26

-Buongiorno, amore mio-
Bryan mugugnò qualcosa privo di senso, stiracchiandosi come un gatto. Le lenzuola frusciarono intorno al suo corpo, ancora caldo e pesante, mentre sollevava le palpebre e si guardava intorno, per nulla infastidito dalla luce che proveniva dalle sue spalle. Davanti a sé, seduto sui talloni, stava Isaac. Appena l'uomo lo vide ricambiare il suo sguardo si alzò, si tolse la giacca e la cravatta, gettandoli con poca grazia da qualche parte, fuori dal suo campo visivo.

-Che ore sono? Com'è che ti stai spogliando?- domandò Bryan, sentendosi un po' confuso a causa del mal di testa - che si rese conto di avere soltanto in quel momento - che gli impediva di aprire del tutto gli occhi.
-Un po' tardino rispetto il tuo solito. Ringrazia che oggi è domenica. Sono dovuto passare in ufficio, stamattina...-
-Stamattina?- lo interruppe Bryan, stiracchiandosi ancora. Isaac rimase immobile a fissarlo dall'alto, immobilizzandosi con due dita intorno ai bottoni del polsino di una manica della camicia che indossava, stregato dalla sensualità ferina del compagno.

-Stai facendo le fusa?- chiese e Bryan aggrottò la fronte.
-Come, scusa?- ribatté lui, del tutto ignaro del proprio charme e abbastanza confuso da non riuscire a capire cosa l'altro intendesse dire.
Isaac smise di trafficare con i bottoncini e accostò il polsino alle labbra, liberandoli dalle asole con i denti, senza mai smettere di fissarlo. Bryan, la cui mente pareva si stesse finalmente liberando dal caos del sonno e anche dal mal di testa, incominciò a comprendere le allusioni del marito e si rannicchiò in posizione fetale, una mano sotto una guancia e l'altra a stringersi con forza il braccio opposto.

Isaac prese a liberare anche i bottoni che si trovavano nella parte frontale dell'indumento, scoprendo mano a mano porzioni di pelle sempre più ampie.

-Che ore sono?- chiese ancora Bryan, con voce morbida e distante persino alle proprie orecchie.
-È quasi mezzogiorno-
-Così tardi?-
-Ieri abbiamo fatto le quattro del mattino. Ryan aveva bisogno di sfogarsi e tu non volevi saperne di mandarlo a letto. Abbiamo quasi dato fondo alle bottiglie del mobile bar-
-Ora ricordo- biascicò il giovane, mentre il respiro gli veniva meno nel vedere la camicia di Isaac scivolargli lungo le braccia, per poi sparire da qualche parte sul pavimento. -Perché tu sembri fresco come una rosa e io mi sento come se mi avesse messo sotto un tir?-
-Perché tu non sei abituato a bere. E sei più emotivo di me. Ieri notte hai pianto tanto, amore mio, mi dispiace- mormorò l'uomo, accarezzandogli una guancia con un dito.

Quelle parole furono in grado di toccare le corde giuste e Bryan socchiuse gli occhi, mentre Isaac poggiava un ginocchio sul materasso, le mani ai lati del suo corpo, protendendosi verso di lui. Il giovane ricordò quello che era accaduto la notte prima, il marito che tornava a casa portandosi dietro uno dei suoi migliori amici, annunciandogli che il loro inatteso ospite avrebbe passato la notte nella loro abitazione. Poi le chiacchiere in giardino, con l'aria che si faceva più fresca a bordo piscina, Maria che salutava tutti e tre e si ritirava nella sua stanza per dormire.

Come se quella scena avesse pigiato un bottone, Ryan aveva iniziato a piangere, silenziosamente, reclinando il viso sul petto, fuggendo dalle blande luci di quelle rade stelle che riuscivano a scorgersi nel cielo in mezzo ai rossori e ai violacei che lo illuminavano in modo inquietante a causa dell'inquinamento.

Bryan aveva subito percepito l'istinto di consolarlo - istinto paterno, lo definiva Isaac - e la risposta dell'amico gli aveva come dato l'impressione che Ryan non aspettasse altro. Il loro ospite gli era parso come un involcro colmo di dolore, tremante e così ferito da fargli domandare più volte come fosse in grado di respirare ancora. Sembrava impossibile che fosse anche solo capace di restare in piedi dopo tutto quello che aveva passato.

Bryan aveva provato a ipotizzare le proprie emozioni e reazioni se si fosse trovato catapultato al posto dell'amico anche solo per un giorno. Conoscendosi, era arrivato alla conclusione che avrebbe finito per dare di matto. Non sarebbe bastato avere Isaac al proprio fianco: sapeva, perché in fondo lo aveva sperimentato sulla propria pelle, quanto l'amore non fosse in grado di lenire tutte le ferite, di risolvere tutti i problemi. Aveva amato Isaac fin dal primo giorno in cui lo aveva incontrato, in quella grande sala conferenze dove, per sopperire alle ennesime mancanze del suo unico dipendente, si era recato per consegnare dei fiori.

Isaac gli era spuntato davanti all'improvviso. Già da lontano era riuscito a notarlo, nonostante l'uomo gli rivolgesse le spalle e lui traballava scendendo la scalinata che conduceva al palco della sala, reggendo tra le braccia, a fatica, un enorme vaso. Era stato attirato dall'ampiezza delle sue spalle, dal tessuto sottile della camicia che si tendeva, aderendo al suo corpo come una seconda pelle, oltre il quale si poteva indovinare il colore del suo incarnato. Poi Isaac si era girato, richiamato da un collega, e Bryan aveva rischiato di inciampare nel nulla e finirgli addosso con tutto il vaso.

Non aveva mai visto in vita sua un uomo più bello, affascinante di lui. I loro sguardi si erano incontrati per la frazione di pochi secondi e Bryan aveva percepito il cuore scosso da uno sfrigolio che non aveva mai provato in vita sua. Non aveva mai creduto al colpo di fulmine, ma il sorriso di Isaac aveva smentito all'istante tutte le sue reticenze a riguardo.

Ma l'amore non basta e Bryan aveva penato per mesi prima di riuscire a sedurre Isaac, prima di portarlo a compiere un passo nella sua direzione, lasciandosi alle spalle il passato tormentato e il suo fallimentare primo matrimonio. Sapeva che Isaac sarebbe stato l'amore della sua vita, ma dirglielo, all'inizio, non era stato abbastanza; dimostrarglielo con ogni mezzo a propria disposizione non era stato abbastanza. Bryan aveva lottato per amore e contro lo stesso uomo che amava, contro i suoi demoni, le sue insicurezze. Aveva impiegato tanta pazienza, una forza che non aveva mai avuto idea di possedere fino a che non aveva incontrato lui.

La stessa forza che Ryan gli aveva dimostrato, fuori dal comune, nonostante tutta la sofferenza che traspariva da quello che era il suo stato psico-emotivo degli ultimi tempi.

Lo riconosceva come simile a sé e un po' se ne vergognava, perché sentiva inadeguato e forzato mettersi a confronto con lui.
Tuttavia, non era una questione di confronto, più di empatia, e Bryan lo aveva compreso la sera prima, quando avevano finito per fare le quattro del mattino, con Ryan che si addormentava sfinito su una sdraio, Isaac che lo issava tra le braccia - proprio come se fosse un bambino - e lui che lo precedeva, accendendo le luci, aprendo porte, finché non lo avevano sistemato nel letto della camera degli ospiti.

"L'amore non basta, vero, ma è quello che più di tutto ci dà forza" si disse mentre ricambiava la carezza al viso del marito, gli occhi vuoti, a fissare qualcosa di lontano nel tempo, eppure tanto vicino al suo cuore. Aveva lottato per conquistare Isaac e non riampiangeva nulla di quello che aveva fatto per arrivare fino al punto in cui si trovavano.

-Come sei riuscito a presentarti tanto presto in ufficio?- mormorò sovrappensiero e il marito accostò il naso a un lato del suo volto, sorrise contro l'arcata del suo orecchio esposto, accarezzandola con le labbra.
-Vecchie abitudini dure a morire...-
-Isaac- disse il giovane, con un tono che fu in grado di spegnere il suo sorriso. L'altro si alzò, allontanatosi un po' da lui, in cerca dell'espressione che gli illuminava il viso: lo trovò serio, assorto nei propri pensieri e un po' preoccupato.

-Credi che avere qui Ryan con noi ci metta in pericolo?- gli chiese con un filo di voce, senza ricambiare il suo sguardo.
Isaac poggiò la fronte contro una sua spalla. Era lo stesso pensiero che lo aveva tormentato dal primo istante in cui si era trovato con Ryan in casa, lo stesso che lo aveva accompagnato durante le loro chiacchiere a notte inoltrata e poi ancora fino alle prime luci dell'alba; in cucina, dove già intorno alle sette girovagava come un'anima in pena, tormendandosi di domande e sorseggiando un caffè nero.

Aveva ricevuto una telefonata dall'ufficio circa un'ora dopo e aveva accolto con entusiasmo la possibilità di un diversivo in attesa che il marito, Maria e Ryan si svegliassero. Lasciare la sua abitazione gli aveva messo addosso tanta ansia che aveva portato con sé pure al lavoro e, infatti, non era riuscito a risultare utile al suo socio per risolvere il casino fuori programma che lo aveva costretto a invitarlo a recarsi in azienda durante un giorno non lavorativo.

Isaac si era scusato ed era corso di nuovo a casa, con il cuore in gola e il bisogno impellente di accertarsi che i suoi cari stessero tutti bene. Era tornato a respirare soltanto quando aveva accostato il viso a quello di Bryan, percependo sulla pelle di una guancia i suoi respiri profondi; era rimasto seduto sui talloni, con le braccia poggiate contro il materasso per minuti che gli erano parsi infiniti e, contemporaneamente, troppo brevi, come se non gli fosse sufficiente tutto il tempo del mondo per riempirsi gli occhi dell'immagine dell'uomo che amava.

-È un mio amico...- mormorò, sovrappensiero anche lui.
-Non intendevo questo. Non mi sognerei mai di rimproverarti per averlo portato qui. Ho solo... paura- ammise Bryan con un filo di voce.

Isaac sollevò gli occhi su di lui, sentendosi annegare nelle sue iridi azzurre, tanto chiare e luminose da parere liquide, da ricordargli la superficie del mare su cui si infrangevano gli accecanti raggi solari.

Lo aveva amato dal primo momento in cui lo aveva visto, anche se aveva persino tentato di tenerlo a distanza, continuando a punirsi, privandosi dell'amore perché per anni, proprio lui, aveva fatto lo stesso con un altro, rimanendo al fianco di qualcuno che da lui avrebbe accettato la più piccola gentilezza, mentre Isaac non era stato in grado di ricambiare i sentimenti del suo primo marito.

Credeva che quel "crimine" gli avrebbe impedito di trovare qualcuno da amare, che la sua condanna sarebbe stata una vita grigia, noiosa e vuota.

Ma poi aveva incontrato Bryan, il cui volto gli era apparso come un fiore tra i fiori, con quell'enorme vaso tra le braccia, traballante, con una t-shirt giallo limone, un pantaloncino viola e i capelli azzurri. Proprio Bryan che della vita era uno degli arcobaleni più carichi di sfumature, il più strabiliante.

Batté le palpebre tornando al presente. Erano passati quasi quattro anni d'allora, eppure quel guizzo al petto che aveva percepito il giorno in cui si erano incontrati per la prima volta lo aveva continuato ad accompagnare, si era alimentato di baci, carezze, di "ti amo"; era diventato una fiamma ardente, piena di vita.

Isaac gli baciò la bocca, ponendo fine alle parole, subito ricambiato. Percepì la sua esigenza, che sgorgava come acqua limpida dalle sue labbra. Si posizionò sopra di lui, poggiando le ginocchia ai suoi fianchi, mentre Bryan gli passava le braccia intorno al collo, sollevandosi un po' per andargli incontro. Appena i loro corpi si sfiorarono fu come se fossero stati travolti da lava bollente.

-Non abbiamo tempo per giocare...- mormorò Isaac sulle sue labbra e Bryan scosse la testa, bevendo le sue parole, in attesa che concludesse di parlare, impaziente e desideroso di riprendere a baciarlo. Non gli rispose neanche e l'altro mise da parte incertezze e paure, riempiendosi le mani della sua carne, di cui non aveva mai abbastanza, come se volesse fondersi con lui, perché il solo toccarsi non era mai sufficiente.

-Lo sai che ti amo?- disse Isaac e Bryan sorrise e annuì, mordendosi le labbra, mentre l'altro scendeva a baciargli il petto, la pancia, arrivando presto un po' più giù; Bryan ansimò nel sentirsi accogliere dalla bocca bollente del marito e reclinò il capo sul cuscino. Isaac lasciò troppo presto il suo sesso, facendolo rabbrividire, ma poi il respiro gli venne meno quando l'altro gli morse l'interno di una coscia, lasciandogli l'impronta dei denti, vicino all'inguine. Bryan lo accolse dentro di sé, trattenendo a stento un urlo di impazienza, artigliando il lenzuolo sotto di sé, ma Isaac si portò le sue mani sulle spalle, aumentando l'intensità delle spinte e il giovane si aggrappò a lui, incidendogli la pelle con le unghie, mentre l'altro soffocava i suoi ansiti con un nuovo bacio, più profondo, più intenso.

-Ti amo anch'io, lo sai?- gli sussurrò Bryan in un orecchio, sorridendo; gli prese il lobo dello stesso tra le labbra, succhiando piano, e Isaac rabbrividì mentre la ragione si dissolveva e restavano soltanto loro due, pelle contro pelle, pelle dentro pelle, e tutto il resto non aveva importanza.

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