20
Presentarsi all'appuntamento con Claud, dopo gli avvenimenti di quella mattina, a Jade procurò un certo disagio.
Aveva lasciato l'appartamento di Ryan meno di una decina di minuti prima, con il giovane al suo fianco, ma non riusciva a togliersi dalla testa l'oppressivo senso di inadeguatezza che era subentrato quando aveva spalancato la finestra della cucina e aveva visto la rosa sul davanzale. Aveva rimosso dalla mente le informazioni che possedeva su Redonald Dervinshi, finendo persino per minimizzare il ritrovamento di quegli inquietanti doni.
In poche parole, si era comportato da stupido.
-Tu sei più forte di loro. Dalla tua parte hai un addestramento specifico. Sei umano, ma per quanto tu ti stia ostinando per esserlo, non sei un civile-
Gli tornarono alla mente le parole che Titty gli aveva rivolto durante la cena a casa di Gonzales e Williams e si sentì ardere dalla vergogna.
"Mi sto comportando come uno stupido ragazzino innamorato. Sto perdendo di vista le cose importanti" si rimproverò.
Era pur vero che fino a quella mattina non aveva saputo che le rose erano state consegnate con regolarità, ogni giorno, per cinque giorni, ma Jade non poteva fare a meno di accusarsi di avere peccato di estrema superficialità.
La verità era che sentiva di avere abbassato la guardia. Erano passati due mesi dalla fuga di Dervinshi e non si era mosso un alito di vento sul fronte di una sua possibile ricomparsa – almeno, non fino al giorno prima.
Si era innamorato e si era lasciato coinvolgere dalle dinamiche piacevoli, e non, della sua relazione con Claud e Ryan.
Si era distratto, troppo.
"Sue si sbaglia: non sono, e forse non sono mai stato, un buon agente" si disse, mentre occupava una sedia intorno a uno dei tavolini esterni della caffetteria che si trovava a pochi metri da casa di Ryan, e dove entrambi avevano appuntamento con Claud.
-Sue mi ha scritto- disse, rimestando il cucchiaino che si trovava dentro la sua tazza, fissando il caffè come se fosse un invitante pozzo nero dentro il quale augurarsi di scomparire. -Ha detto che in giornata mi farà sapere. Ma di stare tranquilli perché non hanno avvistato tuo fratello a Korean Town-
-E dove l'hanno visto, allora?- chiese Ryan, fissando un punto imprecisato dall'altra parte della strada: c'era un giovane che stava portando a passeggio un cane; indossava un berretto giallo e quel particolare calamitava tutta la sua attenzione. Si sentiva come se non potesse staccargli gli occhi di dosso, come se si aspettasse che facesse qualcosa di imperdibile da un momento all'altro – qualcosa di diverso dal semplice andare avanti e indietro per il marciapiede.
-Non me l'ha detto. Non sono informazioni che può condividere con me e, a dirla tutta, non sono informazioni che lei dovrebbe avere-
-L'agente speciale Wong?- chiese Ryan e Jade annuì, sollevando gli occhi dalla propria tazza e sorprendendo l'altro tanto preso nel fissare uno sconosciuto.
-È pur sempre mia cognata...-
-E gli Hayes non sono nuovi ai favoritismi tra parenti- lo interruppe Ryan e il giovane s'irrigidì, sentendosi punto nel vivo.
Fece per ribattere che trovava inopportuna quella sua battuta, ma due cose lo fermarono: la prima era che, con tutta probabilità, Ryan non si era neanche reso conto di avergli rivolto parole offensive; la seconda, non meno importante, fu quella di notare un taxi accostare al marciapiede, pochi metri più in là rispetto il punto in cui sorgeva la caffetteria, e vedere Claud scendere dal mezzo.
Subito il cuore di Jade compì una piccola capriola, la gola gli si chiuse e le palme delle mani iniziarono a sudargli.
-C'è Claud- disse e Ryan sussultò e si guardò intorno in cerca del loro ospite.
Il giovane andò loro incontro, fuggendo ripetutamente dai loro sguardi fissi su di lui, per poi fermarsi davanti al tavolino che occupavano, rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita di una mano, ma l'espressione che gli si leggeva in volto era lontana anni luce dalla strafottenza e dall'arroganza che era solito mostrare. Appariva stanco e la cosa era accentuata dalle terribili occhiaie che gli arrossavano la pelle delicata intorno agli occhi.
-Ciao. Posso sedermi con voi?- disse e Ryan scattò in piedi di colpo. Claud trasalì e fece un passo indietro, spingendo entrambe le mani dentro le tasche dei pantaloni di pelle che indossava, curvando le spalle in avanti. L'altro si mosse di rimando, coprendo la distanza che li separava, ma la sua espressione minacciosa metteva a disagio Claud, che non riusciva a comprendere quali fossero le sue reali intenzioni, finché Ryan non pose fine ai suoi tentativi di allontanarsi da lui e lo afferrò per la maglietta, strattonandolo verso di sé.
Claud boccheggiò per lo stupore, ma non ebbe tempo di dire alcunché, messo a tacere dal bacio di Ryan, che si avventò su di lui, sulle sue labbra. Il giovane sgranò gli occhi, stupito da quel gesto, e sollevò le mani in aria, non sapendo che fare; non aveva idea se poteva permettersi di toccarlo, abbracciarlo. Non riusciva neanche a ricambiarlo a causa dello shock, ma Ryan non si fece scoraggiare – forse perché aveva intuito i suoi timori – e continuò a corteggiare le sue labbra, finché Claud abbassò del tutto le proprie difese, gli cinse i fianchi e chiuse gli occhi, lasciandosi trasportare dal loro bacio.
Gli era mancato in maniera spropositata. Percepire il suo sapore nella bocca, assaporarlo di nuovo, riscoprire tutta la dolcezza e il senso di completezza che provava ogni volta che entrava in contatto con lui, finirono per commuoverlo. Comprese che quella no, non era soltanto una cotta, non era affatto un qualcosa di passeggero. Il suo cuore aveva scelto: Daniel aveva ragione, ma, soprattutto, la confusione, che lo aveva portato ad allontanarsi da loro, tre giorni prima, si dissolse del tutto, lasciando spazio a un'assoluta certezza.
Claud si era innamorato.
Gli accarezzò le spalle con gesti lenti e sensuali, senza riuscire a staccarsi dalle sue labbra, anche se la mancaza di fiato aveva incominciato a fargli bruciare i polmoni, ma non gli era concepibile allontanarsi da lui in quel momento, non poteva – e soprattutto non voleva – staccarsi da lui. Null'altro aveva importanza. Si sentiva come se si fossero ritagliati fuori dal mondo, soltanto loro due, sospesi nello spazio e nel tempo.
Alla fine, fu Ryan a interrompere il loro bacio, ma con dolcezza. Ansimò, soffiando il proprio respiro sulle sue labbra umide e arrossate, guardandolo con gli occhi socchiusi e languidi, colmi di una passione tangibile.
Claud gli baciò la fronte e lo strinse di più a sé, prendendogli il volto tra le mani, come se fosse qualcosa di estremamente prezioso e fragile, e un sorriso dolce gli incurvò le labbra.
-Mi sei mancato- sussurrò Ryan con un filo di voce e l'altro annuì.
-Anche tu- disse e rivolse uno sguardo in tralice in direzione di Jade, allungando una mano nella sua direzione, con fare titubante. -Anche tu- ripeté, ma quella volta rivolgendosi proprio all'ex agente.
Jade sorrise a sua volta e prese la mano che gli offriva in una delle proprie, stringendola con forza. Non si azzardava a spingersi più in là di quel gesto, non dopo che gli altri due si erano scambiati pubblicamente un bacio tanto carico di inconfondibile passione. Los Angeles era una città "moderna", ma non tutte le persone che la popolavano condividevano la stessa apertura mentale e non voleva incorrere nel rischio di attirare su di loro spiacevoli attenzioni. La caffetteria era abbastanza affollata, era quasi certo che molti avessero finito per rendersi spettatori passivi del bacio tra i suoi amanti, e non gli erano passate inosservate un paio di facce infastidite da quella visione. Perciò preferì limitarsi a quella ricongiunzione silenziosa con Claud, invitandolo a sedersi al suo fianco, e l'altro lo fece subito, portandosi dietro anche Ryan.
-Mi dispiace...- iniziò col dire Claud, ma Jade scosse la testa e si passò una mano sulla parte posteriore del collo, in evidente imbarazzo.
-Jeffrey aveva ragione. Mi sono comportato in modo infantile, l'altra sera, mi sono fatto distrarre e ho perso di vista...-
-Fa nulla- disse Ryan, con voce un po' troppo acuta, e scambiò uno sguardo con il giovane, sgranando appena gli occhi e riducendo le labbra a una linea sottile: non voleva che il suo amante si lasciasse sfuggire qualche parola di troppo con Claud, non voleva che lo spaventasse con la storia dello stalker, appunto perché anche Claud era stato male, ma adesso che aveva trovato la forza di riavvicinarsi a loro, Ryan non voleva che tornasse a sentirsi in pericolo. Desiderava proteggerlo e tenerlo il più lontano possibile da ulteriori stress.
Jade comprese e distolse gli occhi da lui, tornado a prendere tra le mani una di quelle di Claud, sorridendogli con un pizzico di timidezza, mentre lo accarezzava con gentilezza. Non riusciva a smettere di toccarlo, come se la lontananza lo avesse reso timoroso che Claud fosse una cosa bellissima, frutto della propria mente e non una persona reale. Aveva bisogno di toccarlo per accettarsi che fosse vero, che fosse davvero lì con loro.
Ryan li osservava con apprensione: sembrava che avessero subito risposto al loro incontro con un'istantanea riappacificazione, ma gli era mancato non vedere suggellare il loro riavvicinamento con qualcosa di più "concreto" – con un bacio, magari, proprio come aveva fatto lui con Claud. Poteva immaginare quali fossero i perché che avevano spinto Jade a preferire una stretta di mano e quella realtà gli mise addosso un po' di tristezza. Si guardò intorno, cercando di essere discreto, osservando gli altri clienti della caffetteria. Pareva che li stessero ignorando e quello gli fece tirare un sospiro di sollievo.
D'un tratto percepì il cuore balzargli in gola, mozzandogli il respiro, e contemporaneamente il sangue corse ad accumularsi sul suo viso.
Claud stava parlando, scusandosi con loro per il comportamento di tre giorni prima, portando loro anche le scuse di Jeffrey, e Jade gli rispondeva cercando di rassicurarlo, buttandosi addosso parte delle responsabilità riguardanti quella storia. Ryan aggrottò la fronte e fece per ribattere apostrofando entrambi come due idioti, del tutto intenzionato a dare un taglio netto a quello che era stato e riprendere da dove si erano interrotti, senza più paranoie. Ma poi percepì dei brividi alla nuca, come aghi che gli venivano piantati di colpo nella pelle, e s'irrigidì, tornando a guardarsi intorno, smettendo di udire le parole degli altri due.
Aveva paura e non sapeva spiegarsene la ragione. Si sentiva in pericolo e sul procinto di scattare, pronto a difendere i suoi amanti, ma non aveva idea da cosa e quell'incertezza aumentava a dismisura la sua agitazione.
Di nuovo venne catturato dal cappellino giallo dell'uomo che si trovava ancora sul marciapiede, sull'altro lato della strada, e puntò gli occhi su di lui, sentendosi come obbligato a guardare in quella direzione. L'uomo si girò verso di loro, mettendo due dita tra le labbra, fischiando forte per richiamare il suo cane, e Ryan raggelò nel riconoscere in lui Max.
Batté le palpebre più volte, nella speranza che fosse l'ennesima allucinazione, ma dopo avere chiuso e riaperto gli occhi per ben cinque volte continuava a vedere proprio il suo ex.
-Ho capito... che vi amo-
Le sue orecchie parvero liberarsi in quel momento dal caos assoluto della propria mente, che le aveva rese sorde ad ogni rumore fino a un istante prima. Le parole pronunciate da Claud vennero accompagnate da un fischio acuto e i pensieri di Ryan si spensero di colpo. Si girò in direzione dei suoi amanti, trovando Jade con le lacrime agli occhi e Claud intento a stringergli con forza le mani, poi si volse nella sua direzione, sorridendogli con dolcezza, e i battiti del cuore di Ryan smisero di essere colmi di terrore: non si sentiva più come un uccellino in gabbia, in preda al panico.
Sorrise a sua volta e si concesse un paio di secondi per tornare a guardare in direzione dell'uomo dal berretto giallo. Lo vide ancora nello stesso punto, il suo cane lo aveva raggiunto, e lui aveva smesso di avere la faccia di Max. Tirò un sospiro di sollievo, appurando di avere avuto l'ennesima allucinazione.
Poggiò un gomito sulla superficie del tavolo, reggendosi la testa con una mano e si trovò con Claud a un palmo dal proprio viso; l'amante gli accarezzò una guancia con gentilezza, mentre i suoi occhi celesti si riempivano di preoccupazione.
-Stai bene?- gli chiese con apprensione e Ryan si sforzò di sorridergli, anche se si sentiva fin troppo sfinito anche per concedersi un semplice sorriso.
-Uhm- mormorò, premendosi la mano dell'uomo contro la guancia che gli stava continuando ad accarezzare. -Adesso che anche tu sei qui... spero di sì. Spero di tornare a stare di nuovo bene-
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