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-Evan ha voluto invitarla- continuò Keith, restando nascosto dietro le mani, mentre Loreen si faceva sempre più vicina a loro e Ryan spostava lo sguardo tra i due, non sapendo come togliere l'amico da quell'impiccio. -Nemmeno lui immaginava che avrebbe accettato, che sarebbe venuta! Vuole persino accompagnarlo all'altare- Keith uscì dal nascondiglio delle proprie mani, rivolgendogli uno sguardo disperato.
-Non ha mai voluto conoscermi, non sa nemmeno come mi chiamo! E adesso è qui! E non solo lei, ci sta pure Major Senior! Evan l'ha invitato perché l'ha cresciuto, anche se non è il suo vero padre, anche se Senior l'ha disconosciuto, ma il papà di Evan è morto e...- e iniziò a parlare tanto velocemente che Ryan non riuscì più a stargli dietro.
Lo afferrò per le spalle e lo scrollò per zittirlo, mentre Loreen si trovava a pochi passi da loro, ormai.
-È Evan che devi sposare, non i suoi genitori, i suoi non genitori o quello che sono! La famiglia non fa una persona, Keith, e io lo so bene, lo sai anche tu- lo ammonì e l'altro trasalì, comprendendo subito a cosa l'amico si stava riferendo.
-Mi dispiace...-
-Non ti scusare. Smettila di pensare a queste cazzate e goditi questo giorno. È tutto tuo e di Evan! Andiamo- gli intimò infine, afferrandolo per un gomito e conducendolo lontano dalla donna.
Tuttavia, appena Keith si girò, i suoi occhi incontrarono quelli di Evan, poco distante da loro, anche lui vestito di bianco, con un mazzolino di rose blu e mughetto dentro il taschino superiore della giacca. L'uomo gli sorrise e allungò le braccia nella sua direzione e Keith lasciò andare la mano dell'amico, per correre incontro al suo sposo.
Ryan sorrise e tirò un sospiro di sollievo, senza potere fare a meno di rivolgere un'occhiataccia in direzione di Loreen Randolph. La donna ricambiò lo sguardo con una smorfia e tornò sui propri passi, voltando le spalle al giovane e Ryan si rilassò un poco.
-Stai bene?- gli chiese la voce di qualcuno e subito la tensione tornò a irrigidirgli le spalle, mentre riconosceva chi gli aveva parlato.
-Benissimo- ribatté senza voltarsi. -Prendiamo posto- aggiunse, muovendosi in direzione delle sedie.
-Ryan- lo chiamò Jade, ma così come aveva ignorato Claud, il giovane ignorò anche lui.
-Guarda che c'hanno assegnato i posti vicini- gli fece presente Claud, tentando di tenere il suo passo.
-No. Io siedo davanti con Jeffrey, Bryan e Amber, insieme ai genitori di Keith e a quelli di Evan, perché devo stare vicino agli altri testimoni e alla famiglia degli sposi- poi si bloccò di colpo, girando su se stesso, con il rischio che gli altri due gli finissero addosso.
-Voi state dietro. Lontani da me- sibilò e Claud e Jade compreso immediatamente che non intendesse tenerli "lontani" soltanto durante la cerimonia.
-È ancora arrabbiato- soffiò Jade, guardando il giovane allontanarsi da loro.
-Non immaginavo nemmeno io che avrebbe reagito così- mormorò Claud con un sospiro, rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita una mano.
-Hey- fece Jade, passandogli un braccio intorno alla vita. -Non possiamo rovinare il giorno di Keith ed Evan...-
-Ma dobbiamo insistere- lo interruppe Claud, prendendogli una mano in una delle proprie. -Non ho intenzione di lasciarlo andare perché lui si è offeso per una cosa priva di senso-
-Nemmeno io- gli assicurò Jade. -Ma dopo, tesoro, per favore- aggiunse e l'altro, suo malgrado, si trovò ad annuire.
•
Ryan si trovò seduto in prima fila tra la madre di Keith e Amber. Senza più dovere correre da una parte all'altra impegnando il proprio tempo, si sentì presto travolgere da una strana malinconia e si distrasse dalla cerimonia più di una volta. Fu quando gli sposi giunsero alle promesse che si impose di ascoltare le loro parole, distendendo la mente e irrigidendo le spalle.
-Evan...- mormorò Keith e si schiarì la gola, poi ridacchiò e fuggì dallo sguardo del compagno, in evidente imbarazzo. Aveva estratto dal taschino della giacca un foglietto, ma le mani gli tremarono e se lo lasciò sfuggire. Imprecò e si chinò in avanti per recuperarlo, senza accorgersi che l'altro si era mosso per fare lo stesso e finì per dare una testata al suo sposo. Gli invitati trattennero il fiato, indecisi se ridere o piangere, mentre Ryan si nascondeva dietro il palmo di una mano.
Evan scosse la testa e si portò due dita al bernoccolo e rise di cuore, mentre gli altri lo fissavano basiti, soprattutto sua madre, che non sembrava molto contenta di assistere a quello spettacolo.
-Oddio!- esclamò Evan, mentre Keith recuperava il foglietto, e afferrò il compagno per le spalle. -Esattamente come quando ci siamo conosciuti, Keith Coleman. Anche quel giorno mi hai travolto come un treno in corsa. Ricordi? Rocky, la testata e io che mi sentivo come una falena attratta dalla luce e non riuscivo a starti distante, mentre tu cercavi di fuggire via da me in tutti i modi- disse e gli accarezzò le braccia, fino a stringere le sue mani nelle proprie e, ancora una volta, il foglietto volò via. -Hai stravolto la mia vita, hai aperto il mio cuore e dopo non c'è stato più posto per nessuno all'infuori di te. E ti amo per tutto quello che sei, anche quando mi prendi a testate- aggiunse toccandosi il bernoccolo con il dorso di una delle sue mani e gli invitati risero, mentre Keith arrossiva per l'imbarazzo.
-Per tutta la pazienza che mi hai dimostrato, continuando a fidarti di me anche quando io avevo smesso di farlo. Perché con il tuo amore sei riuscito ad aprirmi la mente e a condurmi per mano fuori dal tunnel in cui ero finito. Ti ho trovato lì, in fondo, ad aspettarmi e, per il nostro futuro, mi auguro di riuscire a essere altrettanto per te, di poterti stare vicino e sostenerti sempre. Di aiutarti a dispiegare le ali e volare sempre più in alto. So che avrò per me e per sempre il tuo amore, nessuno potrà portarmelo via e spero di continuare a essere in grado di dimostrarti il mio, giorno per giorno, fino alla fine-
Keith tirò su col naso, spezzando la tensione di commozione che aleggiava tra gli invitati e qualcuno si trovò a ridere tra le lacrime. Evan scosse la testa e gli sorrise e lo abbracciò con dolcezza, baciandogli una tempia.
Di quello che disse Keith, Ryan fu in grado di afferrarne il senso di un paio di parole e non di più. Era rimasto come folgorato dalle promesse di Evan.
-Perché con il tuo amore sei riuscito ad aprirmi la mente e a condurmi per mano fuori dal tunnel in cui ero finito-
Si ripeté mentalmente, senza riuscire a schiodarsi quelle parole dai pensieri.
Subito si trovò a girarsi, a cercare Claud e Jade alle proprie spalle. Tuttavia, quando se ne rese conto, tornò a guardare davanti a sé, rimpiangendo di non essere riuscito a individuarli tra gli invitati.
-Tutto okay?- gli chiese Amber con voce tremula e gli occhi lucidi e il giovane annuì, tornando a volgere lo sguardo verso l'altare.
"È amore anche quando nasce dentro al tunnel?" si chiese. Era un pensiero che lo tormentava ormai da quasi due mesi, da quando, appunto, la storia con la sua famiglia si era conclusa e lui si era trovato legato a Claud e Jade in un modo che non aveva preventivato.
Redonald, suo fratello, esponente massimo di una banda di criminali, era fuggito a seguito di un'operazione dell'F.B.I., che era riuscita a porre in ginocchio la Famiglia, sbattendo dietro le sbarre numerosi membri. Purtroppo, Redonald era riuscito a fuggire lo stesso, ma era solo, da qualche parte nel mondo, intento a leccarsi le ferite, e Ryan si augurava che la sua convalescenza sarebbe durata abbastanza da fargli dimenticare della sua esistenza.
Durante tutta quella storia, si era trovato confinato in una casa nei pressi del deserto del Mojave, a pochi chilometri da un piccolo centro abitato sperduto nel nulla, a convivere gomito a gomito con Claud – sotto protezione con lui – e Jade – l'agente speciale designato alla loro sorveglianza.
Una volta terminata quella storia, si era trovato a non volersi più separare dai due, a non sentirsi pronto per lasciarli andare e avevano finito per consumare una notte di sesso.
"Anche se per me non è stato soltanto sesso" si rimproverò e sospirò mestamente, mentre il pastore passava al punto cruciale della cerimonia, conducendo tutti verso la sua conclusione.
Ancora una volta finì per distrarsi, mentre i suoi occhi scuri si facevano vuoti e distanti.
"Se non avessimo avuto tanta paura di morire... come sarebbe finita tra di noi?" si chiese e scosse la testa.
-Sicuro di sentirti bene, tesoro?- gli chiese Francine e suo marito, Jack, si sporse oltre la moglie, fissando il giovane con sguardo diffidente.
-Ti viene da vomitare?- gli chiese e Ryan sorrise, cercando di rassicurarli.
Tutti i presenti erano a conoscenza di quello che era successo due mesi prima: a causa della propria ostinazione e di quella di Claud a tentare di risolvere i propri problemi con la mafia albanese da soli, i due avevano finito per porre in pericolo anche tutti i loro amici, su cui quei criminali avevano puntato gli occhi con l'intento di ricattarli e ottenere da loro ciò che volevano.
La cosa per Ryan incredibile era stata, alla fine di quella storia, trovarsi circondato da tutte le persone alle quali aveva iniziato a volere bene da quando era scappato dalla sua famiglia d'origine. Tutti loro, nonostante fossero venuti a conoscenza del suo essere imparentato con dei mafiosi, anche se avevano saputo che il suo vero nome era Roan e non Ryan, erano rimasti al suo fianco e lo avevano accolto a braccia aperte al suo ritorno, come se nulla tra di loro fosse cambiato.
In realtà, qualcosa era cambiato: aveva notato coloro che lo circondavano farsi più apprensivi nei suoi confronti. Aveva subito un trauma non indifferente, che non aveva fatto altro che andare a sommarsi a tutti quelli che si erano andati a stratificare nella sua anima ferita nel corso del tempo, dalla sua nascita in poi, uno dopo l'altro, fino a quando, quasi due anni prima, era fuggito dai Dervinshi, inscenando la propria morte, per poi, poco per volta, costruirsi un mondo nuovo con persone come Keith e Amber, che gli volevano bene davvero, come se fossero membri di una famiglia piena d'amore.
Il giovane aveva iniziato a frequentare uno psicologo, perché vedere morire una persona davanti ai propri occhi gli aveva spezzato qualcosa dentro, soprattutto perché Pashkà aveva perso la vita per salvare lui. E di quello non era proprio certo che sarebbe mai riuscito a perdonarsi.
-Sto bene- disse a Jack e Francine, mentre il pastore concludeva la cerimonia, dichiarando Keith ed Evan sposati.
Ryan si sforzò di sorridere anche se dentro di sé percepire aprirsi quella, ormai familiare, voragine che ogni tanto arrivava a minacciarlo di inghiottirlo. Si sentì mancare il respiro, esattamente come era accaduto quel giorno di due mesi prima, quando il fumo scaturito dall'esplosione gli aveva fatto bruciare gli occhi, fischiare le orecchie e riempito così tanto le narici da percepirlo insinuarsi dentro i polmoni.
Si sentiva febbricitante e ansimò mentre si alzava e tutti battevano le mani agli sposi davanti al loro bacio colmo di passione.
Ryan tornò a guardarsi intorno, cercandoli, ma non vide nessuno dei due, finché non tornò a guardare davanti a sé e da destra si vede raggiungere da Claud. Il giovane gli si fece vicino, lo prese per mano e accostò le labbra al suo viso.
-Hai bisogno d'aria- sussurrò. -Respira piano, stai tranquillo, tesoro, sono qui- gli disse con gentilezza, allontanandolo da lì. Amber li fissò curiosa, un po' impensierita, ma venne trattenuta sul posto da una mano di Francine, che le afferrò un polso, richiamando la sua attenzione. Le due si guardarono negli occhi e la meno giovane scosse la testa, intimando all'altra di restare dove si trovava. Amber, seppur a malincuore, annuì e si impose di non inseguire gli amici.
Claud condusse Ryan poco distante da lì, superarono un albero dal tronco che sembrava immenso e gli girarono intorno, finché anche gli applausi, le risate e tutti gli altri rumori della cerimonia si fecero più distanti.
Ryan poggiò le spalle contro il tronco, mentre Claud lo aiutava a contare i respiri e, nel frattempo, vennero raggiunti da Jade.
-Che ha?- chiese il giovane, preoccupato, protendendosi verso di lui, ma Claud gli poggiò una mano sul petto, evitando che gli stesse troppo addosso.
-Un attacco di panico- gli rispose e Jade annuì. Accarezzò con gentilezza i capelli di Ryan, mentre lui iniziava a respirare con più calma.
-Mi dispiace- disse, sentendosi a disagio nel trovarsi gli occhi dei due addosso, che lo fissavano come se fosse un cucciolo ferito.
-Va tutto bene, tesoro, siamo qui. Sei al sicuro- disse Jade, passandogli un braccio intorno alle spalle e, anche se era ancora tanto arrabbiato con lui, Ryan finì per poggiarsi contro il suo petto, stringendo, in una delle proprie, una mano di Claud.
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