fottuta lametta ancora poggiata nell'erba secca accanto a lui.

A mala pena consapevole del sangue che gli scorreva fuori dalle vene.

Seriamente?
Finisce così?
Che fine hanno fatto i fottuti progetti di morire felice, idiota?

Si sentiva stanco.
La realtà gli stava scivolando via dalle mani.

Si morse il labbro.
Stuzzicando il maledetto piercing in modo che gli facesse male.

Doveva restare sveglio.

Se ti addormenti sei morto, idiota.

Era finita, comunque.
Ci sarebbe voluto un fottuto miracolo.
Ma.
Nessuno sarebbe arrivato a salvarlo.

Mamma...
No.
Non so nemmeno dove sia mia madre, cazzo.
Se n'è andata.
Mike.
Mike dove cazzo sei?
Perché diavolo penso a lui adesso?
Sto morendo, porca puttana. Non ho tempo di pensare a quel deficiente di un giappo-qualcosa.

-Chester!-

Qualcuno urlava.
Chi cazzo era che urlava in un momento del genere?

Sembrava Mike. Assurdo.

Fantastico.
Ora ho pure le fottutissime traveggole.
Morire in pace era chiedere dannatamente troppo, vero?

-Chester!-

Seriamente, subconscio, non serve. Mike non può salvarmi. Nemmeno lui fa i cazzo di miracoli.
Per quanto ne so io.

-Gesù Cristo, Chester, cosa... cosa diavolo hai combinato?-

Chester si sentì scuotere per le spalle. Si sentì pizzicare le guance.

Pensi al diavolo e spunta Mike-Fottuto-Shinoda... ma guarda un po'.
Molto divertente cervello, davvero, ora però lasciami in pace.

Mike non poteva essere davvero lì.
Sarebbe stato un colpo di culo epico.

Chester colpi di culo epici non ne aveva mai avuti.

-Chester ti prego dimmi che non sei morto. Mandami a fanculo, tirami un pugno... qualunque cosa, ma ti prego, fa qualcosa.-

Stava... stava davvero per piangere? Il Mike nella sua testa non lo avrebbe mai fatto.

Mai.

Era soltanto fottutissima pietà, non gli voleva davvero bene, non era davvero suo amico.
Perché doveva piangere?

-Chester...-

Sembrava spaventato a morte, ecco cosa sembrava...
Mike era maledettamente spaventato. Forse era reale. Forse. Magari no. Quasi sicuramente no.

Magari sì.

Chester si sforzò di aprire gli occhi almeno un po'.

-Mike...-

Bisbigliare era una cosa maledettamente impossibile. Era sempre stata una cosa così maledettamente impossibile o era una novità?

-Sono qui... sono qui. Ho chiamato il 911, tieni duro. Va tutto bene, sono qui.-

Mike era lì. Era lì veramente. Chester si sentì quasi un po' meglio, mentre chiudeva di nuovo gli occhi.

Almeno non morirò da solo.

[***]

Quando riaprì gli occhi, Chester si sentiva fottutamente stanco. Come se avesse dormito per giorni.

Non riusciva a capire dove fosse.

Era in una stanza.
Le pareti erano verde acqua.
Era in un letto con le lenzuola ruvide.
Ce n'erano altri tre, di letti.

Vuoti.

Il polso gli faceva un male fottuto.

C'era una bella ragazza che stava sistemando qualcosa accanto al letto.
Gli pareva di conoscerla.
C'era una puzza strana che appestava l'aria.

Disinfettante.
Cristo, sono in un fottutissimo ospedale.

-Allora sei sveglio!-

L'infermiera sembrava un po' troppo entusiasta.

Non mi ricordo come cazzo si chiama.
Mandano lei ogni volta che finisco qui.
È l'unica che mi sopporta.
Non so come cazzo si chiama.

Aveva un cartellino appuntato al petto.
Non riusciva a leggerlo bene.
Vedeva tutto sfocato.

Talinda.
Forse.
Si chiamava Talinda anche l'ultima volta?

Non che ci Chester andasse spesso in ospedale.
Probabilmente meno di quello che avrebbe dovuto.
Ma quell'infermiera era sempre la stessa.

Assurdo.

-Come va, Chaz?-

-Ho un male fottuto al polso.-

Ci lanciò giusto uno sguardo, al polso.
Tanto per vedere quanto maledettamente brutta fosse la situazione.

Vedeva tutto sfocato.
Era senza occhiali.

Era appoggiato sopra le lenzuola, il polso.
A mala pena si rendeva conto di averlo ancora.
Per quanto male facesse.

Era ricoperto di bende bianche.
Qualche chiazza rossa qua e là.

-Vorrei anche vedere...-

L'infermiera

Talinda.

si avvicinò un po' per porgergli gli occhiali.

-A parte questo c'é qualcos'altro?-

Aveva una voce calda.
Premurosa.

Era fottutamente strano.
Quella donna nemmeno lo conosceva.
Era la sua infermiera, ma non lo conosceva, Cristo.

-Sto bene.-

-Sei stato fortunato, sai? Se il tuo ragazzo fosse arrivato cinque minuti più tardi ci avresti lasciato la pelle. Lo hai fatto preoccupare parecchio.-

Chester nemmeno la ascoltava.
Era troppo impegnato a fissarsi il polso magro e fasciato abbandonato sul lenzuolo.

Che cazzo ho fatto?

-Dovresti davvero smetterla di tentare di autodistruggerti. Sei giovane, sei carino... lo so che non è facile, ma se non lo fai per te almeno fallo per lui. Sembrava davvero a pezzi, quando siete arrivati qui.-

Aspetta un attimo, cazzo.
Cosa?
Chi è che era a pezzi?

-Ho perso il filo, chi è che sembrava a pezzi?-

-Il tuo ragazzo... uhm... Rick?-

Da quando in qua io ho un fottutissimo ragazzo?

-Ma chi, Mike?-

Talinda parve illuminarsi.

Sorrise.

-Esatto! Mike.-

A Chester venne voglia di strapparsi i capelli.
Perché continuava a ritrovarsi in situazioni maledettamente equivoche con Mike?

-Mike non è il mio fottutissimo ragazzo.-

-Davvero? Guarda che non ci sarebbe niente di male... sembrava davvero molto, molto preoccupato.-

Chester sbuffò.

Non ha il minimo senso cazzo.
Prima mi regala un cane.
Poi praticamente mi si addormenta addosso.
Adesso questo.
Perché l'universo mi odia così fottutamente tanto?
E che cazzo c'entra Benny?

-Non sono gay. E non lo è nemmeno lui, è solo maledettamente... emotivo.-

-Uhm... se lo dici tu...-

Talinda finì di sistemare qualunque cosa stesse sistemando.
Si sedette sul letto accanto al suo.

Chester guardò fuori dalla finestra.

Buio.

-Che ora è?-

-Quasi le dieci. Mike è ancora qui fuori: voleva aspettare che ti svegliassi. L'orario di visita è finito da ore, ma se vuoi posso farlo entrare lo stesso: non ha la faccia da psicopatico e mi sembra fisicamente sano.-

Cazzo.
E adesso?
Probabilmente muore dalla voglia di dirmi che sto sprecando la mia vita.
Probabilmente muore dalla voglia di dirmi che devo smetterla di farmi del male.
Probabilmente non capirà un cazzo.
Non ho voglia di spiegare.

-Ok...-

Ma che cazzo.
Seriamente?
Maledetti antidolorifici del cazzo...

Talinda uscì dalla stanza.

Mike entrò quasi subito... teneva lo sguardo basso.
Sembrava fottutamente imbarazzato.

-Hey...-

La sua voce ruppe il silenzio, Chester chiuse gli occhi un attimo.

-Hey.-

Non sapeva cosa dire.
Non aveva voglia di parlare: stare fottutamente in silenzio per tutta la maledettissima notte sarebbe andato bene per lui.

-L'infermiera ha detto una cosa strana: qualcosa tipo resta pure tutta la notte, se ti va, al medico di guardia ci penso io.-

Mike sembrava più o meno nella sua stessa situazione. Solo che probabilmente lui aveva voglia di parlare e non ci riusciva.

Ci scommetterei l'anima, che è così.

-Si è convinta che tu sia il mio ragazzo.-

A Chester venne da ridere, senza sapere perché. Non gli era sembrato divertente prima, ma con Mike di fronte sembrava esilarante.

A Mike sfuggì un sorriso. Il solito sorriso da bambino.

Cazzo...

-Tu vuoi che resti?-

Non lo so.
Che cazzo dovrei dirti?
Non voglio restare solo.

-Non lo so.-

Mike sorrise di nuovo. Evitava di guardargli il braccio destro, mentre si sedeva sul letto accanto al suo.
Aveva la camicia sporca di sangue.

-Facciamo così: io resto, poi se ti stanchi di me mi mandi via, va bene?-

-Va bene.-

Cristo... come se non sapessimo entrambi che non lo farò.

[Mike]

-Sei sicuro?- chiese Mike guardando per l'ennesima volta l'insegna della bottega.
-Mike, se me lo chiedi anche solo un'altra fottutissima volta giuro che ti mollo qui sul marciapiede e vado dentro da solo. Cristo Santo, manco te lo dovessi fare tu questo dannato tatuaggio...- sbottò Chester accanto a lui.
Mike sospirò e alzò gli occhi al cielo. Quel giorno non pioveva, ma il tempo faceva comunque schifo e i grattacieli grigi del centro incombevano su di loro come guardiani ombrosi e umidi. Chi diavolo gliel'aveva fatto fare?
-Ce l'hai il permesso con la firma falsa?-
-Urlalo un po' più forte magari, credo che il fottuto presidente giù a Washington non ti abbia sentito.-
-Ok, hai la firma falsa.- disse Mike annuendo.
-Non mi serve la fottuta firma falsa. Perché ho una fottuta patente falsa. Entriamo in questa maledetta topaia prima che mi venga voglia di ammazzarti senza pietà.-
Chester sbuffò e attraversò la soglia a passo di marcia, gli anfibi che risuonavano sul pavimento di linoleum.
Mike lo seguì più timidamente, e non perché fosse effettivamente timido... be', un po' magari lo era anche, ma più che altro... andiamo: era la prima volta che entrava nella bottega di un tatuatore, come diavolo avrebbe dovuto comportarsi? Gli sembrava tutto strano, in quella stanza con le pareti bianche ricoperte di disegni e il pavimento di linoleum tutto graffiato, perché, tanto per cominciare, non vedeva né aghi, né macchinette, né colori o chissà che, ed era abbastanza sicuro che per fare i tatuaggi servissero tutte e tre. Nella stanza invece c'erano solo una lampadina nuda e dalla luce tremolante che pendeva dal soffitto e una ragazza con i capelli azzurri seduta a una scrivania posta proprio al centro del soffitto, intenta a disegnare qualcosa.
-Chester Bennington!- esclamo la sopracitata ragazza non appena li vede -Razza di figlio di puttana che non sei altro, ti pare il modo di presentarti qui dentro dopo mesi che non ti fai vedere?-
La ragazza scattò in piedi e corse ad abbracciare Chester in un modo che... be', Mike non si sarebbe mai aspettato di vedere qualcuno abbracciare Chester così.
Si prese un attimo per osservarla, e la prima cosa che gli saltò all'occhio era che era maledettamente piccola: più o meno trenta centimetri più bassa di Chester, se non di più. Indossava un vestito di pizzo nero vagamente steampunk e dalla scollatura spuntava un tatuaggio che le si attorcigliava attorno al collo, fino a dietro l'orecchio sinistro e che aveva tutta l,aria di essere una scritta in elfico. Le sue labbra erano tinte di blu e avvicinandosi Mike notò che aveva gli occhi di due colori diversi: uno di uno strano marrone aranciato e l'altro verde.
Chester rispose al suo abbraccio con aria piuttosto imbarazzata, mentre mormorava qualcosa come Anche io sono felice di vederti, Shade.
Shade? Sul serio? Non che Mike volesse giudicare, ma Shade? E poi, sembrava una bambina! Se l'avesse vista per strada l'avrebbe presa veramente per una ragazzina in cosplay. Soltanto guardandola più da vicino si notavano gli spigoli del viso e le rughe d'espressione, ma anche così continuava a portarsi benissimo i venti o venticinque anni che doveva avere... ma in effetti Mike faceva schifo a stimare l'età della gente, quindi chi lo sapeva quanti anni aveva per davvero...
-Questo chi è?- chiese la ragazza, Shade, indicando Mike.
-Mike Shinoda, è...-
Chester esitò un attimo e Shade rivolse a entrambi uno sguardo strano.
-Un mio amico.-
Shade guardò Mike per un secondo, poi tornò a guardare Chester.
-Ok.- disse semplicemente.
Con ogni probabilità si era fatta un'idea sbagliata.
Come quell'infermiera all'ospedale, due settimane prima. Quasi sicuramente quella donna li avrebbe avuti etichettati nella testa come gay per il resto della sua vita... Gesù, però in effetti chissà che scena doveva essersi trovata davanti quella povera donna quando era andata a controllarli a notte fonda. Probabilmente anche lui l'avrebbe pensata come lei, se fosse stato al suo posto.
La cosa divertente, era che all'inizio aveva cercato di evitare situazioni strane, perché non voleva che Chester ricominciasse a ignorarlo. Si erano solo messi a parlare, aggirando accuratamente il fatto che Chester avesse praticamente tentato il suicidio, e Mike non aveva la più pallida idea di quando le cose gli fossero sfuggite di mano. Sapeva soltanto che a un certo punto si erano ritrovati sdraiati vicini, senza sapere né come né perché , a cercare di non cadere dal letto troppo stretto. Si erano addormentati così, stretti l'uno contro l'altro per non finire con il culo per terra.
Mike si era svegliato per primo, senza la più pallida idea di dove fosse o di che ora fosse e si era ritrovato a dover districare le dita esili di Chester dalle sue prima che si svegliasse e si spaventasse.
A Chester piaceva il contatto fisico e si divertiva a creare situazioni ambigue, ma si spaventava quando le cose accadevano al di fuori del suo controllo. Appunto, non il massimo della coerenza.
Chissà chi dei due era stato a prendere per mano l'altro.
Era stato lì a pensare quasi un'ora, prima che anche Chester gli facesse l'onore di riemergere dal mondo dei sogni.
Aveva pensato a una canzone scritta sul muro al quale quel... quel cretino era appoggiato per tagliarsi le vene.
Non c'era una firma, né niente del genere, ma Mike sapeva che l'aveva scritta lui. Doveva averla scritta lui.

(When this began)
I had nothing to say
And I get lost in the nothingness inside of me
(I was confused)
And I let it all out to find
That I'm not the only person with these things in mind
(Inside of me)
But all the vacancy the words revealed
Is the only real thing that I've got left to feel
(Nothing to lose)
Just stuck/ hollow and alone
And the fault is my own, and the fault is my own

Insomma, sembrava il tipo di cosa che avrebbe scritto lui, e la calligrafia sembrava la sua. Gesù, quanta altra gente poteva esserci che scriveva così male?
-Dunque ragazzi, che posso fare per voi?-
L'ombra che aveva attraversato il viso di Shade si era dissolta, e ora sembrava piuttosto allegra.
-Ho bisogno che tu mi copra queste.- borbottò Chester tirando su la manica destra della felpa nera per mostrare le cicatrici dei tagli sul polso -Non le sopporto più.-
-Oh Signore...- bofonchiò lei mentre afferrava il polso di Chester per guardare meglio le cicatrici -Chaz, cazzo, ti perdo di vista per qualche mese e guarda cosa mi combini...-
Scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli azzurri.
-Quanto sono fresche?-
-Due settimane.-
Sbuffò.
-Si sono cicatrizzate bene, ma se hanno solo due settimane farà comunque un male del diavolo. Un braccio o tutti e due?-
-Tutti e due.-
Mike gli lanciò uno sguardo confuso, ma Chester scosse appena la testa. Perché diavolo quel ragazzo non condivideva mai niente?
-Hai qualche idea?- chiese Shade.
-Pensavo a delle fiamme. Magari sul blu, o giù di lì.-
Lei gli lasciò andare il braccio e si passò una mano fra i capelli, pensierosa. Lanciò un altro sguardo a Mike, con quell'ombra di dubbio di nuovo sul viso.
-Dovrei avere qualche schizzo nel retro. Vado di là cinque minuti, fate come se foste a casa vostra.-
Sparì nel retro lanciando un'ultima occhiata sospettosa a Mike.
Ma perché la gente fraintendeva sempre tutto?
A lui non piaceva Chester, giusto? Guardò verso di lui. Stava solo camminando lungo le pareti e stava guardando i disegni e Mike non sentì niente: niente farfalle o attorcigliamenti di stomaco o che cavolo ne so io. Gli venne solo voglia di sorridere. Sorrideva perché gli voleva bene, e gli voleva bene perché era suo amico. Semplice rapporto causa effetto. Facile, no?
-Non sapevo che avessi un'amica che fa tatuaggi.- disse tanto per rompere il silenzio.
-Non è mia amica. È amica di una delle mie sorelle e per qualche strano e fottuto motivo mi adora. È per questo che non mi fa troppe storie anche se la patente è palesemente falsa. E che non devo spendere un maledetto patrimonio per ogni tatuaggio che faccio.- rispose Chester mentre spiegava con le dita un foglio con sopra un drago.
Mike si avvicinò alle pareti e diede uno sguardo ai fogli. I disegni erano bellissimi: pieni di colori e di texture fatte a regola d'arte, con stili che andavano dal nero e grigio al new school.
-Eccomi qua.- esclamò Shade ricomparendo circa tre minuti dopo -Ho tre modelli per te, Chaz: devi solo dirmi quale e poi possiamo procedere.-
Stese sulla scrivania tre fogli ricoperti da schizzi di fiamme.
Nel primo, se si passava sopra alle sfumature verdi e viola lungo le linee, sembravano quasi vere, al punto che Mike per un attimo ebbe pura che il foglio stesse bruciando.
Nel secondo c'era un intricato motivo tribale azzurro che dava l'idea di una specie di fuoco di metallo del colore del cielo.
Il terzo era il più semplice: lingue di fuoco blu, appuntite, che sfumavano all'arancione verso le punte. Chester si illuminò quando le vide.
Mike dovette reprimere un sorriso, davanti alla sua faccia felice.
Dovette ripetersi che Chester non gli piaceva. Non così almeno.

[***]

Uscirono dalla bottega di Shade parecchie ore dopo e Mike vedeva dalle smorfie di Chester che stava facendo di tutto per non sfregarsi i polsi. Dovevano fare male. Gesù, doveva ricordarsi di non farsi mai un tatuaggio.
Camminarono in silenzio per un po', ma alla fine si stancò: non era mai andato matto per il silenzio, per questo faceva musica.
-Posso farti una domanda?- attaccò.
Chester roteò gli occhi al cielo, ma annuì comunque. Perché alla fine in fondo annuiva sempre.
-Perché proprio fiamme blu?-
Chester si alzò la manica destra di un paio di centimetri, quel tanto che bastava per vedere la sfumatura inferiore del tatuaggio nuovo attraverso la pellicola protettiva.
-Non lo so.- ammise rimettendo la manica al suo posto -Immagino sia perché negli ultimi anni mi sono fatto del male sperando che il sangue mi aiutasse a lavare via lo schifo che avevo dentro. Che mi aiutasse a lasciare andare tutto il dolore e la rabbia, ma non se ne andavano mai via. Volevo sentire qualcosa che non credevo fosse reale, immagino. Volevo sentirmi vicino a qualcosa di vero e alla fine era meglio di niente. Volevo trovare qualcosa, anche se sapevo che non l'avrei trovato... ma non ha funzionato, anzi, mi sono quasi ammazzato... quindi se lavare via il dolore non è servito a un cazzo, tanto vale bruciarlo.-
Mike non disse niente. Si limitò a guardarlo e a nascondere un sorriso.
Gli tornò in mente un'altro pezzo della canzone del muro.

I can't believe I didn't fall right down on my face
(I was confused)
Looking everywhere only to find
That it's not the way I had imagined it all in my mind
(So what am I)
What do I have but negativity
'Cause I can't justify the way, everyone is looking at me
(Nothing to lose)
Nothing to gain/ hollow and alone
And the fault is my own, and the fault is my own

Doveva averla scritta Chester. Doveva per forza averla scritta lui. Mike non riusciva a ricordarsi il finale però. Dovette pensarci per un paio minuti per riuscire a riesumarlo, mentre allo stesso tempo cercava di non sbattere contro un palo mentre camminavano fianco a fianco nelle vie della città.

I will never know myself until I do this on my own
And I will never feel anything else, until my wounds are healed
I will never be anything till I break away from me
I will break away, I'll find myself today
I wanna heal, I wanna feel what I thought was never real
I wanna let go of the pain I've felt so long
(Erase all the pain till it's gone)
I wanna heal, I wanna feel like I'm close to something real
I wanna find something I've wanted all along
Somewhere I belong

Mike sorrise fra sé e sé. Chester poteva farcela. Chester doveva farcela.

ANGOLINO NERO PER UN'ANIMA NERA
Dunque, miei cari Soldiers, Bennoda shippers e gente che è qua solo perché aveva voglia di leggere una fanfiction a caso (?), prima di andare avanti con qualsiasi altra cosa, vorrei dire poche e sentite parole... e no, tranquilli, non sto per arrabbiarmi con nessuno, non sto per sclerare su qualcosa e non sto per dirvi che la storia verrà sospesa (al contrario, mi mancano da scrivere solo un paio di capitoli e da sistemarne un altro paio e poi forse potrò pubblicare un po' più spesso), voglio solo fare gli auguri a una persona speciale che oggi compie un numero di anni che non dirò, anche perché non vorrebbe nemmeno che glieli facessi . Non dirò neanche il suo nome, o il suo Nickname, perché anche questa persona, come me, è un po' paranoica, ma dirò che la ringrazio per essere la persona fantastica che è, per essermi sempre stata vicina e per avermi sempre sostenuto anche quando non ci credevo più nemmeno io.
Tanti auguri, e grazie di esistere 😘
Passando a cose meno serie e meno sentimentali, che ne dite del capitolo? Se devo essere sincera é probabilmente il mio preferito, a parte forse... no, niente spoiler. È lungo un chilometro e ci succedono praticamente un bordello di cose, ma lo adoro. Spero sia piaciuto anche a voi. La canzone ovviamente è quella che Chester ha scritto sul muro e... Bo', niente. Oggi ho fatto il conto delle parole dei capitoli che ho postato fin ora e siamo più o meno a quarantaquattromila e rotte e mi sono resa conto che su questa fanfiction mi ci sto praticamente dissanguando... siamo neanche a metà... be', quasi a metà in realtà: in tutto sono previsti venticinque capitoli compresi il prologo, l'epilogo e un contenuto speciale, quindi... quindi sì, siamo quasi a metà.
E niente, sto sproloquiando, quindi chiudo.
Aspettatevi un aggiornamento di Bennoda's Investigations prima che ricominci la scuola.

Notte a tutti, ci leggiamo il 17 😘

Cursed_Soldier

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